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Dario Vismara
Nulla di scontato
28 mag 2016
28 mag 2016
I Cleveland Cavs sono di nuovo alle Finali NBA, sulle spalle di LeBron James.
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Dario Vismara
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Così, per la sorpresa di esattamente zero persone, i Cleveland Cavs hanno vinto i playoff della Eastern Conference e sono la prima finalista di questa stagione NBA 2015-16. Un risultato che nessuno ha mai messo in dubbio, ma che non si può nemmeno dare per scontato — così come il fatto che LeBron James disputerà la sesta Finale NBA consecutiva, un traguardo che non ha raggiunto nessuno negli ultimi 50 anni.

 



Da notare che negli anni Sessanta le squadre NBA erano 8, e bastavano 8 vittorie per laurearsi campioni



 

Per dare un’idea dell’enormità di tempo che è passata dall’ultima volta che James non ha avuto impegni cestistici nel mese di giugno, basti pensare che nel 2010

era ancora di là da venire, o anche che il primo modello di iPad era appena stato presentato da Steve Jobs, o che di

era stato girato solamente un pilot, prima dell’esordio un anno dopo. Oppure basta osservare gli “Accadde Oggi” che Facebook vi impone di rivivere per ricordarvi quanto siete invecchiati o quale foto di gattini stavate condividendo sui social.

 

In questo lasso di tempo James ha vinto 18 serie di playoff consecutive a Est, allungando a 25 la striscia di serie in cui ha vinto almeno una partita in trasferta (battendo le 24 di Jordan, dato ESPN). Sono anche due anni (o sette gare, se preferite) che James non perde una partita in cui può eliminare gli avversari, e anche in gara-6 contro Toronto ha sfoderato l’ennesima prestazione straordinaria che nemmeno ricorderemo perché la nostra memoria collettiva ha finito i GB per archiviare tutte le partite di playoff incredibili che ha disputato.

 


Con questo schema, l’Horns Rub, LeBron ha sviscerato la difesa dei Raptors in ogni maniera possibile. Qui gli cade uno Swarovski dalla tasca per premiare il taglio di Kyrie…



 


…mentre qui trova Love con il terzo occhio del corvo di Bran Stark e, non contento, segue a rimbalzo d’attacco per mettere uno degli ultimi chiodi nella bara di Toronto.



 

Non è un caso che due dei ricevitori privilegiati dei suoi assist siano Irving e Love. Per tutti i playoff LeBron si è impegnato a coinvolgere il più possibile gli altri due terzi dei Big Three, convinto — a ragione — che solo tirando fuori il massimo da loro due lui possa procurarsi la migliore chance di vincere il terzo titolo della sua carriera. Un anno fa ha dovuto affrontare la finale pressoché da solo, con il secondo miglior giocatore in attacco — Matthew Dellavedova — che ha retto solamente per tre partite prima di finire prosciugato

e tutti gli altri mangiati dalla difesa di Golden State ogni volta che provavano a mettere la palla per terra.

 

Per rendere l’idea, dodici mesi fa James Jones — sì, anche lui è alla sesta finale NBA consecutiva, però la battuta è già vecchia di un paio di anni — era stabilmente parte della rotazione, disputando 311 minuti nei playoff (il secondo dato più alto della carriera, dopo i 353 del 2005-06 quando era a Phoenix) e quasi 19 di media nella serie finale contro Golden State. Quest’anno, complice la presenza di Kevin Love e l’arrivo di Channing Frye, le sue doti balistiche non sono più necessarie per aprire un campo che è già spaziato in maniera perfetta, in un attacco che sta producendo 116.2 punti su 100 possessi, il più alto negli ultimi 20 anni.

 



Per di più contro tre difese sopra la media, tra cui la migliore dopo Natale.



 

Se l’attacco sta girando in maniera vorticosa, lo stesso non si può dire della difesa: i Cavs concedono ancora 102.9 punti su 100 possessi (solo 9° in questi playoff), un dato che sale di ulteriori 4 punti quando Kyrie Irving e Kevin Love sono in campo insieme e possono essere

in situazione di pick and roll — che è sostanzialmente il motivo per cui i Cavs hanno perso due partite contro Toronto.

 

Questo senza nulla voler togliere ai Raptors, che hanno disputato la miglior stagione della storia della franchigia e possono essere orgogliosi di quanto fatto, visto che hanno dato battaglia fino all’ultimo pur avendo limiti strutturali ben visibili — tra tutti una palese mancanza al tiro (sotto il 30% da tre di squadra nei playoff, con il migliore tra quelli stabilmente in rotazione che è stato Cory Joseph con il 33%…)

di poter dare fastidio alle migliori squadre della NBA.

 

Toronto ha però esposto tutte le difficoltà dei Cavs nel contenere le penetrazioni dal perimetro — 32.7 a partita su cui hanno tirato col 52%, uno dei migliori dati di questi playoff — e Lowry e DeRozan escono comunque a testa alta da questi playoff in cui hanno alternato prove eccellenti ad altre miserabili, specialmente nel rapporto tra casa (46 punti in coppia con percentuali sopra il 40%) e trasferta (meno di 33 punti con il 36% al tiro). Sarà interessante capire cosa succederà in estate, perché DeRozan comanderà un contratto al massimo salariale (che sia per rimanere ai Raptors o per andare da altre parti, tipo tornare a casa a Los Angeles sponda Lakers) e Bismack Biyombo ha disputato una stagione — non solo i playoff — che gli procurerà un contratto ampiamente sopra la doppia cifra annua, fino anche a sfiorare i 15 (ma fatevene una ragione: è il mercato, bellezza).

 

Una lunga estate che per i Raptors è appena cominciata, mentre per Cleveland il sogno di vincere il primo titolo della sua storia continuerà nelle prossime due settimane. Un risultato che tutti davano per scontato, ma che solo a

non sembrava così certo. Forse è proprio per questo che LeBron James si è commosso nell’intervista finale con Doris Burke: non capita tutti gli anni di giocare per il titolo, anche se nelle ultime sei stagioni si sta impegnando per farci pensare esattamente il contrario.

 

https://www.youtube.com/watch?v=3ddtPkviAPQ

 

 

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