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Prova di maturità
16 mag 2017
16 mag 2017
I Boston Celtics hanno vinto una gara-7 che ha riassunto l’intera serie contro gli Washington Wizards.
(articolo)
11 min
(copertina)
Foto di Elsa / Getty Images
(copertina) Foto di Elsa / Getty Images
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L’atto finale tra Boston Celtics e Washington Wizards si è dimostrato essere una ripetizione di quanto visto nelle sei precedenti partite, rivelandosi di fatto un riassunto di una serie sicuramente combattuta, ma che non è mai sembrata essere uno scontro influente per il trofeo finale. Celtics e Wizards si sono dimostrati due ottimi attacchi accompagnati da difese vagamente presentabili, ma nessuna delle due squadre, se si esclude la sontuosa gara-5 di Boston, è mai sembrata al livello delle altre tre pretendenti finali.

Attacchi a confronto

L’esecuzione offensiva è stata la parte più divertente della serie, rendendo più piacevole del previsto sette partite in cui falli e interruzioni di gioco sono state la parte forte del menù. Boston ha migliorato il proprio gioco offensivo aprendo di più e meglio il campo, risultando seconda nei playoff per triple tentate per partita, sfruttando ancora di più la stagione favolosa di Isaiah Thomas - che è stato costantemente nel terzo atto narrativo, quello della risoluzione della crici, per tutta la stagione - per destabilizzare le attenzioni difensive avversarie.

Nel momento in cui Thomas va via al suo avversario, quattro giocatori di Washington collassano a centro area: Bradley è sagace nell’aprirsi il più possibile e inserirsi in una catena di passaggi che liberano Crowder con almeno 4 metri per tirare

Quando Boston riesce ad accendere i propri tiratori riesce a costruire parziali su parziali, specialmente in casa spinti dal proprio pubblico. Quando i tiratori si fermano, come successo nel terzo periodo di ieri notte o nel secondo tempo di gara-6, improvvisamente i Celtics sembrano ridimensionati. La buona notizia è che i periodi di magra sembrano essere estremamente limitati: Al Horford infatti riesce sempre a fornire una soluzione immediata da pick&pop centrale, e chiunque si alzi dalla panchina riesce a coprire le eventuali mancanze dei titolari. Ma come accennato prima, gara-5 è stata la partita in cui Boston è sembrata davvero una legittima finalista di conference, e quella è stata la miglior partita a livello tattico di Isaiah Thomas.

Brad Stevens infatti ha utilizzato per la prima volta in modo consistente Isaiah da bloccante, creando scompiglio nella difesa degli Wizards e fornendo una quantità enorme di spazio ai propri compagni

La maturazione tattica compiuta da Isaiah è difficile da credere ricordando il giocatore ai tempi di Kings e Suns, quando l’unica cosa che riusciva a fare lontano dal pallone era mostrare i palmi liberi ai propri compagni per chiamare continuamente palla. Con questo twist inaspettato, la difesa di Washington ha fatto ancora più fatica del solito. Ovviamente gli occhi della difesa sono costantemente puntati su Thomas, e perfino quando porta un blocco il suo diretto marcatore non può permettersi di dimenticarlo e lasciarlo per un istante. Ieri notte Stevens ha variato leggermente lo spartito, utilizzando i blocchi di Thomas per creare un mismatch e metterlo uno-contro-uno con i lunghi degli Wizards. La creatività dal palleggio di Thomas, abbinata alla lentezza di piedi (e la stanchezza) dei lunghi di Washington ha generato delle situazioni tragicomiche, in cui le alternative erano dargli 2 metri di spazio o fare fallo e rosicare tantissimo.

Nell’occasione notare 1) Thomas che ridicolizza un nerboruto polacco 2) Horford che dopo il blocco si allarga centralmente per la sua tipica tripla in punta 3) Bradley e Brown che spaziano il campo togliendo gli eventuali aiuti

Washington ha un attacco altrettanto valido, ma profondamente diverso. Tutto nasce da John Wall e la sua velocità in un modo che, per quanto possa sembrare semplicistico e faccia storcere il naso ai puristi del gioco, risulta praticamente inarrestabile. Non appena parte il tiro degli avversari Wall corre sul posto come uno sprinter durante la staffetta in attesa del testimone, e appena preso il rimbalzo i compagni hanno il compito di servirlo e farlo partire. La velocità di Wall e il suo controllo del corpo sono così elevati che passano letteralmente 2-3 secondi dal momento in cui gli avversari sono schierati per il tiro a quello in cui devono difendere il proprio pitturato.

La capacità di creare contropiedi dove non ce ne sono ha permesso a Washington di restare produttiva pur non riuscendo a fare due possessi difensivi decenti di fila. Difendere la transizione di Wall con un solo uomo è semplicemente impossibile

Con la difesa costretta a collassare, Wall può generalmente permettersi di scaricare sugli esterni, con la capacità tutta sua di saltare, ruotarsi a mezz’aria e scaricare con precisione nella classica mossa che farebbe saltare le coronarie a qualunque allenatore di minibasket. Ieri però, sia per stanchezza che per scelta tecnica, i Wizards non hanno mandato personale a supporto nelle sue scorrazzate e questa scelta è stata la mossa che gli ha permesso di tenere il vantaggio per tutto il terzo periodo - ma che, alla fine, è costata la vittoria finale.

Wall poteva quindi o attaccare a tutto campo in solitaria, cosa che gli è riuscita estremamente bene nei primi tre quarti di gioco, o “far salire la squadra” e giocare a metà campo, scendendo nel territorio di caccia di Bradley Beal. La gara-7 di Beal è una di quelle perle che dimenticheremo per colpa del risultato finale, ma che comunque lo consacra definitivamente a stella anche nei playoff: sfruttando l’ammasso di corpi e blocchi portato dai suoi, Beal riusciva a sgusciare fuori in un attimo e a mettersi in posizione in una frazione di secondo, finendo con 38 punti totali e un 5/10 dalla linea dei 3 punti.

Due giocatori di Boston sono costretti a marcare Wall: Bradley sul palleggio e Olynyk ad attenderlo sotto canestro, mentre Thomas è l’unico esterno rimasto ed è un difensore sotto il par. Washington fa portare quindi ben tre blocchi lontano dalla palla che liberano Beal nella zona in cui è più pericoloso.

Nelle rare occasioni in cui Boston copriva sia Wall che Beal, a Otto Porter e Markieff Morris spettava il semplice compito di colpire una difesa già compromessa e sbilanciata. Fino a che non sono mancate le forze i Wizards si sono esibiti nella loro miglior partita in trasferta di tutti i playoff, e non sono mai sembrati così in grado di vincere al TD Garden. Solo le numerose palle perse (15, la maggior parte delle quali non forzate) hanno impedito loro di creare un vantaggio credibile per tutta la partita.

Differenza nelle seconde linee

Per tutta la serie il tema centrale è stato il seguente: i titolari degli Wizards hanno vinto il confronto con il quintetto titolare avversario e demolito qualsiasi altra lineup. Il problema è che non appena uno o più panchinari di Washington scendevano in campo, improvvisamente gli Wizards erano costretti ad inseguire. Il quintetto titolare ha preso un vantaggio di 75 punti (!) nelle 7 partite giocate; tutti gli altri quintetti hanno invece un differenziale negativo 36 punti.

Anche l’approccio alle seconde linee è stato dicotomico per entrambi gli allenatori: Brad Stevens ha attinto alle numerose seconde linee dei Celtics, anche a costo di esagerare e concedere un numero inspiegabile di minuti a giocatori non all’altezza di giocare a maggio inoltrato. Scott Brooks invece ha provato a utilizzare il meno possibile le sue riserve, concedendo minuti a Ian Mahinmi solo quando costretto da squalifiche, falli o deficit di fiato dei suoi. L’unico punto in comune tra i due approcci è stato ieri notte, quando entrambi gli allenatori hanno deciso di affidarsi ai soli migliori 8 giocatori, escludendo di fatto tutti gli altri dalle rotazioni.

Non c’è modo di indorare la pillola: è stato un massacro. La panchina di Boston ha combinato per 48 punti complessivi, di cui 26 dal solo Kelly Olynyk che si è semplicemente trovato libero il maggior numero delle volte ed è stato bravo a realizzare tutto ciò che gli capitava tra le mani (10/14 al tiro, di cui 8/8 da due e 2/6 da tre), punendo le scelte degli avversari. La panchina di Washington, dall’altra parte, si è fermata a 5 punti con un solo canestro dal campo. Brooks ha rinunciato anche a tutti i minuti di Kelly Oubre per far restare i suoi titolari in campo il più a lungo possibile e per 36 minuti ha avuto la meglio in campo. Poi la fatica di sette partite si è fatta sentire, specialmente per John Wall che ha sbagliato gli ultimi 11 tiri tentati senza segnare negli ultimi 19 minuti, e l’attacco di Washington ha rallentato, mettendo sotto i riflettori una difesa incapace di recuperare un pallone perfino quando c’è in ballo la propria stagione.

Finite le energie, tutta l’inadeguatezza della difesa dei Wizards è stata messa sotto un enorme riflettore. Wall gira su se stesso due volte prima di realizzare che non sta marcando nessuno (data la posizione di Thomas), Bojan Bogdanovic invece non lo realizza mai. Smith tenta al rallenty di uscire su Olynyk che pigramente scarica su Smart con troppo spazio per essere vero: anche per un tiratore sotto la media come lui quello spazio è sufficiente per essere letale

La profondità di Boston è decisamente l’arma migliore della squadra. Negli scorsi playoff i Celtics si erano fermati non appena Atlanta aveva messo un fermo su Isaiah Thomas; questa volta non solo i Celtics hanno trovato soluzioni alternative, ma sono stati fenomenali senza il loro miglior giocatore. Negli 85 minuti in cui Thomas non è stato in campo nella serie, i Celtics si sono esibiti nella loro miglior versione possibile, combinando per un Net Rating positivo di oltre 20 punti e sigillando la difesa con un solido 93 di Defensive Rating (a differenza del -1 di Net Rating e 113 di Defensive Rating quando Isaiah era in campo)

La chiave del successo ha chiaramente un nome e un cognome: quello di Al Horford. L’ex di Atlanta ha giocato una serie memorabile sui due lati del campo, ricoprendo il ruolo del facilitatore in attacco, fornendo linee di passaggio interne e costringendo i lunghi di Washington a seguirlo fin dietro l’arco. In difesa è stato un floor general e non è mai sembrato a disagio nel cambiare sui blocchi. Quando poi gli Wizards gli hanno concesso il lusso di restare a uomo su Marcin Gortat o Markieff Morris, si è potuto esibire nella sua miglior versione possibile, risucchiando il polacco in possessi morti in post e costringendo Markieff nella sua versione di tiri forzati con cui il pubblico dei Suns lo aveva maledetto.

C’è vita dopo la semifinale?

La prima serie di questi playoff equilibrata non è stata di certo la più divertente o la più significativa. In ogni caso, entrambe le squadre sono certamente cresciute moltissimo ed hanno trovato conferme che sembravano necessarie ad inizio aprile.

Washington ha definitivamente posto le basi per la sua squadra attorno a Wall, Beal e Otto Porter. Wall si è dimostrato uno dei migliori giocatori del pianeta, elevando il suo gioco e quello della sua squadra a livelli che aveva solo temporaneamente sfiorato durante la sua carriera. Fino ai 19 minuti finali, in cui ha sbagliato 11 tiri di cui 7 triple, non ha mai rallentato per tutta la stagione, mettendo costantemente sotto torchio gli avversari e trovando i propri compagni smarcati. È stato una gioia per gli occhi e, grazie a Scott Brooks, pure l’intesa con Bradley Beal è finalmente sbocciata. Fa sorridere oggi pensare a come molte preoccupazioni che sembravano legittime al momento del suo rinnovo contrattuale (mai sano per una stagione intera, mai efficace con Wall il campo) siano oggi solo un lontano ricordo per Beal. In ogni caso gli Wizards devono rinvigorire le proprie fila, trovare profondità a roster e fornire a Brooks un portatore di palla di riserva dalla panchina, dopo che ogni altro tentativo è sembrato catastrofico - ultimo in ordine temporale quello di Brandon Jennings.

Per Boston questa serie ha confermato le certezze e i dubbi che avevano. L’attacco di Boston esegue ad alto rendimento anche nei playoff, e nella serie più di un terzo delle triple tentate sono state aperte o apertissime. Combinando questo dato all’enorme mole di triple tentate e alla difesa tutt’altro che irresistibile di Cleveland, potrebbe rappresentare un brusco risveglio per i Cavaliers e la loro serafica passeggiata nei primi due turni. In aggiunta a questo vi è la conferma che Horford sia un giocatore estremamente prezioso e che Thomas abbia compiuto una maturazione impensabile anche nelle più rosee aspettative dei più ottimistici tifosi dei Celtics.

D’altro canto all’orizzonte vi sono dei dubbi difficilmente cancellabili. Boston ha faticato enormemente contro una Chicago che non era neppure troppo convinta di voler fare i playoff e non è riuscita a vincere una singola volta in trasferta contro degli Wizards che difatti schieravano solamente 5 giocatori validi - rischiando pure la serie in una gara-7 dove, nelle indimenticabili parole di Zaza Pachulia, nothing’s easy. Inoltre non c’è stato modo di nascondere Isaiah Thomas in difesa e la sfida che ora gli si presenta è contro uno dei migliori attacchi al mondo e contro il giocatore migliore di tutti. Al di là del risultato finale, il modo in cui i Celtics giocheranno la finale di conference è quello che meglio farà capire se le ambizioni di titolo di Boston sono motivate o se i Celtics si sono ritrovati banalmente vincitori di una conference mediocre nel letargo dei campioni in carica.

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