
Contro ogni pronostico, le Finals tra Oklahoma City Thunder e gli Indiana Pacers si stanno rivelando tra le più interessanti degli ultimi anni. Forse nemmeno la NBA era pronta: il pastrocchio del logo delle Finals, per tradizione presente sul parquet delle partite di finale, ma questa volta assente in Gara-1, e poi aggiunto in versione ridotta nelle grafiche di Gara-2 e poi con la semplice scritta "Finals" in piccolo in Gara-3, racconta un livello di produzione non adeguato all'evento, così come la copertura da parte delle emittenti televisive non è proporzionata allo spettacolo offerto dalle due squadre.
Ed è un peccato, perché queste Finals sarebbero lo spot perfetto per quest’epoca in cui la NBA sta puntando forte sulla parità tra le franchigie, più che sulle dinastie o la difesa dei mercati più grandi. Oklahoma e Indiana non sono grandi mercati, pur avendo un pubblico molto legato al basket, un pubblico che si sta godendo delle partite sempre diverse e incerte. Gara-1 è stata una delle più incredibili degli ultimi anni, sovvertendo completamente il pronostico iniziale con una vittoria dei Pacers in casa dei Thunder in rimonta.
Dopo la vittoria di OKC in Gara-2 le cose erano sembrate mettersi sul piano dei pronostici, ovvero una vittoria facile della squadra dell'Ovest, un andamento che poteva ricordare le Finals 2001, quelle di Iverson che a sorpresa trascina Philadelphia a vincere Gara-1 contro gli invincibili Lakers di Shaq e Kobe, ma non regge l’urto della risposta dei Lakers nel resto della serie.
Indiana aveva vinto in modo assurdo Gara-1, era stata spazzata via nella seconda partita da OKC e le distanze tra le due squadre sembravano essersi ristabilite. Dopo però è arrivata la vittoria dei Pacers in Gara-3 e l’immaginario evocato è diventato quello delle Finals 2011, in cui Dirk Nowitzki trascinò a sorpresa Dallas a battere i Miami Heat di LeBron, Wade e Bosh. Infine eccoci a Gara-4 e all'occasione persa da Indiana per portarsi sul 3-1, con il fantasma dei Boston Celtics nelle Finals 2022 contro i Golden State Warriors e la sconfitta in casa sul 2-1 che ha poi di fatto deciso la serie, terminata 4-2.
Insomma, ci sarebbe di che parlare, in attesa di Gara-5, e invece nel weekend, sulle reti generaliste dello sport statunitense si è discusso principalmente dello stato fisico di Luka Doncic e di chi dovrebbe essere il nuovo allenatore dei Knicks. A questo proposito è stato semplicemente assurdo quanto uscito da Gara-4, ovvero un'immagine dell'analista di punta di ESPN, Stephen A. Smith, che gioca al solitario sul suo smartphone mentre è in corso il terzo quarto della gara. Un'immagine che riassume perfettamente lo scollamento tra quello che succede in campo e cosa interessa veramente a chi poi racconta in tv e detta i temi del dibattito sulla NBA.
Per fortuna, almeno possiamo goderci quello che succede in campo, la sfida più aperta che mai tra due squadre che si incastrano molto bene nei propri pregi: la difesa più ingiocabile (OKC) contro l’attacco corale più soddisfacente (Indiana). Il risultato è che basta pochissimo per portare da una parte o l’altra l'inerzia di una gara, a seconda di cosa funziona meglio in un determinato momento.
Raramente si è vista tanta varietà in una finale: un quarto può essere dominato dall'attacco di Indiana, che riesce a segnare tutto, anche con chi entra dalla panchina, facendo sembrare inerme la difesa dei Thunder, tutta braccia infinite e mobilità laterale fuori scala per giocatori col corpo da football americano. In un altro quarto i protagonisti possono essere i "secondi violini", come successo con Siakam per lunghi tratti di Gara-3 e con Jalen Williams nella prima parte di Gara-4. In altri casi possono essere le difese a brillare, come quella di OKC nel primo tempo di Gara-1, o quella di Indiana nel finale di Gara-3. E si potrebbe andare avanti.
E poi, anche volendo tornare a una lettura più tradizionale, da una parte c'è Shai Gilgeous-Alexander, l’MVP e miglior scorer della stagione regolare; dall’altra c'è Tyrese Haliburton, una stella nascente che si è esaltata nell’essere giudicata sopravvalutata poco prima dell’inizio dei playoff. Sono due giocatori dallo stile molto peculiare e che hanno grande peso nel modo stesso in cui giocano le loro squadre.
Tutto questo mix ha creato una serie in cui nulla è scontato. La particolarità e la bellezza di queste Finals sta nell’unicità di ogni partita, nel modo in cui ognuna delle prime quattro gare ha fatto un po’ storia a sé, rendendo molto complicato cercare un filo che riesca a spiegare l’andamento dello scontro. Ed è anche per questo che è difficile fare previsioni per il futuro, tranne quella che - almeno - ci aspettano altre due partite, se non tre.
Si potrebbe mettere l'accento sui finali di partita, su come abbiano condizionato il risultato, e dimostrato quanto siano vicine le due squadre, cosa che - possiamo ammetterlo - non era così scontata alla prima palla a due. In Gara-3 la panchina di Indiana non smetteva di segnare, nel finale di Gara-4 nessuno a Indiana sembrava in grado di mettere la palla dentro il canestro.
Gara-4 potrebbe essere stata la partita che ha fatto girare la serie? Come detto fare previsioni è impossibile, ma, in una partita in cui tutto sembrava andare verso il 3-1 per Indiana, in vantaggio anche in doppia cifra alla fine del terzo quarto, il dubbio che i Pacers dovranno guardare con dolore al finale di questo match viene.
Anche gara-4 è stata a suo modo una partita inspiegabile: i Thunder, che comunque sono stati la miglior squadra della regular season con margine sulle altre, in attacco faticavano addirittura a far circolare il pallone per trovare canestri facili e non riuscivano a costruire tiri da 3 punti (incredibilmente, alla fine, OKC chiuderà con solo 3 triple segnate su 16 tentativi e un totale di 10 assist: numeri con cui è impensabile vincere una partita nella NBA moderna). Fino all'ultimo quarto, inoltre, Indiana aveva tenuto anche bene su SGA, con una marcatura asfissiante che puntava a togliergli la penetrazione in palleggio.
I Thunder non sono uno spettacolo offensivo, ma hanno il migliore giocatore e tanto è bastato per vincere Gara-4. Mentre l'attacco di Indiana faticava tremendamente a segnare, un po' per la difesa di OKC (con un eroico Holmgren nel cercare di difendere sul perimetro), un po' per il momento; dall'altra parte SGA ha vinto la partita per i suoi.
Curiosamente l’ultimo giocatore a vincere la classifica marcatori della stagione regolare e poi le Finals nella stessa stagione era stato Shaquille O'Neal con i Los Angeles Lakers nel 2000, proprio nell'anno in cui superarono gli Indiana Pacers per 4-2 nelle Finals. SGA ha chiuso Gara-4 senza un assist a referto, eppure ha trascinato la sua squadra a rimontare e poi vincere, unicamente grazie ai suoi canestri. 35 punti con una sola tripla e 10 su 10 ai liberi, un referto da guardia tiratrice vecchia scuola. Soprattutto nel modo con cui è arrivato il suo finale di partita, dopo aver sbagliato molto nei primi tre quarti e mezzo, dove OKC è rimasta attaccata principalmente grazie a delle giocate offensive estemporanee di Jalen Williams, Chet Holmgren e Alex Caruso.
Ma quando Indiana è tornata a +4, con 4 minuti sul cronometro della gara, è arrivato il momento di SGA. l'MVP ha segnato 7 punti in 1 minuto: due liberi, tripla e poi tiro del sorpasso dal mid range come ciliegina sulla torta, un canestro segnato fuori equilibrio, dopo essere quasi scivolato. È il momento in cui è cambiata la partita. Dopo sono arrivati altri 6 liberi consecutivi nel parziale di 12-1 che ha chiuso la gara.
«Stesso atteggiamento di sempre», ha detto l'allenatore dei Thunder Mark Daigneault quando gli è stato chiesto dell’exploit di Shai a fine partita: «Non si può sapere se è in vantaggio di tre, in svantaggio di tre, in vantaggio di 30, in svantaggio di 30, se sta cenando di mercoledì. È praticamente lo stesso ragazzo sempre». Le facce dei tifosi di casa inquadrati durante gli ultimi minuti di Gara-4 sono l’altro lato della medaglia di quelli di OKC in Gara-1, con la differenza che in questo caso è stato tutto meno rapido e più chirurgico: è stato come assistere a un incidente stradale a rallentatore. Un’agonia tra una squadra che fatica a fare canestro e una squadra che, semplicemente, smette di riuscirci mentre vede piano piano aumentare il proprio svantaggio mentre scorre il cronometro.
Indiana ha segnato un solo punto negli ultimi 3 minuti di gara 4. Se Mathurin era diventato l'eroe dopo Gara-3 (i suoi 27 punti l’hanno messo, in modo forse improbabile, in una lista di giocatori che mette i brividi: prima di lui a riuscire a fare più di 25 punti entro i 22 anni d’età in una partita delle Finals erano stati Kobe Bryant, Tony Parker, LeBron James e Kawhi Leonard), dopo Gara-4 è diventato il simbolo della sconfitta, sbagliando tre dei quattro liberi a disposizione, che avrebbero dato speranza a Indiana mentre OKC prendeva il largo, e poi riuscendo a commettere due falli prima della rimessa per regalare 2 tiri liberi agli avversari.
Ma la realtà è che Indiana non ha vinto Gara-3 solo grazie all’exploit di Mathurin e non ha perso Gara-4 per i suoi errori, ma allo stesso tempo è impossibile non mettere in evidenza il peso che sta avendo la panchina per Indiana in queste Finals in positivo e in negativo. Generalmente, più si va avanti nei playoff, più i comprimari scompaiono, e se in parte sta succedendo per OKC, che invece dovrebbe avere la rotazione più lunga della NBA, Indiana deve molto alle prestazioni di Obi Toppin, Mathurin, TJ McConnel e Ben Sheppard.
Eppure, il modo con cui i titolari sono stati incapaci di tirare fuori qualcosa nel finale di Gara-4 è un brutto segno: Haliburton negli ultimi 3 minuti ha provato due triple sbagliandole, di cui una disperata con 4 secondi a cronometro che non ha neanche tanto senso contare. Siakam non ha tirato neanche una volta. È stato un finale molto sporco, con falli fischiati a interrompere il ritmo partita praticamente a ogni azione. Un tipo di contesto che aiuta solo OKC. «Ha sicuramente cambiato il ritmo del gioco», ha detto Andrew Nembhard a proposito del numero di fischi: «teoricamente vorremmo fare meno falli». Anche in questo, una partita dal contesto diverso rispetto alle precedenti. Per dire si sono tirati 71 liberi totali, nelle due gare precedenti erano stati 59 e 52. Alcuni contatti lievi sono stati fischiati, altri no, rendendo imprevedibile per Indiana capire che tipo di difesa potesse fare quando serviva di più alzare il tono fisico per pareggiare quello di OKC.
In questo senso è indicativo il canestro più importante della partita, quello del sorpasso a 2 minuti e mezzo dalla fine. SGA ha utilizzato il braccio per spostare Nesmith in marcatura, con un gesto più evidente di quanto non fece Jordan contro Russell nel 1998 nella celebre Gara-6 di Bulls-Jazz. Un non fischio che ha affossato la partita di Indiana, e così al limite da portare Flavio Tranquillo a farci un video dedicato per dirci sostanzialmente che non saprebbe dire se andasse fischiato fallo o no.
Ma considerando tutto il quarto quarto, i 17 punti totali di Indiana su 18 tiri sono un numero troppo misero per una squadra che ci ha abituato ad alzare il proprio livello proprio nei finali di partita. Ha detto Rick Carlisle che non si può simulare negli allenamenti il modo con cui OKC difende. La difesa di OKC nell’ultimo quarto è stata di un livello difficilmente raggiungibile da qualsiasi altra squadra nella NBA oggi. Aiutata anche da un arbitraggio permissivo, è riuscita a gettare nel fango la partita, a rendere tutto sporco e scivoloso per l’attacco di Indiana.
L’attacco dei Pacers, che è una di quelle cose che ci ricorderemo di questa stagione, al di là di come finirà, è sembrato stravolto dall’impossibilità di accendersi. Haliburton non è riuscito a scrollarsi di dosso Dort neanche con i blocchi, non riuscendo quindi a innescare velocemente i giochi di Indiana, mentre a Siakam non è mai arrivato un pallone pulito per provare a punire il suo difensore, come spesso gli è riuscito in queste Finals. Il risultato è stato che ha chiuso il quarto quarto con solo un canestro su 6 tentativi.
Tutto il vantaggio accumulato è evaporato in pochi minuti, ed è difficile capire quanto sia stato il peso del quintetto con 4 piccoli di OKC, la frustrazione per il livello di fisicità permesso agli avversari dagli arbitri e poi i falli fischiati tutti assieme nel finale o la stanchezza accumulata. Carlisle a fine partita si è spiegato così la debacle finale: «Le loro seconde occasioni sono state un grosso problema. Quando non si è in grado di andare a rimbalzo, è difficile continuare a giocare con ritmo e velocità... Siamo diventati troppo stagnanti. La palla non avanzava abbastanza velocemente. Non creavamo problemi».
Qualcosa è successo nella testa dei giocatori di Indiana nell’ultimo periodo, perché è proprio insito nel loro modo di giocare a basket quello di non impantanarsi, nel riuscire a eseguire anche nei momenti difficili, magari sbagliare sì, ma seguendo sempre lo stesso piano. E invece Indiana è passata in pochi minuti dall'idea di avere tre match point per vincere le Finals, di cui uno in casa, a dover vincere un’altra volta in trasferta per poter portare a casa il titolo, e farlo contro la stragrande favorita della vigilia. Ma scommettere contro Indiana quest’anno è costato carissimo. Come ha detto Haliburton nella conferenza stampa prima di Gara-5: «La parte migliore delle serie di playoff è quando si ha la possibilità di rispondere».