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I pesi welter UFC sono pieni di campioni
08 mag 2025
C'è una categoria che in questo momento è più interessante delle altre.
(articolo)
11 min
(copertina)
IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
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Durante il faccia a faccia precedente all’incontro, con la solita enfasi esagerata di chi sta cercando di caricare se stesso e spaventare l’avversario, Ian Machado Garry ha detto di essere «pronto a uccidere». Davanti a lui il brasiliano Carlos Prates ha risposto: «Ah, quello è facile, ma sei pronto a morire?». Se gli incontri potessero essere decisi da una frase ad effetto, questo match lo avrebbe vinto Prates.

Ma per superare uno dei fenomeni più evidenti nella divisione al limite dei 77 chilogrammi - appunto, Ian Machado Garry - non bastano frasi da film d’azione. Nella notte di sabato 26 aprile Garry ha portato a passeggio Prates per l’intera durata dei cinque round, soffrendo in alcuni momenti dell'ultima ripresa ma dominando in lungo e in largo le altre quattro precedenti. Garry è solo uno dei rappresentati di una categoria, quella dei welter, sempre più interessante. Se in passato erano state le divisioni dei pesi medi e dei pesi gallo ad essere le più attraenti e colme di talento nell’intero roster UFC, più di recente si è evidenziata una netta impennata nella qualità dei fighter che combattono al limite delle 170 libbre.

Nella stessa card in cui Garry ha ridimensionato Prates, un altro fighter, Randy “Rude Boy” Brown, ha inferto la prima sconfitta per KO in carriera a Nicolas Dalby (che tempo fa ha affrontato e perso contro l’italiano Carlo Pedersoli jr) dopo avergli rotto il naso. Guardandoli bene, ci si accorge di come sia Dalby che Brown siano molto grossi per essere due welter, più grandi fisicamente dello standard senza per questo essere necessariamente più abili. L’esempio di completezza migliore in categoria in questo momento è sicuramente il campione, Belal Muhammad.

IL CAMPIONE
Bistrattato ingiustamente perché batte i suoi avversari praticamente solo ai punti, Belal Muhammad ha prima superato tutti gli ostacoli tra lui e il titolo e poi battuto Leon Edwards a casa sua, a Londra, per ottenere la tanto agognata cintura. Muhammad si era aggregato al camp di Khabib migliorando in modo netto nell’area che collega lo striking alla lotta a terra, nelle azioni di contenimento e aggressione in fase lottatoria.

Muhammad negli ultimi anni è diventato un fighter che, sebbene non annunciato da squilli di tromba, sa fare tutto e lo sa fare molto bene. Nessuno può dire il contrario, al di là della possibile simpatia o antipatia.

L'EX CAMPIONE E IL NUOVO ASPIRANTE CAMPIONE
L’uomo a cui aveva strappato il titolo, Leon Edwards, è ormai in calo. Dopo una campagna volta a riconquistare una immediata title shot, Edwards si è ritrovato ad affrontare il forte Sean Brady, sempre a Londra, nel marzo di quest’anno. Come Edwards, Brady aveva perso con Muhammad e aveva rimediato un TKO - l’unica sconfitta nella carriera di Brady - cosa che ha fatto sorridere Edwards, che poi aveva fatto un po’ di trash talking trattandolo con sufficienza e promettendo un lavoro rapido.

Come nei migliori film di redenzione, invece, è stato Sean Brady a mettere a segno la miglior prestazione della sua carriera contro Edwards, dominandolo in lungo e in largo e addirittura infliggendogli la prima sconfitta per finalizzazione nella sua carriera, per sottomissione. Così Brady aveva guadagnato lo spot numero uno nella divisione, superando virtualmente tutti, anche l’imbattuto Shavkat Rakhmonov.

IL MOSTRO PRONTO A DIVORARE TUTTI (SE SOLO NON FOSSE INFORTUNATO)
Il primo match tra Rakhmonov e Belal Muhammad è saltato a causa di un infortunio di quest’ultimo; poi a Rakhmonov è stato offerto un secondo match ma stavolta si è infortunato lui. A parte Garry - subentrato all’ultimo al posto di Muhammad - battuto sul filo del rasoio al termine di un match combattuto ad armi pari, Rakhmonov ha finalizzato tutti i suoi avversari, tra i quali figurano anche combattenti di primo livello come Geoff Neal o sempreverdi come Neil Magny.

A tutt’oggi è considerato l’uomo con più possibilità di terminare il regno di Belal Muhammad ma considerando le qualità del campione (e il numero altissimo di sfidanti credibili) non è detto i due finiscano davvero per incontrarsi. Non subito almeno. Rakhmonov è un fighter dalla completezza indiscutibile, forte sia nelle fasi di scambio che in quelle lottatorie, un combattente che riesce a fondere benissimo le proprie abilità per brillare al meglio in entrambe le aree di pertinenza.

La sua stance composta gli permette di controllare molto bene i colpi in entrata e la sua fisicità gli consente quasi sempre di combattere in avanzamento, preoccupandosi poco di incassare colpi pesanti poiché riesce a fagocitare in maniera aggressiva tutto lo spazio fra sé e il suo avversario, costringendo quest’ultimo spesso a combattere per rimanere in piedi e a soffrire la tensione di stare spalle a parete e difendersi dai suoi tentativi di clinch, colpi dallo stesso e tentativi di atterramento. Per tutte queste ragioni, non sono in molti a volerlo affrontare.

L’OUTSIDER
L’uomo che invece combatterà il 10 maggio con Belal Muhammad è Giacomo “Jack” Della Maddalena. Discendente da una famiglia sarda trapiantata in Australia, lo striker ventottenne ha perso i suoi primi due match da professionista, per poi inanellare una serie incredibile di 17 vittorie consecutive, sette delle quali (otto, se contiamo le Contender’s Series) in UFC.

Striker straordinario, dalle mani rapide e pesanti, capace di gestire benissimo spazi e distanze nella fase di stand-up anche contro avversari dal fisico molto più importante (si veda il match contro Kevin Holland) e di inserire colpi di ginocchia e riempitivi in generale tra le combinazioni, Della Maddalena si è guadagnato questa title shot grazie a un primo rifiuto di Shavkat, ma anche alle sonore prestazioni che ne hanno delineato un’ascesa sempre più brillante, culminata con la vittoria per TKO contro Gilbert Burns a UFC 299.

Non solo: nel febbraio 2023, Della Maddalena aveva sconfitto in appena un round il sopracitato Randy Brown, sfoggiando anche una certa abilità nel gioco a terra e sottomettendo il suo avversario con una rear-naked choke al primo round. Inizialmente, attraversando un certo scetticismo da parte di pubblico e addetti ai lavori, Della Maddalena ha dimostrato dentro l’ottagono di appartenere a quella élite di pochissimi capaci di poter imporre il proprio gioco pur non essendo completi in senso assoluto, ma forti del miglior adattamento possibile all’interno dell’ottagono e di sfruttare in maniera perfetta le proprie qualità e le debolezze degli avversari.

Capace di cambiare strategia in corso, Della Maddalena è, a mio avviso, uno dei fighter più intelligenti di categoria e sarà una vera e propria minaccia per il regno del campione. Negli ultimi giorni è uscito un video (e sono in molti a chiedersi se sia un fake) nel quale, durante il suo camp, avrebbe sottomesso, addormentandolo, il fenomeno del grappling Craig Jones, già protagonista nei camp di Alexander Volkanovski e creatore del Craig Jones Invitational, una valida alternativa economica all’Abu Dhabi Combat Club. Jones è anche un “re dei meme” su Internet, una celebrità indiscussa del mondo marziale, protagonista spesso anche di siparietti con Gabi Garcia.

IL CAMPIONE RESUSCITATO (?) E L'EX PRODIGIO SCONFITTO DA DI CHIRICO
Un rientro importantissimo, invece, lo si vedrà il 14 giugno. Reduce da ben tre sconfitte consecutive, l’ex campione Kamaru Usman affronterà il nuovo che avanza: Joaquin Buckley. Se c’è una cosa su cui non si può discutere, quella è la stoffa di Usman. Lungamente considerato l’erede diretto di Georges St. Pierre in quanto a dominio, Usman era arrivato a una sola lunghezza dalle vittorie consecutive in UFC di Anderson Silva (15 Usman, 16 Silva), ma proprio quando tutto sembrava pronto per entrare nella storia, un fulmine sotto forma di headkick da parte di Leon Edwards l’ha allontanato dalla gloria.

Usman non pareva averla presa troppo male e, dopo un rematch equilibrato, finito però ancora nelle mani di Edwards, aveva accettato senza remore di affrontare l’incubo Khamzat Chimaev (che in precedenza saltava tra i welter e i medi, oggi invece stabilmente protagonista nei pesi medi) combattendo un buon match, ma perdendo come in quello precedente per decisione maggioritaria.

Usman ha 37 anni, ma ha dimostrato ancora di avere una durezza e delle qualità difficilmente replicabili. Certo: i suoi riflessi, le sue risposte e - a quanto si dice ufficiosamente negli ambienti del combattimento - anche le sue ginocchia non sono più quelli di un tempo, ma la voglia e le qualità sono ancora lì, davanti agli occhi di tutti. Usman risulta essere un po’ appannato, è vero, ma può avere ancora due o tre match di altissimo livello da offrire e quello con Buckley potrebbe farlo tornare sulla cresta dell’onda, a patto di ottenere una vittoria.

Joaquin Buckley, dal canto suo, è in hype come mai lo era stato dai tempi del suo KO su Impa Kasanganay (hype fermato prontamente da un calcio alla testa mortifero da parte di Alessio Di Chirico). A quota sei vittorie consecutive, l’ultima delle quali contro un irriconoscibile Colby Covington, “New Mansa” ha dimostrato di sentirsi benissimo nella sua nuova categoria di peso. Forse un po’ sottodimensionato nei medi, Buckley ha mantenuto la devastante potenza che lo contraddistingueva e ha affinato i movimenti in gabbia, aggiungendo esplosività, rapidità e un cardio che finalmente sembra essere sul pezzo.

Ha già 31 anni, ma sembra vicino ad ottenere un match titolato e una eventuale vittoria su Usman potrebbe garantirgli lo scontro iridato, a patto che la vittoria arrivi in modo spettacolare, pena l’attesa dietro la fila di fighter che gli stanno davanti. Usman, come Covington, non è più nel suo prime e potrebbe essere il miglior trampolino di lancio possibile, ma di sicuro l’ex campione venderà cara la pelle e questo match rappresenta certamente uno spartiacque importante, il più importante nella carriera di Buckley, che ha dimostrato di saper affrontare ormai qualsiasi tipo di avversario con la giusta accortezza, dopo aver arrancato nella prima parte della sua carriera UFC.

Buckley è rapido, potente, ha un allungo esagerato per le sue dimensioni ed è dotato di un gancio davvero assassino, che può abbattere qualsiasi avversario - e, da non sottovalutare, ci sa fare al microfono, nonostante l’utilizzo di un non comunemente comprensibilissimo slang. Dal canto suo, Usman, si è trovato a combattere con praticamente qualsiasi tipo di fighter nel corso della sua carriera. Il dubbio, infatti, verte soprattutto sulle sue condizioni fisico-atletiche nel momento del rientro.

ALTRI POSSIBILI ASPIRANTI ALLA VETTA
Anche l’ultima parte della top 10 e della top 15 è ricca di talenti parzialmente inespressi che potrebbero prendere una posizione importante al più presto. Il sopracitato Carlos Prates, prima di incappare nella sconfitta con Ian Garry, aveva messo a segno ben 7 knockdown in 5 match, un bottino mostruoso. Ma come ricorda spesso Daniel Cormier, ci sono dei livelli in questo sport. E Prates, nonostante una ottima predisposizione e margini di miglioramento a dir poco importanti, non è ancora un fighter di primissimo livello. Vista la concorrenza, comunque, dovrà avere cura di velocizzare il suo adattamento e di aggiungere, ancora, delle vittorie importanti al suo palmarès.

E poi c’è l’ecuadoriano Michael Morales, imbattuto venticinquenne che a mio avviso sta facendo il miglior percorso possibile per arrivare ai piani alti di categoria. Il 17 maggio, anche lui com’è stato per Jack Della Maddalena, avrà il suo battesimo di fuoco contro Gilbert Burns, una prova del 9 che certificherà la sua maturità e l’eventuale appartenenza alla classe sovrana del combattimento, a quella élite di fighter che possono puntare il più in alto possibile.

La prova non è certo semplice, ma solo così si può dimostrare di essere tra i migliori. Tra i gatekeeper attuali, Burns è forse il più credibile.

C’è poi una lista più o meno lunga di nomi che, come Burns, fanno da guardiani del cancello ad una top 10 che, come abbiamo visto, è ricchissima di talento. Si faccia attenzione però a non sottovalutare queste vecchie volpi: gli uomini a chiusura della top 15 sono pericolosi, esperti e capaci di sorprese, come si è visto il primo febbraio scorso, quando Michael Venom Page, ex campione Bellator, ha chiuso la porta dei primi 15 posti in faccia al pittoresco Shara Magomedov.

Oltre ai più stanchi Colby Covington (che ormai non trova di meglio da fare che sabotare le interviste post vittoria di Paddy Pimblett), Stephen Thompson e Geoff Neal (un talento incredibile che si è trovato ad affrontare tra i fighter più forti, ma che non è mai potuto uscire dal limbo delle ultime posizioni dei ranking), trova spazio anche “The Silent Assassin” Vicente Luque, un fighter che tra fortune alterne, conserva una completezza rara, una propensione per le sottomissioni e una potenza nel colpo secco da fare invidia anche ai fighter di divisione superiore.

In tutto questo, resta da chiedersi se qualche peso medio voglia scendere di divisione, come già ha fatto Buckley, ma soprattutto se il campione dei pesi leggeri e numero uno pound for pound Islam Makhachev non vorrà tentare la scalata alla divisione superiore, scombinando le carte.

Finché Belal Muhammad rimarrà campione, almeno stando a quanto riferito da Khabib Nurmagomedov, Islam potrebbe scegliere di non salire di divisione per non combattere contro un compagno di team. Ma qualora Muhammad dovesse perdere il titolo, allora Makhachev potrebbe cogliere un’occasione ghiotta. Con Makhachev sarebbe tutto ancora più interessante, ma anche così i pesi welter sono la categoria più ricca di talento e competizione di tutta la UFC e i prossimi mesi vedranno una serie di incroci che ne definiranno ancora meglio le gerarchie. Come si dice, da tenere d’occhio.

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