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Il livello dell'UFC è alto, molto alto
09 dic 2024
lo ha ricordato Pantoja a Kai Asakura.
(articolo)
10 min
(copertina)
IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
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Dalla Mecca degli sport da combattimento, Las Vegas, UFC 310 non ha tradito le aspettative, offrendo una card sensazionale che si candida a migliore evento di MMA dell’anno. Non sono stati pochi i protagonisti di alto profilo coinvolti, a cominciare dai preliminari - con in copertina l’ex campione dei pesi medi Chris Weidman, che ha perso per TKO al secondo round il suo incontro con il meno conosciuto Eryk Anders - fino ai piani alti della card. Il main-event ha visto scontrarsi per il titolo dei pesi mosca il campione Alexandre Pantoja e l’esordiente in UFC Kai Asakura, una scelta non banale da parte di Dana White che ha messo in primo piano una categoria di solito poco amata dal pubblico, perché considerata troppo “leggera”.

Sicuramente d’aiuto è stato proprio il fatto che ci fosse Kai Asakura, ex campione Rizin appena ingaggiato da UFC, fighter spettacolare capace di terminare i suoi match con KO fulminei. Pantoja, da parte sua, ha dimostrato il proprio valore negli ultimi anni, partendo dal The Ultimate Fighter (TUF) nel quale UFC aveva invitato i campioni di varie promotion per far combattere il vincitore contro Demetrious Johnson. Pantoja non ha vinto quel TUF - che invece ha visto uscire col braccio alzato Tim Elliot - ma ha poi scalato le gerarchie fino a strappare la cintura a Brandon Moreno (che ha battuto tre volte in tutto). Pantoja era alla sua terza difesa titolata nella categoria, anche contro avversari pericolosi come Brandon Royval.

Kai Asakura è stato ben promosso da UFC prima dell’evento, con video promozionali dei suoi highlights e un siparietto con l’influencer Nina Maria Daniele, personalità dell’anno ai World MMA Awards. Anche la sua origin story, per così dire, aiutava a creare un personaggio: il fratello maggiore, organizzatore di incontri clandestini, vincitore indiscusso della propria zona; lo sveglia di notte per combattere uno contro l’altro, per poi assalirlo con una violenza piuttosto eccezionale (testimoniata da un video) a cui però Kai riesce a resistere in modo quasi eroico.

Ma forse non serviva tutto questo per promuovere un fighter che aveva combattuto con gente del calibro di Juan Archuleta e Kyoji Horiguchi. Asakura aveva promesso una vittoria per KO ma, come ha ricordato Pantoja, il livello UFC è molto alto, il più alto in assoluto.

Ditemi che non sembra il trailer di una serie Marvel.

Un livello subito troppo alto per Asakura?

Sin dalle prime battute la sensazione è stata quella che, ai blitz di Asakura, Pantoja avrebbe contrapposto la sua capacità di controllo e stabilizzazione. Asakura è partito subito forte, cercando di impensierire l'avversario con colpi improvvisi e rapidi. Pantoja ha stabilito il range, ha assorbito una ginocchiata pericolosa pur di ottenere il takedown e stabilizzare a terra. I due erano ancora asciutti, ragion per cui il match sarebbe potuto rimanere al tappeto, ma anche freschi e Asakura ne ha approfittato per riportarsi gradualmente in piedi.

Sempre costretto sul piede posteriore, l’ex campione Rizin ha provato a restituire un po’ di pressione a Pantoja, ma il brasiliano non ha mai accennato ad indietreggiare. Come promette il suo soprannome, “The Cannibal”, ha fagocitato ogni spazio disponibile, avanzando e rendendo impossibile a Asakura di lavorare da un range a lui congeniale, cedendo il passo alla pressione del brasiliano.

La testa di Asakura, inoltre, non è sembrata molto mobile. Pantoja non è uno che finta molto dallo stand-up, ma non ce n’è stato bisogno: il giapponese era preoccupato dai takedown dell'avversario ed è stato centrato più volte dal suo stiff jab, che gli ha piegato la testa all’indietro. Asakura ha cominciato a battere in ritirata quando ha capito che Pantoja non batteva ciglio neanche dopo aver assorbito un headkick, al quale anzi ha risposto avanzando.

Non si deve sottovalutare la componente psicologica che un fighter come Pantoja porta con sé: finora si è dimostrato, oltre che un lottatore molto tecnico e pericoloso, uno striker in crescita ed un incassatore eccezionale. Non è mai andato KO in carriera, mai stato finalizzato ed in molti dei suoi match pare che più colpi prenda e più riesca ad assorbirne. Un vero zombie che sfianca i suoi avversari non solo attaccando, ma anche incassando colpi pesanti, cosa che, senza dubbio, pesa sul morale dei suoi avversari. Una qualità che prima o poi andrà via, che pagherà cara? Sicuramente sì, ma nel suo prime sta contribuendo a renderlo un campione solido e sicuro di sé, in continua crescita, capace di impensierire anche il più tosto dei fighter.

Dopo aver preso le misure nel primo round, constatato che poco di Asakura lo avrebbe impensierito, Pantoja nel secondo ha affondato: ha inseguito il giapponese, lo ha costretto spalle a parete e lavorando sul suo clinch ha prima preso la schiena in piedi, poi è saltato e ha messo i ganci, per sistemare a terra il triangolo al corpo, molto stretto, e sistemare una fittissima rear-naked choke che ha chiuso i giochi, mettendolo a dormire.

Nell’intervista post match ha poi dichiarato che questo è il livello UFC e che non basta chiamare un fighter giapponese qualsiasi per togliere la cintura dalla sua vita. Ha poi ringraziato Asakura complimentandosi con lui e dicendosi disposto a difendere la cintura in futuro anche in Giappone - una buona mossa anche per UFC che cerca, con fortune alterne, di inserirsi nel mercato giapponese.

Infine, Pantoja ha sfidato Demetrious Johnson, dicendogli di tornare sulla sua decisione di ritirarsi per accettare la sua sfida. Impossibile? Probabilmente, ma Pantoja ha dimostrato ancora una volta di essere il padrone della divisione dei pesi mosca e lo ha fatto contro un altro campione e attraverso una prestazione solida e senza possibilità di replica. Cosa gli riserverà il futuro, ora, può immaginarlo solo il matchmaker Sean Shelby.

Ian Garry e Shavkat Rakhmonov sono sullo stesso livello

Il co-main event della serata era atteso forse più del main event. Ian Machado Garry aveva accettato, non col massimo preavviso, il match contro l’uomo nero della divisione dei pesi welter, Shavkat Rakhmonov. Il fighter kazako avrebbe dovuto affrontare Belal Muhammad in un match con in palio il titolo, ma un’infezione ossea lo ha bloccato, motivo per il quale UFC ha confezionato uno dei match più attesi della categoria e lo ha organizzato sui cinque round.

Ian Garry, detestato da molti osservatori per via della sua personalità eccentrica, aveva riguadagnato consensi portando dalla sua parte l’ex campione dei pesi leggeri Charles Oliveira, che lo ha aiutato nel camp. In molti credevano che il match sarebbe potuto finire prima del limite, visto che Rakhmonov aveva vinto tutti i suoi 18 incontri prima del limite, ma forse ciò che non ci si aspettava era che Garry potesse tenere botta così bene contro di lui. Entrambi imbattuti, insieme avevano un record combinato di 33 vittorie e nessuna sconfitta, superiore persino a quello che all’epoca del loro incontro era il record di Israel Adesanya e Paulo Costa.

Tutti quelli che conoscono i due fighter si aspettavano che prima o poi i due sarebbero arrivati a collidere, ma non così presto, e non in un’occasione così improvvisa, con una sostituzione in short-notice. I due in passato hanno anche fatto sparring insieme e a quanto si dice Shavkat aveva sottomesso Garry. Nel match, però, se c’è stato un fighter che è arrivato più vicino dell’altro alla sottomissione, quello è stato Machado Garry.

Ian Machado Garry ci ha messo un po’ per trovare le misure e la confidenza necessaria per lasciarsi andare, ma una volta prese le misure non è sembrato inferiore qualitativamente al kazako. I primi due round, in un match che ne prevedeva cinque, sono andati comodamente in mano a Shavkat, forte di un controllo generale superiore, di un avanzamento perpetuo, di counter puntuali e precisi e soprattutto di quel grappling che costringe gli avversari a parete di cui è maestro.

Garry ha preferito attendere, cedendo il punteggio maggiore nelle prime due stanze, ma evitando di andare a terra e certificando una qualità nel grappling che se prima poteva essere dubbia, ora è certezza. Probabilmente Garry voleva capire quante energie fosse disposto a sacrificare Shavkat per portare il match a terra; col passare dei minuti però è parso sempre più chiaro che a Shavkat stava bene imporsi dallo stand-up, senza forzare il takedown, almeno inizialmente.

I colpi in girata che ha tentato Rakhmonov, sia coi pugni che coi calci, sono stati letti brillantemente dal fighter irlandese, che nonostante la sconfitta si pone a un livello altissimo, il più alto della divisione. Nel terzo round, dall’angolo di Garry gli sono state chieste più finte e più movimenti: Garry ha eseguito, e ciò ha portato a delle aperture che gli hanno consentito di utilizzare benissimo high kick e calci obliqui alle gambe, che hanno destabilizzato per un attimo Shavkat, probabilmente sorpreso dall’energia che ancora possedeva Garry. Il terzo round è rimasto in mano all’irlandese, che lo ha gestito e controllato dalla distanza, imponendo un buonissimo livello di striking.

Il quarto era partito nella stessa direzione, ma a un certo punto Shavkat, forse un po’ a sorpresa e con un timing eccezionale, ha effettuato un bellissimo double-leg takedown che è andato a segno, costringendo Garry al tappeto. Shavkat ha una presenza nell’ottagono che nella sua divisione di peso è impressionante e l’avanzamento, pur subendo l’offensiva avversaria, sembra non conoscere pause.

Garry, dal canto suo, ha messo un triangolo di corpo dalla guardia chiusa, una posizione estremamente difensiva che però, in mano a un atleta rapido, tecnico e intelligente gli ha consentito di limitare i danni in ground and pound e di rispondere adeguatamente con backfist e gomitate anche da terra in una versione che ricorda un po’ un’evoluzione di ciò che era Carlos Condit.

Nel quinto round forse Shavkat pensava che Garry fosse provato e ha puntato tutto sul suo grappling, finendo però sotto a seguito di uno scramble davvero fantascientifico, con Garry sulla sua schiena col triangolo di corpo, stavolta dal lato pericoloso. Shavkat ha controllato il polso avversario e pazientemente ha atteso il momento per esplodere, dopo aver difeso un pericoloso tentativo di neck crank.

Con grande sforzo, si è riportato in top position, ma le energie spese erano state molte e anche nelle battute finali dallo stand-up ha dovuto gestire al meglio la pressione, portandosi ancora intelligentemente a parete per far scorrere il tempo e portare a casa la vittoria ai punti, al termine di un match che definire tecnicamente superbo sarebbe ancora riduttivo.

La decisione unanime dei giudici ha visto un punteggio di 48-47 (un cartellino identico al mio, con Shavkat che avrebbe portato a casa prima, seconda e quarta ripresa e Garry terza e quinta) in favore di Rakhmonov. I due alla fine si sono abbracciati, Shavkat si è congratulato con il suo avversario, che è uscito da questa battaglia, se possibile, con uno status ancora superiore rispetto a quello con cui si è presentato, divenendo l’unico uomo capace di portare Shavkat ai punti, mettendolo peraltro in difficoltà.

Rakhmonov ha poi sfidato a un face off il campione Belal Muhammad, che era tra il pubblico. Belal è entrato in gabbia, si è complimentato e i due hanno inscenato un primo stare down un po’ imbarazzato. Belal, fischiato, ha detto che avrebbe trasformato i “boo” in lacrime e che non vede l’ora di tornare a combattere. I presupposti per un grandissimo match, data la qualità dei fighter coinvolti, ci sono tutti. E se Shavkat avrà guadagnato la title shot, a Ian Machado Garry nessuno potrà togliere un altro match in top 5, con la convinzione che l’irlandese ha ancora dei margini di miglioramento e che, tra le altre cose, lavorando anche al fianco di Oliveira, potrà senz’altro in futuro ambire ad un incontro che lo porti all’oro dei welter.

UFC 310 è stato un evento fantastico, che ha raggiunto nei suoi due match finali un climax altissimo e che ha ricordato che non solo le divisioni di peso più alto hanno tanto da offrire. Anzi.

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