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(di)
Lorenzo Forlani
Primo della sua stirpe
06 ott 2015
06 ott 2015
Da Baghdad a Udine, il viaggio di Ali Adnan, primo iracheno a giocare in Serie A.
(di)
Lorenzo Forlani
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Nella dottrina islamica sciita duodecimana l'espressione marjaʿ al-taqlīd, traducibile dall'arabo con “fonte di emulazione”, indica un'autorità religiosa che, in virtù della profondità dei suoi studi, ha diritto a esprimere interpretazioni originali della legge religiosa. Un marja, soprattutto, può porsi come esempio di “comportamento retto” per tutti i suoi seguaci, che sono invitati a imitarne il più possibile il modo di stare al mondo. Ogni musulmano sciita di rito duodecimano—oggi prevalenti in Iran, Iraq e Bahrein—sceglie di norma un proprio “marja”, a cui ispirarsi nei propri comportamenti quotidiani.

 

Come accade in quasi tutte le conferenze stampa di presentazione di un calciatore non molto conosciuto presso il nuovo pubblico, a un certo punto un giornalista spende la domanda di rito: «A chi ti ispiri in campo, chi è il tuo modello di riferimento?». Un quesito leggero, persino banale, ma potenzialmente utile a capire sia la dimensione mentale entro la quale vive il giocatore—la consistenza delle sue aspirazioni, la percezione dei propri punti di forza—che le sue attitudini tecnico-tattiche.

 

Questa domanda protocollare trova risposte diverse, ma capita sempre più spesso che i giocatori la aggirino come si fa con quelle scomode. Si rifugiano in quella che vorrebbero fosse recepita come una duplice, quanto paradossale, ostentazione di modestia e autostima: «Non credo di somigliare a nessuno, ognuno ha le sue caratteristiche, io sono me stesso e basta». Lo si fa un po' per svincolarsi inconsciamente dalla possibilità di uscire sconfitto, nel tempo, dal confronto col proprio modello, un po' per dissipare quell'alone di timidezza che un giocatore si porta dietro durante una conferenza stampa in una nuova squadra, e magari in un nuovo Paese.

 

Ali Adnan Kadhim Nassir al-Thameemi, primo calciatore iracheno a giocare in Serie A e terzo musulmano sciita dopo il centrale difensivo iraniano Rahman Rezaei (7 anni tra Perugia, Messina e Livorno) e l'attaccante iraniano Ali Samereh (6 presenze nell'annata 2000/2001 al Perugia), durante la conferenza stampa di

all'Udinese dello scorso 3 luglio aspetta solo per educazione la fine della traduzione della domanda su chi sia il suo modello calcistico—o il suo marja in campo—e risponde con urgenza: «Roberto Carlos». Senza indecisioni. Dall'audio del filmato non si sente cosa aggiunge l'interprete in risposta ma Ali, come fosse a un esame, ripete con più convinzione: «Si, Roberto Carlos. Un giocatore di livello internazionale. Per questo è il mio esempio come giocatore».

 

https://www.youtube.com/watch?v=7J6C4VX_-Y8

Spararla grossa è un ottimo modo per presentarsi al pubblico italiano.



 

Lo dice con il tono di chi Roberto Carlos se lo sia portato direttamente da casa, come a voler esibire una credenziale a una giuria che è indecisa se bocciarlo o meno. Poi, come a voler convincere i presenti della serietà del suo proposito di ricalcare in qualche modo le orme di Roberto Carlos, aggiunge di aver segnato

a quello che ha

l'ex terzino di Inter e Real Madrid contro la Francia.

 

È il 13 settembre 2013 e a Rize, in Turchia, si gioca Caykur Rizespor-Gaziantepspor. C'è una punizione per i padroni di casa da circa 35 metri e sul pallone ci va Ali. A differenza di quello calciato da Roberto Carlos il pallone colpito da Ali Adnan non vira accelerando come un caccia che punta un incrociatore nell'Oceano Pacifico, ma fluttua immobile come un drone fino alla porta, senza cambiare così nettamente traiettoria, ma variando velocità senza preavviso.

 

Quello di Ali Adnan, che si insacca a mezza altezza sul primo palo, rimbalzando sulla rete come fosse un muro di gomma, e senza che il portiere appaia particolarmente colpevole, sembra l'evoluzione del tiro di Roberto Carlos, che al tempo del primo pallone della nuova generazione, il Fevernova, andava già per i 30 anni.

 

https://www.youtube.com/watch?v=sn70V6Te80w

Il punto di battuta, è lo stesso di Roberto Carlos in effetti.



 



Quarto di cinque fratelli e tre sorelle, Ali Adnan (nato 20 anni dopo il suo “marja calcistico” Roberto Carlos, nel dicembre del 1993) è cresciuto nel grande distretto di Adhamiyah, circa 350.000 abitanti, nell'area nord-orientale di Baghdad. Adhamiya prende il nome da

, conosciuto come “il Grande Imam” (al-imām al-a'dham, da cui Adhamiya), che è il fondatore di una delle quattro principali scuole giuridiche dell'islam sunnita, quella appunto hanafita.

 

La moschea di Abu Hanifa è quindi una delle più celebri del Paese e il centro vitale del quartiere, che durante gli anni di Saddam Hussein ospita sopratutto i membri di quello che potremmo definire un ceto medio intellettuale. Vi abitano soprattutto musulmani sunniti, all'interno di una macro-area cittadina a maggioranza sciita.

 

Adhamiya lambisce la sponda orientale del fiume Tigri, che lo separa dal suo “quartiere-ombra”, Kadhimiya, che specularmente prende il nome dall'Imam sciita Mûsâ ibn Ja‘far al-Kâdhim, sepolto in una tomba all'interno della moschea a lui intitolata. Kadhimiya è, come si può immaginare, un quartiere a grande maggioranza sciita, che visse i suoi 5 minuti di celebrità internazionale per il fatto di ospitare Camp al-Adala, la base militare americana dove il 30 dicembre 2006 fu giustiziato Saddam Hussein. Entrambi i quartieri sono al centro delle ostilità quando a Baghdad inizia la guerra, visto che alle tensioni tra sunniti e sciiti si aggiunge lo scontro tra truppe statunitensi—stanziate ad Adhamiya—e truppe irachene di vario genere.

 

Nel 2005, quando la coalizione guidata dagli Stati Uniti aveva già invaso l'Iraq da due anni nell'operazione Enduring freedom, Ali deve ancora compiere 12 anni. Si può quindi immaginare, supporre, ricostruendo le tappe del suo percorso calcistico, che il 31 agosto del 2005 Ali fosse nel suo quartiere, magari nella zona meridionale di al Shaab, a sud del distretto, quella dove sorge lo stadio nazionale al Shaab e di fronte al quale c'è la

in cui ha mosso i primi passi dal 2003 al 2008: l'Accademia, fondata nel 2001, di Ammo Baba, all'anagrafe Emmanuel Baba Dawud, una

.

 



 

Sarebbe interessante sapere dove si trovava quel giorno d'estate, quando sul ponte al-Aimmah, che collega i due quartieri di Kadhimiya e Adhamiya, un migliaio di pellegrini sciiti di ritorno dalla moschea di Kadhimiya rimangono intrappolati nella calca sul ponte, le cui ringhiere cedono per l'eccessiva pressione. Centinaia di persone si buttano nel fiume Tigri da un'altezza di circa 60 metri, altre rimangono schiacciate tra la folla presa dal panico. Nelle ore seguenti, gli abitanti, musulmani sunniti, di Adhamiya si mobilitano anche tuffandosi in acqua, per salvare chi è ancora salvabile e trasportarlo negli ospedali e nelle moschee più vicine. Muoiono circa 900 persone, e forse il bilancio ha finito col tempo per far passare in secondo piano nei media una importante dimostrazione di solidarietà intercomunitaria.

 

Ma sono molte le cose che sarebbe interessante sapere sull'infanzia di Ali Adnan. Nel 2007, per ridurre gli attacchi contro le proprie truppe stanziate nel quartiere, gli americani decisero di costruire un muro lungo circa 5 km e alto quasi 4 metri attorno al perimetro di Adhamiya. E chissà se Ali da piccolo ha attraversato i checkpoint di quel muro, come sembra verosimile abbia fatto centinaia di volte, per raggiungere l'Accademia di Ammo Baba...

 

Quella di Ali è una famiglia molto conosciuta non solo ad Adhamiya ma in tutto l'Iraq, come lui stesso ha ricordato in conferenza stampa. Suo padre è stato un buon giocatore soprattutto a livello giovanile, per poi condurre una dignitosa carriera in patria. Suo zio Ali Kadhim è stato uno dei principali goleador della storia del calcio iracheno tra il 1968 e il 1982, anno in cui il suo record di 35 segnature con la maglia della Nazionale venne battuto da Hussein Saeed, che è tuttora il detentore del record con 78. Zio Kadhim ha speso una intera carriera nell'al-Zawra'a, il primo club in cui anche Ali è approdato nel 2008 dopo l'Accademia, per poi passare agli acerrimi rivali dell'al-Quwa al-Jawiya e poi, nel 2010, al Baghdad FC, fino al 2013.

 



Con il suo modello dichiarato, Roberto Carlos, Ali Adnan non ha molto in comune. Ci sono quasi 20 cm di differenza (Adnan è alto 186 cm), la provenienza da due culture differenti e, al netto del gioco, due modi diversi di interpretare il ruolo.

 

https://www.youtube.com/watch?v=n4ysVMJ7WXk

Il primo gol di Ali Adnan in Turchia.



 

Roberto Carlos, da brasiliano, ricercava il fraseggio palla a terra, necessario ad acquisire ritmo. Un giocatore associativo, che disponeva di un'arma impropria sui calci da fermo e che era in grado di andare sul fondo con regolarità grazie a una esplosività fuori dal comune, abbinata a un'ottima velocità di base.

 

Ali Adnan, che già a 19 anni nel campionato iracheno era fuori categoria, gioca un calcio più verticale, rischioso. Accetta volentieri l'isolamento sul lato debole per creare i presupposti migliori per l'uno contro uno. Dotato di un controllo in corsa già in grado di indurre al temporeggiamento il difensore, Ali si sposta il pallone per entrare a testa bassa nelle linee nemiche sia esternamente che internamente.

 

Palla a terra non ha molte soluzioni di passaggio: Ali consegna la palla al difensore o alla mezzala di riferimento il più delle volte da vicino, per farsela ridare in corsa, e fatica ancora a capire i momenti in cui congelare il possesso. Quando rischia il passaggio, sbaglia spesso: nell'Udinese è penultimo per percentuale di passaggi riusciti davanti al solo Karnezis.

 


La potenza c'è.



 

Un

lo soprannomina “il Gareth Bale d'Asia”. È un paragone, per quanto esagerato, più calzante rispetto a quello con Roberto Carlos, perché la struttura fisica di Ali ricorda molto quella del gallese. Sono simili anche le capacità aerobiche, la velocità negli spazi ampi, la tecnica nel dribbling, eccezionale specie per un terzino, e la facilità di calcio.

 

Quasi per default, a un terzino proveniente da luoghi esotici e di cui si conoscono solo giocate d'attacco, si tende a imputare una scarsa attenzione difensiva. Un giudizio che non sembra tenere conto di alcune sue prestazioni: l'iracheno sembra invece avere una predisposizione—maggiore di Bale—difensiva, nel senso di una libido anche nel compiere gesti difensivi, come un recupero in campo aperto.

 



Ali Adnan si è segnalato definitivamente agli operatori di mercato internazionali nell'estate 2013, durante i campionati mondiali di calcio Under-20 disputati proprio in Turchia. Il suo Iraq si piazza primo nel girone con Cile, Inghilterra e Egitto, batte Paraguay agli ottavi e Sud Corea ai quarti ed esce in semifinale con l'Uruguay ai rigori, perdendo poi la finalina con il Ghana.

 

Alla prima partita il 23 giugno ad Antalya c'è proprio la squadra di Ross Barkley, James Ward-Prowse e Harry Kane. L'Inghilterra nei primi 15 minuti crea 3 palle da gol nitide: sull'ultima di queste tre, al 12', Lundstram riceve addosso dal limite dell'area un passaggio verticale da 15 metri e gioca di prima, giratosi nel frattempo in posizione perpendicolare alla porta, un'imbucata per Luke Williams. L'attuale attaccante dello Scunthorpe United fa teoricamente tutto bene: lascia scorrere la palla fino al sinistro, che non è il suo piede, ma è quello adatto per l'effetto inerziale della palla, e tira a incrociare rasoterra a botta sicura dal vertice sinistro dell'area piccola, facendola passare sotto le gambe del portiere in uscita.

 



 

A quel punto però si materializza Adnan, che segue l'azione indietreggiando e salva con il destro sulla linea la conclusione del biondo attaccante inglese. Al 40' una sua diagonale difensiva finisce con un miracoloso intervento in tackle su Harry Kane lanciato a rete, la cui conclusione finisce sopra la traversa. L'Inghilterra va però in vantaggio con Coady sugli sviluppi del calcio d'angolo seguente. Al 6' minuto del secondo tempo Williams raddoppia, appoggiando da due passi un cross proveniente da destra: proprio la fascia lasciata sguarnita da Ali, che nell'inquadratura del gol non si vede nemmeno, tanto è rimasto alto.

 

In questa occasione si intuisce il suo principale difetto in fase difensiva, che è quello di dimenticarsi a volte di essere un terzino e credere—appunto—di essere (già?) un'ala, da cui ne consegue una scarsa abilità nello scegliere i tempi dell'intervento.

 

https://www.youtube.com/watch?v=3oGApS5uDac

 

La partita sembra chiusa, ma l'Iraq accorcia le distanze su rigore al 75' e al 92' Adnan si isola alto sulla sinistra, con l'ala irachena che si accentra in area per lasciargli spazio. La palla gli arriva precisa, lui potrebbe crossare, ma decide di puntare l'area: rientra con una finta che induce al rinculo Adam Reach, che lo aspetta come si aspetta chiunque sia bravo nel dribbling. A Reach si affianca anche Jamaal Lascelles: allora Ali finta di nuovo riportandosela sul sinistro e anche se lo spazio è ormai finito, forse intuisce il timore dei difensori che devono temporeggiare, quindi se la riporta sul destro, la palla tocca il piede di un Reach impaurito e si alza un po': Ali calcia con il destro, di rabbia, firmando il definitivo pareggio.

 

Salverà un altro gol sulla linea agli ottavi col Paraguay e firmerà un altro gol su

molto defilata nel Mondiale, in semifinale contro l'Uruguay (1-1), che poi vincerà ai rigori.

 

https://www.youtube.com/watch?v=aMycbI0sDJA

Addirittura di destro.



 

Nel 2013 tutti i principali operatori lo conoscono, visto che viene inserito dal magazine britannico

nei migliori 10 giocatori della competizione. Viene votato dalla AFC (Asian Football Confederation) miglior giovane calciatore asiatico. Il

, nel 2014, dopo il suo trasferimento al Caykur Rizespor, lo inserisce in una

in Europa. Sin dal dicembre 2012 è anche nell'undici titolare della Nazionale irachena maggiore: lo fa esordire con il Bahrein il c.t. Hakeem Shaker, che da pochi giorni aveva sostituito alla guida della Nazionale il brasiliano Zico. Il suo primo gol arriverà nel 3-1 contro la Cina, dopo che nella partita di andata, il 22 febbraio 2013, con i cinesi vittoriosi 1-0, Ali Adnan aveva rischiato di segnare un gol da 50 metri esatti, con il portiere in porta, senza prendere rincorsa: come quando si esegue un lancio.

abbastanza irreale.

 


Ma sì, perché non provarci? Cosa? Che significa “senso della misura”?



 



È curioso che durante tutta la conferenza stampa di presentazione all'Udinese, in cui appare un po' teso, dispensando con generosità gli “insh'allah” (“se Dio vuole”), Ali sorrida rilassato solo al momento della domanda sulla sua presunta partecipazione, come soldato, al conflitto armato che l'esercito iracheno, assieme ad alcune milizie sciite e al Governo regionale del Kurdistan sta conducendo contro l'Isis.

 

Sorride quando la giornalista sottolinea come questa sua “partecipazione alla guerra” sia “molto lontana da noi” e gli chiede spiegazioni. E forse in un certo senso lo spaventa, lo induce a prendere le distanze da quell'immagine di “miliziano” che lui teme stia prendendo corpo e a precisare che lui “non fa parte dell'esercito iracheno”, aggiungendo poi di aver fatto solo un'apparizione di due ore a fianco delle truppe, giocando anche un po' a calcio.

 

Rimangono delle discrepanze tra quanto detto al tempo dei presunti fatti (estate 2014) dai suoi agenti—che confermarono il suo

«per aiutare il proprio Paese anche se non per molto»—e quanto affermato da lui stesso in conferenza stampa, oltre al fatto che non vi è certezza sulla durata della sua permanenza. Fu una trovata pubblicitaria al tempo, o è oggi un tentativo di smorzare l'attenzione su un aspetto delicato, che potrebbe sviare dall'oggettiva valutazione del giocatore o attirare eccessive pressioni?

 



 

E forse è bene ripassare un secondo la storia dell'Iraq per capire che posizione occupa Ali Adnan in quel complesso scacchiere. Si sente spesso dire che Saddam Hussein, nonostante fosse musulmano sunnita, era un leader laico; che conseguentemente le minoranze religiose, nel “suo” Iraq, potevano vivere tranquille o aspirare anche a cariche pubbliche. Questo, se si pone l'accento sul termine “minoranze religiose”, è nella sostanza vero (si ricorderà invece la repressione della minoranza etnica curda, i cui appartenenti sono generalmente musulmani sunniti): è eloquente in questo senso che Tareq Aziz, il vicepresidente di Saddam Hussein, fosse cristiano caldeo. O che il patriarca caldeo Raphael Bidawid fosse una personalità assai rispettata nel Paese.

 

Quel che si sente dire meno, e che rende problematica la definizione di “laico”, è invece la condizione di quella che in effetti non era una minoranza, ma una maggioranza: i musulmani sciiti, circa il 60-65% della popolazione irachena. Gli sciiti furono marginalizzati e

da Saddam, che condivideva con gli odierni miliziani dell'Isis o di al Qaeda un sentimento di disprezzo nei loro confronti (una posizione che può sfociare nel

), oltre a considerarli agenti sobillatori nelle mani della vicina Repubblica islamica dell'Iran. Milioni di sciiti sono emigrati in Siria e Iran tra il 1980 e il 2000.

 

Con la caduta di Saddam, complice la polverizzazione da parte americana prima dell'esercito (specie l'aviazione, tuttora sostanzialmente assente) e poi della burocrazia sunnita legata al partito Baath (risultata in milioni di disoccupati, anche tra funzionari di regime di basso livello), comincia la “vendetta” sciita. I musulmani sunniti, a parte quelli di etnia curda che vivono al nord, si concentrano soprattutto nelle regioni centro-occidentali dell'Anbar e verso il confine con la Siria, e fanno i conti con discriminazioni di vario genere.

 

L'Anbar diventa uno dei quartieri generali di al Qaeda che compierà attentati ininterrottamente sin dal 2005, trovando a volte il sostegno di sunniti della regione lasciati a sé stessi dal governo centrale. Baghdad si ripopola di seguaci di Ali Ibn abi Talib, cugino e genero del Profeta, quarto califfo per i musulmani in genere e primo Imam per gli sciiti, che lo considerano diretto successore di Muhammad, che riacquistano, oltre che le posizioni di potere istituzionale, anche il controllo del malridotto esercito. Un esercito al quale molto presto si sono aggiunte le milizie, sempre sciite, formatesi per combattere l'invasione americana.

 

Dopo la nascita del cosiddetto Stato islamico, proclamata da al Baghdadi all'indomani della presa di Mossul del giugno 2014, l'Iraq già non esiste più

. Oggi il governo centrale sciita controlla Baghdad e le regioni a sud, specie quelle dove sorgono la città sante sciite di Najaf e Kerbala; a nord c'è il sempre più forte Governo regionale del Kurdistan e a ovest c'è l'Isis, che controlla un territorio poco popolato che comprende parte della Siria e dell'Iraq.

 



 

Ali Adnan, come detto, è un musulmano sciita molto devoto e in questo quadro, non è sorprendente che abbia ostentato il suo appoggio all'esercito, impegnato in quella che è una guerra di sopravvivenza, contro un nemico che mira all'estinzione degli sciiti in quanto tali, e in un contesto “nazionale” che è divenuto fortemente settario. Non è tanto rilevante il grado di partecipazione di Ali al conflitto, che probabilmente non conosceremo mai; è però significativo che un ragazzo che non fa nulla per nascondere la propria appartenenza religiosa metta anche solo la sua faccia per sostenere l'esercito di quel che rimane del suo paese sotto assedio.

 

Quando in conferenza stampa liquida la sua partecipazione come una comparsata, aggiunge, oltre al fatto ovvio di non essere “parte dell'esercito”, che a lui non interessa la politica. Che poi, in Iraq, oggi, la politica sarebbe la guerra, e c'è da credere che se Ali Adnan non fosse uno dei più preziosi talenti dell'intero calcio mediorientale, oggi indosserebbe la mimetica, come molti della sua età e della sua provenienza hanno fatto.

 



 

Nonostante Ali si voglia concentrare sul calcio, non si è dissociato dalla realtà in cui è cresciuto. Un mese prima di tornare in Iraq per posare con le truppe, Ali segna un gol nel campionato turco all'indomani della

, in cui quasi 300 minatori hanno perso la vita. Una tragedia che

, spingendolo a mostrare questa maglietta di solidarietà. Intervistato, Ali definisce i morti dei “martiri” (shahid in arabo, una terminologia tipicamente sciita).

 



All'indomani del suo acquisto da parte dei friulani si parlava di un possibile prestito alle società gemelle del Watford o del Granada, ma alla fine Ali Adnan è rimasto a Udine. Non solo: mister Colantuono finora lo ha fatto giocare sempre, come esterno sinistro in un 3-5-2. È lui uno degli sbocchi in verticale della squadra friulana, con l'altro esterno, Edenilson, maggiormente bloccato, più votato alla gestione del possesso e più attento tatticamente.

 

Al momento in cui scrivo, dopo il pareggio dell'Udinese in casa col Genoa, Ali Adnan ha totalizzato 598 minuti giocati, ha preso tre gialli, ha fatto 1,1 tiri a partita, ha indovinato il 65,8% dei passaggi e soprattutto ha vinto 3,1 duelli aerei a partita, statistica sorprendente che lo vede primo tra i suoi compagni e decimo in tutta la Serie A. La sua miglior partita l'ha giocata contro il Palermo. La sua peggior partita è stata certamente

.

 

https://www.youtube.com/watch?v=JHN73Fdsm4k

Una cosa è certa: le fasce che percorrerà Ali Adnan andranno rifatte a fine stagione.



 

Dopo una prima stagione al Rizespor da 31 presenze, 3 gol e 9 assist e una seconda da sole 10 presenze per via di un infortunio, i tanti interessamenti attirati nel corso degli ultimi due anni hanno convinto Ali ad allontanarsi ancora di più da casa, mantenendo all'Udinese quel numero 53 che aveva scelto, aggiungendo di “sentirsi a casa”, al suo arrivo al Caykur, che è stato fondato appunto nel 1953. In una squadra come l'Udinese può, teoricamente, esprimere il suo potenziale, e se confermasse le attese forse già a fine stagione potrebbe essere pronto al salto in avanti.

 

D'altronde, Ali in conferenza stampa ha detto di avere «già una visione del calcio italiano, e di essere arrivato soprattutto per difendere», dimostrando di aver capito cosa è più importante per un terzino che giochi in Serie A. Per il resto, l'ambizione e la fiducia nei suoi mezzi non gli fanno difetto: in una

rilasciata a Sky, Ali ha detto di voler diventare «uno dei più forti giocatori del mondo». Dopo essere stato il primo giocatore cresciuto nell'Accademia di Ammo Baba a vestire la maglia della Nazionale irachena e il primo iracheno a giocare in Italia, Ali Adnan ha le caratteristiche e sembra avere anche la maturità (oltre che il tempo dalla sua parte) per puntare nel futuro prossimo a un livello ancora superiore, magari in una delle grandi squadre che lo avevano cercato nel 2013-2014. Insh'allah.

 
 

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