
E così è finita l'esperienza di Luciano Spalletti sulla panchina dell'Italia, dopo una conferenza stampa oltre i confini della realtà. Il commissario tecnico ha annunciato il suo stesso esonero, dichiarando che sarebbe stato in panchina il giorno dopo per l’ultima gara della sua gestione.
Noti gli eventi degli ultimi giorni: la disfatta in Norvegia; l'idea di sostituire Spalletti con Ranieri; il tecnico romano che ci pensa, tentenna, ma alla fine declina, probabilmente per incompatibilità con il ruolo che la dirigenza della Roma aveva pensato per lui. Ci si potrebbe interrogare a lungo sulle ragioni di questa idea, ma qui invece preferisco continuare a guardare al futuro, ora che il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, è costretto a sfogliare di nuovo la proverbiale margherita alla ricerca di un nuovo commissario tecnico. Chi potrebbe essere?
Ho cercato di riflettere sui nomi che stanno circolando, aggiungendo qualche idea che magari dovremmo prendere in considerazione.
STEFANO PIOLI
Attualmente Pioli è ancora sotto contratto con l'Al Nassr ma non dovrebbe essere un problema farlo tornare in Italia e d'altra parte molte fonti lo indicano come principale alternativa, ora che Ranieri è tramontato. Per lui si parlava anche di un possibile approdo alla Fiorentina, cosa pensare del suo eventuale incarico in Nazionale?
-PERCHÉ SÌ
L'allenatore parmense teoricamente ha tutte le carte in regola per essere un commissario tecnico: esperienza ad alti livelli, capacità di entrare in sintonia con il gruppo squadra (come dimostrarono le lacrime dei giocatori del Milan nel momento dell’addio al club rossonero), una proposta di gioco abbastanza moderna. Il suo Milan scudettato nel 2022 era una squadra molto contemporanea nel voler aggredire l'avversario andando sempre in verticale, così come contemporanea era nel 2021 la Nazionale di Roberto Mancini che è riuscita a vincere gli Europei. Proprio il ciclo milanista è servito a mostrare un Pioli aggiornato, contribuendo a svecchiarne l’immagine da normalizzatore che ne aveva accompagnato la carriera fin lì. Pioli segnerebbe anche una discontinuità con Spalletti per quanto riguarda il rapporto con i giocatori e con la stampa, con cui non ha mai avuto particolari contrasti in passato.
-PERCHÉ NO
Se il Milan 2021/22 aveva vinto lo Scudetto in maniera convincente (certo, al netto della caduta dell'Inter), l’ultimo ricordo del Milan di Pioli non è certo dei migliori. I rossoneri, nella sua ultima stagione a Milano, tendevano continuamente ad allungarsi spaccandosi in due tronconi, e aprendo delle voragini in cui gli avversari si infilavano facilmente in contropiede.
Virando verso una proposta più rigida e ancor più verticale, che assecondasse gli istinti di elementi come Rafa Leão, Pioli ha di fatto finito per dar vita ad un Milan che, in pratica, si spezzava in due, senza equilibrio, esposto ai venti di tempesta, in grado sì di segnare ma anche di subire contro chiunque. Il Milan della stagione 2023/2024 era il secondo attacco del campionato (76 reti messe a segno) ma soltanto l’undicesima difesa della Serie A (ben 49 gol incassati). Cosa succederebbe se questi numeri si ripresentassero in Nazionale? C'è davvero tempo per un commissario tecnico della Nazionale di affinare i meccanismi in fase di pressing e riaggressione affinché questo sistema non diventi troppo sbilanciato?
DANIELE DE ROSSI
Reduce dall’esonero con la Roma, De Rossi conosce bene l’ambiente della Nazionale dopo aver fatto parte dello staff di Roberto Mancini durante la vittoriosa cavalcata di Euro 2021, durante il quale si rivelò essere molto apprezzato dai giocatori.
-PERCHÉ SÌ
Giovane, moderno nella proposta di gioco, legato ad un calcio fluido e con ottimi rapporti con tutti i giocatori azzurri: fattori che lo rendono un candidato da prendere in considerazione. Dal punto di vista tattico De Rossi ricollegherebbe la Nazionale a quei princìpi di gioco che hanno funzionato nell’ultima versione vincente di Mancini. Certo, i giocatori sono molto cambiati nel frattempo, ma fare il selezionatore significa anche questo: scegliere i giocatori più adatti alle proprie idee (cosa che a Roma, con il caso Dybala, probabilmente gli è costata la panchina).
-PERCHÉ NO
Non si può certo dire che De Rossi abbia un'esperienza consolidata, figuriamoci in Nazionale. È un discorso più o meno valido per tutti (o quasi) gli eroi del Mondiale 2006, molti dei quali hanno ottenuto un credito superiore a quanto effettivamente mostrato in panchina principalmente per il fatto di aver partecipato da calciatori all’impresa di Berlino. De Rossi, poi, sembra molto interessato a trasferire le sue idee e da questo punto di vista potrebbe scontrarsi sugli stessi problemi che ha avuto Spalletti, anch'egli sembrato scomodo dentro al ruolo peculiare di commissario tecnico.
Anche il suo ultimo ricordo da calciatore della Nazionale non è dei migliori...
ROBERTO MANCINI
Pensateci: al momento è libero da incarichi da allenatore e anche a lui potrebbe essere proposto un doppio ruolo!
-PERCHÉ SÌ
Il motivo più semplice: è l’ultimo commissario tecnico vincente, avendo portato a casa gli Europei del 2021. Conosce bene gli attuali vertici federali e il gruppo squadra, essendo stato l’ultimo allenatore di questa Italia prima dell’arrivo di Spalletti. È libero e, di conseguenza, immediatamente disponibile. In più avrà voglia di rivalsa dopo aver mancato la qualificazione ai Mondiali 2022.
-PERCHÉ NO
Beh, devo davvero spiegarvelo?
CARMINE NUNZIATA
Il CT dell’Under 21 si sta preparando ad affrontare gli Europei di categoria. E se una semplice promozione di categoria bastasse a risolvere i problemi degli azzurri?
-PERCHÉ SÌ
Nunziata ha allenato Under 17, Under 18, Under 19 e Under 20, centrando sempre ottimi risultati (due volte vicecampione d’Europa con la Under 17 e una volta vicecampione del mondo con la Under 20) e facendo vedere un buon calcio. Un tecnico fatto in casa dunque, che conosce pregi e difetti dei calciatori italiani di ultima generazione. Tatticamente ai Mondiali Under 20 ha presentato una squadra estremamente fluida, costruita intorno ad un 4-3-1-2 / 4-3-2-1 che vedeva Simone Pafundi e Tommaso Baldanzi agire a ridosso di Francesco Pio Esposito. Gli azzurrini giocavano un calcio relazionale, cercando di fare densità intorno alla zona della palla, per permettere ai calciatori di maggiore qualità di associarsi tecnicamente. Un approccio che sarebbe interessante vedere anche a livello di Nazionale maggiore.
-PERCHÉ NO
I giocatori della Nazionale maggiore sembrano molto diversi da quelli di quella Under 20. Già Spalletti è dovuto scendere a compromessi con questo gruppo, con i risultati che conosciamo: ha senso provare di nuovo a prendere un allenatore così diverso dalla rosa a disposizione? Forzare un cambiamento travasando alcuni elementi dell’Under 21 nella Nazionale A non sembra fattibile (non sono più i tempi di Azeglio Vicini e della sua Under trapiantata nella selezione maggiore). A questo si aggiunga il fatto che il nome di Nunziata è mediaticamente poco spendibile: dall’epoca di Arrigo Sacchi ad oggi quasi tutti i CT (Cesare Maldini e Luigi Di Biagio ad interim le uniche eccezioni) sono stati presi dai club, interrompendo la tradizione precedente che vedeva il commissario tecnico essere un allenatore federale, cresciuto a Coverciano.
THIAGO MOTTA
Libero dopo la conclusione prematura dell’esperienza alla Juventus, il nome di Thiago Motta praticamente non è mai apparso nel "valzer" degli allenatori che sta coinvolgendo la Serie A.
-PERCHÉ SÌ
La stagione con la Juventus è stata negativa ok, ma tutto questo è sufficiente per dimenticare quanto di buono fatto a Bologna? La proposta di gioco è moderna, in linea con quella delle Nazionali più forti. Il suo calcio cerebrale potrebbe essere ideale per mascherare le lacune tecniche e fisiche di alcuni componenti della rosa azzurra, così come la fase difensiva elaborata e lontana dalla propria porta potrebbe servire per una squadra che non difende sempre bene l’area di rigore. Il possesso articolato e la costruzione organizzata aiuterebbero a far fare un ulteriore salto di qualità a elementi come Nicolò Barella o Riccardo Calafiori (quest’ultimo lanciato proprio da Motta a Bologna).
-PERCHÉ NO
A Torino, Motta è sembrato molto in difficoltà ad entrare in sintonia con i suoi giocatori, problemi che in controluce si erano già visti allo Spezia: è possibile riproporre un allenatore così frontale dopo l'esperienza di Spalletti? Motta con la Juventus si è incaponito nel cercare di piegare le caratteristiche dei giocatori al suo modello di gioco, dando l’impressione di ritenere che fosse sufficiente creare una struttura e occupare determinati spazi per attaccare bene, indipendentemente da chi li andava effettivamente a riempire. Anche quando Motta ha virato verso una proposta un po’ più verticale (un compromesso rispetto ai suoi desiderata) questo è stato il frutto di una forzatura dell’allenatore e non di un vero convincimento. Con caratteristiche simili è possibile allenare la Nazionale, dove i momenti in cui imporre le proprie idee sono ridotti al minimo?
ANGE POSTECOGLOU
Liberato di recente dal Tottenham, che lo ha esonerato nonostante la vittoria nell’ultima Europa League, Postecoglou è una possibilità improbabile, certo, ma pur sempre una possibilità.
-PERCHÉ SÌ
Un tecnico straniero! Finalmente una ventata di novità nel solitamente stantio calcio italiano. Se il Brasile si è affidato a Carlo Ancelotti (un italiano) e l’Inghilterra a Thomas Tuchel (un tedesco!) perché non dovrebbe guardare all’estero anche l’Italia? L’australiano propone un calcio moderno e divertente (l’Angeball), tutto votato all’attacco, che potrebbe mascherare la mancanza di talento offensivo della nostra nazionale.
Certo, i Mondiali sono l'anno prossimo, ma questa frase si può rigirare come vogliamo...
-PERCHÉ NO
Un tecnico straniero? La nota idiosincrasia con cui da noi vengono accolti gli allenatori provenienti dall'estero renderebbe difficile in partenza il rapporto fra Postecoglou (fra l’altro uno che non ha peli sulla lingua) e la stampa al seguito degli Azzurri. Il suo gioco zemaniano inoltre verrebbe criticato al primo momento di difficoltà, a partire dalla linea alta. D’altronde qui da noi si sono lette rimostranze per lo stesso motivo anche nei confronti del Barcellona di Hansi Flick che, con questo atteggiamento difensivo, ha vinto La Liga ed è arrivato a un passo dalla finale di Champions. Perché con Postecoglou, che viene da un Paese di certo non proprio noto per la sua tradizione calcistica, dovrebbe essere diverso?