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Valentina Forlin
I primi passi della nuova Italia di Soncin
09 nov 2023
09 nov 2023
È cominciata la gestione del nuovo CT della Nazionale femminile, tra luci e ombre.
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Valentina Forlin
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IMAGO / Insidefoto
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Italia-Svizzera, esordio delle “Azzurre” nel gruppo D di Women’s Nations League. È la prima volta in cui rivediamo i volti delle giocatrici della Nazionale sul grande schermo dopo l’eliminazione ai Mondiali, ed è anche il debutto di Andrea Soncin nelle vesti di nuovo CT. Durante l’inno, le telecamere riprendono in primo piano le giocatrici, intente a cantare abbracciate l’un l’altra. Tre inquadrature, più di tutte, catturano l’attenzione: quelle su Andrea Soncin, appunto, su Martina Piemonte e su Elena Linari. Soncin abbozza un sorriso con gli occhi lucidi, un’espressione simile a quella di un genitore alla laurea del figlio. Martina Piemonte, dal volto serio, riflessivo, ha lo sguardo fisso verso l’alto e respira profondamente tra una frase dell’inno e l’altra. Piemonte, dopo aver disputato la sua miglior stagione con la maglia del Milan, era stata esclusa dalla lista delle convocate per il Mondiale dall’ex CT Bertolini: il suo ritorno in Nazionale sotto una nuova guida tecnica, e a due mesi di distanza dal torneo, è significativo. La telecamera si sofferma poi su Elena Linari, che, al contrario di Piemonte, in Nuova Zelanda c’era, titolare e capitano in tutte le partite della fase a gironi, da cui l’Italia è stata eliminata. L’intensità con cui vive il momento dell’inno è unica, basta osservarla per percepire la sua energia. Sono tre immagini che restituiscono il delicato periodo di transizione cha sta attraversando la Nazionale italiana, simile a quello di un giocatore chiamato a recuperare da un brutto infortunio. Dopo il trauma degli ultimi Europei e del Mondiale, bisogna tornare a fare le cose che davamo per scontato, passo dopo passo: riabbracciare la semplicità, rinforzare i muscoli e prendersi il tempo necessario per rimarginare gradualmente le ferite.

In questi primi giorni di riabilitazione, le scelte di Andrea Soncin e del suo staff hanno segnato una netta discontinuità rispetto a quelle di Milena Bertolini in occasione dell’ultimo Mondiale. Se il primo passo è stato quello di richiamare in azzurro Sara Gama, Valentina Bergamaschi, Aurora Galli e Martina Piemonte, il secondo è stato quello di affidarsi a un undici titolare più conservativo e meno avveniristico. Lo dimostrano i pochi minuti concessi a Giulia Dragoni e Chiara Beccari in queste quattro partite di Nations League (per Beccari vanno considerate solo le prime due gare, visto che ha saltato le ultime due per infortunio), dopo un’estate in cui erano sempre partite da titolari con Bertolini. Certo, sulle scelte dell’ex CT pesava l’incombenza di avviare un ricambio generazionale con una squadra che cominciava ad apparire un po’ logora. E prima di quel momento, in effetti, Bertolini raramente si era lanciata in esperimenti simili. Giulia Dragoni aveva esordito in Nazionale maggiore nell’ultima amichevole pre-Mondiale, contro il Marocco, mentre Chiara Beccari lo aveva fatto nella partita precedente, contro la Colombia. Ovviamente gli esperimenti Dragoni e Beccari erano l’ultimo dei problemi di quell’Italia (anzi, entrambe hanno giocato piuttosto bene). Negli ultimi mesi, alla Nazionale di Bertolini sembravano mancare sia un’identità di gioco, sia, in assenza di quella, la capacità di soffrire e resistere nei momenti difficili. L’ex CT in conferenza stampa parlava spesso di “entusiasmo”, venendo poi clamorosamente smentita in campo e, soprattutto, fuori, come testimonia il duro comunicato pubblicato dalle giocatrici nei suoi confronti. Certo, non va dimenticato quanto Bertolini sia stata importante per questa Nazionale, non si possono ignorare i suoi risultati, ma l’impressione è che si fosse arrivati ad un punto di saturazione. Andrea Soncin, quindi, ha raccolto in eredità una squadra da ricostruire, un gruppo il cui sgretolamento parte da lontano, probabilmente dalla sconfitta per 5-1 contro la Francia all’Europeo. La Nazionale, dopo lo straordinario Mondiale del 2019, aveva generato l’illusione di poter competere con le grandi – una speranza svanita negli ultimi anni, quando le migliori Nazionali diventavano sempre più forti mentre noi rimanevamo ferme, a soffrire contro squadre che pensavamo non fossero alla nostra altezza. Insomma, la realtà da cui sono dovuti ripartire Soncin e Schiavi (la sua vice) è piuttosto dura. In merito alla nomina del nuovo CT, il dibattito è stato molto acceso. Secondo indiscrezioni, la Federazione all’inizio avrebbe ricercato una figura di spicco come Stramaccioni o Donadoni. Si è discusso poi dell’esigenza di scegliere un allenatore che conoscesse a fondo il calcio femminile. Soncin, da questo punto di vista, non sembrava di certo il candidato migliore, dato che in carriera aveva allenato solo in ambito maschile e per di più mai in prima squadra. Soncin, infatti, era diventato allenatore della primavera del Venezia nel 2021: la sua unica esperienza in prima squadra sono pochi giorni da traghettatore a novembre 2022, dopo l’esonero di Zanetti. Tutto questo, inevitabilmente, ha creato una certa diffidenza nel pubblico. A mente fredda, si possono trovare delle buone motivazioni per la scelta di Soncin. Una figura estranea all’ambiente, senza legami di amicizia con alcuna giocatrice e quindi senza alcun tipo di condizionamento, era quello che serviva dopo il mandato Bertolini. A Venezia, Soncin è considerato da molti come una persona seria, determinata, estremamente precisa e cauta ai microfoni. Nelle conferenze stampa pre e post-partita centellina l’uso delle parole e risponde in modo puntuale e coinciso a qualsiasi domanda, che sia di natura tecnica o sull’impiego delle giocatrici. Fin da subito, il suo approccio è sembrato focalizzarsi sulla preparazione della singola partita più che sulla costruzione di un’identità di gioco. D’altro canto, con così poco tempo a disposizione (la partita d’esordio contro la Svizzera è stata preparata in soli quattro giorni) sarebbe stato difficile agire diversamente. È sul campo che il nuovo CT ha gettato le basi per ricostruire morale e identità della Nazionale. La vittoria contro la Svizzera è stata un tassello cruciale sul piano dei nervi, ma le sfide più importanti sono state quelle con Spagna e Svezia, affrontate una prima volta a settembre e dopodiché pochi giorni fa, alla fine di ottobre. Incontrare le campionesse del mondo in carica e la squadra che ci ha inflitto una delle sconfitte più pesanti in Nuova Zelanda non deve essere stato facile dal punto di vista mentale, ma è stato anche un modo per chiudere i conti con quell’esperienza. Certo, i risultati non sono stati del tutto confortanti. Contro la Svizzera è arrivata un’importante vittoria, seguita, però, da due sconfitte di misura (0-1 contro la Svezia a Castel di Sangro a settembre e 0-1 contro la Spagna a Salerno, il 27 ottobre) e un pareggio in extremis per 1-1 (sempre contro la Svezia, fuori casa, il 31 ottobre). Soncin ha elaborato dei piani semplici per affrontare queste squadre, di modo che ognuna sapesse esattamente quali spazi occupare e quando a seconda del contesto. Un compito facile a dirsi, ma non quando hai di fronte due avversari con stili diametralmente opposti. In questo contesto, a titolo di esempio, scegliere di schierare Giacinti o Girelli come riferimento offensivo contro la Spagna fa la differenza. Scegliere Galli o Giugliano a centrocampo contro la Svezia, anche. Avversarie diverse, formazioni diverse. Sono decisioni cruciali e questo Soncin lo sa. La convocazione di Cambiaghi, attaccante di 27 anni giunta in estate all’Inter, è stata la vera novità della nuova gestione. Prima dei neroazzurri, aveva disputato quattro stagioni al Sassuolo e una al Parma. Attaccante di fascia media, motivo per cui in tutti questi anni non aveva mai ricevuto una chiamata dalla Nazionale maggiore, Cambiaghi ha ripagato la fiducia del CT con una prestazione da migliore in campo nel primo tempo di Malmö contro la Svezia. Sponde semplici, passaggi precisi: per il periodo di forma che sta vivendo, forse il migliore della carriera, la convocazione di Cambiaghi rappresenta un atto dovuto ma anche una scelta azzeccata.

Per il resto, Soncin, in queste prime quattro uscite, si è limitato a lasciare molta libertà individuale alle giocatrici, in continuità rispetto a quanto accade nei club. Nelle due partite contro la Svezia abbiamo visto un’Italia ordinata, attenta soprattutto in fase di non possesso. Il gol del vantaggio di Giacinti a Malmö è arrivato dopo un bellissimo innesco di Manuela Giugliano, una connessione possibile grazie all’intesa sviluppata dalle due alla Roma. Lo schieramento usato in entrambe le occasioni è stato il 4-3-3, modulo con cui le azzurre hanno offerto qualcosa in più dal punto di vista offensivo. L’impiego di Giugliano, ad esempio, varia molto rispetto al 4-2-3-1 del Mondiale, in cui la centrocampista giallorossa agiva da play basso insieme a Dragoni. Con il centrocampo a tre, affiancata da Caruso e Galli (o Greggi), Giugliano ha avuto molto più libertà di attaccare in avanti e quindi tentare qualche giocata delle sue. Ha funzionato anche il lavoro degli esterni offensivi. Cantore all’andata e Bonfantini al ritorno hanno dimostrato quanto servissero a questa squadra giocatrici in grado di puntare l’avversario anche solo per indurlo a commettere fallo. Il loro contributo è stato prezioso perché hanno creato pericoli costanti sulle fasce, permettendo anche alla squadra di respirare nei momenti di sofferenza. Insomma, l’Italia ha giocato in modo semplice, senza strafare, con pochi principi interpretati dalle giocatrici giuste. Rimane irrisolta, però, la questione dell’efficienza sottoporta, un problema non da poco. Contro la Svezia, per dire, l’Italia ha segnato solo un gol nonostante avesse creato molto, e alla fine si è fatta raggiungere al 96’ sugli sviluppi di un calcio piazzato (gol di Sembrant). Molto diversa, visto il valore dell’avversaria, è stata la partita contro la Spagna, persa all’89’ per mano di Jenni Hermoso. L’Italia ha sofferto molto sia il pressing alto delle spagnole sia la loro qualità nel palleggio. Soncin ha provato a coprirsi con un 5-4-1 molto difensivo, con Girelli unico riferimento offensivo, ma alla fine la sconfitta è arrivata lo stesso. Alla vigilia il CT aveva insistito in un paio di occasioni sul concetto di controllo, che secondo lui può passare anche per la fase di non possesso, un’idea che presuppone grande sacrificio e attenzione costante.

A molti non è piaciuto l’atteggiamento rinunciatario dell’Italia, anche se obiettivamente era difficile aspettarsi qualcosa di diverso dopo così poco tempo e contro un avversario che ha appena vinto un Mondiale. Di sicuro Soncin ha voluto evitare i contraccolpi psicologici di un’eventuale goleada ed è stato anche graziato in alcune occasioni da Bonmatí e compagne. Ora che le basi sono state gettate, però, servirà qualcosa di più per una squadra che ha un disperato bisogno di guardare al futuro.

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