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Massimiliano Bogni
Cosa ci hanno detto le nove partite di Ja Morant
19 gen 2024
19 gen 2024
Un giocatore più o meno forte di prima? Più o meno eccitante?
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Massimiliano Bogni
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IMAGO / Agencia EFE
(foto) IMAGO / Agencia EFE
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Il 4 gennaio sono stati pubblicati i voti più attesi per la competizione meno attesa della stagione NBA 2023-24. I primi risultati parziali delle preferenze raccolte dal pubblico di tutto il mondo per i titolari all’All-Star Game di Indianapolis hanno originato le consuete reazioni, ignorando che attorno alla partecipazione a una partita che nessuno vorrebbe realmente giocare — ma che tutti vorrebbero vantare nel CV a carriera conclusa — ruotano bonus milionari in sede di estensioni o negoziazioni contrattuali. Quanto è giusto, quindi, indicare un giocatore come più meritevole di altri solo per lo status pregresso e non per quello che sta facendo vedere sul campo da inizio stagione? Perché Damian Lillard è la seconda guardia più votata della Eastern Conference quando la somma dei voti per Tyrese Maxey e Jalen Brunson non raggiunge quelli dati a Dame? Che senso ha una votazione in cui DeMar DeRozan è incluso tra le guardie mentre Mikal Bridges e Paul George sono nel frontcourt? Ma soprattutto, visto che ha giocato solo 9 gare dopo le iniziali 25 saltate per squalifica, cosa ha fatto realmente Ja Morant per essere la settima guardia più votata della Western Conference? Nemmeno il tempo di interrogarsi sull’opportunità etica di sostenere uno dei profili più controversi e divisivi della NBA contemporanea che è arrivata la comunicazione da parte dei Memphis Grizzlies a spegnere sul nascere qualsiasi dibattito. In seguito a un infortunio durante un allenamento nella città di Elvis, Ja Morant ha riportato quella che in primo luogo era stata diagnosticata come una lussazione alla cuffia della spalla destra. La successiva risonanza magnetica, tuttavia, ha mostrato una lesione della cartilagine molto più grave di quanto inizialmente previsto: l’espressione season ending fa terra bruciata di qualsiasi speranza coltivata dai Grizzlies di proseguire la rimonta a perdifiato per riagganciare il treno per la post-season. Rimonta cestisticamente nata e cestisticamente morta con le nove gare di Ja Morant, nelle quali comunque ha lasciato un segno sulla lega, per quanto piccolo. La luce accesa da Ja Morant Per una squadra come questi Grizzlies - che al 30 dicembre avevano già accumulato 171 gare saltate per infortunio, più di tutti in NBA senza nemmeno contare la sospensione di Morant – il rientro di Ja aveva riacceso la luce: record di 6 vittorie e 3 sconfitte col numero dodici sul parquet, 6-20 senza il prodotto di Murray State in distinta. Quella di Morant è stata un’apparizione fugace che ha lasciato una traccia troppo leggera per stabilire se nel corso della sua assenza sia riuscito a diventare un uomo, un professionista e un cestista migliore di quello che la NBA aveva lasciato tra una pistola mostrata su Instagram e una serie playoff nel quale non era riuscito a scalfire la struttura difensiva dei Los Angeles Lakers. Migliore o più forte, quindi, non si è fatto in tempo a stabilire. Diverso, però, sicuramente sì. Premessa doverosa: quelle che per il resto della lega erano partite a distanza di oltre tre mesi dall’inizio del training camp, per Morant sono state a livello di ritmo gara assimilabili al fondo della pre-season. Lo si è percepito nelle prime uscite, piegato sulle ginocchia al termine della seconda trasferta a New Orleans, e nella selezione di tiro. Rispetto alle precedenti stagione, il volume delle triple di Ja è ulteriormente aumentato (erano 2.7 a gara da rookie, sono diventate 3.8 da sophomore, 4.5 al 3° anno e 4.9 al 4°) raggiungendo le 5.7 triple a gara. Per dare un termine di paragone: Jamal Murray e Mikal Bridges ne prendono lo stesso numero, Devin Booker e Kristaps Porzingis addirittura meno. A volume maggiore non è corrisposta la stessa lievitazione dell’efficienza: il 27.5% è la percentuale peggiore dall’ingresso di Ja nella lega, complice un quintetto di non tiratori attorno a lui (a esclusione di Desmond Bane) e una meccanica insostenibile con le gambe ancora non rodate al massimo. Solo contro Toronto e in trasferta coi Lakers ha segnato due triple consecutive, non dando mai l’impressione di infastidirsi per la massiccia dose di drop coverage somministratagli dalle difese avversarie per invogliarlo a tirare e sconsigliarne le penetrazioni, ma allo stesso tempo non riuscendo a mettersi in ritmo al tiro.

Se la percentuale dall’arco non sorride, quella nelle triple in sidestep o stepback piange lacrime amare. Senza l’ausilio dell’inerzia e senza la stabilità del catch&shoot, l’1/9 di Ja nella specifica categoria è stato un tetto notevole alle spaziature di Memphis.

Che il resto dei compagni non sia stato all’altezza dei vantaggi generati da Ja è evidente anche in quello che è stato a tutti gli effetti il periodo migliore della stagione dei Grizzlies. Un dato su tutti rappresenta le difficoltà di Memphis nel segnare: il rapporto tra gli 8.1 assist a gara di Ja (8° in NBA) e quelli potenziali (15.8) è il secondo peggiore della lega. Solo i quintetti di Golden State con Chris Paul concretizzano meno in rapporto alle opportunità generate dal play (7.2 assist su 14.0 assist potenziali), indice di una qualità realizzativa poco diffusa. Per rendere l’idea: Nikola Jokic sta registrando 9.2 assist a gara (1.1 in più di Morant) a fronte di 14.9 passaggi che mettono il compagno in condizione di tirare (0.9 in meno del numero 12). Rispetto agli standard di Ja, il 101.08 di pace è il dato minimo della carriera NBA, ma rispetto agli standard dei Grizzlies attuali era comunque una discreta scintilla per un attacco nella media per ritmo nella lega (99.84, 13°). Uno dei tantissimi pregi del Morant passatore è la contemporanea portata e sensibilità del tocco, capace di trovare l’uomo in angolo durante la fase discendente di un salto così come di eseguire un laser pass per tagliare tutto il campo e trovare il tiratore libero sul perimetro con una mappatura del parquet degna di un sonar. Ancor più puntuale dello Usage, un parametro per valutare la centralità nello schema offensivo di squadra sono i tocchi di media a gara. Nelle 9 gare disputate Ja è stato 14° in NBA per tocchi (78.9): applicando un minimo filtro per eliminare dalla graduatoria i Javonte Smart e gli Xavier Moon della situazione, cioè quelli che hanno giocato pochissimo falsando i dati, Ja è primo per durata media a tocco (indice anche di una creazione senza palla nel migliore dei casi macchinosa e nel peggiore totalmente assente). Pochi al mondo sono in grado di mantenere vivo il palleggio con entrambe le mani come Morant e conservare la palla tra le mani per 5.8 secondi medi per possesso, permettendo all’attacco farraginoso di Memphis di mettere costantemente sotto stress le difese avversarie anche senza movimenti lontano dal pallone.

Che Morant possa fornire più opzioni senza palla tra le mani è indubbio, ma che garantisca la stessa gravità e creazione sarebbe da dimostrare. Tra tutte le 26 azioni da bloccante – non necessariamente tramite screen ma anche ghost, slip e touch – c’è chi rimane intrigato dai possibili universi, a partire da quelli dei pick and roll con Santi Aldama da palleggiatore, e chi mente.

I miglioramenti individuali di Morant Morant ha mantenuto a malapena il 13.3% di frequenza di isolamenti: nelle 9 gare disputate si è visto un Morant persino ecumenico, anche per via di una condizione fisica stentata, che consigliava possessi di pausa in angolo con Smart, Bane ed eventualmente Vince Williams Jr. a creare (percentuali più alte le hanno perfino Jerami Grant a Portland, Miles Bridges a Charlotte e Marcus Morris Sr. a Philadelphia). Che Morant abbia giocato, giochi e continuerà a giocare bigger than he is non è in discussione, ma se questi fossero segnali di una maggiore consapevolezza delle proprie dimensioni, quelle di una guardia a malapena di 1.90 e non di un creatore perimetrale con le dimensioni di uno Shai Gilgeous-Alexander o Jaylen Brown? Forse anche il suo fisico potrebbe ringraziare di un minor carico da dover sopportare in prima persona sulle spalle. Per SecondSpectrum, il Ja Morant 2023-24 si è confermato dietro al solo Shai Gilgeous-Alexander per penetrazioni a partita (21.2 di media, irraggiungibile SGA con 22.8 ma addirittura più delle 20.3 per 48’ della scorsa regular season e delle 20.9 del 2021-22), tiri presi in penetrazione (9.8, 1 in meno del numero 2 di OKC), punti generati con tiri o assist (14.0, a 2.4 di distanza da Shai), nonché il 3° capace di guadagnarsi più viaggi in lunetta attaccando il ferro (3.6 tiri liberi, dietro a SGA e Giannis ma alla pari con Embiid e Banchero, due dotati di un fisico leggermente diverso), il 3° tra i non lunghi per conclusioni nell’ultimo metro e mezzo di campo (7.4, a un soffio dai 7.5 di SGA e ai 7.8 di Franz Wagner). Il 54.5% di realizzazione non è paragonabile alle percentuali di Giannis e, in linea con le scorse stagioni, leggermente inferiore a quello di altri portatori di palla come SGA, Doncic e Haliburton, ma a stupire è la costante aggiunta di dettagli al bagaglio tecnico. Contro Trey Murphy nella doppia vittoria a NOLA, contro Terance Mann nel primo viaggio a LA a casa Clippers e contro Keegan Murray al FedExForum si è visto Morant abbassare la spalla in entrata, creare separazione con la parte superiore del corpo e gestire il contatto con molta più saldezza, con più densità e robustezza nel tronco rispetto al passato. Il maggior equilibrio non ha causato la perdita delle accelerazioni sincopate e dell’andatura carsica del suo ball handling, anzi lo ha arricchito. Definire il (troppo) poco che si è visto tra dicembre e gennaio come il penetratore migliore nell’attaccare andando a sinistra, con più varietà ed efficacia anche di mancini naturali come De’Aaron Fox, è possibile solo grazie all’unione della componente bouncy ed eccitante del suo gioco con lo sfruttamento della compostezza dinamica aggiunta dalla maggiore robustezza fisica. Specie quando cambia mano tra le gambe andando da destra a sinistra, Morant costruisce un movimento irrisolvibile per gran parte dei difensori NBA. E una volta creato quel pizzico di separazione, è il rilascio a fare il resto: qualsiasi tipo di coverage (drop con mano interna a contatto col pallone, ICE, weak) che non preveda un raddoppio sulla palla prima che Ja possa srotolarsi in tutta la morbidezza di passo è vanificata e inserita in automatico nella carrellata di highlights della notte, complice anche il fatto che Morant spesso e volentieri conclude con la mano “sbagliata” rispetto alla direzione di penetrazione – la destra a sinistra, e viceversa — rendendosi ancora più controintuitivo. Morant ha aggiunto al suo repertorio tutte le contromosse: se provi a raddoppiarlo mantiene aperto il palleggio fino all’ultimo millesimo di secondo disponibile per liberarsi della palla; se fai show spezza il raddoppio ed è notevole nel leggere le rotazioni difensive ed eseguire lo skip pass direttamente dal palleggio, sia con la mano forte che di mano debole, per rubare un ulteriore mezzo tempo di gioco. Se fai paint switch ha la possibilità, rispetto a tutti gli altri 9 in campo contemporaneamente con lui, i 14 in panchina e le altre migliaia di persone nell’arena, di galleggiare in aria e cambiare decisione una volta in più, dando l’impressione che qualsiasi errore sia responsabilità solo e soltanto sua, annullando la percezione di meriti riscontrabili nelle scelte avversarie. Se fai under ha sempre una valvola di sfogo sul perimetro per riattaccare con una Stampede Action (ricezione “in corsa” pensata per nascondere le sue lacune perimetrali sfruttata perfino poco dal coaching staff di Taylor Jenkins) e penetrare a testa bassa con vantaggio. Morant non è solo uno slasher abile a fermare il tempo, ma a distorcerlo a suo piacimento.

A blur in open floor”: poco più di un minuto prima del “regalo di Natale in ritardo” – ci aveva già provato la notte di San Silvestro, ma Sabonis non ha voluto saperne di finire nel poster di mezzo Tennessee eha usato le cattive – si è visto un confronto forse ancora più impattante tra Ja Morant e Victor Wembanyama. Rispetto alla schiacciata da top 10, qui Wemby prova realmente a stoppare Ja, senza però riuscirci. Consigliata la visione a x0.25 per osservare tutti i quattro palleggi, due cambi di direzione, tre cambi di mano e cinque cambi di velocità del numero 12.

Cosa resterà del 2023-24 di Morant? Quindi, in definitiva, cosa ha lasciato l’avvento e il ritorno di Ja Morant in questo brevissimo scorcio di stagione? Il minutaggio più alto di sempre in regular season (35.3 minuti), al massimo in NBA per precisione a cronometro fermo (81.3% su 7.1 liberi) e al minimo nello spreco dei possessi (3.0 palle perse, 9.1 di TO Ratio), ma anche il costante ritardo nelle rotazioni difensive, non per lacune di letture o atletiche ma per l’indole che attanaglia diverse star NBA — capaci di difendere sulla palla contro qualsiasi guardia in singolo possesso solo in potenza, senza poi tradurre in pratica.

Rimarrà sempre un difensore che si stamperà su un flare screen per... sistemarsi la coda?

Rimarrà sempre un difensore che si stamperà su un flare screen per... sistemarsi la coda?

Il Morant che è stato accolto dai fischi al rientro in campo allo Smoothie King Center di New Orleans e li ha tramutati prima in sospiri meravigliati e infine in applausi. È stata forse la miglior versione della point guard di Memphis, quella più eccitante per le prospettive aperte, quella più completa e benaugurante per un impatto di garantita onnipotenza ai playoff. Una point guard che ha mostrato con continuità di poter battere chiunque col secondo e terzo passo, in attesa che il boost del primo arrivasse nel corso delle settimane e dei mesi. Una stella che da sola prometteva di risistemare la gerarchia di una squadra che, improvvisamente, non era più una “easy win” sul calendario, ma un vero e proprio ostacolo fastidioso da dover affrontare sul serio. Tutti questi motivi lo hanno portato a essere la settima guardia più votata della Western Conference e a farci rammaricare per una quinta stagione durata troppo poco. Ma una cosa la possiamo comunque mettere da parte in vista del prossimo anno: Morant è ancora uno dei primi della pista e promette di esserlo ancora per molto tempo a venire.

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