
Il primo colpo è arrivato quando è da poco scoccato il decimo minuto. L'Italia, fino a quel momento, stava cercando una continuità di possesso per stabilire il controllo sui ritmi e gli spazi della partita, seppur con qualche difficoltà. Fino a quel momento, la Norvegia aveva provato a pressare senza troppo successo ma adesso il pallone era tra i piedi dei loro difensori, nella loro metà campo.
La palla viaggia da sinistra verso destra, per poi tornare a Moller Wolfe, terzino sinistro, che davanti a sé ha abbastanza spazio per condurre e alzare il baricentro della squadra. Appena superata la linea di metà campo, però, Moller Wolfe allarga il pallone verso Nusa, aperto sulla sinistra. Zappacosta tenta l’anticipo interno ma Nusa prende posizione, protegge la corsa del pallone verso l’esterno e lo lascia scorrere sull’interno del piede destro, che userà per controllare in avanti girandosi con una piroetta.
Nessuno dei giocatori dell’Italia era abbastanza vicino a Zappacosta per dare subito copertura, e così Nusa è stato libero di avanzare fin dentro l’area di rigore, puntare Di Lorenzo, rientrare sul destro e provare a tirare. La palla è stata poi smorzata dal capitano del Napoli e ha proseguito rimbalzando verso il centro dell’area, prima di essere spazzata da Udogie, che ha anticipato Sørloth.
L’Italia ha avuto così il primo brivido della sua partita e non è stata che l’anticamera delle sofferenze che sarebbero seguite nei minuti successivi. Il campanello d’allarme, infatti, non è stato ascoltato, oppure sì, ma in qualche modo non è stato possibile porre rimedio a questa minaccia proveniente dal lato destro del campo, cioè appunto Antonio Nusa, ventenne del Red Bull Lipsia.
Nusa è stato il protagonista principale dei primi, dolorosi, quarantacinque minuti di Norvegia Italia, la prima partita delle qualificazioni mondiali per la squadra di Spalletti. L'Italia, lo sappiamo, era già costretta a vincere per allontanare lo spettro dello spareggio, dato che la Norvegia ha già vinto tranquillamente le due partite giocate (contro Moldavia e Israele rispettivamente per 5-0 e 2-4) mentre l’Italia tentava senza successo di passare il turno in Nations League.
C'era chi già ci vedeva tutte le premesse per uno dei classici psicodrammi pre Mondiale che ormai fanno parte della tradizione del nostro Paese: un avversario serio con alcuni leader tecnici affermati, una Nazionale stanca nella testa e nelle gambe, assenze pesanti, le immancabili polemiche sulle convocazioni e sui rifiuti, una formazione iniziale dalle forti tinte conservative.
Al trentaquattresimo minuto la Norvegia passa in vantaggio per 2-0. Il portiere Nyland, sulla pressione alta dell’Italia, gioca un lancio verso sinistra, per la corsa in avanti di Thorsby, le cui doti aeree sono ben conosciute in Serie A. Thorsby prova l’aggancio con il piede ma il pallone gli sfugge all’indietro. A pochi metri da lui c’è vicino Nusa: Thorsby lo vede e pensa subito a frapporsi tra il compagno e Rovella, facendo scudo col corpo. Nusa può così avanzare tranquillo e puntare Di Lorenzo, che non ha abbastanza coraggio o pazienza per accompagnarlo per qualche metro e affretta subito l’intervento: proprio quello che voleva Nusa per sterzare verso l’interno.
Così, mentre il tackle di Di Lorenzo si infrange goffamente su Rovella, Nusa prende la mira e trafigge Donnarumma da lontano. L’Italia è già sotto di due gol, con un’azione che racchiude bene la differenza di efficacia tra le due squadre: da un lato Thorsby e Nusa - il primo che protegge e sostiene, il secondo che crea, deciso, tagliando verso l’interno, col pallone incollato al piede, prendendo l’iniziativa; dall’altro Rovella e Di Lorenzo, abbandonati alle loro difficoltà, incapaci di reggere il confronto fisico, dinamico, con i due avversari. Una Norvegia sicura e ficcante, un’Italia sfilacciata e sofferente. È questo, di fatto, il tema che ha caratterizzato e indirizzato la partita.
L’Italia ha giocato, nel corso della partita, molti possessi, anche prolungati, appoggiandosi alla sua coerenza strutturale, ma (anche a causa della stessa coerenza strutturale) è sembrata troppo prevedibile per creare pericoli concreti, e troppo statica per limitare le ripartenze norvegesi.
Non solo la Norvegia è riuscita a stroncare sul nascere gran parte dei palleggi dal basso dell’Italia, ma la Nazionale non ha creato praticamente nulla neanche nelle situazioni di consolidamento a ridosso dell’area avversaria. Insomma, quella di Spalletti è stata una squadra inoffensiva.
Da queste due situazioni nei primissimi minuti di partita possiamo vedere come la Norvegia fosse particolarmente a suo agio nello scivolare in pressing laterale mentre l’Italia costruiva da dietro. I passaggi laterali di e tra i difensori centrali di Spalletti risultavano facilmente pressabili da Haaland e compagni: le distanze erano ampie, i movimenti incontro scarsi. Udogie da un lato, Barella e Zappacosta dall’altro, pensavano soprattutto ad aprirsi e attaccare la profondità. Rovella e Tonali, talvolta Raspadori, hanno provato timidamente a riempire gli spazi centrali, ma l’Italia non è riuscita praticamente mai a risalire il campo: la giocata verticale lungolinea veniva schermata dalle traiettorie di pressione, mentre le giocate interne erano limitate a causa dello scarso sostegno centrale, della rigidità dei movimenti e della scarsa inclinazione di chi riceveva aperto a giocare rapidamente all’interno magari per imprecisioni nel controllo del pallone o per insicurezza. Così, la Norvegia è riuscita a non subire mai transizioni in campo aperto e si è ritrovata spesso in superiorità in difesa, nonostante la pressione alta.
Nella metà campo della Norvegia, l’Italia ha incontrato problemi per certi versi simili a quelli incontrati in costruzione bassa. I principali tentativi di sfondamento avvenivano con la ricerca di combinazioni e rotazioni posizionali laterali: Di Lorenzo che avanzava a supporto di Zappacosta a destra, Tonali che provava a combinare con Udogie a sinistra. L’Italia aveva messo nel mirino gli spazi laterali del blocco norvegese che però si è rivelato particolarmente compatto e stretto in orizzontale. Lo sfondamento in diagonale degli esterni, dato l’assetto della squadra, sembrava la via d'uscita più naturale. La pericolosità dell’Italia però non è stata neanche lontanamente all’altezza della partita, e dell’urgenza creata dallo svantaggio iniziale, nato non a caso proprio dalla fretta dell’Italia nel ricercare la progressione esterna.
L’azione dell’1-0 di Sørloth, prima dell’errore “posturale” di Rovella nell’accompagnare la corsa di Nusa lasciandogli troppo spazio all’interno e del mancato assorbimento o fuorigioco di Bastoni sull’attaccante dell’Atleti, nasce da una precisa dinamica offensiva dell’Italia.
Dopo una lunga sventagliata di Bastoni verso Zappacosta intercettata da Moller Wolfe, la seconda palla arriva a Nusa, completamente libero da qualsiasi marcatura preventiva, anche a causa del modo in cui si è sviluppata l’azione. Considerando però la pericolosità dell’avversario, forse l’Italia avrebbe potuto ragionare su un controllo più costante, anche quando il possesso era degli Azzurri, usando Rovella o Di Lorenzo.
Per quanto i due abbiano sofferto Nusa nei duelli, magari limitarne o sporcarne di più le ricezioni avrebbe potuto rendere la Norvegia meno convinta e pericolosa. La scelta di Bastoni di forzare il cambio gioco, nonostante le qualità del difensore dell’Inter in questo tipo di giocate siano risapute, è controintuitiva data la quantità di giocatori che aveva assembrato nel lato sinistro del campo. La refrattarietà a giocare “tra i corpi”, per citare una famosa frase proprio dello stesso CT, ha portato l’Italia a una scarsità sostanziale di combinazioni centrali, nonostante la presenza di due “trequartisti” che teoricamente dovevano servire anche a questo.

L’Italia aveva tutte le carte in regola per provare quantomeno a combinare più frequentemente in maniera ravvicinata nel corridoio centrale, orientando la progressione più in diagonale e meno in orizzontale o in verticale. Ma la Nazionale che si è presentata in Norvegia è sembrata davvero avere pochi strumenti e poca convinzione in questo senso.
Il 3-0 di Haaland, arrivato a una manciata di minuti dallo scadere del primo tempo è parso quasi inesorabile. Ancora una volta Nusa ha potuto ricevere libero in transizione dopo un contropiede confuso dell’Italia. L'esterno ha giocato poi dentro verso Odegaard che, puntando la linea difensiva avversaria, è riuscito facilmente a servire il movimento in profondità di Haaland. L'attaccante del City, di rientro dal fuorigioco, ha sfruttato le insicurezze difensive degli avversari, incapaci nuovamente di assorbire o provare il fuorigioco, ma anche l’assenza di centrocampisti in copertura della palla.
Il secondo tempo è scivolato via lentamente, nonostante i cambi, con l’Italia capace di trovare la prima parata di Nyland solo al 92'.
A questo punto il dramma per la Nazionale di Spalletti non è solo nel dover rincorrere in classifica, facendo la lotta con i fantasmi delle ultime tre qualificazioni mondiali, ma anche nell’inconsistenza delle trame offensive, nella difficoltà nel creare intese e certezze di livello, senza riuscire neanche ad avere solidità difensiva. Sono quasi due anni che è arrivato Spalletti ormai ma l’Italia, oggi, è ancora una squadra inoffensiva e insicura. Anzi, a vederla ieri è anche difficile dire che sia una squadra.
Dopo ogni sonora delusione, si sente sempre la solita musica: la Nazionale è solo il riflesso ultimo di tutte le incongruenze strutturali del calcio in questo Paese, dentro e fuori dal campo. I campanelli d’allarme sono spesso gli stessi, così come i discorsi, le apparenti prese di coscienza, le decisioni. Intanto, però, il vortice negativo in cui è immersa la Nazionale continua a girare.