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Cosa è mancato al Marocco?
21 giu 2018
La squadra di Hervé Renard è stata una delle poche, tra quelle non di prima fascia, ad aver portato in campo un gioco aggressivo e ambizioso. Ed è la prima a salutarci.
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9 min
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Foto di Dean Mouhtaropoulos / Getty Images
(copertina) Foto di Dean Mouhtaropoulos / Getty Images
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In un Mondiale dalla scarsa varietà tattica - per ora se dovessimo trovargli un titolo potrebbe essere: "La rivincita del 4-4-2" - dominato da attacchi molto verticali e dalla ricerca della stabilità difensiva rinunciando a pressare la costruzione avversaria, una delle poche squadre a sfidare la tendenza più diffusa è stata il Marocco. Il suo stile si è caratterizzato infatti per l’estrema aggressività con cui ha ricercato il recupero immediato della palla, sia in transizione che in fase difensiva, e per la volontà di risalire il campo palleggiando grazie alla tecnica dei suoi centrocampisti ed esterni, coinvolti in un frenetico scambio di posizioni. Tra le Nazionali di seconda fascia, il Marocco ha rappresentato una delle rare eccezioni allo stile prudente e difensivo largamente diffuso, ma il suo Mondiale è finito dopo due partite, perse entrambe per 1-0 contro l’Iran e il Portogallo.

Prima squadra a essere aritmeticamente eliminata, il Marocco ha pagato due disattenzioni su due palle inattive, altro tema dominante di questi Mondiali. Contro l’Iran ha perso per l’autogol di Bouhaddouz su una punizione laterale, contro il Portogallo è stato decisivo un colpo di testa di Cristiano Ronaldo sugli sviluppi di un calcio d’angolo.

Prima del Mondiale, il Marocco aveva suscitato grandi aspettative per il suo gioco incentrato sulla tecnica dei suoi giocatori di maggior talento e contro l’Iran aveva mostrato la sua versione più offensiva e spregiudicata. Il CT Hervé Renard aveva abbassato Amrabat, un esterno d’attacco, a terzino destro e schierato Saiss, un centrocampista, in difesa di fianco a Benatia per aggiungere qualità alla prima impostazione.

I due terzini si alzavano subito, mentre ai cinque giocatori interni, i tre centrocampisti (El Ahmadi, Boussoufa e Belhanda) e gli esterni a piede invertito che entravano dentro il campo (Harit e Ziyach) spettava il compito di far progredire la manovra, con un continuo scambio di posizioni che avrebbe dovuto, in teoria, togliere riferimenti agli avversari e facilitare gli scambi palla a terra avvicinando i giocatori più tecnici.

Dopo un inizio promettente, col passare dei minuti il Marocco aveva fatto sempre più fatica a costruire occasioni e l’estrema fluidità delle posizioni aveva finito più che altro per creare disordine, senza stabilire le connessioni ad alto tasso tecnico su cui puntava Renard per avanzare. L’alternativa era fornita dalla posizione alta dei terzini, che oltre ad allargare le distanze in orizzontale dello schieramento iraniano per favorire gli smarcamenti dei giocatori dentro il campo, garantiva uno sbocco all’intasamento centrale: spesso i due difensori centrali, Benatia e Saiss, hanno cercato il cambio di gioco per spostare in avanti il palleggio e facilitare il recupero del possesso vicino alla porta avversaria con transizioni molto aggressive.

Un paio di errori in fase di costruzione avevano offerto all’Iran grandi opportunità in contropiede, ma tutto sommato l’aggressività difensiva del Marocco aveva dato i suoi frutti, limitando la pericolosità degli iraniani fino all’autogol di Bouhaddouz nei minuti finali.

I problemi più grandi il Marocco li aveva avuti nell’organizzare i suoi attacchi. Le caratteristiche dei giocatori scelti da Renard rendeva più semplice avanzare a sinistra, grazie al sovraccarico creato dall’attrazione per la palla di Ziyach e Belhanda e alla presenza di Boussoufa, che con la varietà dei suoi movimenti senza palla liberava spazi e creava linee di passaggio avanzate facilitando la risalita del campo. Sul lato opposto, due accentratori come Belhanda e Ziyach preferivano abbassarsi per ricevere sui piedi, lasciando spesso il solo Amrabat come unico riferimento a destra a giocarsi l’uno contro uno.

Non potendo, per ovvie ragioni, concedere a Cristiano Ronaldo e agli altri giocatori offensivi del Portogallo gli spazi lasciati all’Iran, e con il margine di errore ridotto al minimo per evitare l’eliminazione, per la sfida contro la Nazionale iberica Renard aveva previsto una squadra più equilibrata e dal possesso più ordinato, evitando che gli errori in palleggio si trasformassero in ripartenze a campo aperto.

Amrabat, quindi, si è alzato a giocare da esterno d’attacco, lasciando a Dirar il ruolo di terzino destro; Boutaib ha preso il posto di El Kaabi come centravanti e da Costa, un difensore puro, ha giocato di fianco a Benatia sostituendo Saiss. Quest’ultima scelta, pensata per avere maggiore protezione difensiva rinunciando a un po’ di qualità in fase di possesso, si è rivelata decisiva, ma non nel modo immaginato da Renard. È stato proprio da Costa, nato in Francia ma di origini portoghesi e marocchine, a perdere infatti la marcatura di Cristiano Ronaldo sul calcio d'angolo che ha deciso la partita dopo appena 4 minuti.

Per non ingolfare il centro il CT del Marocco ha tenuto più bassi i terzini, che si alzavano solo in un secondo momento e non a inizio azione, e ha allontanato Belhanda e Ziyach. Quest’ultimo è stato schierato a sinistra, più vicino a Boussoufa, che con i suoi movimenti senza palla avrebbe potuto compensare quelli del compagno. La posizione inizialmente più prudente dei terzini e la scelta di schierare i due esterni, Ziyach e Amrabat, sul lato del loro piede forte ha indirizzato la manovra sulle fasce, con una distribuzione equilibrata su entrambi i lati, e ridotto gli scambi di posizione rispetto alla partita contro l’Iran.

Al centro c’è meno affollamento rispetto alla partita contro l’Iran, ma Ziyach non si può limitare in una specifica zona del campo e la sua posizione media è comunque più centrale rispetto a quella di Amrabat sulla fascia opposta.

La disposizione del Marocco in fase di possesso è comunque rimasta molto fluida e non ha rinunciato al principio di avanzare sovraccaricando la zona attorno alla palla per innescare combinazioni nello stretto. Renard non ha ovviamente snaturato le caratteristiche dei suoi giocatori di maggiore talento (in particolare Boussoufa, Ziyach e Belhanda), ma ha provato a incanalare la loro mobilità e la loro attrazione per la palla in un sistema meno caotico, con la costruzione maggiormente spostata sulle fasce.

Ziyach ha provato a influenzare ogni azione muovendosi da sinistra verso il centro, ma ha finito per perdere molti palloni (30, record negativo per un giocatore in questi Mondiali), Amrabat è stato invece un riferimento più costante a destra, per la facilità con cui riusciva a far avanzare la squadra, in combinazione con i compagni o in isolamento contro Guerreiro. L’esterno marocchino ha completato 6 dribbling sui 9 tentati, il miglior dato della partita.

Oltre alla solita mancanza di profondità, il Marocco è stato dominato pure in area di rigore: José Fonte da solo ha collezionato 10 spazzate, record per un giocatore in questi Mondiali. Il cambio di centravanti, da El Kaabi a Boutaib, non ha alzato la pericolosità marocchina in area, togliendo oltretutto profondità alla squadra. Boutaib è un centravanti fisico che avrebbe dovuto dare una mano sia nel risalire il campo alzando la palla, in previsione di una partita in cui il Marocco sarebbe stato pressato con più intensità e in zone più alte rispetto a quanto fatto dall’Iran, sia nell’occupazione dell’area. Pepe e Fonte si sono rivelati però avversari troppo duri, anche se va detto che Boutaib non ha ricevuto molto supporto, con il solo Boussoufa a muoversi in verticale senza palla e ad accompagnarlo in area con continuità.

Così la manovra del Marocco non ha avuto sbocchi in cui concretizzarsi, né centralmente né con cross dalle fasce. Le migliori occasioni sono arrivate da calcio piazzato e non è un caso che il giocatore ad aver tirato di più sia stato Benatia, 4 conclusioni come Ziyach, tutte sugli sviluppi di un corner o di una punizione.

Il Marocco ha creato di più mentre il Portogallo ha avuto le occasioni migliori, con il gol segnato da Ronaldo e il tiro di Guedes (il secondo pallino più grande in area) ad assorbire gran parte della pericolosità complessiva.

Al Portogallo va riconosciuta una migliore capacità di adattamento e di gestione dei vari momenti della partita, che gli ha permesso di superare anche le fasi di maggiore difficoltà. Dopo un primo tempo in cui aveva contrastato con aggressività il possesso del Marocco e trovato spazi alle spalle delle sue linee di pressione per manovrare e tenere la palla più o meno quanto gli avversari (all’intervallo il possesso era di poco in favore del Marocco: 52%), nel secondo tempo la Nazionale lusitana ha concesso con più facilità il possesso al Marocco e ha avuto più problemi ad aggirare il suo pressing (la quota di possesso marocchina si è alzata fino al 58%).

Già nel primo tempo Fernando Santos aveva reagito ai pericoli che arrivavano dalla fascia di Amrabat scambiando di posizione Guedes e João Mário, allargando il primo a sinistra e spostando il secondo dietro Cristiano Ronaldo. Oltre a tentare di garantirsi maggiore protezione sulla fascia destra marocchina, l’accentramento di João Mário poteva aiutare il mantenimento del possesso sovraccaricando la zona ai lati di El Ahmadi, oltre che con i due esterni che si accentravano (Guedes e Bernardo Silva), con un giocatore abituato ad abbassarsi per facilitare la manovra, abile a conservare il possesso anche sotto pressione.

Nel secondo tempo il CT portoghese ha poi consolidato la situazione schierando stabilmente João Mário (e poi Bruno Fernandes) da mezzala, aggiungendo un giocatore dietro la linea della palla per assicurarsi maggiore protezione ma facendo abbassare la squadra, via via sempre più schiacciata dal possesso marocchino. La strategia più prudente è comunque bastata per difendere il gol di Cristiano Ronaldo, diventato il giocatore europeo più prolifico di sempre con la maglia della propria Nazionale.

Dopo la tripletta all’esordio contro la Spagna, Cristiano è stato ancora una volta decisivo, cannibalizzando la produzione offensiva del Portogallo (6 tiri sui 10 totali dei portoghesi, oltre all’assist sprecato da Guedes) e contribuendo alla manovra allargandosi su una delle due fasce per garantire uno sbocco, sia lungo che corto, dal pressing del Marocco.

Il supporto dei compagni offensivi è stato di nuovo modesto, ma se non altro la stella portoghese ha potuto contare su una grande prestazione di João Moutinho, a suo agio ai ritmi imposti dal Marocco, sia in fase di non possesso (6 contrasti vinti, record della partita condiviso con Cédric) che in quella di possesso, per scelte e movimenti a trovare i buchi nello schieramento marocchino. È ancora troppo poco, forse, per ambire a un percorso più lungo di quanto immaginato, ma negli aspetti che sembrano contare di più in questo Mondiale, l’equilibrio e la capacità di sfruttare il proprio momento, il Portogallo ha poco da invidiare alle Nazionali favorite.

Al Marocco è mancata proprio la capacità di sfruttare i suoi momenti più brillanti, l’inizio della partita contro l’Iran e il secondo tempo contro il Portogallo. La Nazionale di Hervé Renard torna a casa avendo subito due gol su due palle inattive e con la sensazione di non aver meritato pienamente nessuna delle due sconfitte. All’interno di un torneo piuttosto omogeneo, specie nel gruppo che non comprende le Nazionali più forti, il Marocco ha avuto il coraggio di navigare controcorrente, raccogliendo però meno di quanto avrebbe meritato: senza una delle squadre più divertenti da guardare, il Mondiale d’ora in poi sarà un po’ meno vario.

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