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Emanuele Atturo

Non è la stella cometa, è Mertens

Dries Mertens è entrato nella nostra atmosfera e sta andando a fuoco.

A ovest della penisola sorrentina e ad est dei Campi Flegrei e del Monte di Procida, proprio al centro dell’omonimo golfo, sorge la città di Napoli. Dominata dal massiccio del Vesuvio, fin dall’antichità Napoli ha dovuto fare i conti con la costante minaccia dell’eruzione del suo vulcano. C’è però da qualche giorno una persona la cui temperatura corporea è più alta di quella del cuore del Vesuvio. Si chiama Dries Mertens e ha segnato 7 gol negli ultimi 7 giorni.

 

Mertens camminava pensieroso sul lungomare di Posillipo, interrogandosi su come sobbarcarsi il ruolo di “falso nove” dopo il fallimento tecnico di Gabbiadini, ha incontrato un anziano zoppo con un bastone. Il vecchio aveva un naso enorme e un corpo fragile e nodoso come un ramo secco. Ha avvicinato Mertens chiamandolo per il suo nome napoletano (Ciro), gli ha fatto segno di tacere e gli ha poggiato le mani sulla fronte. Dalle mani del vecchio Martens ha sentito provenire un enorme calore passare dalla testa e scendergli fino alle budella.

 

Quel vecchio era Efeso, il Dio del fuoco, e ora Mertens è diventato un demone di lava ingestibile per le difese della Serie A. In due partite di campionato, per 165 minuti complessivi, ha tirato 16 volte segnando 7 gol: una rete ogni 23 minuti e mezzo. Sono vari i record frantumati da Martens, a riprova della sua natura magica:

 

  • Primo giocatore dal 2014 a segnare 4 gol nella stessa partita. L’ultimo era stato Berardi contro il Milan.

 

  • Primo giocatore a realizzare almeno una tripletta in due partite consecutive di Serie A dal 1994-95.

 

  • Primo giocatore dal 1955 a realizzare 7 gol in 2 partite. L’ultimo era stato Gunnar Nordahl.

 

  • Quarta tripletta più veloce della storia della Serie A. A precederlo sono: Valentino Mazzola in 2 minuti contro il Vicenza nel 1947; Pietro Anastasi contro la Lazio nel 1975; Marco van Basten contro l’Atalanta nel 1992.

 

Come tutti quelli che agiscono sotto l’azione di un incantesimo, Mertens non riconosce se stesso nelle proprie azioni: «Non mi rendo ancora conto di quello che ho fatto, devo prima andare a casa e pensarci bene» ha dichiarato a fine partita. Nel corso delle due partite Mertens è diventato sempre più bollente, in un climax che ho provato a ricostruire.

 

 

 

Il primo tiro fuori.

 

Quando Dries Mertens riceve palla dopo 10 minuti di Cagliari-Napoli sta solo iniziando a caricare i propri poteri speciali. Si gira appena al limite, punta Bruno Alves, fa una finta, se la tocca d’esterno per il tiro e non ci pensa neanche un attimo a passarla a Callejon, solo sulla destra. Strozza il tiro che finisce al lato in un modo che fa capire che la temperatura di Mertens non è ancora a livello ottimale.

 

Temperatura di Mertens: 36 gradi

 

Non c’è un istante, azione, contesto di gioco in cui Mertens non sia assolutamente convinto di fare gol. Mertens appartiene sia a quella categoria di giocatori il cui pensiero calcistico sovrasta per ambizione il proprio talento (i Quagliarella, i Mexès, i Diamanti); ma anche a quella categoria di giocatori divora-palloni a cui passarla equivale a gettarla in un buco nero. Entrambe categorie ben rappresentate da questo controllo di prima con cui Mertens ha provato a dribblare per intero il pacchetto difensivo del Cagliari.

 

Temperatura di Mertens: 36,2 gradi

 

Al 27’ siamo già a 5 conclusioni tentate verso la porta. Qui, mentre attacca la profondità da solo contro tutta la difesa avversaria, reclama la palla da Hamsik distante 35 metri come se fosse la cosa più saggia e naturale del mondo. Per qualche ragione, Hamsik trova un modo complicato per riuscire a dargliela comunque. Mertens si fa rimbalzare addosso la palla: è un primo controllo un po’ scomposto, ma dato che ha il fuoco nei piedi riesce a ritrovare subito la coordinazione per tirare, anche se è ancora fiacco. Stava salendo solo e incontrastato Zielinski sulla destra, ma sarebbe stato folle passargliela, dal punto di vista di Mertens.

 

Temperatura di Mertens: 36,8 gradi

 

 

 

Finta di corpo e tiro a giro.

 

In questo gol che ha avviato il ciclo della follia mertensiano, c’è il motivo preciso per cui Mertens è migliore di Gabbiadini. Tra due giocatori dalla visione individualistica del calcio, quasi analfabeti del gioco associativo, meglio scegliere quello con più talento: è bastato che Ceppitelli non gli facesse sentire il fisico, perché Mertens sgusciasse come una vipera sul suo piede per tirare a giro sul secondo palo. È il tipo di gol che Mertens segna con la facilità di un giocatore truccato di FIFA. Un gol che potrebbe segnare ogni partita, ogni minuto. È troppo veloce, tira troppo bene perché questo tipo di azione possa essere sempre arginata. Quando esulta sembra più che altro perplesso che gli ci sia voluta più di mezz’ora.

 

Temperatura di Mertens: 37,2 gradi

 

 

 

Lanciato dagli avversari.

 

Il pallone comincia a scivolare verso Mertens come attirato da un centro di gravità. Qui viene lanciato direttamente dagli avversari che gliela passano assecondando una specie di canto delle sirene che attraversa una dimensione invisibile. Una situazione che coglie impreparato lo stesso Mertens, che finisce a tirare addosso a Storari.

 

Temperatura di Mertens: 37,5 gradi

 

 

 

Gol sul primo palo.

 

Prima di arrivare a questo gol Mertens aveva tirato altre due volte in porta: scansando Insigne per tirare personalmente una punizione sopra la traversa; e suggerendo un passaggio in profondità su cui i difensori del Cagliari hanno dovuto strappargli la maglia per fermarlo. È la fase in cui Mertens vive ogni secondo della partita pensando di segnare un altro gol, a come segnare un altro gol, a quando segnare un altro gol, è passato troppo tempo da quando Mertens ha segnato un gol.

 

Temperatura di Mertens: 38 gradi.

 

 

 

Drible de vaca e sinistro a incrociare.

 

E come Mertens sapeva già che sarebbe successo, pochi minuti dopo segna la tripletta. La cosa che differenzia Mertens da tutti gli altri brevilinei, dribblomani, egocentrici, mitomani non è solo il fatto che fa la maggior parte delle cose meglio degli altri, ma anche che le pensa più velocemente della media. Qui ci mette davvero un microsecondo per decidere qual è la via più breve tra lui e la porta. Dopo quest’azione Sarri lo ha tolto dal campo per gettarlo direttamente in una vasca d’acqua gelida per sbollirlo un po’.

 

Temperatura di Mertens: 38,5 gradi

 

 

 

Gol con movimento da punta.

 

Quando rientra in campo contro il Torino, Mertens è ancora in fiamme. Ci mette circa 5 tocchi del pallone, 0 tiri e 12 minuti per segnare il primo gol. In questo caso si smarca con un movimento da grande attaccante: fa finta di attaccare il secondo palo, poi quando Hysaj è sul fondo, e tutti i suoi compagni sono finiti schiacciati sulla porta, si sfila all’indietro e viene incontro sul primo palo. Sembra quasi che la sua voracità lo aiuti in qualche modo a sviluppare una serie di movimenti da vera punta.

 

Temperatura di Mertens: 39 gradi

 

 

 

Rigore guadagnato e segnato

 

A questo punto l’ego di Mertens ha assunto le dimensioni di quello di Cristiano Ronaldo. Vuole la palla sempre, ovunque e subito: indifferentemente dalla posizione in campo e dal contesto di gioco. Se, da una parte, deve essere un incubo giocare insieme a un giocatore del genere; dall’altra, quanti giocatori volano verso la profondità con quella furia in corpo? Gabbiadini avrebbe fatto lo stesso?

 

Temperatura di Mertens: 39,5 gradi

 

 

 

Terzo gol dopo una doppia respinta come fosse un magnete.

 

Mertens non va verso la palla ma la palla va verso Mertens, che arriva prima sulla respinta di Hart nonostante partisse da posizione più defilata dei difensori. Anche dopo la respinta di Rossettini sulla riga la palla non può far altro che tornare a lui. È decisamente la sua giornata. Fa quasi impressione che pochi minuti dopo spedisca un cross di Ghoulam in curva da buona posizione. Non ci crede neanche lui, che rimane trenta secondi con le mani tra i capelli e poi chiede scusa a tutti, e poi guarda per terra altri venti secondi come se avesse bisogno di un attimo per realizzare l’errore.

 

Temperatura di Mertens: 41 gradi

 

 

Il capolavoro maradoniano.

 

Nel secondo tempo contro il Torino Mertens continua ad essere in ebollizione. Una persona egocentrica come Mertens poteva concludere un ciclo infernale di questo tipo solo con un ricamo pretenzioso come è il quarto gol. È ovvio che Mertens abbia iniziato a pensare a come segnare appena ha ricevuto palla spalle alla porta. Anche qui pensa in modo veloce e immagina l’unico modo per segnare da una posizione così laterale, fuori equilibrio, con l’intera linea difensiva davanti in area. È bello anche il modo in cui tocca la palla: la prende sotto ma dandogli un leggero effetto di collo-interno. Una parte del piede con cui possono calciare solo i giocatori con piedi molto piccoli, che sembrano accarezzare la palla con una sensibilità che appartiene alle mani.

 

Non c’è niente di casuale nel fatto che in questo gol è stata rintracciata una matrice “maradoniana”. Come notava Emanuele Mongiardo, è questo tipo di estro egocentrico e sopra le righe che nell’immaginario dei tifosi del Napoli avvicina Mertens a Maradona più di quanto potrebbe mai avvicinarsi Insigne. Un giocatore invece molto più associativo, con un gusto per l’assist molto spiccato. L’idea di calcio di Mertens è invece molto brutale: prendere la via più breve che lo separa dalla porta, indipendentemente da quanti avversari vogliono impedirglielo.

 

Temperatura di Mertens: 43 gradi

 

 

Un tentativo di spiegare l’assurdo stato di forma di Mertens: la teoria del “piede caldo”.

 

Nel basket esiste il concetto di “mano calda” per indicare un giocatore che infila una serie di canestri consecutivi come fosse sotto una specie di invasamento mistico. Interrogato su questo strano fenomeno paranormale, Steph Curry, uno dei sacerdoti della mano calda, lo ha spiegato con un fenomeno ergonomico e sinestetico: «Il canestro sembra più grande. La palla si sente meglio. Il tuo corpo va in sincronia con il campo. È il livello massimo di fiducia».

 

Per uno sport giocato sul ritmo, con una sintassi molto scandita come il basket, non è difficile capire a cosa si riferisca Curry. Nonostante nel calcio sia stata traslata l’espressione “piede caldo” è impossibile stabilire se esista davvero la stessa cosa in uno sport dai ritmi così spezzati, dove anche solo la possibilità di tirare in porta si costruisce in maniera sempre molto articolata. Eppure è possibile elencare un buon numero di momenti monstre di Mertens negli ultimi due anni.

 

  • Doppietta in 25’ al Legia Varsavia

 

  • Doppietta in 5’ contro il Club Bruges

 

  • Tripletta in 30’ al Bologna

 

  • Doppietta in 7’ contro il Benfica

 

  • Doppietta in 4’ contro il Pescara

 

Questi dati mettono sotto una luce meno casuale la doppia prestazione di Mertens. Forse dovremmo accettare l’esistenza di una categoria di giocatori che tendono ad andare a fuoco. Che vivono momenti di totale immersione nelle dinamiche di gioco. Lewandowski potrebbe essere uno di questi.

 

Lo straordinario stato di forma di Mertens ha risolto, in modo imprevedibile, l’equazione che l’infortunio di Milik aveva messo di fronte a Sarri. Il Napoli nel frattempo sembra aver speso 18 milioni per Leonardo Pavoletti e da dopo la sosta avrà a disposizione di nuovo un vero centravanti. Da febbraio, dopo il ritorno di Milik, saranno due, i centravanti. Bisognerà vedere a quel punto in che modo Sarri vorrà gestire Dries Mertens, sperando che non diventi – ahahahah – una patata bollente.

 

 

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Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).