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Alec Cordolcini
Peter Bosz ha creato un PSV quasi perfetto
29 gen 2024
29 gen 2024
La squadra di Eindhoven sta dominando l'Eredivisie ed è tornata gli ottavi di Champions dopo otto anni.
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Alec Cordolcini
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IMAGO / ANP
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Nell’estate del 1986 Ronald Koeman e Gerard Vanenburg si trasferirono dall’Ajax al PSV Eindhoven irritati da un’offerta di rinnovo ritenuta “ridicolmente bassa” e saturi dei ritmi di allenamento imposti dall’allora tecnico Johan Cruijff. In seguito Koeman riconoscerà come qualsiasi giocatore che ambisca al top dovrebbe incontrare almeno per una stagione un tecnico capace di «incenerirti la schiena con gli occhi e metterti pressione anche quando non guarda nella tua direzione», ma allora il suo trasferimento, come si dice, spostò gli equilibri. Sia Koeman che Vanenburg, infatti, saranno entrambi pilastri del PSV campione d’Europa 1987/88.

Otto anni dopo quel momento un fax proveniente da Belo Horizonte gelò l’Ajax: Ronaldo Luiz Nazario de Lima, il giocatore che stavano trattando a un prezzo ormai vicinissimo nel mettere d’accordo richiesta e offerta, era stato ceduto al PSV, più rapido e deciso nell’aprire il portafogli.

Un’ideale trittico delle sliding doors di mercato cha hanno coinvolto direttamente le due società olandesi più titolate può essere completato con quanto avvenuto quest’estate, quando Peter Bosz era il principale candidato a sedersi sulla panchina dell’Ajax. L'affare sembrava fatto ma per un’intricata serie di vicissitudini che hanno coinvolto persone oggi non più nel club, da Edwin van der Sar a Sven Mislintat, rispettivamente ex amministratore delegato ed ex direttore sportivo, i colloqui con Bosz non hanno prodotto risultati. L’Ajax ha scelto Maurice Steijn, iniziando una stagione calvario i cui effetti sono stati temperati in campo solo dopo mesi umilianti, grazie all’arrivo di John van’t Schip (mentre fuori dal campo forse saranno destinati a farsi sentire nelle prossime sezioni di mercato, dove il club di Amsterdam avrà ben poco da offrire ai grandi campionati europei per finanziarsi). Il PSV, invece, soprattutto grazie all'arrivo di Bosz, sta disputando una stagione ben al di sopra delle proprie aspettative.

Il PSV ha eguagliato il record di vittorie consecutive in Eredivisie, 17, striscia interrotta solo domenica 21 gennaio con il pareggio (1-1) in casa dell’Utrecht. Il precedente record olandese era in mano a un altro PSV, quello di Guus Hiddink della citata stagione 87/88 chiusa con la tripletta campionato, Coppa d’Olanda e Coppa Campioni. Altri tempi, altro calcio ma soprattutto altre finanze, proprie e altrui. Con le debite proporzioni, però, anche Bosz sta facendo cose interessanti a livello internazionale, avendo portato il PSV alla fase a eliminazione diretta della Champions League: non succedeva dalla stagione 2015/16.

Ad Eindhoven il titolo manca da sei anni, durante i quali in Olanda sono emersi due tra i più interessanti allenatori dell’ultimo decennio, capaci di portare i rispettivi club non solo sul gradino più alto della Eredivisie – impresa riuscita anche a tecnici meno innovativi e d’impatto – ma di renderli competitivi a livello continentale come non accadeva da tempo. Parlo di Erik ten Hag all’Ajax e di Arne Slot al Feyenoord. Se a questo si aggiunge l’AZ Alkmaar che, nel suo piccolo, è riuscito a scrivere una piccola pagina di storia vincendo lo scorso anno la UEFA Youth League, il quadro della frustrazione regnante nell’ex club della Philips prima dell’arrivo di Bosz è completo.

Lo scorso anno il PSV ci aveva provato con Ruud van Nistelrooy, ma le cose non erano andate nel verso giusto. L'ex attaccante olandese si era dimesso quattro giorni prima dell’ultima di campionato dopo un colloquio con la dirigenza dal quale disse di essere uscito con la netta sensazione di non avere il supporto necessario. In nove mesi Van Nistelrooy aveva messo in bacheca due trofei, il Johan Cruijff Schaal (cioè la Supercoppa olandese) e la Coppa d’Olanda, in entrambi i casi battendo l’Ajax. Eppure non aveva torto nel reputarsi più sopportato che apprezzato. Ai piani alti del PSV non importava niente delle “coppette”. Quanto meno, non con un digiuno da Eredivisie iniziato nel 2018. Nessuno però si aspettava che Bosz potesse bruciare le tappe così velocemente, assemblando i canonici macrogruppi che compongono la rosa (i confermati, i neoacquisti e i giovani del vivaio) in una squadra strutturata e dotata di un’identità calcistica pienamente riconoscibile.

In Olanda il PSV non solo ha vinto tutte le partite del girone di andata, ma ha stravinto i big match: 5-2 all’Ajax, 2-1 in trasferta contro il Feyenoord campione in carica (risultato bugiardo per quanto visto in campo), 4-0 ad Alkmaar contro l’AZ, 3-0 in casa del Twente. Anche in Europa, comunque, la squadra di Eindhoven non ha sfigurato. Certo, ha perso nettamente all’Emirates contro l’Arsenal (4-0), ma poi è riuscita a trovare la qualificazione con due partite di grande forza atletica, organizzativa e mentale: 1-0 al Lens al Philips Stadion, 3-2 in rimonta da 0-2 in casa del Siviglia. E pensare che il PSV ai gironi ci era arrivato solo attraverso i playoff, dove aveva spazzato via i Rangers Glasgow - la stessa squadra cioè che dodici mesi prima, nello stesso turno, aveva negato la Champions a Van Nistelrooy.

La razionalizzazione del mercato

Per le grandi squadre olandese, avere un passato nel club sembra non essere più così importante. Negli ultimi anni al PSV si sono arenati prima Mark van Bommel, nonostante una partenza sprint quasi alla Bosz, poi il citato Van Nistelrooy. I citati Ten Hag e Slot erano stati rispettivamente ad Amsterdam e Rotterdam solo da avversari, e anche il primo tassello della rinascita continentale dell'Ajax, arrivato nella stagione 2016/17 con la finale di Europa League persa contro il Manchester United di José Mourinho, portava la firma di Bosz, un ex Feyenoord.

Proprio partendo da quell'Ajax si può arrivare al PSV attuale, perché la mano è la stessa. «La mia filosofia di gioco è sempre la medesima», ha dichiarato Bosz, «ma il sistema dipende dai giocatori che ho». Una frase importante per capire la carriera spesso interlocutoria del tecnico, sopratutto fuori dall’Olanda - cioè in Germania e Francia.

Il rapporto tra sistema e giocatori è stato alla base dei suoi crolli a Dortmund e Lione (mentre a Leverkusen si è trattato più di un burnout collettivo, ci ritorneremo): i giocatori non credevano al sistema dell'allenatore e lui non riusciva a trovare quello giusto per adattarlo ai giocatori, implementando contestualmente i propri, inderogabili principi. Fin dai suoi inizi nell'Agovv Apeldoorn, squadra della piccola cittadina posta a sud-est di Amsterdam, Bosz è stato definito il più cruijffiano dei tecnici olandesi contemporanei. Ma nemmeno Cruijff può funzionare quando, come a nel caso di Lione, a una rosa con problemi strutturali si sommano la mancata sintonia tra giocatori e tecnico, e tra quest'ultimo e l'ambiente, nella fattispecie la dirigenza (come ha scoperto a sue spese Fabio Grosso, i problemi a Lione erano molto più profondi della scelta dell'allenatore). Ad Eindhoven invece tutti hanno viaggiato fin da subito sulle stesse frequenze, creando un ambiente cooperativo e coeso.

Nel luglio 2022 Marcel Brands è tornato al PSV come direttore generale riprendendo una posizione lasciata nel 2018 per andare all'Everton. Una scelta che guardava al passato, fatta però con il preciso scopo di non tornare nel passato, quando il PSV spendeva troppo rispetto alle proprie possibilità rischiando di essere inserito nella categoria dei club definiti dalla Federcalcio olandese “finanziariamente insalubri”. L'anticamera dell'amministrazione controllata e di una disapprovazione sociale ancora più grande, in Olanda.

Brands è laureato in economia aziendale, ammette di non essere molto bravo nel ricordare i nomi ma con i numeri è imbattibile. Ha descritto la situazione così: «L’errore commesso nel passato è stato quello di legare il budget alla partecipazione alla Champions League, che per noi non è garantita. Quando questa mancava, chiudevamo la performance operativa con un passivo di 10 milioni, al quale si sommavano 30 di ammortamento. Questo significava vendere giocatori per 40 milioni netti, ossia circa 60 lordi tra quote per gli agenti, contributo di solidarietà, eccetera. Non era sostenibile. Se devi vendere così tanto ogni anno, non puoi pensare di rimanere competitivo». Lo scorso gennaio il PSV ha fatto cassa con le cessioni di Cody Gakpo e Noni Madueke, ma ha aspettato fino a marzo prima di pianificare una strategia di mercato, attendendo la firma del contratto del nuovo direttore sportivo, l'americano Earnie Stewart. Si sono quindi presentati a Bosz con una serie di nomi e, una volta concluso l’accordo con il nuovo allenatore, hanno completato la composizione della rosa, investendo da un lato investendo parte del tesoretto (incrementato dalle partenze di Ibrahim Sangarè, Erik Guetierrez e Xavi Simons), e tagliando dall'altro i contratti troppo costosi - per abbattere gli ammortamenti - di giocatori non ritenuti adeguati al nuovo corso.

Senza strafare, sfondando come in passato il proprio tetto di spesa degli stipendi o dimenticando la visione di insieme nella gestione di un club. «Quando me ne sono andato nel 2018», dice Brands,«qui lavoravano 250 persone. Adesso sono più di 350. Abbiamo il nostro stadio, è molto vecchio ma spesso sembra nuovo e moderno perché investiamo molto ogni anno. La sicurezza è diventata una questione importante. A maggio abbiamo superato di 5.5 milioni il budget previsto per gli investimenti di ammodernamento. Il concetto è che quando si cresce come club, non tutti gli euro che entrano possono essere spesi in giocatori».

Sul mercato sono stati spesi 53 milioni di euro, poco più della metà di quanto incassato dalle cessioni. Soprattutto, non è stato sprecato nemmeno un centesimo, visto che tutti i giocatori (Jerdy Schouten, Noa Lang, Hirving Lozano, Ricardo Pepi, Armel bella-Kotchap, Mark Tillman) si sono rivelati funzionali alla squadra. Una cifra che, confrontata con i 109 milioni spesi dall'Ajax, descrive come meglio non sia possibile cosa significa un mercato fatto in sinergia tra allenatore e dirigenza rispetto a uno dove le parti si muovono autonomamente, se non in contrapposizione l'una con l'altra.

Come gioca il PSV

L'allineamento tra giocatori, sistema e filosofia di gioco ha creato il PSV più competitivo degli ultimi anni anche sul campo. La dimostrazione del salto di qualità compiuto arriva dai giocatori che già erano in rosa nelle stagioni passate, ma che mai come quest'anno sono stati capaci di esprimersi a determinati livelli. Il centrale francese Olivier Boscagli, ad esempio, diventato un play arretrato - suo il numero di passaggi in avanti più alto di tutta la Eredivisie. Boscagli verticalizza in media 16,5 volte a partita, superato solo dal compagno di squadra Joey Veerman (17). La ricerca del passaggio taglia-linee è uno dei principi cardini della filosofia di Bosz, derivante dal principio di base del gioco di posizione, per cui bisogna trovare l'uomo libero dietro le linee di pressione.

Veerman, il giocatore che in Eredivisie crea il maggior numero di potenziali occasioni da rete su calcio da fermo (43, il secondo è Thom Haye dell'Heerenveen a quota 20), è un ex 10 che Bosz impiega come 8 nel centrocampo a tre, ma anche come mediano davanti alla difesa. Il centrocampo di playmaker è sempre stato un suo pallino fin dai tempi del suo Ajax che schierava tre trequartisti (o ex trequartisti) quali Schöne, Klaassen e Ziyech. Nell'attuale PSV ci sono Veerman, uno tra Ismael Saibari e Malik Tillman (quest’ultimo anche ala), e Guus Til, più il giovane Isaac Babadi. Sabato contro l'Almere City si è visto addirittura Noa Lang agire da trequartista dietro al tridente, altra dimostrazione di come la rotazione tra uomini e posizioni sia una costante. Lo scopo è duplice: schierare una squadra con il maggior numero possibile di giocatori che sappiano «giocare a calcio» (Bosz dixit), ovvero impostare il gioco - e in questo ambito rientra anche l'utilizzo di Schouten, il maggior recupera palloni del PSV assieme a Boscagli, come centrale difensivo; e preservare i calciatori da repentini crolli fisici nella fase avanzata della stagione a causa del calcio estremamente dispendioso richiesto dall'allenatore.

Fin dagli inizi della propria carriera Bosz si è proposto con la regola dei cinque secondi, ovvero il tempo entro il quale la squadra deve cercare di tornare in possesso del pallone attraverso la pressione sugli avversari. Per il tecnico la fase difensive inizia nella fase di possesso con quella che lui chiama “chiusura”, vale l'avanzamento della linea difensiva in fase di non possesso per comprimere lo spazio tra le linee. Un lavoro di movimento faticoso, come lo è quello definito “in-out/out-in”, riservato ai giocatori di fascia. Un'idea che trae ispirazione da Guardiola: terzino e ala non devono mai giocare lungo la stessa direttrice verticale, ma devono muoversi tagliando il campo in diagonale e costringendo gli avversari a fare delle scelte.

Nel PSV i terzini sono le vere ali, soprattutto a sinistra con Serginho Dest, giocatore irriconoscibile (in senso positivo) rispetto a quello visto con le maglie di Milan e Barcellona. A destra invece, tornando al tema dei giocatori già in rosa eppure mai così efficaci, sia Jordan Teze che Johan Bakayoko si stanno esprimendo a livelli mai visti a Eindhoven: 3 gli assist del terzino olandese, 8 quelli dell'attaccante belga, secondo assist-man della squadra dietro a Veerman (in realtà Bakayoko aveva già fatto fuoco e fiamme nel Brabante del Nord, ma si trattava dello Jong PSV nella B olandese, 17 gol e 12 assist nella stagione 2021-22, quindi tutta un'altra storia). Nella stagione in corso è sbocciato anche Saibari, attualmente impegnato in Coppa d'Africa, e anche in questo caso si tratta del frutto di un sistema che riesce a valorizzare le caratteristiche dei giocatori. Con Van Nistelrooy il marocchino giocava come ala, mentre attualmente si alterna come trequartista o come centrocampista di raccordo tra il mediano e il 10. Il risultato sono stati 7 gol tra campionato e coppa contro gli 0 della passata stagione. Reti mai banali: in campionato ha segnato a tutte le principali avversarie del PSV (Ajax, Feyenoord e Az), mentre in Europa ha realizzato una doppietta nel preliminare contro il Rangers e ha dato il via, con la rete dell'1-2, alla rimonta di Siviglia.

«Abbiamo giocato in modo molto offensivo. Pensate che il nostro libero, Ronald Koeman, a fine stagione segnò 21 gol. Ma questo fu possibile perché dietro avevano tanta velocità per tamponare un approccio così sbilanciato. E come terminale offensivo Wim Kieft era tutto: segnava, faceva segnare, creava spazi e occasioni». Le parole di Jan Heintze, difensore del PSV di Hiddink campione d’Europa, possono adattarsi molto bene anche al PSV contemporaneo, fatta eccezione per l’assenza del libero e di un fuoriclasse quale Koeman. Ma l’approccio offensivo, il rischio calcolato della difesa alta e il terminale d’attacco imprescindibile sono gli stessi. Con Kieft, Luuk de Jong condivide score importanti in Eredivisie uniti a esperienze poco brillanti all’estero. Ogni volta rientrati a casa, i due non hanno mai fallito. De Jong, al terzo ritorno nel PSV, sta vivendo a 35 anni una grande stagione: 25 gol (17 in Eredivisie), 10 assist e l’ingresso nella top 10 dei migliori marcatori di sempre del campionato olandese. Una graduatoria che, alla luce dei cambiamenti avvenuti nel calcio degli ultimi venticinque anni, appare più un monumento al passato, visto che ormai nessuno rimane in Olanda così tante stagioni da poter scalare la classifica. Con i suoi 166 gol, De Jong è l’unico tra i dieci a essere stato attivo nel nuovo millennio. Nonostante rimangano ancora quattro mesi di campionato, l’ex nazionale olandese (si è ritirato dopo Qatar 2022, anche se in Olanda gli stanno chiedendo di ripensarci in vista dell’Europeo) ha già superato i numeri ottenuti lo scorso anno sotto la gestione Van Nistelrooy, sia a livello assoluto (18 le reti complessive messe a segno nel 2022/23) che come media, con un gol ogni 88 minuti in Eredivisie rispetto a uno ogni 125.

Con 12 di punti di vantaggio sul Feyenoord - l’unica squadra olandese a essere comunque riuscita in stagione a battere il PSV, avendolo eliminato la scorsa settimana dalla coppa d’Olanda in un match brutto, sporco e cattivo piuttosto sorprendente vista la proposta calcistica delle due squadre - solo un crollo può impedire all’ex club della Philips di tornare sul trono olandese dopo anni di assenza. Esiste però un’etichetta, di quelle che una volta appiccicate non se ne vanno più via, appiccicata da tempo sulla schiena del suo allenatore. Bosz è un allenatore che brucia le sue squadre, mandandole in corto circuito a causa degli elevatissimi ritmi imposti. In carriera in realtà gli è accaduto solo due volte, ma i crolli sono stati così repentini da rimanere impressi e generare il citato luogo comune. Nella stagione 2013/14 il suo Vitesse in lotta per il titolo implose dopo Natale, e lo stesso fece il Bayer Leverkusen nella Bundesliga 2020/21, passando da principale rivale del Bayern Monaco in vetta (dove rimase due turni) a un affannoso sesto posto utile per agganciare l’ultimo posto disponibile per l’Europa League. C'è da dire che in tutte le sue altre esperienze, con Heracles Almelo, Ajax e Lione, la media punti è stata superiore nella seconda metà della stagione. Insomma, non è affatto detto che il suo PSV debba implodere.

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