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Pau Lopez è un portiere da sistema
11 lug 2019
11 lug 2019
Un portiere dalle caratteristiche molto definite.
(articolo)
6 min
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Il ruolo del portiere è stato il prisma più limpido attraverso cui leggere il fallimento della breve gestione tecnica di Monchi alla Roma, e quindi di conseguenza il fallimento della squadra giallorossa nella scorsa stagione.

Anche sorvolando sul semplice differenziale di talento tra Alisson e Olsen, che forse già da solo basterebbe a definire il passaggio dal primo al secondo come una delle peggiori mosse di mercato del calcio contemporaneo, il DS spagnolo sembra non aver capito o frainteso l’apporto che il portiere brasiliano dava alla squadra: e cioè non solo una capacità unica di difendere i pali tramite un posizionamento sempre perfetto, ma anche e soprattutto una sensibilità tecnica nei piedi fuori dal comune per un portiere, che colmava le lacune della squadra in fase di prima impostazione, e un tempismo perfetto in uscita che permetteva alla linea di difesa di rimanere senza paura con i piedi sulla linea del centrocampo.

La Roma ha sofferto per tutta la stagione il passaggio da quello che era a tutti gli effetti un libero a un portiere insicuro e bloccato sulla linea di porta, portando prima Di Francesco ad abbassare di molto il baricentro della squadra (con effetti a catena che lo hanno portato a snaturare la sua identità di gioco) e poi Ranieri a prendere la decisione drastica di mettere Olsen in panchina.

In questo senso, non stupisce che il primo acquisto voluto da Petrachi come nuovo DS della Roma (escludendo quindi Spinazzola e Diawara, inseriti come contropartite tecniche nelle cessioni di Luca Pellegrini e Manolas) abbia riguardato proprio la porta.

A non essere scontata è la scelta del dirigente salentino, ricaduta su Pau Lopez, un portiere straniero (e sappiamo quanta diffidenza c’è in Serie A nei confronti dei portieri non italiani), giovane (nemmeno 25 anni) e non ancora del tutto affermato. Pau Lopez viene da una stagione da titolare in chiaroscuro al Betis e, nonostante la giovane età, la sua carriera è stata già segnata da diverse momenti difficili: cresciuto nella cantera dell’Espanyol, nell’estate del 2016 era stato girato al Tottenham in prestito per fare il terzo portiere. Tornato alla base dopo una stagione senza presenze, Pau Lopez ha deciso di non rinnovare il proprio contratto con la società catalana, passando quindi al Betis a parametro zero la scorsa estate appena un anno dopo.

Una scelta, quindi, che fa nascere quasi naturalmente la domanda: perché, dopo un anno di incertezza legata alle prestazioni di quello che doveva essere il portiere titolare, Petrachi ha deciso di puntare in maniera così decisa su quella che, almeno sulla carta, ha l’aria di una scommessa rischiosa?

La stagione al Betis

Pau Lopez, come detto, viene da una stagione in chiaroscuro, dove il suo rendimento è combaciato quasi perfettamente con quello del Betis. La squadra di Quique Setién ha vissuto una grandissima prima metà di anno, chiuso ad appena tre punti dal quarto posto occupato dal Real Madrid, prima di un girone di ritorno molto negativo, che gli ha fatto chiudere il campionato all’undicesimo posto, 11 punti dietro il quarto, con Setién dimesso alla conclusione dell’ultima giornata. Pau Lopez ha condito le prestazioni del Betis nella prima metà di stagione con alcune grandi parate, che sembravano affermarlo come uno dei giovani portieri più interessanti della Liga, prima di un 2019 negativo, in cui il suo talento è sembrato più inconsistente di quanto non sembrasse.

Una parata di Pau Lopez con cui esaltarsi.

Questo parallelismo tra il rendimento collettivo e quello individuale non è casuale. Pau Lopez era infatti perfettamente inserito da Quique Setién nel sistema di costruzione dell’azione del Betis come un giocatore di movimento a tutti gli effetti, e ha cominciato a giocare peggio quando il gioco di posizione della squadra andalusa ha cominciato a liquefarsi. Il Betis nella seconda metà di campionato ha subito un’enorme quantità di gol da palla persa in fase di prima impostazione, e per il portiere con il più grande volume di passaggi corti dell’intera Liga (21.5 per 90 minuti; ter Stegen, per intenderci, ne tentava 16.1) questo non poteva non incidere.

Pau Lopez, in questo senso, è quello che potremmo definire un portiere da sistema, una definizione che in controluce possiamo leggere sia in positivo che in negativo. Perché se da una parte premette delle caratteristiche tecniche che lo rendono adatto ad esaltare sistemi di gioco proattivi che cercano di controllare il pallone per dominare l’avversario, dall’altra ne segna anche i limiti del talento, non abbastanza evidente da poter essere autosufficiente rispetto al gioco collettivo.

I limiti del talento

Pau Lopez, insomma, è innanzitutto un portiere con una sensibilità tecnica nei piedi molto al di sopra della media per il ruolo, fattore che, unito all’esperienza di aver già giocato in squadre proattive e alla personalità di tentare anche passaggi rischiosi pur di superare le linee di pressione avversarie, lo rende quasi perfetto per gestire il pallone nella difesa di Fonseca, un altro allenatore estremamente attento alla fase di prima costruzione e che coinvolge il portiere come se fosse un difensore centrale a tutti gli effetti.

Non è il tipo di portiere capace di mandare in porta un compagno con un rilancio dalla propria linea di porta, ma è uno su cui il resto della squadra sa di poter fare affidamento nella gestione del pallone sotto pressione. «Cerco sempre di fare quello che mi viene chiesto, anche nei momenti e nei contesti più difficili, cerco sempre di mantenere una certa lucidità e di aiutare la squadra. Faccio quello che mi viene chiesto, mettendomi a disposizione della squadra» ha detto lui stesso.

Pau Lopez, però, è anche un portiere dai pregi e dai difetti molto chiari quando si parla di difesa dei pali. A volte, ad esempio, per via di un non perfetto senso del posizionamento e una scarsa esplosività nelle gambe sembra non riuscire a coprire in maniera ottimale lo specchio della porta, come se la porta fosse troppo grande per lui. Per paradosso, Pau Lopez sembra più brillante quando ha meno tempo per preparare la parata e deve coordinarsi in una frazione di secondo, dimostrando un talento più che altro istintivo nelle parate. Il portiere catalano è molto più sicuro quando c’è da difendere l’area piccola, più in uscita alta che in uscita bassa per la verità, che domina in maniera piuttosto autoritaria nonostante il fisico non certo statuario.

A volte anche troppo autoritaria.

Guardando giocare Pau Lopez viene da chiedersi se un portiere con limiti così chiari riuscirà a sopravvivere in una piazza che mette sempre una pressione disumana sui propri estremi difensori alla prima sbavatura. La speranza della Roma, forse, è che data la giovane età quei limiti possano essere trasformati in margini di crescita, affidandosi ancora una volta al tocco magico del suo leggendario preparatore dei portieri Marco Savorani.

Di sicuro, il ruolo del portiere sarà anche quest’anno la cartina tornasole attraverso cui riusciremo a leggere il successo o il fallimento del lavoro del DS del club giallorosso, e quindi anche le sorti della stagione della nuova Roma di Fonseca.

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