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La prima festa della Carrarese
12 giu 2024
12 giu 2024
Abbiamo visto la storica finale playoff di Serie C a Carrara.
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14 min
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IMAGO / ABACAPRESS
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Prima di domenica pomeriggio, la storia recente della Carrarese aveva più volte sfiorato l'assurdo. Per 46 anni la squadra è rimasta da qualche parte in Serie C (che fosse C1, C2, Lega Prima Prima o Seconda Divisione). Nel 2010 il più noto calciatore carrarino, Gianluigi Buffon, acquista una buona fetta delle quote societarie, assieme al livornese Cristiano Lucarelli e all’ex proprietario del Pisa, Maurizio Mian. Le cose vanno come spesso succede in esperimenti di questo tipo: dapprima benissimo, infine un fallimento.

La società, che durante gli anni Buffon ebbe tra le altre cose Alena Seredova come presidentessa onoraria, viene salvata in extremis da "alcuni big del marmo". Sono imprenditori locali che, sotto intercessione del sindaco, tirano fuori 120mila euro. Con quei soldi si possono fare molte cose: la Carrarese prende Silvio Baldini in panchina, Gianluca Berti come direttore generale e riunisce la coppia d’attacco Tavano-Maccarone. I Taurina Bros registrano “Giallo azzurri” e si creano effettivamente aspettative attorno alla squadra, che non supera però i primi turni dei playoff. All’inizio della stagione 2018/19 Lele Adani scrive che "tutti gli amanti del calcio vero" dovrebbero ammirare la Carrarese di Baldini.

Da quando i playoff di Serie C hanno questo formato, la Carrarese è stata la squadra più presente (6 volte su 7), ma non ha mai fatto il salto. A Baldini subentra Antonio Di Natale, ma le cose non vanno come qualcuno forse aveva immaginato. Di Natale ottiene la salvezza, poi, la stagione successiva, centra i playoff ma esce al primo turno. Sembra il destino della Carrarese: fare buoni campionati che si infrangono sulle onde dei playoff. La storia si ripete nelle stagioni 2021/22 e 22/23. Fino a questa stagione, come sappiamo.

Ho ripercorso velocemente questa piccola parte di storia della Carrarese scrollando le storie Instagram di un altro calciatore carrarino arrivato in Nazionale, Federico Bernardeschi. Se le si aprivano lunedì mattina, si trovavano tre foto di lui che beve da una noce di cocco ai Caraibi. Poi i complimenti alla Carrarese, che 76 anni dopo l’ultima volta tornerà a giocare in Serie B.

Prima mezz’ora: circolo “La Miniera”

Sabato sera mi accorgo che all’indomani si sarebbe giocata la finale playoff di Serie C in un luogo molto vicino ad una trasferta di lavoro fissata da tempo. Esco dunque dall’Aurelia a Carrara e mi dirigo dal litorale verso le Alpi Apuane. Si gioca ad un orario insolito ma perfetto, le 17:30. I biglietti sono stati spazzolati via in pochissimo tempo e non posso entrare allo stadio, accreditarsi ancora più difficile: la guarderò nei bar lì attorno. Tre per la precisione, uno ogni mezz’ora. Ma prima rubo due minuti al bordocampista di Sky Sport, Luca Mastrorilli, che sta per entrare allo stadio dei Marmi.

Il marmo è tutto a Carrara, tanto che i giocatori sono spesso chiamati “i marmiferi”. «Qui la Carrarese ha ottenuto 50 punti dei suoi 73 punti stagionali», mi dice Mastrorilli «ma non sono qui per caso. Per tutto l’anno non l’abbiamo capita, la Carrarese: a inizio stagione avevano aspettative alte, volevano competere per la promozione. Con Dal Canto in panchina hanno fatto il record di punti nel girone d’andata nella storia della Carrarese, poi perdono il derby con l’Arezzo in casa, “scendono” al quarto posto e licenziano l’allenatore: significa che le ambizioni c’erano».

Antonio Calabro subentra ad Alessandro Dal Canto il 17 gennaio e sembra poter far ancora meglio di chi l’ha preceduto. Allo stadio dei Marmi perdono tutte le prime della classifica, compreso il Cesena dominatore del campionato e la sorpresa Torres. Ai playoff, però, la Carrarese fatica a ingranare: perde in casa (per quanto in modo indolore) col Perugia al primo turno, pareggia due volte con una Juventus Next Gen con l’argento vivo addosso e avanza solo in virtù del miglior piazzamento in classifica. Il capolavoro lo fa col Benevento: vince all’andata grazie ad un gol su palla inattiva, al ritorno davanti a diecimila spettatori recupera due volte lo svantaggio, anche grazie ad una punizione perfetta di Nicolas Schiavi.

Durante i playoff, «da squadra di dominio la Carrarese si è trasformata in una squadra più reattiva, forse anche perché fisicamente non sono sembrati lucidissimi», mi dice Mastrorilli. «Nella gara d’andata col Vicenza [0-0 al Menti, nda], però, sono stati allucinanti in pressione, ottenendo un PPDA altissimo rispetto alla media stagionale». Certo, al Vicenza mancano pedine importanti: il capitano Vladimir Golemic è stato espulso nella semifinale di ritorno contro l’Avellino e deve scontare due partite di squalifica, il cervello della squadra Ronaldo si è rotto il crociato dopo pochi minuti della finale d’andata e il centravanti italo-argentino Franco “El Loco” Ferrari l’andata non l’ha proprio giocata e oggi sarà titolare pur acciaccato. Per l’occasione, lo stadio dei Marmi è stato dotato di un migliaio di posti in più.

Anche al circolo “La Miniera” di viale XX Settembre c’è il pubblico delle grandi occasioni. Svariate Tennent’s sono schierate sui tavolini color avorio, sopra l’estintore ma sotto il condizionatore è fissata una TV minuscola per la quantità di persone che la stanno guardando. Un signore con la maglia rossa e la sciarpa legata alla vita non riesce a stare fermo, si lamenta anche di come la cantante (Irene Fornaciari) sta cantando l’inno. Urla in faccia alle persone che dovrebbero cantare come lui, ma ha già perso la voce.

Subito vengono inquadrate le due curve, molto rumorose e colorate: in quella degli ospiti compare lo striscione “Brigata Vendrame”. La Curva Nord Lauro Perini (dal nome di uno storico capo ultras) è interamente gialloblù, con una sola eccezione: la scritta bianca su sfondo rossonero “26 julio”, chiaro riferimento alla Rivoluzione cubana e Fidel Castro. Ovunque sono rappresentate delle ruote, stemma della Carrarese. Sul sito del comune si legge: «La comunità carrarese, fin dal suo primo sorgere, ebbe una sorta di culto per la ruota». “Fortitudo mea in rota” è il motto: la mia forza è nella ruota.

La tensione dei primi minuti, che alla toscana confluisce in una media di una bestemmia ogni tre parole, è presto allentata dal gol del vantaggio. Il Vicenza semplicemente non prende gol su azione (in sette partite di playoff finora, ne ha subito solo uno dall’Avellino su rigore), ma si fa sorprendere su palla inattiva. Una punizione battuta velocemente da Schiavi a 45 metri dalla porta è uno schema per far arrivare al cross indisturbato Zanon, che pesca sul secondo palo il capoccione di Finotto. Al circolo “La Miniera” vola per aria qualsiasi cosa.

Poche ore prima della partita, la Serie C ha ufficializzato la vincitrice della Mascotte League, una competizione che è esattamente ciò che sembra: una Royal Rumble di mascotte di Serie C. Agatino l’elefantino del Catania ha battuto in finale Drag08 della Carrarese, che incurante della sconfitta appare a bordocampo.

Soprattutto in questa prima mezz’ora, la Carrarese elude a piacimento il pressing del Vicenza. Il cervello della squadra è l’argentino Nicolas Schiavi, che gioca con una maglia molto larga tenuta a fatica dentro i pantaloncini. Capelli rasati fino alle orecchie, in cima raccolti in una strana coda di cavallo. Schiavi fa di tutto: tira bene da fuori, tenta un gol olimpico, interrompe ogni tentativo di contropiede del Vicenza grazie ad un posizionamento invidiabile. Sembra impossibile che a 29 anni abbia solo cinque presenze in Serie B.

Schiavi innesca Palmieri alle spalle del centrocampo vicentino: da qui nasce la più grande occasione per il raddoppio. Finotto da pochi passi non riuscirà a concludere.

Seconda mezz’ora: bar gelateria “Caprice 2”

Risalgo di qualche centinaio di metri viale XX Settembre, le strade deserte. Ogni tanto un motorino battente bandiera Carrarese sfreccia a tutta velocità verso chissà dove. Ecco un ragazzo che cammina a passo svelto: guarda la partita sul telefono. Bisogna fare lo slalom tra macchine parcheggiate in tripla fila nei pressi dello stadio, un grigiore che in parte copre i tanti palloncini gialloblù legati ai cancelli. Il bar gelateria “Caprice 2” ha aperto la veranda e la partita si vede sia lì sia all’interno: la combo gelato+partita attira una gran quantità di bambini, alcuni dei quali truccati gialloblù sul volto.

Due sono i giocatori più pericolosi per il Vicenza. Il primo è Matteo Della Morte, figlio di Ivano, quattro gol nella Serie A tra gli anni Novanta e Duemila. Se Ivano "per oltre un decennio è stato un giocatore professionista nel ruolo di centrocampista esterno" (così recita la sezione “Caratteristiche tecniche” di Wikipedia), Matteo è un’ala dribblomane che gioca a destra e usa solo il sinistro. Il secondo è Filippo Costa, il Federico Dimarco della Serie C. Grande corsa, grande mancino. Regista laterale nativo di Noventa Vicentina, Costa ha già perso una finale playoff l’anno scorso, col Foggia, e più passano i minuti più s’innervosisce.

Come sostanzialmente ogni giocatore in campo, è molto tatuato. Spesso vanno a duello il centrale di destra Julian Illanes (che ha un braccio interamente inchiostrato e la scritta LEON sotto al pomo d’Adamo) e il Loco Ferrari, che dei tatuaggi fa sostanzialmente uno stile di vita. Difficile dire se a causa sua o nonostante il suo centravanti, ma il Vicenza fa una fatica terribile a risalire il campo. Il manto sintetico non sembra in grandi condizioni e l'aggressività dei difensori della Carrarese sembra non lasciare scampo agli avversari. Attorno al campo, intanto, è uno show del settore marmifero. Gli inserzionisti sulle panchine di casa sono “Marmi di Vara. cave proprie cremo delicato” e “Nova Edil”, sui cartelloni appaiono le pubblicità “Carrara metalli duri – attrezzature per cave” e “Magevan – marble atelier”.

Mi risveglio da questo marmifero torpore che è finito il primo tempo. Al “Caprice 2” nessuno sembra interessato al collegamento di Antinelli e Adani dal Castellani di Empoli per Italia-Bosnia, che verrà giocata la sera. Durante l’intervallo viene anche presentato il Premio Facco al miglior gol della stagione di C. Viene assegnato a Michael Liguori del Padova per una rovesciata dal limite dell’area contro il Novara. «Questa è la cosa più importante per me, ricevere questo premio», sorride Liguori. Ecco la lista dei gol più belli dell’anno in ogni stagione di C da quando esiste il premio:

Terza mezz’ora: bar “Da Roberto”

A inizio ripresa, proprio quel Simone Della Latta entra in campo. Se il suo gol dell’anno lo fece alla Carrarese quando giocava nel Piacenza, oggi non solo gioca proprio nella Carrarese, ma ne è pure il capitano. Il suo più grande tifoso in tribuna è il suocero, Pierluigi Collina. L’ex arbitro «per questioni famigliari» si definisce «uno dei più grandi conoscitori della categoria» e ama davvero la C. Viene inquadrato a più riprese e fa le stesse facce di quando arbitrava, solo seduto e col cappellino degli Yankees. Potrebbero essere sugli spalti altri due carrarini celebri come Lorenzo Musetti o Andrea Raggi. Di sicuro c’è Nicolò Zaniolo, nato nella vicina Massa.

Ho di nuovo cambiato bar, intanto. Chi mi ha convinto ad andarmene dal “Caprice 2” è stato un tifoso poco parsimonioso nell’uso di una trombetta, che nei piccoli locali interni crea un rimbombo insopportabile. Ma non me ne vado per il rumore, ma per un suo consiglio: al bar “Da Roberto”, non lontano dalla Curva Sud dello stadio dei Marmi, avrei trovato un clima migliore. Mentre lo raggiungo, sospetto che le tante bandiere appese ai balconi siano quelle dell’Ucraina a cui è stato appiccicato il logo della Carrarese.

Il terzo e ultimo barista, da subito identificato come Roberto in persona, è ricciolino come Fabio Galante quando giocava al Livorno. Con una mano alza e abbassa freneticamente il volume della televisione, con l’altra mangia distrattamente patatine imbustate. Indossa la maglia da trasferta della Carrarese, amaranto, col #26 di Raffaele Cartano. «Me l’hanno portata solo perché nel frattempo Cartano l’hanno ceduto», scherza il presunto Roberto. Immaginando di prolungare le sciarpe appese alle mensole del bar, si arriva in via Macallé, che porta dritta al settore ospiti. È chiusa, ma si vedono le punte delle bandiere vicentine sventolare.

Un ragazzino, seduto composto al fianco di quella che sembra la sua famiglia, fissa il televisore e canticchia sottovoce quello che è diventato un inno non ufficiale della Carrarese durante questi Playoff:

Se vado in B

Prendo l’MD

Poi lo sciolgo nel gin

Vado fuori di testa

Il secondo tempo è iniziato da poco, ma la Carrarese ha già iniziato a perdere tempo. Finotto poggia un ginocchio a terra come un guerriero medievale e si tocca il polso, sembra non riuscire a muovere la mano. Il regista indugia un po’ sul teatrino, poi ne ha abbastanza e ci regala un piano sequenza di capitan Imperiale intento a rimettere la palla in gioco con le Apuane rannuvolate sullo sfondo.

I numeri sulle maglie della Carrarese, i più stretti e lunghi che vi sia capitato di vedere.

Poco dopo viene inquadrato un tifoso del Vicenza con indosso una vecchia maglia, sponsor Pal Zileri: risale ai tempi di Pasquale Luiso. A ogni minuto che passa i bicipiti di Antonio Calabro si gonfiano sempre più.

Penso che se sono qui è principalmente merito di Antonio Calabro. L’allenatore di Melendugno, che si ispira ad un altro leccese come Antonio Conte, ha portato la Carrarese al terzo posto in campionato grazie a 13 risultati utili consecutivi. Alcune volte Calabro ha cavalcato la litania dell’underdog, perché la filosofia del “noi contro tutti” torna utile alle volte, ma spesso ha fatto notare che i suoi giocatori non sono proprio gli ultimi arrivati. A volte dice cose un po’ prive di significato («dobbiamo intervenire e lavorare sulla mentalità nel senso della profonda percezione della differenza sostanziale tra il perdere e il vincere»), ma è indubbio che sappia allenare. Emanuele Mongiardo su di lui ha scritto: "Per emergere come allenatore ha dovuto fare un piccolo miracolo: ha portato la Virtus Francavilla dall'Eccellenza alla Serie C, prima volta nel professionismo nella loro storia. Tra l’altro facendo esplodere M’Bala Nzola".

Effettivamente Calabro sta davvero in fissa col gioco della Juve di Conte: «Ero innamorato e ancora ricordo tutto di quella squadra. Di come giocava, della sua mentalità. Ho fatto anche qualche passaggio della tesi del master su quella Juve». Mongiardo conferma che, nelle esperienze tra Catanzaro e Carrara, Calabro ha alternato vari moduli con la difesa a tre, ma il suo calcio è contismo puro: due uomini in ampiezza e poi combinazioni strette e a memoria tra i giocatori all’interno, le punte che si avvicinano per fare il velo o per combinare, l’esterno che chiude le azioni sul secondo palo.

Gli ingressi di Delle Monache («arriva dalla scuola di Zeman», annunciano i telecronisti) da una parte e Niccolò Giannetti (una presenza con la Juventus in Europa League) dall’altra non colorano granché la partita. Mentre il medico del Vicenza è in campo per accertare le condizioni di Franco Ferrari (crociato anche per “El Loco”, si scoprirà), Thomas Sandon si fa sparare del ghiaccio spray sul ginocchio a una distanza talmente ridotta che dev’essersi bruciato la pelle. Per dire come sta messo il Vicenza, squadra che ha speso quasi 8 milioni per gli stipendi ma martoriata dagli infortuni: chiude la partita col tridente Delle Monache-Pellegrini-Della Morte, strano mix spiritual-fatalista.

Al 95esimo una rimessa laterale contestata viene assegnata al Vicenza. Schiavi si accorge del pericolo e prova a disturbare chi rimette in gioco saltandogli davanti dimenando le braccia, come fanno in NBA. La palla arriva a Filippo Costa, che pochi minuti prima ha imbruttito Delle Monache per averlo disturbato in un tiro che sembrava perfetto per il suo mancino. Appena Costa stoppa la palla l’idea del tiro fortissimo di collo pieno balena nei suoi occhi da pazzo. Carica la gamba con tutta la forza che ha, il tiro finisce sulla bandierina.

È l’ultima occasione della partita. Ciò che accade dopo è preventivabile: lo speaker esclama l’avvenuta promozione in B, l’invasione di campo dei tifosi, il coro “e tanto già lo so / che l’anno prossimo / gioco di sabato”, Simone Della Latta che alza il trofeo in mutande, le strade invase da auto e fumogeni, le foto e i video della festa. Il Giornale di Vicenza del giorno dopo, invece, dà spazio a due dichiarazioni di tifosi. Il primo disperato: «Così fa ancora più male. Morirò vedendo il Lane in C»; il secondo sardonico: «Almeno faremo trasferte corte, ci aspetta un pranzo di pesce a Chioggia».

Un’ultima cartolina da Luca Mastrorilli, che era subito dopo il triplice fischio: «Volevo vedere la reazione di Calabro. Tutti i giocatori si riversano in campo, Calabro abbraccia uno a uno i membri dello staff, va verso la panchina, si toglie la giacca e guarda il campo come a dire “che cazzo ho appena visto”. Voleva proprio godersi un momento da solo. Dopo qualche minuto noto Filippo Costa in lacrime a metà campo, singhiozzava. Il primo ad andarlo ad abbracciare è Calabro, un abbraccio vero».

Mentre mi allontano dal trambusto (che senso ha fare propria una festa altrui?), mi torna in mente una cosa che mi ha detto Mastrorilli. Sì, la Carrarese in Serie B c’è già stata una volta, negli anni Quaranta, ma non per particolari meriti sportivi. Nel panorama post-bellico, infatti, furono ammessi ad uno strano campionato cadetto a tre gironi chi poteva permettersi di pensare al calcio. Insomma, voglio dire che non era mai esistita una festa per la promozione in B a Carrara. Fino a domenica.

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