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Pazzie di settembre
19 set 2016
19 set 2016
La prima grande vittoria dell'Inter di De Boer.
(articolo)
7 min
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Confermando la fama di squadra “pazza”, stavolta in senso positivo, l’Inter che aveva perso appena giovedì in casa dagli israeliani del Beer Sheva è riuscita a vincere un insperato Derby d’Italia, giocato persino bene, nonostante, peraltro, essere passata in svantaggio in un momento topico della partita. La Juventus, invece, perde qualche certezza del proprio status “signorile”, e la sconfitta (una delle rarissime rimonte subite, con addirittura 2 gol incassati in un tempo) arriva sia come una sorta di sveglia per un ambiente forse toppo tranquillo («la sconfitta deve bruciarci dentro» ha detto Allegri), sia come la conferma di alcuni dubbi che si erano presentati dopo l’ultima partita di Champions contro il Siviglia. Anche se una partita non può smontare quanto costruito negli ultimi tempi da Allegri ma adesso, come tutte le squadre, anche la Juventus si trova di fronte all’esigenza di evitare una tendenza negativa.

Il piano dell’Inter

Lo sviluppo della partita ha reso difficile stabilire con quale modulo sia scesa in campo l’Inter: i compiti hanno prevalso sulle posizioni. In fase di non possesso, Eder e Candreva si abbassavano sulla linea di Banega e Joao Mario, ma le posizioni di partenza del 4-1-4-1 così disegnato venivano subito disordinate dallo sforzo applicato dai nerazzurri in fase di pressing.

Il disturbo della costruzione bassa dei bianconeri iniziava fin dalle mani di Buffon, con Icardi, Eder e Candreva che salivano in marcatura sui tre difensori centrali bianconeri e con Banega alle loro spalle che intercettava Miralem Pjanic. Buffon è stato costretto a calciare lungo la metà delle volte e ha regalato il possesso in 7 occasioni su 12.

Quando la Juventus riusciva a superare il primo pressing, l’Inter si metteva bassa e stretta a protezione del campo, con i 5 centrocampisti pronti a scattare in avanti per chiudere la visuale al portatore di palla e orientare la circolazione avversaria verso le fasce. In questi frangenti, nei quali i compiti di De Boer per i centrocampisti erano chiari ma non rigidamente assegnati, la sagacia tattica di Joao Mario ha avuto il suo peso: il portoghese si è alternato con Banega nella marcatura di Pjanic; così come è scalato in copertura davanti alla difesa quando Medel usciva alto su uno juventino.

In fase di possesso, l’Inter si è sistemata con una sorta di 4-3-3 asimmetrico, con Eder molto vicino a Icardi e Candreva più largo in fascia. Durante le fasi di possesso prolungato, i flussi di gioco interisti sono risultati efficaci, in particolare quando l’Inter attaccava sul lato destro e Chiellini era costretto a coprire l’uscita di Alex Sandro: la posizione stretta di Eder ha creato un due contro due con i difensori bianconeri e nella zona centrale l’italo-brasiliano è andato al tiro 3 volte, oltre ad aver creato 2 occasioni per i compagni.

I nerazzurri però si sono resi pericolosi soprattutto in ripartenza; anche perché potevano sfruttare due appoggi saldi come Candreva e Banega. Il primo, alto alle spalle di Alex Sandro, è stato servito con i lanci lunghi dei suoi difensori, quasi a occhi chiusi; l’argentino galleggiava in una posizione intermedia tra Khedira e Barzagli ed è risultato il giocatore in campo con più passaggi nella trequarti avversaria (24 completati su 30). Le ripartenze veloci hanno rappresentato una minaccia per la difesa della Juventus soprattutto nel secondo tempo: da un lato, l’Inter non aveva più le energie per andare a prendere la Juve molto alta sul campo e doveva necessariamente mettersi bassa; dall’altra i bianconeri difendono con una vera difesa a 3 nella maggior parte dei casi ed erano attaccati in parità numerica dai velocissimi giocatori offensivi dell’Inter.

Perisic, lanciato da De Boer nella partita subito dopo il gol del pareggio di Icardi, è stato il perfetto cavallo di Troia: è vero che, in occasione della rete, Lichtsteiner si fa sorprendere lontano dall’ala croata perché la Juventus perde palla in uscita; ma è anche vero che in due occasioni precedenti, Perisic ha ricevuto palla alle spalle del terzino svizzero e ha potuto puntare Barzagli, spingendolo ben dentro l’area di rigore. L’ingresso di Pjaca per Chiellini, e il conseguente passaggio al 4-3-3, è stata giudicata dai commentatori TV come una mossa offensiva. Credo invece che vada letta come una mossa difensiva, con la quale Allegri ha voluto chiudere la falla aperta da De Boer 10 minuti prima, con l’ingresso in campo di Perisic.

Juventus, il rifugio nelle individualità

Dopo l’esclusione dall’undici iniziale nel match contro il Siviglia, Pjanic ha ritrovato un posto tra i titolari nella posizione di perno centrale davanti alla difesa. Un ruolo che Allegri aveva sponsorizzato per il bosniaco in estate, ma che alla prima prova non ha prodotto i risultati sperati.

Il sistema di marcature elaborato dall’Inter si è rivelato efficace. Pjanic è stato tagliato fuori dal gioco e ha finito per toccare pochi palloni. Il bosniaco, da parte sua, ha avuto il demerito di non essere riuscito a smarcarsi efficacemente, muovendosi sul campo per trovare una posizione nella quale ricevere palla e fare gioco in verticale: la combinazione di passaggio più frequente è stata quella dà o verso Barzagli, e in generale la sua distribuzione di gioco è stata inoffensiva. I numeri dicono molto sulla partita di Pjanic: pur avendo effettuato più passaggi di tutti (58), ha comunque giocato meno palloni nella trequarti offensiva di Medel (10 per il bosniaco, 11 per il cileno).

Le sofferenze maggiori, per Pjanic e per la Juventus, sono arrivate in fase di non possesso. Per attitudine mentale, Khedira ha il pregio-difetto di attaccare sempre in avanti, con e senza palla; Pjanic non è abituato a pensare in anticipo alla copertura dello spazio alle spalle dei compagni. E la zona alle spalle di Khedira è diventata centrale nei destini della partita: è lì che Banega ha ricevuto spesso palla e ha potuto alzare la testa per puntare la difesa ormai esposta e servire gli attaccanti.

In fase di possesso, con una distribuzione di gioco per lo più perimetrale, la Juventus non ha creato sostanziali pericoli. I pochi palloni passati per via centrale, alla ricerca dei movimenti incontro di Mandzukic e Dybala, sono stati stoppati bene da Murillo e Miranda. I due hanno saputo tenere la difesa alta, soprattutto nella prima frazione, e Murillo si è distinto con 8 recuperi palla, il migliore tra i 22 in campo. La marcatura di Dybala, individuato da De Boer come l’uomo più pericoloso, è stata particolarmente curata: quando non era preso in prima battuta da Murillo, era schermato da Medel o Joao Mario, e i due hanno anche speso dei falli pur di impedire all’argentino di girarsi verso la porta.

Bloccate le principali scelte e priva di alternative, la Juventus è arrivata al gol attraverso la bravura dei singoli e alla loro capacità di vincere i duelli individuali: Alex Sandro ha battuto D’Ambrosio con la forza e con il talento, Lichtsteiner ha superato Santon con la corsa e l’intuito. Il brasiliano è risultato il migliore in campo tra i bianconeri, complice anche l’azzardo di De Boer di privare D’Ambrosio dell’appoggio di Candreva, con 4 occasioni create e 6 cross su 9 messi a segno, sui quali sono arrivati il gol appena descritto e le occasioni per Khedira e per Higuaín.

Un minuto dopo il gol del vantaggio, Icardi ha rimesso l’intera posta in palio. Tutt’altro che ineccepibile Bonucci in occasione del gol: il difensore ha perso la marcatura di Icardi quando il calcio d’angolo doveva ancora essere battuto. L’attaccante argentino stacca davanti all’uomo a zona, Mandzukic, incolpevole nell’occasione. Forse la Juventus dopo il gol ha pensato di poter condurre la partita in porto con relativa tranquillità, la leggerezza di Bonucci glielo ha impedito.

Una vittoria normale

La Juventus stava per essere salvata dalle sue straordinarie individualità, ma alla fine le è mancata una risposta di squadra e alternative di gioco. Pjanic, pur rivedibile alla prima prova da regista, non deve essere bocciato, perché non troverà sempre squadre organizzate e aggressive come lo è stata l’Inter per 60 minuti. È l’attitudine del bosniaco in fase di non possesso a preoccupare maggiormente, ma Pjanic avrà l’occasione di imparare dai migliori.

Per l’Inter questa è una vittoria che dev’essere normalizzatrice: una buona preparazione del piano gara e un’ottima esecuzione sono bastati ai nerazzurri per avere la meglio sui campioni d’Italia. L’Inter ha giocato una partita aggressiva ma tecnicamente valida. Gli eccessi di impazienza verso un allenatore non pagano mai.

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