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Emanuele Mongiardo
Avete già visto giocare il Mantova di Possanzini?
19 gen 2024
19 gen 2024
Sta dominando in C con una proposta di gioco spettacolare.
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Emanuele Mongiardo
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Nella seconda metà degli anni ’50 il Mantova fu protagonista di una miracolosa scalata dalla quinta divisione del calcio italiano alla Serie A. Quella squadra, guidata in panchina da Edmondo Fabbri – futuro CT dell’Italia ai Mondiali d’Inghilterra – e costruita da Italo Allodi – architetto, tra le altre, della “Grande Inter” – per le vittorie e la qualità del gioco espresso si meritò l’appellativo di “Piccolo Brasile”. Dopo più di mezzo secolo oggi "i virgiliani" vivono un altro momento di grande splendore. Il Mantova guida il girone A di Serie C con 51 punti in 21 partite e 7 lunghezze di vantaggio sulla seconda, il Padova, sconfitto con un clamoroso 0-5 in trasferta proprio nello scontro diretto della scorsa settimana. Anche oggi, come allora, gioca un calcio offensivo e divertente. L’allenatore è Davide Possanzini, collaboratore tecnico di De Zerbi nelle esperienze al Foggia, al Palermo, al Sassuolo e allo Shakhtar, dove ha costruito la sua idea di calcio. Certo, oggi suonerebbe un po’ sacrilego definire una squadra che fa il gioco di posizione come il Mantova un “piccolo Brasile” (visto il dibattito, partito proprio dal Brasile, sulla dicotomia tra gioco di posizione e calcio relazionale) ma è difficile non apprezzare la freschezza del calcio messo in campo dai ragazzi di Possanzini, una delle proposte di gioco più peculiari di tutto il panorama calcistico italiano. Forse dovremmo chiamarlo "piccolo Manchester City", chissà.

La calda estate del Mantova Le premesse da cui nasce la stagione del Mantova non lasciavano immaginare nulla di tutto ciò. A giugno 2023 la squadra allenata da Mandorlini aveva perso i playout contro l’Albinoleffe e, sul campo, era retrocessa in Serie D. Mentre si concretizzava il definitivo cambio di proprietà con l’uscita di scena di Maurizio Setti – presidente del Mantova, oltre che del Verona, dal 2018 – la nuova società guidata da Filippo Piccoli ha deciso di ripartire dal DS Christian Botturi, reduce da un insperato quarto posto in Serie C con la Pro Sesto, e da Davide Possanzini in panchina. Possanzini, quindi, è stato chiamato per ripartire dal dilettantismo. In estate, però, la rinuncia del Pordenone alla Serie C ha garantito al Mantova la riammissione in terza serie. Nel giro di trenta giorni Botturi e la proprietà si sono ritrovati a dover costruire quasi da zero la rosa: tutti i giocatori più utilizzati di questa stagione, tra titolari e riserve, sono arrivati a luglio. Possanzini ha avuto giusto un paio di mesi per assemblare la squadra. Nonostante i volti nuovi e il poco tempo a disposizione, però, il Mantova è partito subito forte con quattro vittorie nelle prime cinque giornate. Evidentemente il nuovo allenatore ci ha messo poco a impiantare i suoi principi. Il successo di Possanzini ha confermato la grande annata del coaching tree di Roberto De Zerbi. Il Nizza di Francesco Farioli, suo preparatore dei portieri al Sassuolo, occupa il secondo posto in Ligue 1 ed è la rivelazione del calcio francese. Il Modena di Paolo Bianco, collaboratore di De Zerbi al Sassuolo e allo Shakhtar, è in lotta per un posto ai playoff in Serie B. Nel girone C di Serie C, poi, il Foggia, sorta di Terra Santa per De Zerbi e i suoi estimatori, ha provato ad ovviare al brutto inizio di stagione affidando la panchina a Tommaso Coletti, già centrocampista dei "satanelli" nell’esperienza in cui De Zerbi si guadagnò le attenzioni del calcio italiano. Coletti ha come spalla Antonio Junior Vacca, formalmente ancora giocatore del Foggia, ma che difatti funge da collaboratore tecnico; pare che per lui, il prossimo anno, sia già prenotato un posto a Brighton nello staff di De Zerbi. Possanzini non è stato solo vice di De Zerbi, ma è stato anche suo compagno per qualche mese a Brescia. Quando gli chiedono della sua idea di calcio, in maniera un po’ fantasiosa, la fa risalire però ad un’epoca precedente rispetto al passato da vice allenatore. «La mia idea di calcio nasce in giardino. Nasce dal fatto che noi giocavamo sempre per strada, in mezzo al giardino. C’era un balcone al primo piano e ogni volta che la alzavamo, la palla andava nel balcone e non giocavamo più, perché arrivava un signore e puntualmente ce la bucava. Quindi con me si gioca la palla a terra, nasce da lì la mia idea». È un racconto a cui potremmo anche credere, visto che “Re David”, come lo chiamavano a Brescia, da giocatore era un attaccante a cui piaceva partire da lontano per arrivare in porta.

In realtà Mantova non è la prima città in cui Possanzini prova a proporre un modello simile. Dopo aver allenato le giovanili del Brescia, a febbraio dello scorso anno Cellino, in seguito all’ennesimo esonero, lo aveva incaricato di allenare la prima squadra. L’esperienza di Possanzini al Rigamonti, però, è durata appena un paio di settimane. Pare che all’intervallo di una partita contro il Benevento, al termine della quale il tecnico sarebbe stato esonerato, Cellino avesse fatto irruzione nello spogliatoio, rimproverando aspramente Possanzini di voler imitare la costruzione da dietro di De Zerbi quando secondo lui sarebbe stato preferibile lanciare lungo sulla punta. Ripartire lontano da Cellino ha giovato a Possanzini, che adesso la Serie B se la sta guadagnando con le proprie mani. Come gioca il Mantova Lo schieramento di partenza del Mantova è un 4-3-3. Nonostante Possanzini si conceda delle rotazioni, esiste un undici titolare abbastanza consolidato. Il portiere è Marco Festa, mentre i centrali di difesa sono Brignani a destra e Redolfi a sinistra. A destra Radaelli è il terzino più offensivo, mentre a sinistra Panizzi mantiene un atteggiamento più cauto. In mezzo il metodista è Salvatore Burrai, monumento della terza serie italiana: classe ’87, circola tra i campi di Serie C dal lontano 2007 e ha collezionato ben tre promozioni in Serie B, con le maglie di Latina, Pordenone e Perugia. Accanto a lui Muroni è la mezzala che partecipa alla prima costruzione, mentre Trimboli occupa zone più avanzate. Il terzetto offensivo è composto dall’ala sinistra Fiore, dal centravanti Mensah e dall’ala destra Galuppini, capocannoniere della squadra con 10 gol. Come è facile immaginare, il 4-3-3 è solo un modo di inquadrare l’undici di partenza. In realtà il Mantova occupa il campo in maniera fluida, pur mantenendo fissi alcuni cardini del gioco di posizione come l’occupazione in contemporanea dell’ampiezza e dei corridoi intermedi. In fase di costruzione la struttura può variare, anche a seconda dell’aggressività degli avversari. Se i rivali scelgono di aspettare più bassi, di solito rimangono a impostare tre difensori: mentre il terzino Radaelli si alza e resta aperto, il terzino sinistro Panizzi staziona basso vicino ai centrali e stringe la posizione. Così, mentre Radaelli a destra e l’ala Fiori a sinistra occupano l’ampiezza, nella fascia centrale del campo rimangono Burrai, le due mezzali e l’ala destra Galuppini che stringe. Se gli avversari sono particolarmente cauti la struttura del Mantova in costruzione somiglia a un rombo (quindi 3+1), con Burrai vertice alto e le mezzali con Galuppini a posizionarsi in zone più avanzate.

Se invece nel mezzo gli avversari sono più aggressivi, di solito è Muroni a rimanere più vicino a Burrai, formando così un 3+2 in costruzione. L’altra mezzala, Trimboli resta più avanzata, disposta ad alzarsi tra le linee o a rimanere in diagonale rispetto ai due di centrocampo. Galuppini, invece, occupa il centro destra della trequarti.

Mentre i riferimenti in ampiezza – Fiori a sinistra e Radaelli a destra – e in avanti – la punta Mensah – sono piuttosto fissi, in mezzo c’è grande libertà di movimento, sempre, però, secondo uno stesso principio: nel momento in cui avviene una rotazione, una mezzala o Galuppini si abbassa vicino a Burrai, con i giocatori della fascia centrale devono saper leggere se un avversario si sposta e lascia un buco alle sue spalle, così da muoversi per occuparlo e creare una nuova linea di passaggio che faccia progredire il gioco.

Encomiabile, da questo punto di vista, Simone Trimboli, centrocampista cresciuto nella Sampdoria che ha passato la scorsa stagione al Ferencváros. Trimboli parte da mezzala sinistra ed è molto dinamico. È bravissimo a trovare lo spazio in cui posizionarsi tra le linee e a dettare il passaggio alle spalle dei centrocampisti rivali, dove dimostra un’ottima qualità nel primo controllo, con cui orienta la giocata e inclina il campo verso la porta avversaria. Se gli avversari si schiacciano nella propria metà campo e al centro non ci sono spazi, allora il Mantova cerca di spostare il gioco sulle fasce. Lo fa soprattutto grazie al piede di Burrai, arrivato al Danilo Martelli solo quest’estate e già capitano della squadra. Il regista sardo ha un destro affilato e preciso nel gioco lungo, che usa soprattutto per i cambi campo. Burrai sventaglia indifferentemente verso destra e verso sinistra, spostando all’improvviso il gioco sulla fascia, dove si attivano le combinazioni di catena. Il Mantova sotto pressione Grazie all’organizzazione in fase di possesso e alla qualità dei giocatori, il Mantova è solito controllare le partite attraverso il pallone, riducendo così anche i rischi in fase difensiva. È contro avversari aggressivi, che mettono in discussione il suo possesso già dalla fase di costruzione che però il Mantova si è distinto rispetto alle rivali dirette per la promozione. Le partite contro Padova – secondo e imbattuto fino allo 0-5 di lunedì scorso – e Vicenza – squadra in cerca di identità ma con una rosa di alto livello e, al momento dello scontro diretto, guidata da Diana, uno dei migliori tecnici della C – ne sono state la dimostrazione più chiara: in Serie C non conviene pressare i ragazzi di Possanzini, perché si tratta di una squadra abilissima, a questo livello, a volgere a proprio favore l’aggressività altrui. La struttura adottata contro il pressing alto varia a seconda della posizione di Radaelli, che può scegliere anche di rimanere più basso per aiutare in costruzione. In questo modo, il Mantova può alternare difesa a tre e difesa quattro durante la prima circolazione. Sul rinvio dal fondo capita che Burrai, il mediano, si abbassi accanto al portiere per farsi dare subito la palla: è davvero raro vedere il regista in area piccola su rinvio dal fondo; tuttavia, in quell’occasione gli avversari non possono entrare in area prima che la palla venga rimessa in gioco, quindi Burrai, con la sua rapidità di pensiero, può sfruttare meglio quell’istante di libertà che gli concede il regolamento per aggiungere un passaggio in più e complicare il pressing degli avversari.

Al di là di come venga occupato il campo, sono i dettagli tecnici a svelare quanto i giocatori di Possanzini siano abituati ad affrontare avversari aggressivi. Quando l’avversario sale in pressing, il giocatore in possesso esegue sempre un controllo orientato in funzione della giocata successiva, così da uscire dalla traiettoria di corsa dell’avversario e superare il pressing in controtempo, oppure aprirsi una linea di passaggio. Nessun controllo, in fase di costruzione, è casuale, ma è sempre determinato dalla ricerca di una traccia di passaggio e dall’angolo con cui viene portato il pressing. Particolarmente abile, sotto questo aspetto, Nicolò Radaelli, il terzino destro. Classe 2003, cresciuto nell’Inter, per il Mantova è fondamentale sotto pressione, oltre che nell’ultimo terzo di campo con un’ottima qualità nei cross. Sempre a proposito di dettagli tecnici, è singolare la continuità con cui, nella partita contro il Padova, i giocatori del Mantova, Galuppini e Mensah in particolare, sono ricorsi al colpo di tacco per sfuggire alla pressione: difensori e centrocampisti del Padova salivano ad aggredire il giocatore del Mantova girato di spalle e quello eludeva la pressione con un passaggio di tacco per il compagno che accorreva da dietro.

Il gol dello 0-3 a Padova nasce proprio da un tacco di Mensah. Burrai gioca in verticale per l’attaccante che, di spalle con l’uomo addosso, usa il tacco per andare in orizzontale da Trimboli che arriva in corsa da dietro. È solo una delle tante occasioni in cui, in quella partita, i colpi di tacco si sono rivelati parte integrante del gioco del Mantova.

Sarebbe strano pensare che un gesto di difficile esecuzione come il colpo di tacco venga sistematizzato in allenamento. Tuttavia, l’insistenza con cui i calciatori del Mantova l’hanno eseguito per anticipare il marcatore lascia immaginare che Possanzini inviti volentieri i suoi a ricorrere a soluzioni creative per sviluppare il gioco in situazioni difficili. La variabile Mensah Possanzini insiste sulla costruzione, sul non buttare via la palla – «Cercare di tenere sempre la palla, anche sotto pressione forte, una cosa su cui gli rompo le palle tantissimo», ha detto in riferimento ai suoi giocatori dopo la vittoria dell’Euganeo. Ciò non vuol dire, però, che il Mantova costruisca solo sul corto. Si tratta infatti di una squadra che sa essere anche diretta, cercando in verticale la punta Mensah: saper giocare lungo è fondamentale; è importante, però, non farlo a casaccio. Anche quando lancia, infatti, il Mantova lo fa con raziocinio, alla ricerca di un vantaggio, mai per paura. Il lancio è la soluzione da scegliere se tutte le opzioni di passaggio sono chiuse. Per renderlo proficuo, allora, il Mantova allunga gli avversari. È quello che ha fatto la differenza contro Vicenza e Padova. Entrambe le avversarie hanno affrontato i "virgiliani" con un pressing alto orientato sull’uomo. Senza riferimenti liberi, il Mantova ha scelto di giocare lungo sul centravanti Mensah. La particolarità di questo centravanti, che ha passato gran parte della sua carriera in Serie D, è che si tratta di un giocatore ben strutturato fisicamente – un metro e ottantasei di altezza – che in C riesce a proteggere palla contro qualsiasi difensore, ma che possiede anche ottima velocità a campo aperto. Mensah, pertanto, è una minaccia in profondità, sia in zona centrale, sia tagliando verso la fascia. In prima costruzione Possanzini lascia lui e Fiori, l’ala sinistra, alti: poiché Vicenza e Padova seguivano l’uomo, i loro difensori erano costretti a rimanere bassi per controllare la loro posizione avanzata. Così, mentre il resto della squadra si alzava in pressing, i difensori di Vicenza e Padova restavano bassi, creando una voragine in mezzo al campo. Il Mantova, giocando lungo, poteva appoggiarsi al petto di Mensah o alla sua abilità nei duelli aerei. L’attaccante, nel migliore dei casi, riusciva a controllare e ad aprire su Fiori a sinistra.

In alternativa, a raccogliere la sponda o la seconda palla ci pensavano Galuppini e Trimboli, (i due giocatori più avanzati del quadrilatero di centrocampo che mantiene alla base Burrai e Muroni) che partivano alle spalle dei centrocampisti avversari: Mensah gioca spalle alla porta affinché Galuppini e Trimboli, i più dotati tecnicamente della rosa, possano ricevere frontalmente.

Una squadra che, sotto pressione, non abbia la possibilità di essere profonda, è una squadra molto limitata in prima costruzione, perché ha meno sbocchi e permette agli avversari di aggredire con più coraggio e con la retroguardia più alta. Il Mantova, invece, con Mensah tiene sull’attenti le difese avversarie: la costruzione dal basso, anche in una versione più verticale, funziona proprio perché c’è la minaccia della profondità. Non è un caso, allora, che la sconfitta più pesante di questa stagione sia arrivata contro la Triestina, un 4-1 subito a fine settembre. La squadra di Tesser ha proposto fasi di pressing alto in cui col 4-3-1-2 utilizzava il pallone come riferimento, non l’uomo, e così evitava di allungarsi. La Triestina faceva scivolare punte, trequartista e mezzala sul lato forte, schiacciando il possesso del Mantova. In quella gara, grazie al rombo, la squadra di Tesser era stata efficiente anche in riaggressione e aveva saputo sfruttare qualche ingenuità di troppo della squadra di Possanzini con la palla. I risultati prima del previsto Il Mantova manca dalla Serie B da quattordici anni. L’ultima presenza risale al 2009/10, annata del fallimento della società guidata dall’istrionico presidente Fabrizio Lori. Una stagione, quella, macchiata dalla presenza in rosa di Carlo Gervasoni, difensore che si occupava in prima persona di truccare i risultati e che fu radiato a seguito dello scandalo scommesse scoppiato nell’estate del 2011. La redenzione, che dopo il playout con l’Albinoleffe sembrava una chimera, adesso appare più vicina che mai ai tifosi. Il lavoro del presidente Piccoli, da questo punto di vista, non va sottovalutato. Se per Setti, Mantova avrebbe dovuto essere il palcoscenico su cui valorizzare i giovani del Verona, infatti, con la nuova proprietà il cambio di passo è stato netto. Peraltro, i tifosi attendono la conclusione dei lavori per la ristrutturazione delle tribune del Danilo Martelli, che potrebbe dare un'ulteriore spinta alla società. Senza la visione di Possanzini, però, la crescita non sarebbe stata tanto rapida. A parte Burrai, non c'erano, sulla carta, nomi di grido per la categoria nel Mantova. Con l’aiuto del nuovo tecnico tutti i giocatori hanno fatto un passo in avanti, dal punto di vista collettivo e individuale. Il Mantova, col passare delle partite, è diventata una squadra capace di vincere in molti modi, non solo attraverso il gioco. Si tratta della squadra che ha segnato più gol da calcio piazzato indiretto, ben dieci fino ad ora: statistica favorita dal precisissimo destro di Burrai – che ha anche trovato il gol olimpico contro la Pergolettese – e dai centimetri dei difensori centrali (Brignani, in particolare, ha già segnato 5 gol). Alla fine del campionato mancano ancora più di tre mesi ed è presto per emettere verdetti, nonostante i sette punti di vantaggio sulla seconda. La velocità con cui il Mantova, a pochi mesi dall’inizio di un nuovo progetto, si è imposto all’attenzione del pubblico e ha raccolto risultati, però, è già un dato di per sé, e rimarrà nella storia della squadra al di là di come andrà a finire questa stagione.

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