Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Oliver Bierhoff tirava meglio con la testa che con i piedi
21 lug 2022
21 lug 2022
Un colpitore di testa formidabile.
(articolo)
14 min
Dark mode
(ON)

In un vecchio spot della L’Oreal Oliver Bierhoff colpisce la palla di testa. Sorride, e mentre salta in uno spazio immaginario, sospeso in aria, il suo corpo si inarca leggermente per dare una frustata al pallone che non comunica nessuna forza particolare. Piuttosto sembra una specie di ondulazione da serpente. Indossa un completo ma senza camicia e con una maglietta nera leggera sotto. Un outfit da designer degli anni ’90. Dopo il contatto con la palla i suoi capelli rimangono rigidamente incastrati sulla sua testa, nemmeno uno fuori posto - ed è quello il senso dello spot. Apparecchiati in quel taglio ordinario, che pare fatto apposta per non rivelare la benché minima traccia di stravaganza: la perfetta rappresentazione dell’efficienza tedesca, che non è disposta a rinunciare nemmeno a una briciola di sobrietà, che non vuole cedere a nessuna espressione individualistica.

Eppure, Oliver Bierhoff, in quegli anni al termine del secondo millennio, aveva un suo glamour. Era testimonial di L’Oreal, partecipava ad alcuni dei più arditi spot della Nike di quegli anni. Bierhoff che con un tiro distrugge il corpo di un temibile robot-ninja. Bierhoff che palleggia con Totti e Thuram mentre un cagnolino nervoso cerca di rubargli palla. Per ragioni diverse, aveva un suo glamour: una sua bellezza virile, per quanto così grigia da rasentare la noia; segnava molti gol, tra cui il primo e ultimo golden goal della storia del calcio, nella finale di Euro 96 contro la Repubblica Ceca; soprattutto, il suo glamour nasceva dal gesto iconico che ha provato a immortalare lo spot L’Oreal.

Bierhoff era un colpitore di testa prodigioso, il migliore al mondo. Era la risposta dell’industria tedesca alla creatività del Joga Bonito brasiliano, o dell’eleganza francese di Henry e Zidane. Se gli altri dilatavano le possibilità di ciò che si poteva fare con una palla tra i piedi, Bierhoff ci ricordava cosa si poteva fare con la testa. In genere una cosa sola: tirarla forte e veloce verso il palo lontano. La sua eccezionalità era quantitativa, perché nessuno riusciva a segnare con la testa con la regolarità con cui lo faceva Bierhoff - e questo comunque finiva per dargli un’aura misteriosa, da centravanti sacro. Se non altro per il dato basilare che a calcio si gioca con i piedi e il colpo di testa è un fondamentale tecnico che si può allenare fino a un certo punto, perché per conformazione anatomica la testa non può avere sensibilità. Una verità che Bierhoff nel corso degli anni ’90 si è preoccupato di relativizzare.

Dopo di lui i gol su colpo di testa hanno cominciato a diminuire, per ragioni diverse. I palloni più elastici, meno solidi, meno belli da colpire. L’evoluzione tattica del calcio, in cui le squadre hanno cominciato a guardare con sospetto la palla che si alza per aria. Il colpo di grazia delle statistiche, che hanno sottolineato l’inefficienza dei cross. Regola vuole che ora si crossi dalla trequarti, con palle catapultate nella zona morta tra difesa e portieri, su cui l’attaccante piove in corsa, cercando una complicata coordinazione. Oppure si crossa dal fondo - il passaggio della morte, lo chiamano gli spagnoli - dove si segna con furbi tiri di prima intenzione. Si segnano ancora gol di testa, ma sono sempre più contingenti; esistono ancora specialisti del colpo di testa, ma prestano i loro servizi come i calzolai, interpreti di un’arte perduta che sopravvive in squadre dalle idee antiquate o bizzarre. Oppure sono giocatori la cui bravura nel colpo di testa è solo una piccola conseguenza del loro talento sconfinato nel segnare (Ibrahimovic, Lewandowski, Ronaldo).

La scienza medica ha rilevato che colpire la palla di testa è pericoloso: ogni colpo di testa una lieve concussion. Il cervello balla nella scatola cranica, causando conseguenze a lungo termine. Per questo in Inghilterra i colpi di testa sono vietati ai bambini durante gli allenamenti, e secondo alcune previsioni i colpi di testa potrebbero essere banditi dal calcio entro dieci anni.

Per tutte queste ragioni, però, riguardare i gol di Bierhoff oggi è un’esperienza particolare. Un video alla volta, scoprire la sabbia dalle rovine di una civiltà perduta, ancora in grado di restituirci qualcosa dello splendore antico. Ho classificato i migliori gol di Oliver Bierhoff. Non serve nemmeno specificare che sono tutti gol di testa, perché quasi tutti i gol di Oliver Bierhoff sono stati segnati con la testa.

Contro la Sampdoria con la fronte imprimendo forza e precisione fuori scala

I colpi di testa di Bierhoff non sono colpiti al di fuori delle leggi della fisica, non sono chissà quale manifestazione del sovrannaturale - come lo sono, per esempio, quelli di Cristiano Ronaldo, che stira le possibilità umane in elevazioni fino a proporzioni aliene. Eppure c’è qualcosa di leggermente, anche solo leggermente, imprevisto nella forza e nella precisione dei suoi tiri.

Qualcuno diceva che per colpire la palla di testa bisogna prenderla con la fronte piena e darle un colpo come se ci si stesse tuffando in acqua di testa. È quello che fa Bierhoff in questo colpo di testa. Il cross di Bruno N'Gotty è lento e, sebbene Bierhoff sia solo, la forza e la precisione che dà al suo tiro è inspiegabile. Il portiere nemmeno si muove. Per questo si diceva (come si dice, a dire il vero, di tutti i più grandi colpitori di testa) che Bierhoff avesse una scarpa sulla testa. Perché non è possibile dare tanta forza e precisione. In fondo è questo il motivo per cui è consentito colpire la palla di testa nel calcio: perché è l’unico arto persino meno sensibile del piede.

(Dov’è la difesa della Sampdoria? Sicuri che negli anni ’90 “si difendeva di più”?)


Contro la Fiorentina sbucando sul primo palo a un chilometro dalla porta

Tanti gol di Bierhoff somigliano a questo. Replicano cioè una dinamica cross-colpo di testa ordinaria, ma diversi metri più indietro di quanto sarebbe previsto. Il cross di Maldini non è dalla trequarti, è poco dopo il centrocampo, e taglia verso il primo palo quasi dal limite dell’area. Lì Bierhoff è in anticipo e frusta la palla di testa come per scrollarsi di dosso l’acqua uscito dal pelo del mare. Un gol segnato al primo minuto di gioco di una sfida contro la Fiorentina.

Al Milan Bierhoff arriva a ormai trent’anni, nel 1998, e segna 19 gol alla prima stagione. Di questi, 15 li segna di testa: una cifra francamente mostruosa e infatti mai più raggiunta nella storia della Serie A. Una cifra favorita dal gioco di Zaccheroni, offensivo e zeppo di cross. A fine stagione un articolo di Franco Badolato su La Stampa si intitola «Oliver, una testa da record». La testa di Oliver Bierhoff come il piede sinistro di Maradona, arto sovrannaturale dotato di vita e nobiltà propria, da omaggiare come una reliquia. Carlo Pellegatti, che forse in quegli anni era all’apice della sua creatività linguistica, lo chiamava “Oliver gravità zero”, dopo un gol ha strillato al microfono: "Oliver gravità zero Bierhoff salta e torna giù con le sopracciglia ghiacciate smentendo ancora una volta Isacco Newton, quello della mela».




Un ariete carica la difesa della Salernitana

Bierhoff era alto un metro e novantuno: molto ma non abbastanza per arrivare prima su tutti i palloni senza faticare. Per colpire la palla di testa, Bierhoff aveva il suo bel lavoro. Come per i migliori colpitori di testa - come per esempio il connazionale Klose - Bierhoff spiccava per la scelta dei tempi, la misura della corsa, la furbizia nell’infilarsi nei pertugi lasciati in aree affollate. Qui arriva preciso all’appuntamento col pallone, caricando come un ariete, in mezzo a due difensori. Secondo Sami Hyypia Bierhoff usava molto i gomiti per farsi spazio in area di rigore, anche in modi scorretti.

Di nuovo, anche in questo gol, il tiro di Bierhoff è un po’ più forte del normale. Se vi capita di guardare i video degli attaccanti degli anni ’90, di ogni risma, vi accorgerete che segnavano molti più gol di testa, e con tiri troppo violenti per essere stati eseguiti con la testa. Guardate per esempio i gol di Pasquale Luiso (che prometteva di colpire di testa anche una lavatrice), o quelli di Pippo Maniero o Christian Riganò. I palloni pesanti e tutti tesi sembravano permettere impatti più gravi. Anche i tiri da fuori erano diversi - più dritti e filanti - ma in nessun fondamentale si nota di più la differenza che nei colpi di testa. Certo anche la tecnica era diversa: oggi nemmeno centravanti molto alti spiccano per la loro capacità di colpire di testa, mentre un tempo anche quelli meno alti avevano sviluppato una destrezza incredibile.




Nei cieli sopra i difensori

Il romanticismo del colpo di testa, specie dei colpi di testa degli anni ’90, sta nel loro senso d’anticipo. La palla viene sparata in aria, ed è grazie al rapporto privilegiato tra il centravanti e l’aria, che riescono a prenderla prima che scenda verso terra, prima che un difensore possa respingerla. Questo gol alla Roma esprime questo romanticismo in modo particolare. Bierhoff spunta in grande anticipo sul difensore e angola sul secondo palo. Cervone, in porta, resta immobile. Il difensore della Roma cade a terra come morto.

Bierhoff era tanto sciolto ed elegante in aria, che impacciato e legnoso per terra. La sua tecnica con i piedi era poco più che rudimentale: tirava solo di potenza, cercando conclusioni basse e angolate. Spalle alla porta il suo gioco era grezzo, portava palla come appesantito da una cotta di maglia medievale. Guardate questo calcio di rigore sbagliato, guardate più che altro che bruttezza raggiunge nel tap-in con cui segna: una persona che sembra farsi male calciando il pallone. Ai tempi dell’Ascoli uno dei suoi allenatori avevaraccontato i suoi problemi imbarazzanti col pallone e il gioco del calcio in generale: «Spesso, a fine allenamento, Oliver si fermava con noi per tirare in porta. Aveva problemi di coordinazione, non era sciolto di bacino, aveva difficoltà a fare certi gesti tecnici, non usava il sinistro e calciava quasi solo di piatto. Saltava male, battendo a terra con tutti e due i piedi».

È ironico, quindi, che il gol più importante della sua carriera Bierhoff poi lo abbia segnato coi piedi, per di più col piede debole, il sinistro. Il golden goal contro la Repubblica Ceca a Euro 96. Un tiro deviato che ha ingannato Petr Kouba. All’epoca si diceva che Bierhoff era stato convocato solo perché suo padre era una persona influente e amico di Berti Vogts. In quell’Europeo la Germania ha avuto molti infortuni e la stampa suggeriva di schierare Kahn in attacco, piuttosto che Bierhoff. Invece lui è entrato dalla panchina in finale e ha segnato i due gol decisivi per la rimonta. Poi è tornato all'Udinese, in un percorso lentissimo che è stata la sua cifra, ma anche un riflesso della potenza della Serie A degli anni '90. Oggi sarebbe possibile, per l’Udinese, trattenere il centravanti della Germania autore di una doppietta nella finale degli Europei?


Nei cieli sopra il portiere

Un genere a parte è quello in cui ci sono i gol che Oliver Bierhoff segna di testa anticipando anche il portiere. Il portiere in uscita che può usare le mani, e Bierhoff che lo anticipa pur potendo usare solamente la testa. Molti gol segnati da Bierhoff sono l’azzeramento di ogni complessità del calcio: tornanti che corrono disperati sulla fascia e che mentre cadono, come se stessero saltando sopra una mina, buttano a casaccio un pallone in area di rigore, su cui Gravità Zero Oliver impone il suo stacco potente ed elegante da grosso uccello d’area di rigore. Questa rete contro la Sampdoria è quasi offensiva. C’è una persona che supera la metà campo che intravede Bierhoff una quarantina di metri più avanti. Dire che gli passa la palla, onestamente, è troppo. Diciamo che scalcia il pallone senza alcun tipo di cura tecnica, lo zappa, lo sarchia verso l’alto, più o meno verso Bierhoff. La palla sale in cima ai cieli, scompare dall’inquadratura, e ricade verso l’area di rigore. In tutto questo tempo Bierhoff, il cui lavoro è dare un senso a questi palloni di merda, ha seguito la palla ed è proprio lì a spingerla in rete in terzo tempo, sfruttando l’uscita maldestra del portiere, evidentemente confuso da quell’azione. Incredibilmente dopo il gol Bierhoff ringrazia il compagno, va a capire per cosa.


Uno dei colpi di testa più complicati mai visti

Il gol più assurdo mai segnato di testa, forse, è stato quello fatto da Jared Borghetti ai Mondiali del 2002. Il Mondiale aiuta a ricordarcelo, mentre questo colpo di testa di Bierhoff, segnato in un anonimo pomeriggio di Serie A con la maglia dell’Udinese è in cantina negli archivi mentali dimenticati del nostro campionato. È un cross lento che va verso Bierhoff molto lontano dalla porta. La palla arriva quasi frontale e girarla in porta con una certa forza è praticamente impossibile. Bierhoff, però, con una torsione, ci riesce.




Contro la Salernitana sul secondo palo

Bierhoff dice sì con la testa al pallone, che vola sul secondo palo. Dà alla palla un colpetto secco, quasi insignificante, che basta però per far prendere alla palla una traiettoria lunghissima che finisce sul secondo palo.

Bierhoff al Milan è arrivato grazie ad Alberto Zaccheroni, che lo aveva già allenato all’Udinese. È il centravanti, il numero 9, di quegli anni di medioevo tra la prima era vincente di Berlusconi e la seconda. Quando arriva, nel 1998, gioca in coppia con Weah, nel suo ultimo anno gioca in coppia con Shevchenko.

PS. Se volete guardare un bellissimo tramonto su Salerno, andate all'inizio del video.


"Il mio sponsor preferisce che segni con la testa"

Quando c’era un calcio di punizione dai lati tutti sapevano che Oliver Bierhoff era il pericolo numero uno, eppure nessuno riusciva a fermarlo. Nessuno riusciva a marcarlo davvero. Bierhoff segnava sempre con questi colpi di testa perentori di cui sembra di sentire il rumore fino a casa. Quell’anno, l’ultimo all’Udinese, segna 27 gol e vince la classifica marcatori. Finisce davanti a Ronaldo, Baggio, Del Piero, Batistuta, Montella e Inzaghi. Ronaldo il Fenomeno, nella miglior stagione della sua vita, segna 25 gol: due meno di Oliver Bierhoff. Quell’anno fa anche diversi gol con i piedi, in tap-in, persino con una rovesciata astrusa che scorre in orizzontale vicino alla traversa contro il Lecce. I video dell’Udinese di quell’anno sono pieni di questi giocatori che arrivano da tutte le parti, una squadra iper-verticale, e Bierhoff che sbuca in area di rigore, trasformato in un pistone dell’industria tedesca costruito per spingere la palla in rete. Maglia Hummel, righe storte (a cui si richiamerà la nuova divisa 2022/23) e sponsor, giallo e inguardabile, Atreyu, un’oscura società immobiliare spagnola.

Tra i record sportivi di Bierhoff, non pochi, quello di essere arrivato davanti a Ronaldo in quella stagione forse è il più straordinario. Soprattutto se consideriamo la parabola umile e strana della sua carriera. Bierhoff nasce in una famiglia agiata, suo padre è un dirigente d’azienda che lavora nell’energia. Oliver gioca a tennis, suona la chitarra, il calcio è solo un altro passatempo. Diventa in qualche modo professionista, ma fa il giro di una serie di squadre della Bundesliga in cui viene umiliato. Gli allenatori lo guardano e gli chiedono “chi sei?”, poi lo fanno scaldare 90 minuti prima di mettere in campo i ragazzini della primavera. Bierhoff pensa di mollare il calcio e di tornare a studiare. Decide invece di andare al Salisburgo, in Austria, dove comincia a segnare e si mette in mostra. Lo compra l’Ascoli, Bierhoff gioca male, viene fischiato dal primo all’ultimo minuto. La squadra retrocede e Bierhoff inizia a fare gol in B. Per convincere una squadra del massimo campionato a puntare su di lui l’Ascoli deve retrocedere in C. A 27 anni arriva all’Udinese.




In tuffo nel derby

Il suo ultimo anno al Milan è anche l’ultimo anno di Alberto Zaccheroni al Milan. Un anno in cui Shevchenko segna 34 gol e Bierhoff compie 33 anni. Era chiaro che non ci fosse più grande bisogno di lui. È un anno anonimo per il Milan, finito con Tassotti in panchina, e la cui unica gioia è il famoso derby di ritorno: il derby di Gianni Comandini.

Nella partita d’andata, però, Bierhoff segna un bellissimo gol di testa, tuffandosi con eleganza su un cross di Giunti (uno dei migliori sinistri della Serie A di quegli anni). È un gol di testa al novantesimo in un derby che il Milan stava perdendo 1-2 (Hakan Sukur, Boban, Di Biagio).

Dopo quella stagione andrà in Francia, al Monaco, dove si scoprirà finito. Probabilmente è arrivato in ritardo a giocare ai massimi livelli del calcio, ma in anni in cui c’erano attaccanti formidabili come Batistuta, Crespo, Inzaghi o Vieri, Bierhoff riusciva a giocare a quei livelli.




La tripletta d’addio

Con uno strano romanticismo, Bierhoff è tornato nella provincia italiana per chiudere la carriera, al Chievo Verona, dove segnerà comunque 7 gol. Gli ultimi tre li segnerà alla Juventus. Una tripletta alla Juventus per lasciare il calcio: non male. È tornato in provincia dove si era affermato. Oggi è direttore della Federazione tedesca, ha preso posizioni scomode sui mondiali in Qatar e in generale sembra molto a suo agio nel contesto istituzionale del calco d’alto livello. È arrivato tardi nell'elite, ma ci sta come chi ha trovato il proprio posto nel mondo.

Quando tra dieci anni i colpi di testa saranno vietati, sogno un museo del colpo di testa, con dentro una statua di Oliver Bierhoff.




Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura