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Federico Principi
Il pazzo Gran Premio di Montecarlo 1996
06 mag 2020
06 mag 2020
Quando Olivier Panis ha realizzato una delle imprese più indimenticabili della storia della F1.
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Federico Principi
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«Io amo Montecarlo.


Se un pilota riesce a guidare forte, può andare oltre le difficoltà della propria vettura.


Montecarlo ti permette di metterti in luce contro le macchine migliori».


(Olivier Panis)


 

Al ventunesimo giro del Gran Premio di Monaco 1996, la monotonia rischia di prendere il sopravvento. Murray Walker, il leggendario telecronista della Formula 1 della BBC, spezza i tempi morti e fa notare un dettaglio della corsa sfuggito alle telecamere: «Panis, il pilota francese, è l’unico che è riuscito a sorpassare e lo ha fatto due volte». Olivier Panis era arrivato tardi nel mondo della Formula 1, a quasi 28 anni, legandosi nel 1994 alla storica casa costruttrice Ligier e conquistando due secondi posti e due quarti posti tra nei primi anni. Il suo accordo veniva rinnovato gara per gara, ma nonostante i buoni piazzamenti la sua carriera stentava a decollare: il rischio di finire ormai assorbito nella condizione irreversibile dell’etichetta di pilota affidabile da metà schieramento si stava concretizzando.


 

Arrivato al 1996, alla soglia dei trent’anni, erano altri i profili tenuti sott’occhio dalle scuderie di punta per il futuro: il talentuoso Michael Schumacher, i debuttanti Jacques Villeneuve e Giancarlo Fisichella, i rampanti Mika Hakkinen, Rubens Barrichello, Heinz-Harald Frentzen. Il parco dei sedili disponibili si restringeva anche per colpa dei cosiddetti piloti paganti: Ukyo Katayama, Ricardo Rosset, il suo nuovo compagno Pedro Paulo Diniz. La traiettoria professionale di Panis, investita dalle difficoltà economiche della Ligier, era ormai a un punto morto: non poteva permettersi che questo stallo durasse ancora ma la F1 è lo sport che più di ogni altro rallenta le ambizioni dei meno fortunati, di chi staziona troppo a lungo nelle classi sociali medio-basse e avrebbe bisogno di spazi, di azione, di riscatto. I soldi della Parmalat, portati proprio da Diniz, non erano bastati per uno sviluppo sufficiente a rendere competitiva la Ligier. Nei primi cinque Gran Premi del 1996 le due vetture blu avevano messo insieme solamente un punto, quello di Panis nel Gran Premio del Brasile.


 

Il miglior tempo assoluto di Panis nel warm up della domenica mattina a Montecarlo - il 19 maggio 1996 - suona come una cinica beffa dopo che aveva ottenuto il 14esimo posto in qualifica, considerando che si tratta del tracciato dove è più difficile sorpassare. «Avremmo potuto concludere in top 5 in qualifica, ma subimmo un problema di elettronica», ha raccontato Panis. «Il mio ingegnere di pista iniziò a piangere, perché sapeva quanto eravamo veloci e pensò a una grande occasione persa. Gli dissi di stare tranquillo, che la gara sarebbe stata il giorno dopo, che non si sapeva mai cosa sarebbe potuto succedere».


 

In gara, al ventunesimo giro, Panis era in ottava posizione grazie ai sorpassi su Martin Brundle e Mika Hakkinen e a qualche ritiro, comunque fuori dalla zona punti. In testa c’era saldamente Damon Hill, sulla Williams, pronto a festeggiare la sua prima vittoria a Montecarlo, che gli avrebbe consentito di avvicinarsi al suo primo titolo mondiale. Due anni prima, nel Gran Premio di Adelaide, lo aveva perso dopo uno scontro che Michael Schumacher, secondo molti osservatori, avrebbe causato di proposito. Adesso però si era sfaldato il binomio più pericoloso per la Williams, quello tra Schumacher e la Benetton, che nel 1995 era riuscita a sconfiggere gli inglesi anche nel Mondiale Costruttori, e il pilota tedesco era passato alla Ferrari. Per Hill quella era l'ultima chance di vendicarsi. 


 

Il Gran Premio di Montecarlo 1996, in realtà,  sarebbe dovuto essere quello della consacrazione proprio di Schumacher alla guida della Ferrari. Partiva per la seconda volta consecutiva in pole position, stavolta sul palcoscenico più conosciuto della Formula 1, e simbolicamente una vittoria di Schumacher sarebbe stata all'altezza della solennità con la quale il Principato si riserva di eleggere i suoi vincitori, selezionandoli come gli invitati a un gala di corte. C'è da dire, però, che la Ferrari nel 1996 era ancora nel bel mezzo di un periodo di transizione, non era la vettura che sarebbe diventata qualche anno dopo. «La peggiore che io abbia mai guidato», disse addirittura Eddie Irvine di quell'auto. 


 

Il passaggio di Schumacher alla Ferrari, quindi, rappresentava più che altro un assist per la dominante Williams disegnata da Adrian Newey, che fino a quel momento aveva monopolizzato la scena, vincendo tutte le 5 gare precedenti: 4 volte con Damon Hill e, al Nürburgring, con Jacques Villeneuve. Agli altri erano rimaste solo le briciole: 4 podi alla Ferrari, 3 alla Benetton di Jean Alesi e Gerhard Berger, e uno alla McLaren di David Coulthard.


 


In una sola immagine: la classifica costruttori prima del Gran Premio di Monaco e lo strapotere Williams; la grafica televisiva più iconica della storia della Formula 1.


 

La partenza


La Ferrari veniva dalla deludente gara di Imola: Schumacher era arrivato secondo dietro Hill, dopo aver conquistato la pole position. La nuova pole position a Montecarlo era vista come l'opportunità immediata per rifarsi, per di più nel Gran Premio dove la partenza al palo ha il peso maggiore. La pista bagnata di Montecarlo avrebbe dovuto ulteriormente esaltare in gara la guida di Schumacher (come poi in effetti sarebbe avvenuto nel 1997), insomma il mondo della Formula 1 sembrava pronto a omaggiare la prima vittoria di questo matrimonio.


 

Ma le cose non vanno come previsto fin da subito, Hill conquista la testa della corsa alla curva Sainte-Dévote: la rinascita della Ferrari deve essere rimandata, la Williams sbatte i pugni sul tavolo e ricorda al mondo come la realtà della Formula 1 sia quella in cui la tecnologia vince sull’uomo. Non sembra  esserci spazio per nessun underdog...


 


La storica sigla internazionale della Formula 1 negli anni Novanta (la prima del video).


 

Tra le strade bagnate del Principato, durante il primo giro della corsa escono subito di scena 5 piloti: Jos Verstappen con la Footwork; Barrichello su Jordan; le due Minardi – che si scontrano tra di loro – di Lamy e Fisichella; e al primo giro finisce anche la gara dell’uomo più atteso: Schumacher commette un errore da principiante alla curva del Mirabeau Bas, sale sul cordolo-marciapiede e la vettura spancia per la scordolata sul terreno viscido, andando a sbattere sul guard rail. Sfuma così la possibile grande storia di quel Gran Premio.


 

In mezzo giro di gara Schumacher ha condensato tutto il peggio dei suoi maggiori difetti degli anni Novanta: le partenze non eccezionali e qualche errore di ansia e impazienza. Non che Schumacher fosse, come qualcuno ha detto, "un re fragile", anzi già da qualche anno era riuscito a costruire attorno a sé un alone di invincibilità, grazie a una straordinaria solidità che però evidenziava, per sottrazione, i suoi pochi punti deboli. In questo senso, il suo tonfo sul guard rail nel 1996 è stata forse la metafora più nitida della caduta del re, perché avvenuta sotto i palazzi principeschi (dove tra l'altro Schumacher realizzerà la sua ultima impresa, con la splendida pole position del 2012, ottenuta a 43 anni). E in ogni caso avrebbe dovuto aspettare ancora poco per la sua prima vittoria con la Ferrari, arrivata nel Gran Premio immediatamente successivo, in Spagna.


 

Durante i primi cinque giri si ritirano anche i tre piloti paganti: Katayama sulla Tyrrell e Rosset sulla Footwork escono per un loro errore; Diniz si ferma al quinto giro per un problema alla trasmissione. Al sesto giro, quindi, in gara sono rimasti solamente 13 dei 22 piloti che l'avevano cominciata. La pista è estremamente scivolosa e il margine di errore non esiste. I piloti controllano dolcemente l’angolo di sterzo e la coppia delle ruote motrici posteriori per non sfiorare nemmeno i minacciosissimi guard rail. In queste condizioni Damon Hill ha la strada spalancata: il suo vantaggio sul secondo, Alesi, è già di 4.3 secondi dopo il primo giro e sale a 6.1 e 9.5 dopo il secondo e il terzo giro. Al settimo giro, Hill fa segnare il crono più veloce in gara (1:48.752) e il suo vantaggio su Alesi supera la barriera dei 14 secondi.


 

Dietro Alesi c’è il suo compagno Berger, più staccata è la Ferrari di Irvine che ha evidenti problemi di sottosterzo ma riesce a tappare un lungo serpentone di piloti: Frentzen su Sauber; Coulthard su McLaren; Villeneuve su Williams (che era anche il rivale di Hill per il Mondiale); Salo su Tyrrell; Herbert su Sauber; Hakkinen su McLaren; Brundle su Jordan; e infine Panis su Ligier. Alla conclusione del giro 7 si intravede Panis che entra più largo di Brundle alla curva Rascasse e lo affianca in uscita: le immagini staccano e sul rettilineo del traguardo Panis è davanti. Probabilmente Panis è riuscito ad avere una trazione migliore all’uscita della curva e ad infilarsi all’interno di Brundle. Un piccolo capolavoro.


 

Il bellissimo sorpasso di Panis valeva per l’undicesima posizione e la regia televisiva non lo ha riproposto neanche in replay, ritenendolo ininfluente nello svolgimento della gara. Le immagini internazionali non riescono a ravvivare le emozioni di una corsa che fino a quel momento procedeva a ritmi estremamente bassi, con tutta la suspense concentrata sulla possibilità di altri errori da parte dei piloti, tutti appesi a un filo fragilissimo. L’esito finale, con l’andare dei giri, appare sempre più scontato.


 

La bellezza di quella Formula 1 


Negli anni Novanta la Formula 1 aveva già consolidato una certa polarizzazione dei grandi team. Dalla fine del decennio precedente si stava sempre più affermando l’incidenza del mezzo meccanico e il campo dei possibili vincitori si era progressivamente ristretto: negli anni Novanta erano stati solo 4 i team vincitori di almeno un Gran Premio: la McLaren (con Senna e Berger); la Williams (con Prost, Mansell, Patrese, Hill, Coulthard, Villeneuve e Boutsen); la Benetton (con Schumacher, Piquet ed Herbert); e la Ferrari (con Prost, Mansell, Berger e Alesi). È il periodo in cui avviene la definitiva emarginazione della classe media dalle possibilità di successo in Formula 1 e in cui il numero di scuderie inizia a ridursi (fino a 12) e scompaiono le pre-qualifiche. La morte sembra aver abbandonato quasi definitivamente le sue piste (se si escludono gli incidenti di Senna e Ratzenberger, entrambi a Imola nel 1994) e sul mercato arrivano i primi videogame di automobilismo, che permettono al pubblico di imparare a memoria tutte le insidie dei circuiti.Il cambio manuale è definitivamente scomparso, il layout delle vetture inizia a prendere la forma che conosciamo anche oggi e persino i pit stop sono simili a quelli attuali.


 

Insomma, negli anni Novanta il passato sembra definitivamente alle spalle e la contemporaneità è alle porte. Rimangono, però, alcune variabili che oggi ci sembrano inconcepibili: le poche immagini on-board, ad esempio, ci suggeriscono vetture ancora piuttosto instabili, restituendo la giusta dose di eroismo a chi le guidava. Allo stesso modo, i piloti incidentati fermi a bordo pista, con i commissari che entrano in azione senza alcun utilizzo della Safety Car, rappresentano per noi il ricordo del  passato più pericoloso ma anche affascinante delle gare rischiose degli anni Settanta.


 

L’elemento distintivo di quegli anni è il colore: gli anni Novanta rappresentano l’egemonia degli sponsor delle sigarette sulle vetture di Formula 1 e sulle loro colorazioni, nel 1996, ad esempio, la McLaren avrà per l'ultima volta la sua leggendaria colorazione bianco-rossa come i pacchetti delle Marlboro, che evoca i trionfi di Prost e Senna. La Williams, invece, sfoggiava il suo caratteristico blu accentuato dallo sponsor Rothmans, arrivato nel 1994.


 



 

I giri di mezzo


Al giro 9 la Benetton di Berger si ferma per un problema al cambio: restano solo 12 piloti in gara. La Williams di Damon Hill procede sempre più spedita verso il trionfo mentre la lentezza del passo di Irvine – ora in terza posizione – continua a scavare il gap degli inseguitori. Si attende solo il momento giusto per passare dalle gomme da bagnato alle slick. Per la quarta volta in cinque giri, al 19esimo passaggio, Hill fa segnare il giro più veloce: il tempo è di 1:45.789, ancora lontano rispetto a quello della pole position su asciutto di Schumacher (1:20.356). Non è ancora il momento di cambiare gomme ma è chiaro che la pista sta migliorando. Hill a quel punto ha 21.156 secondi di vantaggio su Alesi.


 

Nel frattempo, al 17esimo giro, per la prima volta Panis era comparso davanti ad Hakkinen nelle immagini. Il francese era già sembrato più veloce del finlandese nei giri precedenti e grazie a quest’altro sorpasso occulto (che la regia non mostra neanche nei replay) riesce a portarsi di prepotenza in fondo al trenino composto da Villeneuve, Salo ed Herbert. Mika Hakkinen, superato con disonore da una Ligier a Montecarlo, vincerà due Campionati del Mondo poco tempo dopo, nel 1998 e nel 1999.


 


Mentre il suo compagno di squadra e rivale per il Mondiale sta dominando nel ritmo, Villeneuve – al debutto a Montecarlo – non riesce a tenere il passo lento di Irvine. Fa da tappo a tre vetture più veloci di lui, tra cui la Ligier di Panis che inizia a fare capolino in fondo.


 

Panis sale in nona posizione, che diventa ottava dopo la rottura dell’alettone anteriore di Frentzen, nel tentativo disperato di passare Irvine. Il ritmo basso del ferrarista compatta nuovamente tutti i piloti alle sue spalle: alle soglie del pit stop per il cambio con le gomme da asciutto, Irvine, Coulthard, Villeneuve, Salo, Herbert e Panis si giocheranno l’ultimo posto sul podio in base al loro tempismo nel fermarsi ai box nel momento migliore. Allo scoccare del giro 23 (quando ne mancano ancora 55, cioè) compare per la prima volta l’indicazione sul tempo rimanente allo scadere delle 2 ore: il Gran Premio potrebbe accorciarsi di qualche giro e favorire quindi il risparmio di benzina e le strategie a una sosta.


 

Con tempi che si aggirano ormai sull’1:41 il primo a fermarsi è Hill, al 28esimo giro. Rientra in pista appena alle spalle di Alesi, che non si ferma nel giro successivo. Forse Alesi vuole rallentare Hill e disturbarlo, magari inducendolo all’errore con le gomme slick su una pista ancora umida, all’inizio del giro 30, però, Hill lo sorpassa agevolmente. Alesi si ferma subito dopo, aprendo un’autostrada ancora più ampia al trionfo in solitaria del prossimo Campione del Mondo. Il primo del plotone di inseguitori a fermarsi è Eddie Irvine: la scelta è azzeccata perché contemporaneamente Hill in poche curve si sta mangiando Alesi, in questo modo Irvine sta mettendo in teoria in cassaforte un pesantissimo podio, il terzo della sua carriera, in una gara di insopportabile sofferenza.


 

Del trenino da lui capitanato è solamente Panis a seguirlo subito ai box. L’obiettivo della Ligier a questo punto è un miracoloso quarto posto, scalzando Coulthard. Non sarà facile raggiungerlo: al giro 27 l’inglese della McLaren aveva messo a segno il tempo più veloce in gara e, anche se farà un giro in più con le gomme da bagnato, Panis in quel giro avrà nel serbatoio molto più carburante dopo il rifornimento.


 


Le tute dei meccanici Ferrari erano più belle con i pantaloni neri?


 

Al giro successivo, il 29esimo, vanno ai box Villeneuve e Salo. Incredibilmente la McLaren decide di fermare Hakkinen e solo un giro dopo ancora Coulthard insieme a Herbert. Alla conclusione dei cambi gomme la situazione si cristallizza con Hill che domina, Alesi congelato in seconda posizione, Irvine che è riuscito a pescare il jolly della terza posizione e poi in ordine: Panis, Coulthard, Herbert, Villeneuve, Salo. Olivier Panis ha così agguantato la quarta posizione: un risultato prezioso per un team che ne aveva disperato bisogno.


 


La situazione dopo il giro completato di pit stop. Sullo sfondo la Jordan di Brundle – incidentata sulla ruota posteriore sinistra – al suo primo anno con lo storico sponsor di sigarette. Non aveva però assunto ancora la sua colorazione giallo acceso.


 


Nella gara di Montecarlo 1996 ci sono tutti gli elementi che rendono la corsa del Principato, al di là di ogni retorica sulla cornice scenografica e sul prestigio storico, una prova unica per i piloti dell’automobilismo. Montecarlo riesce spesso a rarefare e concentrare al tempo stesso le emozioni in gara: non è un thriller pieno di colpi di scena, che rischia di confondere lo spettatore nel corso della trama, ha pochi punti di svolta ma ognuno di essi resta chiaramente fotografato nella memoria collettiva.


 

Altro cliché su Montecarlo che però è in qualche modo vero: le strategie in gara esulano dal concetto sportivo, diventano un raffinato gioco d’azzardo. La gestione dei piloti sulle tattiche da eseguire e la concentrazione degli snodi della gara in pochissimi e determinanti giri sono l’essenza profonda, a volte impercettibile dall’esterno, di corse diverse da quelle a cui siamo abituati oggi. Per questo il valore di un sorpasso a Montecarlo è inestimabile. La bellezza del Gran Premio di Monaco 1996 sta nell’aver esasperato queste caratteristiche, aggiungendo altri punti di rottura nella narrazione e diventando il punto d’incontro tra l’età classica e quella moderna della Formula 1.


 

Al giro 32 il telecronista britannico Murray Walker, senza il supporto grafico in TV, fa notare che «Panis è il pilota più veloce in pista». Al giro successivo, rincara: «Panis, su una Ligier motorizzata Mugen-Honda, sta provando a raggiungere Eddie Irvine». Poco dopo aggiunge ancora: «Nel giro precedente è stato 3 secondi più veloce di Irvine». Dopo la sessione di prove nel warm-up sull'asciutto (in cui, come accennato, era stato il più veloce) Panis aveva detto a sua moglie: «Oggi finirò sul podio».


 

Al 33esimo passaggio, Panis fa segnare il giro più veloce in gara: 1:28.540. Walker commenta: «Raggiungerà presto Irvine, ma come abbiamo visto precedentemente in questa gara Irvine riesce molto bene a tenere i piloti alle sue spalle». Panis potrebbe accontentarsi della quarta posizione, portare in dote 3 punti a un team in difficoltà economica e abbandonato a inizio stagione dal comproprietario Tom Walkinshaw.


 

Nel giro successivo guadagna altri 1.9 secondi su Irvine, adesso Panis è in scia. Si fa vedere timidamente al tornantino del Loews ma preferisce tenersi le sue fiches per una mano migliore. Nel frattempo la grafica tv ci informa che Panis nel giro precedente ha guadagnato anche 2.6 secondi su Damon Hill, che sta ormai correndo col gomito appoggiato fuori dall’abitacolo. Davanti a Panis, Irvine è particolarmente lento in tutto il terzo settore: ha un tremendo sottosterzo che lo fa girare come un camion nei cambi di direzione delle due chicane delle curve Piscine e sulla sezione della Rascasse, molto più stretta rispetto a oggi. Per questo motivo i commissari gli piantano bandiere blu in faccia  (altro retaggio della vecchia Formula 1, oggi si fa solo con i doppiaggi). Ma Panis non può ancora passare.


 



 

Al giro 36 Irvine non riesce a scrollarsi di dosso Panis sul rettilineo in salita verso il Casino. In discesa verso il Mirabeau è costretto a mettersi un po’ verso il centro della pista per proteggere l’interno: Panis si allarga e verso l’altra breve discesa che dà sul Loews ha una trazione migliore. Nonostante il timidissimo tentativo del giro precedente, Irvine non si aspetta che Panis possa sferrare l’offensiva proprio in quel momento: il sorpasso è durissimo, Panis attacca all’interno con l’asfalto ancora un po’ viscido e arriva a ruote bloccate, largo rispetto al punto di corda, appoggiando dolcemente Irvine verso il guard rail.


 


La dinamica del duello Panis-Irvine.


 

Irvine, dal canto suo, ha continuato a girare senza inchiodare e accodarsi, facendo la sua curva come se Panis non ci fosse. Per quanto la frenata del francese fosse estremamente ritardata, era riuscito comunque ad affiancare Irvine in ingresso curva e a completarla, e aveva quindi la precedenza. All'uscita dalla curva Panis è sul podio al Gran Premio di Montecarlo, come aveva promesso a sua moglie.


 


Dall’alto: le strisce della frenata di Panis fuori traiettoria, ma che riesce a completare la curva al pelo del guard rail. Con un po’ più di sangue freddo Irvine avrebbe potuto fermarsi e cercare un incrocio sulla traiettoria asciutta. Provando a girare subito, invece, finisce inevitabilmente sbarrato dalla Ligier contro il muro.


 

Alesi approfitta del lontano duello alle sue spalle e al giro 36 segna il tempo più veloce in gara. Il pilota francese era la perfetta rappresentazione della promessa mancata dell’automobilismo: la sua stella era sbocciata a Phoenix nel 1990, grazie al secondo posto ottenuto con la Tyrrell e dopo un lunghissimo duello perso con onore contro l’invincibile Ayrton Senna. Già nel 1996, però, era stato scaricato dalla Ferrari (dopo cinque anni) per fare posto a Schumacher. In Ferrari aveva ottenuto decisamente meno di quanto si sarebbe aspettato: una sola vittoria (in Canada, nel 1995), pochi mesi dopo si era trovato in testa a Monza ma un problema lo aveva privato di una vittoria molto suggestiva a solo 8 giri dalla fine.


 

La sua nuova occasione si ripresenta, con un po’ di fortuna, proprio durante questo Gran Premio che sto raccontando. Al giro 40 la vettura di Hill comincia a fumare dentro al tunnel: rottura del motore e ritiro, una disfatta che non lo priverà, a fine stagione, del suo primo e unico titolo mondiale (prima di concludere la carriera tra Arrows e Jordan). A quel punto in gara sono rimasti appena 10 piloti.


 

Al giro 41 Alesi passa sul traguardo per la prima volta al comando, dietro c'è Panis che ha perso quasi 10 secondi per un imprevisto, non inquadrato, che ha già eguagliato il suo miglior risultato personale in Formula 1 e sta portando a casa un ricco montepremi per sé e per il suo team.


 


La situazione al giro 41 e il mitico celeste della Benetton.


 

Al giro 54 Alesi va ai box per la sua seconda sosta programmata: ha un vantaggio rassicurante su Panis, proprio grazie a quei 10 secondi persi inspiegabilmente una decina di giri prima. All’uscita Alesi viene dato con 11.3 secondi di margine su Panis, che può mettersi il cuore in pace, anche senza quel possibile errore sarebbe comunque rimasto in seconda posizione. 


 

  


Il pit board (di Panis), un altro elemento che nell’epoca dei team radio compulsivi abbiamo dimenticato.


 

Con le gomme nuove, ai giri 58 e 59 Alesi fa segnare di nuovo il miglior tempo in gara e sembra ormai un pleonastico virtuosismo, un tentativo di legittimare al mondo il suo fortunato successo, oltre che un inutile rischio tra i guard rail. Al giro 60 però una sospensione della sua Benetton non regge alle asperità dell’asfalto e si rompe, Alesi va ai box e prova a rientrare in gara, ma nel giro successivo si ritira. Olivier Panis è in testa. Poi al giro 67 Villeneuve si scontra con Badoer nel tentativo di doppiarlo: la vettura del canadese viene immediatamente prelevata da una gru al Loews, quella di Badoer viene lasciata giacere all’imbocco del tunnel fuori traiettoria fino a fine gara, come il corpo di un caduto in guerra. A questo punto restano solamente 7 piloti in gara e, per quanto possa sembrare incredibile, è proprio adesso che inizia il capolavoro di Panis.


 

«Tutti gli ingegneri mi parlavano continuamente in radio, in lingue differenti, dicendomi che la benzina non mi bastava e che avrei dovuto fare un veloce rifornimento ai box», racconterà. «Io risposi: Ditemi il tempo che devo fare ogni giro per finire la gara con la benzina che ho. Ne ho risparmiata tanta in ogni giro, non usavo la sesta marcia, non stiravo le marce fino al punto ideale di cambiata. Sapevo che Coulthard mi stava attaccando, ma quando si avvicinava spingevo un po’ di più per fargli capire che ero più veloce e che non mi avrebbe passato. Dissi a tutti i ragazzi del box: Se sbagliamo a non fare il pit stop mi assumo tutte le colpe. Ma se lo facciamo, non vinciamo. Dobbiamo provare».


 


Giro 61: Coulthard recupera quasi 2 secondi. Comincia il calvario finale.


 

Il distacco tra Panis e Coulthard oscilla di continuo tra 1.5 e 4 secondi. In mezzo ai due c’è Irvine, doppiato, che tiene il passo di entrambi ma al giro 69 va ai box, lasciando strada libera a Coulthard. Irvine percorrerà un giro e mezzo con il nuovo set di gomme prima di andare in testacoda nello stesso punto dell’incidente di Schumacher, proverà a girarsi per riprendere la marcia ma lo farà in modo avventato e scorretto, venendo centrato da Salo e Hakkinen. A fine corsa saranno solamente 4 i piloti ad arrivare al traguardo: oltre a Panis e Coulthard, che duellano per il primo posto, restano Herbert e Frentzen sulle due Sauber.


 

A 5 minuti dallo scadere delle 2 ore, nel momento in cui Irvine si gira, cade qualche goccia di pioggia e il vantaggio di Panis su Coulthard si assottiglia a 1.1 secondi. Forse, oltre alla gestione della benzina, c’entra anche un umano sentimento di paura di gettare al vento per colpa dell’asfalto improvvisamente più scivoloso un lungo, meticoloso e irripetibile lavoro di conquista.


 


Un’altra immagine ormai anacronistica: la pericolosità del soccorso alla McLaren di Hakkinen – in piena traiettoria – con commissari in pista mentre sfrecciano Panis e Coulthard, senza che venga interpellata la Safety Car – mai scesa in pista in quel Gran Premio.


 

Le 2 ore scadono mentre Panis è dentro il tunnel, nel 75esimo giro dei 78 previsti. Coulthard non è riuscito ad avvicinarsi a meno di 1 secondo di distacco. Panis non vinceva un Gran Premio dal 29 agosto 1993, in Formula 3000, in un altro circuito estremamente affascinante, a Spa. Percorre le ultime curve prendendosi qualche centimetro in più di margine sui guard rail e riceve i complimenti dai commissari all’imbocco dell’ultimo rettilineo.


 

Un anno dopo



L’11 maggio 1997 Panis torna a correre nel Principato, la Ligier ha venduto il suo team ad Alain Prost che lo ha confermato con accanto l’esordiente Shinji Nakano. Prima di quella gara aveva ottenuto il suo quarto podio in carriera, a Interlagos, e in Argentina si era qualificato terzo per poi ritirarsi per un problema meccanico, mentre il favorito per la vittoria.



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