
«Un pochino poco coinvolto, Sucic, da quando è entrato». «Sì, si è visto poco». Questo è lo scambio tra Andrea Stramaccioni e Pierluigi Pardo all’82esimo minuto di gioco dell’esordio dell’Inter al Mondiale per Club, contro il Monterrey di Sergio Ramos, un quarto d’ora dopo l’ingresso in campo di Petar Sucic al posto di Asllani.
Sucic è entrato in campo e ha cercato di sbagliare il meno possibile, sbagliando però un pallone piuttosto importante nel terzo minuto di recupero, una specie di passaggio all’indietro nella propria trequarti difensiva, che è finito sul petto dell’attaccante avversario e ha causato l’ultima occasione della partita, con Deossa che ha calciato a lato della rete dallo spigolo sinistro dell’area piccola.
La partita col Monterrey, finita 1-1, non ha detto molto sul possibile impatto di Sucic nel centrocampo interista, se non indirettamente. Sucic ha agito sul centro-sinistra, con Barella sulla sua stessa linea, a destra, e Mkhitaryan (o Zalewski che gli è subentrato) su una linea più avanzata, vicino a Lautaro e dietro a Thuram, nel 3-4-2-1 che Chivu ha provato nella seconda metà del secondo tempo.
Difficile capire se siano state le qualità di Sucic - che con la Dinamo Zagabria ha giocato sia in una coppia di centrocampisti che da mezzala o come playmaker - rispetto a quelle di giocatori come Asllani, Zielinski e Frattesi, a spingere Chivu verso questo cambio di modulo o se, più semplicemente, quindi più probabilmente, è una soluzione in più che voleva provare e riproverà magari in futuro, indipendentemente da Sucic.
Contro il Monterrey in ogni caso ha fatto tutto Barella a destra, abbassandosi in costruzione e arrivando fino al limite dell’area avversaria, mentre a sinistra il pallone lo giocavano prevalentemente Bastoni e Acerbi. Sucic ha fatto il timido, si è bagnato i piedi per la prima volta nel mare prima di immergersi veramente, diciamo.
Quasi un anno fa lo splendido gol in Champions League contro il Monaco (assist di Baturina, nuovo acquisto del Como).
In una stagione complicata per la Dinamo Zagabria - che ha cambiato quattro allenatori (tra cui Fabio Cannavaro) e di cui uno, Sandro Perkovic, è stato richiamato in due momenti diversi come traghettatore - in cui oltretutto Sucic si è rotto il metatarso restando fuori da fine novembre a inizio febbraio, è comunque riuscito a convincere la dirigenza interista a investire una cifra intorno ai 14 milioni, più bonus.
Secondo l'ex agente di Brozovic, Miroslav Bičanić, che dice di averlo consigliato ad Ausilio, gli osservatori nerazzurri lo avrebbero visto giocare per la prima volta dal vivo nella seconda partita del girone di Champions contro il Monaco (intesa come la squadra del principato, nel turno precedente i croati avevano affrontato il Bayern Monaco perdendo 9-2, per sua fortuna Susic non era disponibile quel giorno).
In quella partita, a fine primo tempo, Sucic ha segnato un gol splendido in transizione, in coppia con Baturina. Su un campo bagnatissimo e pesante ha controllato all’altezza dell’area un pallone scivoloso di destro, poi ha saltato con una finta e una pettinata di suola il difensore che voleva impedirgli il tiro, e ha messo dentro scavalcando di sinistro, con un tocco sotto delicato, il portiere in uscita.
Un gol di classe, molto simile ad altri gol segnati da Susic. Tipo l’ultimo segnato lo scorso anno in campionato, in quella che è diventata anche la sua ultima partita con la maglia della Dinamo.
La finta prima del tiro è un po’ la firma in molti suoi gol e, per quanto si tratti di una cosa piccola, ci svela il meglio del talento di Petar Sucic, che più che nella tecnica individuale pura (come la qualità nel controllo o nel dribbling) sta nella capacità di interpretare e sfruttare gli spazi in movimento.
Come playmaker non ha particolari abilità difensive e paga un ritmo un po’ compassato, spalle alla porta si rifugia spesso nel passaggio all’indietro ravvicinato, conserva più che costruire. È un giocatore intelligente, che scansiona il campo e ha grande consapevolezza di quello che gli succede intorno. È un calciatore geometrico, che passa la palla e si muove. E ha bisogno di compagni che la passano e si muovano intorno a lui e che gli restituiscano la palla con precisione.
E nessuno è più preciso di Modric, che in questo piccolo esempio da una partita di Nations League serve con esattezza chirurgica il suo movimento in mezzo a tre avversari. Spalle alla porta Sucic è conservativo, ma quando la palla si muove trova lo spazio in cui infilarsi per portare palla al limite dell’area avversaria. L’azione sfuma col passaggio di Sucic, rasoterra verso il centro, intercettato.
In questo senso l’Inter, almeno per come l’ha lasciata Simone Inzaghi, sembra un tipo di squadra adatta a lui: non una in cui si dribbla, piuttosto una in cui ci si smarca e si combina con i compagni dinamicamente.
Alla Dinamo Zagabria, in coppia con Misic, spesso era Sucic quello che restava più basso, anche se la cosa che fa meglio in assoluto è muoversi in avanti, appunto smarcandosi e dando verticalità in conduzione e con i passaggi. Non è veloce ma porta palla con lunghe falcate e negli spazi è abile a cambiare direzione per evitare il duello col difensore o dribblarlo. Nello stretto non perde il suo bel tocco di palla - a volte esce da situazioni difficili con una bella creatività e grande confidenza, con scavetti o giochi di suola istintivi, poco accademici, ma molto efficaci - ma paga forse un po’ di rigidità.
Ecco invece un esempio in cui esce in modo brillante, girando sull’esterno, dalla pressione di tre giocatori. La classe c’è, va temprata nel fuoco di un livello di gioco più alto, con intensità maggiore e spazi più stretti, ma questo tipo di cose ci dicono che Sucic ha potenziale per crescere.
Anche difensivamente gli manca ancora qualcosa per essere un grande recuperatore di palloni; non è altissimo - dovrebbe aggirarsi intorno al metro e 83 - ma sa usare le leve lunghe negli interventi e legge sempre bene l’azione. Copre bene il campo sia in avanti che all’indietro, non ha un’intensità elevata ma, ovviamente, dipende anche dal contesto di squadra.
La domanda principale, adesso, è cosa ne farà Chivu e, più in generale, che tipo di giocatore può diventare Sucic visto che ha ancora 21 anni (ne fa 22 a ottobre). Vorranno sfruttarlo maggiormente nelle fasi di conservazione e costruzione del gioco, sfruttando la sua migliore qualità tecnica, i passaggi, sia corti che lunghi; oppure proveranno a utilizzare la sua verticalità e il dinamismo, facendolo giocare più vicino alla porta avversaria? O magari entrambe le cose, in una coppia di centrocampo magari più equilibrata rispetto a quella con Barella che tende a spingersi sempre molto in avanti?
Un esempio da una partita del dicembre 2023 di Europa League contro il Balkani, giusto per sottolineare come queste cose facciano da sempre parte del suo bagaglio tecnico: smarcamento in rapporto con il movimento incontro del compagno in mediana, controllo, conduzione e poi filtrante rasoterra sulla corsa del compagno.
Lui stesso, presentandosi sui canali dell’Inter, non si è sbottonato: «Non mi piace parlare molto di me stesso, sono un calciatore a cui piace giocare per la squadra». Il già citato Miroslav Bičanić lo ha definito in modo un po’ ambiguo un «Brozovic normale» oppure un «Brozovic 2.0».
È chiaro che nessuno ha la palla di vetro e anche se le qualità di Petar Sucic sembrano ben definite, così come le sue potenzialità e le cose da migliorare, molto dipenderà dal tempo di gioco che avrà a disposizione e dalle richieste che gli verranno fatte.
Per giocare davanti alla difesa, come perno dei 3 - ruolo in cui potrebbe mancare un titolare sicuro il prossimo anno, se Calhanoglu andrà via come oggi sembra - dovrà migliorare il proprio controllo orientato, il gioco sotto pressione e anche la durezza negli interventi difensivi.
Ma se lo immaginiamo come mezzala in un centrocampo a tre come quello dello scorso anno (meglio a destra, secondo me, ma anche a sinistra) Sucic dovrà solo adattarsi al ritmo e prendere sintonia dei compagni, conoscerli e conquistare la loro fiducia. A monte, dovrà convincere Chivu a dargli spazio e vincere la concorrenza di Asllani o Zielinski, i due che più simili a lui per caratteristiche.
Insomma un piccolo salto di livello è necessario ma è proprio questo il tipo di giocatore che l’Inter ha voluto prendere: un giovane che possa crescere molto nel giro di pochi anni. Le qualità ci sono e anche il carattere in campo, calmo, sempre lucido, ma mai timido, sembra quello giusto per prendersi responsabilità. Qualcuno, d’altra parte, dovrà farlo se l’Inter vuole tornare a competere con i migliori in assoluto nel più breve tempo possibile.