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Giorgia Bernardini
Il 5-0 equivoco subito dall'Italia contro la Svezia
29 lug 2023
29 lug 2023
Una sconfitta pesante, ma per mezz'ora abbiamo visto una bella Italia.
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Giorgia Bernardini
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Foto di Christine Olsson / TT FOTBOLLS
(foto) Foto di Christine Olsson / TT FOTBOLLS
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Ci eravamo lasciate con il goal di Girelli all’87 contro l’Argentina e i festeggiamenti delle ragazze in campo, negli spogliatoi e persino sul bus dopo la partita. Festeggiamenti spropositati, potrebbe dire qualcuno. In fondo era solo la prima partita ai gironi di un Mondiale, e per giunta con una squadra, l’Argentina, assolutamente alla nostra portata. La partita però era stata importante per una squadra di recente in grande difficoltà. I dubbi non erano venuti via, ma potevamo prendere un po’ di fiato, sollievo dall’ansia che questa formazione azzurra da un po’ di tempo a questa parte ci elargisce a piene mani. Dopo la vittoria con l’Argentina, i volti delle giocatrici si erano visti più distesi, e quindi anche quelli dei tifosi. Erano partiti i paragoni con il Mondiale del 2019, quando anche allora avevamo vinto la prima partita con sofferenza e poi eravamo arrivate ai quarti. Dopo mesi di delusione originati dagli scorsi Europei eravamo tornati a sperare nell’inizio di un nuovo cammino luminoso di questa squadra con tante giocatrici giovani, di talento e futuribili. L’Italia di Linari, Bonansea, Girelli, Giugliano, ma anche l’Italia di Beccari e Dragoni. Niente è meglio di un Mondiale per siglare l’inizio di una nuova narrazione, di un nuovo ciclo. Un espediente narrativo che le Azzurre hanno già messo in atto nel 2019 e che però ha perso forza da un’edizione all’altra dello stesso campionato. Oggi che l’Italia ha perso 5-0 contro la Svezia, un avversario di ben altro spessore, tutto sembra cancellato. Anche quella prima partita più che un vento di novità ci sembra aver portato solo illusione. Milena Bertolini ha detto che «Bisogna ripartire da quanto di buono visto» e sembra una frase di circostanza, ma non del tutto campata in aria. Soprattutto: è l’unica cosa che possiamo permetterci in un torneo breve. Il superamento del gironeContro la Svezia si sono visti sprazzi di gioco che non si erano mai visti prima e separare questo inizio dalla fine con l’Argentina sarebbe un errore metodologico; significherebbe negare che la squadra Azzurra sta navigando a vista nel bel mezzo di una tempesta, e che quella tempesta non è un cataclisma d’origine divina ma piuttosto una condizione esistenziale entro cui le giocatrici si ficcano da sole, ma da cui da sole in certi momenti sembrano potersi tirar fuori.L’Italia scesa in campo oggi, quella che abbiamo visto fino al minuto 38, è stata una squadra coraggiosa. È scesa in campo per fare il suo gioco, per dettare i suoi tempi, per tenere la palla bassa e centrare il gioco su una fluidità che erano mesi che non si vedeva. Già nei primi minuti di gioco Sofia Cantore si spinge dentro l’area e calcia un pallone che non è davvero insidioso ma sta lì a significare che la squadra non si è presentata con il mero scopo di fare presenza, di validare il facile pronostico di questa partita. Anche le scelte di Bertolini sembrano funzionare. La rinuncia a Giacinti sembra insensata ma in realtà aggiunge una palleggiatrice sulla trequarti che ci aiuta a mantenere il controllo della partita. Abbiamo noi il pallone, e non andiamo in sofferenza. La Svezia è una delle squadre offensivamente più brillanti del torneo, e abbiamo deciso di disinnescarla non difendendoci ma tenendo palla.La Svezia sembra apersino intimorita da questa Italia coraggiosa, in una versione rara secondo cui non sta a subire le decisioni delle avversarie sperando di non prendere gol, ma invece fa il suo gioco opponendo le risorse possibili ad una delle squadre più fisiche e veloci a livello mondiale. Le Azzurre quindi tengono la palla bassa e la scambiano rapidamente perché ci sono tante cose in cui le svedesi sono brave, ma più di tutto nelle palle alte e nel gioco fisico. Giulia Dragoni in questo ha davvero dato una marcia diversa ed è andata a riempire un vuoto lasciato da Giugliano, una regista magistrale con indosso la maglia della Roma, ma che con la Nazionale non riesce a raggiungere le stesse vette di lirismo calcistico. Beccari e Cantore sembrano essere l’antidoto in carne a ossa ai lunghi mesi in cui, una volta decifrata Girelli dalle difese avversarie, la palla in attacco per noi significava sperare che accadesse qualcosa per grazia ricevuta o per un aggancio riuscito di Giancinti. Però per la prima volta dopo mesi la nazionale è bella da vedere, guardarla giocare fa persino venire il dubbio che davvero nei mesi passati abbiamo criticato questa squadra troppo duramente. Eppure, di nuovo, fatichiamo a far gol. Palleggiamo ma non costruiamo occasioni realmente pericolose.Inun’intervista pre-mondiale Fridolina Rölfo, l’attaccante della Svezia, si trova nella scomoda posizione di dover rispondere a domande che vanno a infilare il coltello nella piaga sui risultati deludenti all’ultimo Europeo, dove la Svezia era partita come una delle favorite ma poi era stata eliminata in semifinale con un severo 4-0 dall’inghilterra, che quell’Europeo lo avrebbe vinto. In quei tredici minuti circa di domanda e risposta, Rölfo non si scompone mai. È persino capace di rigirare le domande scomode a suo favore. Dice che alla fine il risultato all’Europeo è stato positivo, e sceglie deliberatamente di tralasciare ogni commento sulla sconfitta bruciante contro le inglesi. «Ci sono alcuni dettagli che possono essere migliorati», dice, «Ma il potenziale c’è». È una modalità di gestire la comunicazione che non lascia spazio alle emozioni, e si basa sui meri fatti. Rölfo non sorride mai, non perde mai il controllo. È quasi robotica nella sua perfezione. A posteriori mi rendo conto che questa intervista è una grande lezione sul calcio svedese. Presa in contropiede da quest’Italia che la mette in difficoltà, la Svezia porta avanti il suo gioco senza guizzi, cercando di non prendere gol e aspetta il momento propizio per uscire dall’impasse. È necessario aspettare 38 minuti e trovarsi nella situazione propizia di gestire una pallone che arriva da un calcio d’angolo. Dentro l’area ci sono cinque giocatrici con la maglia gialla che sono alte almeno 180 centimetri. Tre sono davanti allo specchio della porta e con il loro corpo stanno tagliando fuori le giocatrici della difesa italiana. Giugliano è quella delle nostre è che più vicina al primo palo ed è sola, non sta marcando nessuno. La palla arriva perfetta, a spiovere, e a Ilestedt non serve altro che saltare per mandare la palla a rete con la testa. Questo stesso identico schema era stato usato contro il Sudafrica e aveva fatto vincere le svedesi di misura solo qualche giorno fa. Questo stesso schema, inoltre, viene risposto pochi minuti dopo, al 46'. Stessa disposizione con le maglie gialle affastellate dentro l’area a prendere spazio e a fare pressione sulla portiera. Di nuovo, cinque giocatrici dentro l’area piccola, strette a pressare Durante. Questa volta è Bonansea a prendere la palla nel duello aereo, ma nella confusione la palla finisce dritta sui piedi di Rölfo che sotto porta non sbaglia. 2-0 nel giro di sei minuti, entrambi i gol presi da palla inattiva. Entrambi presi in modo simile, e prevedibile.La prima domanda che sorge spontanea è per quale motivo, se hai nel girone una squadra come la Svezia, dove tutte le giocatrici sono più alte di te e sono note per essere letali sulle palle inattive, perché non ci si è preparati a sufficienza. Purtroppo il gap fisico è grande, ed è tra le cose meno semplici da contrastare in campo. Durante poteva uscire meglio e con più incisività? Certamente. Eppure resta la sensazione che l’Italia non si sia preparata adeguatamente per quelle situazioni, dopo aver visto il Sudafrica subire gol allo stesso modo; e che - peggio - non abbia trovato poi delle contromisure, continuando a subire la stessa situazione per tutti i novanta minuti. L’Italia ha continuato a difendere a zona sui calci piazzati, e nel secondo tempo abbiamo visto l'immagine di Giugliano che sconsolata indicava Ilestedt: come poteva marcarla lei? Perché non è stata presa a uomo dalla nostra migliore saltatrice (Salvai?), come chiesto anche da Carolina Morace in telecronaca?

Da qui in poi inizia un’altra partita, in cui è la frustrazione ad avere la meglio: la sensazione di aver dominato, ma essersi comunque ritrovate sotto di due gol nel giro di sei minuti prende il totale sopravvento e il terzo goal al 45' è la logica conseguenza del bisogno di mettere tutto in pausa e andare negli spogliatoi a fare pace con la testa. Da qui in poi l’Italia è dentro la tempesta. E il terzo gol nel tempo di recupero arriva come un’onda alta che non si è vista crescere. Asslani raccoglie da Kaneryd un passaggio qualche metro fuori dall’area. Dopo il passaggio la difesa si dimentica di lei, e Kaneryd taglia dentro l’area con tutto l’agio per andare in uno contro uno con Durante. Ma il pallone si allarga troppo sulla destra, così la svedese tira con la portiera addosso, che para, ma la palla prosegue dentro l’area dove prima c’è Rölfo che sfiora e poi, di rimpallo, Blackstenius pronta ad appoggiare dentro la rete. Un’azione concertata di una squadra che si è evidentemente ritrovata e che adesso ha di fronte una difesa azzurra distratta, sfilacciata, demoralizzata. La fine del primo tempo in un certo senso sancisce la fine della partita vera e propria. Al ritorno dagli spogliatoi le Azzurre sembrano come essersi svegliate da un sogno e nonostante i cambi - fra cui sorprende il non ingresso di Girelli in campo - le Azzurre subiscono il gioco svedese che continua a funzionare perfettamente e infila altri due gol. Uno ancora su calcio d’angolo al 49', in fotocopia come i primi due, e infine il quinto a due minuti dalla fine, con tutta la squadra Azzurra sbilanciata in avanti nel tentativo di accorciare le distanze almeno in vista della differenza reti. Fa male che persino la riserva Blomqvist, uscita dalla panchina, se ne porta a spasso cinque delle nostre e va a concludere in rete per il 5-0 finale.

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