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Cosa sta succedendo tra Kawhi Leonard e i Clippers
19 set 2025
La franchigia avrebbe aggirato le regole del salary cap per mettere sotto contratto Leonard.
(articolo)
12 min
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IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
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Alla fine della stagione 2018/19 i tifosi dei Los Angeles Clippers sono ben consapevoli che ormai la lunga era della Lob City si è conclusa. Blake Griffin è stato scambiato ai Detroit Pistons, DeAndre Jordan ha deciso di prendere la via di Dallas e soprattutto la point god Chris Paul, l’architetto di quella squadra, era stato scambiato all’inizio della stagione precedente per Patrick Beverley e Montrezl Harrell.

Proprio Beverley e Harrell sono tra i protagonisti degli improbabili Clippers 18-19, assieme al rookie Shai Gilgeous-Alexander e al nostro Danilo Gallinari. Un onorevole 48-34 che in una Western Conference di alto livello è valso un primo turno playoff contro i Golden State Warriors di Curry e Durant, anche questo onorato al meglio vincendo due gare. Con SGA che impressiona da rookie e un cap molto libero, il futuro per i Clippers sembra piuttosto roseo, ma proprio i Golden State Warriors alterano di fatto la traiettoria della storia dei Clippers, perdendo 4-2 le Finals contro i Toronto Raptors di Kawhi Leonard, che dopo quella vittoria decide di lasciare il Canada da free agent, sposando insieme a Paul George il progetto dei nuovi e ambiziosi Clippers del vulcanico proprietario Steve Ballmer.

Quei giorni per i tifosi dei Clippers devono essere stati particolarmente eccitanti, per il futuro che si stava prospettando, con in mezzo la costruzione del nuovo (primo) stadio della franchigia, l’Intuit Dome di Inglewood. Sei anni e tre serie playoff vinte dopo, tutte nei primi due anni, e con Leonard rotto nelle uniche Conference Finals disputate, è però rimasto solo l’amaro in bocca. E l’anello appena vinto dagli Oklahoma City Thunder, il primo di sempre, proprio con Shai Gilgeous-Alexander alla guida, non fa che aumentare l’amarezza per una tifoseria già abituata agli amari (Piove. Il gatto è morto. La fidanzata mi ha lasciato...e io tengo ai Clippers, il famoso haiku di Federico Buffa).

UNA TERRA PROMESSA MANCATA
E forse è proprio per questo che la notizia delle indagini della lega sulla firma di Kawhi Leonard fa ancora più male, con accuse di aver tentato di aggirare il salary cap corrispondendo soldi aggiuntivi a Kawhi tramite una società esterna, ma finanziata segretamente (o manco troppo) dal proprietario dei Clippers Ballmer. I Clippers rischiano sanzioni che distruggerebbero il futuro prossimo della franchigia per un cestista che non solo non ha portato la “terra promessa”, ma che in sei anni ha giocato solo 266 partite tra infortuni e load management. Ma andiamo con ordine, innanzitutto partendo da una trattativa già molto esplicativa del modo di fare di Leonard e anche un po’ dei meccanismi della free agency NBA in generale.

A partire dalle richieste del potentissimo zio e advisor di Kawhi, Dennis Robertson, detto nei media americani Uncle Dennis, il promotore principale del suo tradimento ai San Antonio Spurs e vero deus ex machina della carriera del campione losangelino. Fresco di storico titolo con i Raptors, l’ambizioso Steve Ballmer aveva individuato in Leonard (che in quei playoff era sembrato il miglior giocatore al mondo o quasi) il profilo ideale per dare star power ad una franchigia sempre piuttosto sotto i riflettori (oppure con i motivi sbagliati) come i Clippers. Così facendo, però, si è legato mani e piedi alle numerose richieste di Robertson per il suo assistito, dalla possiblità di abitare a San Diego, a quella di portare membri del suo team nell’organizzazione, fino alla libertà non solo di saltare gli obblighi coi media, ma sostanzialmente di decidere come e quando, e soprattutto individualmente, essere sfruttato a livello mediatico dai Clippers stessi. A tutte queste richieste non sportive (fatte anche ai Raptors e ai Lakers, dove però a quanto pare Kawhi non avrebbe voluto giocare con LeBron) c’è da aggiungere l’obbligo di prendere Paul George tramite trade dai Thunder.

I Clippers, vogliosi di dimostrarsi attrattivi per le star, accettano tutto e prendono anche George, dando cinque prime scelte non protette più due pick swaps, Danilo Gallinari e il già citato SGA ai Thunder. Uno scambio che secondo ESPN è stato fatto con non poca riluttanza da Ballmer, preoccupato che si rivelasse come quello disastroso che portò ai Nets Kevin Garnett e Paul Pierce, di fatto facendo vincere il titolo ai Boston Celtics di Jayson Tatum e Jaylen Brown anni dopo. Il destino peraltro è curioso, perché SGA e Gallinari raggiungono ai Thunder l’ex lob City master Chris Paul e danno vita a una prima stagione già competitiva.

I Clippers di fatto si sono legati mani e piedi alle fortune di Kawhi, che per quanto abbia fatto del silenzio e dell’enigma la sua cifra mediatica dietro le quinte è un cestista estremamente complicato da gestire. In primis proprio per gli infortuni, ma non tanto per la (pesante) conseguenza tecnica della sua assenza, quanto per la stessa gestione del suo fisico. Leonard aveva fatto terra bruciata agli Spurs, non un'organizzazione qualunque, proprio per come avevano (secondo lui) gestito la cura del suo quadricipite. E in questi anni di Clippers la gestione del fisico di Kawhi, spesso appaltata esternamente al team medico per volontà di Leonard, ha provocato tante tensioni dentro e fuori la franchigia, anche per la comunicazione stessa degli infortuni di Leonard, valsa varie multe da parte della NBA.

AGGIRARE IL SALARY CUP
E a proposito di NBA contro i Clippers, già multati per tampering proprio durante la trattativa-Leonard, arriviamo però al casus belli di tutta questa vicenda, il rinnovo di contratto del 2021. In superficie sembra un rinnovo normalissimo, un massimo salariale per quattro anni con una player option nell’ultimo anno. Ad aprile del 2022, qualche mese dopo il rinnovo con i Clippers, Leonard firma anche un nuovo contratto di sponsorizzazione, 28 milioni per quattro anni, con l’azienda Aspiration. Niente di strano, considerando che Aspiration è tra i primi sponsor del nuovo Intuit Dome, ma ci torneremo. Si arriva al 2024 con Leonard eleggibile per il rinnovo, nel mentre un nuovo CBA e le restrizioni conseguenti a chi supera il secondo apron. I Clippers hanno un cap piuttosto ingolfato, i losangelini non possono dare a Leonard i 220 milioni per quattro anni per cui sarebbe eleggibile. A Leonard non conviene cambiare squadra, dati i privilegi già citati, e il GM Lawrence Frank convince il campione a firmare un contratto che lascia flessibilità salariale ai Clippers: 153 milioni in tre anni. In estate Leonard salta le Olimpiadi, dopo aver dato l’ok, per un infortunio di cui era stato tenuto all’oscuro persino Team USA, ma è la causa intentata dall’ex preparatore atletico dei Clippers Randy Shelton che inizia a far sentire la puzza di bruciato sull’intera faccenda.

Shelton era proprio tra quei dipendenti dello staff medico della franchigia che era nel cerchio magico di The Klaw, e va in causa con i Clippers, al tribunale di San Diego, accusando i suoi ex datori di lavoro di averlo licenziato per questo. Al netto della questione legale tra Shelton e i Clippers, la causa è molto interessante perché Shelton accusa la franchigia non solo di averlo licenziato per questo, ma svela che Leonard ha avuto un infortunio ai legamenti della caviglia nel 2022 non svelato pubblicamente, contro le regole della NBA. Oltre a questo Shelton mette luce sul controllo esercitato da Uncle Dennis sull’organizzazione-Clippers e soprattutto per la prima volta viene menzionato come i Clippers “siano andati molto ben oltre le regole della lega pur di firmare Leonard”.

La causa fa rumore ma viene dimenticata piuttosto presto, fino a quando il giornalista e podcaster Pablo Torre lancia la bomba il 3 settembre di quest’anno: Leonard ha ricevuto dei soldi in nero da una società esterna ai Clippers ma finanziata direttamente dal suo proprietario. Prima di continuare è giusto chiarire il “nero”, Leonard non ha ricevuto bustarelle o valigette di contanti, ma secondo le rivelazioni di Torre la Aspiration, finanziata da Ballmer, ha pagato Leonard…per fare nulla. Di fatto costituendo un pagamento bonus aggiuntivo, e direttamente legato ai Clippers stessi, senza però che i Clippers ne pagassero le conseguenze a livello di peso sul salary cap, in chiara violazione (se confermato) delle regole della lega.

Cos’è Aspiration? O meglio, cos’era Aspiration, dato che la società ha dichiarato bancarotta nel marzo del 2025 lasciando dietro di sé più di 220 milioni di debiti. Fondata nel 2013 dall’ex Harvard (come Ballmer) Joe Sanberg, l’ambizione di Aspiration era quella di essere una banca digitale ad impatto zero sull’ambiente, finanziando per ogni commissione bancaria la piantumazione di un albero. Nonostante investitori come Leonardo DiCaprio, Meta e Cindy Crawford la compagnia non naviga in grandi acque e non dispone di una particolare forza economica. Secondo l’indagine di Torre, Ballmer però decide di investire personalmente 50 milioni proprio nel 2021 e successivamente i Clippers firmano il già citato contratto di sponsorizzazione da 300 milioni con Aspiration per la nuova scintillante arena. Nove mesi dopo Aspiration firma il contratto con Leonard e un ex dipendente della società dice chiaramente a Torre: è stato firmato per aggirare il salary cap.

È “solo” una dichiarazione, ma è corroborata dal contratto firmato da Leonard: 28 milioni e nessun obbligo di sponsorizzare l’azienda ma venendo pagato lo stesso, con il contratto che verrebbe annullato in caso di separazione tra i Clippers e Leonard. La puzza di bruciato aumenta con delle coincidenze poco casuali. Aspiration nel 2022 è in pessime acque e rimanda il pagamento di una rata di quasi 2 milioni dovuta a Kawhi, che nel mentre è fuori per infortunio. Il coproprietario dei Clippers Dennis Wong (ex Harvard) investe allora 2 milioni in Aspiration, che nove giorni dopo invia i soldi a Leonard, che come Lazzaro guarisce dall’infortunio e torna a giocare.

Tutta la situazione è sotto investigazione da parte della NBA, con Adam Silver che per ora si è limitato a una totale democristianità. Da un lato perché c’è un’inchiesta in corso, dall’altro perché è il solito Adam Silver, che l’ultima volta che si è esposto in maniera forte su una situazione controversa in NBA era per tirare le orecchie a Daryl Morey, che aveva fatto arrabbiare il ricco e influente mercato cinese. Nel mentre c’è stato un CBA completamente vinto dai proprietari, di cui Ballmer è uno dei più in vista e importanti, e l’importanza del mercato di Los Angeles. I Clippers non sono i Lakers, ma con le sanzioni che potrebbero subire sarebbero, a meno di miracoli, messi malissimo per i prossimi anni.

L’ultima volta che l’NBA ha dovuto colpire una squadra per aver aggirato il salary cap era nel 2000, sotto David Stern e con i Minnesota Timberwolves che per firmare Joe Smith a meno gli avevano promesso sottobanco un ricco contratto futuro. Risultato? Cinque prime scelte tolte, il GM Kevin McHale e il proprietario Glen Taylor squalificati per un anno, e soprattutto il contratto di Joe Smith era stato annullato, proibendogli di firmare con Minnesota. Senza contare le sanzioni pecuniarie che rischiano i Clippers nei casi migliori, come 7.5 milioni di dollari, ma per un proprietario così danaroso sarebbero niente più che una multa per sosta vietata.

Le conseguenze a livello sportivo per i Clippers, dovesse essere seguita la stessa ratio, sarebbero terribili e senza precedenti. La squadra losangelina già non possiede, tra scelte protette o non protette, le prossime quattro prime scelte e ha una squadra senza talento giovane, completamente costruita per il presente. Dagli ultimi report pare che Ballmer, anche prima della rivelazione di Torre, fosse sempre meno convinto di costruire attorno a Leonard, il cui contratto scade nel 2026/27, ma i buoi ormai sono ampiamente scappati.

E qui torna in mezzo Silver e le conseguenze del caso sulle dinamiche della lega intera. Dovessero essere tolte le scelte future, le uniche in possesso fino al 2032 (!) e annullato il contratto di Leonard, i Clippers sarebbero sostanzialmente al limite della costruibilità futura. Fare di meno vorrebbe dire che le altre franchigie hanno sostanzialmente il via libera per fare operazioni di questo tipo, e la Lega dovrebbe anche valutare sanzioni dirette contro Ballmer, tra cui l’obbligo di mettere in vendita la franchigia. E se David Stern, per quanto bifronte, è sempre stato molto esemplare nelle sanzioni (quando voleva) non possiamo essere sicuri lo sia anche Adam Silver, che in più ha in Ballmer uno dei proprietari più in vista (e suo sostenitore) della lega intera. In più l’unica questione spinosa (ma non a questi livelli) di questo tipo affrontata da Silver era stata risolta proprio grazie a Ballmer, che era succeduto a Donald Sterling quando la lega decise di fare fuori il facinoroso e razzista ex proprietario dei Clippers.

Dovesse essere annullato il contratto di Leonard, pur mantenendolo a cap, si creerebbe una situazione di vantaggio competitivo incredibile per tutte le altre. Quante volte un giocatore del calibro di Kawhi Leonard è diventato free agent poco prima dell’inizio della stagione? Un giocatore che tra l’altro non avrebbe nemmeno troppe motivazioni di cercare contratti elevati, potendo così unirsi a una contender per il minimo salariale. In più, dovesse essere annullato il contratto di Leonard ma senza pesare lo stesso sul cap dei Clippers nel 2027 sarebbe paradossalmente un vantaggio, togliendosi così 50 milioni di spese per una superstar piena di infortuni e anziana, lasciando spazio libero per i tanti free agent dell’estate 2026.

E come detto da John Hollinger nel CBA non è molto chiaro se sia possibile punire i Clippers mantenendo i 50 milioni di Leonard tra i salari della squadra nel 2027. Una brutta gatta da pelare per Adam Silver, concentrato più sull’espansione della lega tra NBA Europe, nuove franchigie e coppe di metà stagione che sulle faccende interne della lega. Anche perché non è difficile immaginare che gli altri 29 proprietari NBA non vedano l’ora non solo di trovare una punizione che levi una franchigia con volontà di spendere come i Clippers dalle competitor, ma anche di approfittare di un eventuale rilascio di Leonard che cambierebbe gli equilibri della lega. E per un commissioner come Adam Silver, che per ora ha avuto il lusso di poter solo pensare a nuovi format per il morente All-Star Game, sarà il primo vero e proprio test di forza da quando è a capo della NBA, e in questo caso ne va della credibilità della stessa organizzazione.

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