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Fabio Barcellona
Il naufragio di Stefano Pioli
06 feb 2023
06 feb 2023
L'allenatore del Milan ha stravolto la squadra per il derby senza ottenere segnali incoraggianti.
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Fabio Barcellona
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IMAGO / AFLOSPORT
(foto) IMAGO / AFLOSPORT
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I derby sono importanti per molti motivi, ma soprattutto perché possono rappresentare una svolta emotiva all'interno di una stagione. Per questa ragione nella partita di ieri era il Milan che cercava più risposte, venendo da una lunga e profonda crisi aperta ormai quasi un mese fa dai gol negli ultimi minuti gol di Ibañez e Abraham. Proprio la stracittadina contro l'Inter la scorsa stagione aveva innescato la corsa scudetto per i rossoneri e in molti si chiedevano se la magia non potesse ripetersi.

Gli occhi erano quindi puntati su Stefano Pioli, l’architetto del Milan campione d’Italia dell’anno scorso. L'allenatore di Parma era chiamato, a nove mesi di distanza da quel successo, a trovare una soluzione agli enormi problemi mostrati dalla sua squadra dalla ripresa della Serie A dopo i Mondiali in Qatar. La risposta di Pioli ai 12 gol subiti nelle ultime 3 partite è stata per certi versi estrema. Il tecnico del Milan non ha solo cambiato uomini – lasciando tra le altre cose in panchina Leão – e modulo di gioco – schierando la sua squadra con il 5-3-2 -, ma ha stravolto i principi stessi su cui ha basato i successi della propria squadra, abbandonando ogni pretesa di pressing e di difesa aggressiva in avanti. Un'identità che ha caratterizzato l'ultimo grande periodo vincente del Milan, che gli ha consentito di giocare un calcio vincente ad alta intensità e ricco di transizioni medio-corte veloci. Al contrario, contro l'Inter ieri sera, la squadra di Pioli ha giocato una partita reattiva col baricentro ben piantato nel cuore della propria metà campo e dalle limitate pretese offensive.

Il Milan che ha vinto meritatamente lo scudetto della passata stagione giocando su un campo grande, fiaccando gli avversari trasformando le partite in una gara di transizioni, alzando il ritmo e l’intensità del gioco, ha scelto di giocare la partita contro l’Inter giocando in un campo piccolo, provando a generare una partita statica e dai ritmi controllati. E non solo non ha funzionato, ma è stato un disastro.

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La mutazione del Milan

Come detto, nel suo inedito 5-3-2 Stefano Pioli ha rinunciato a Leão, presentando in attacco la coppia formata da Giroud e Divock Origi. In mezzo al campo il tecnico milanista ha schierato Messias in posizione di mezzala destra con Tonali dalla parte opposta e Krunic davanti ai tre difensori centrali, cioè Kalulu, Kjaer e Gabbia. Calabria a destra e Theo Hernandez a sinistra hanno completato il 5-3-2 di Pioli che sin dalle prime battute di gara si è posizionato basso nella propria metà campo rinunciando a qualsiasi pretesa di pressing sulla manovra interista. In realtà più che di 5-3-2 sarebbe più corretto parlare di 5-3-1-1 in quanto Pioli in fase di non possesso - l’unica fase in effetti giocata della sua squadra per tutto il primo tempo - ha schierato le due punte in verticale, con Origi deputato al controllo del mediano avversario, Hakan Çalhanoğlu, e Giroud impegnato tra i tre centrali difensivi avversari.

Il 3-5-1-1 del Milan.

A godere quindi di maggiore libertà in fase di palleggio erano i due difensori laterali della difesa a 3 di Inzaghi, Skriniar a destra e Bastoni a sinistra. Il piano di Pioli era quello di gestire Skriniar e Bastoni chiedendo alle due mezzali un raffinato lavoro di marcatura-schermatura sui propri avversari naturali sul campo, le due mezzali avversarie Barella e Mkhitaryan. Sulle conduzioni palla di Skriniar e Bastoni, il compito delle mezzali milaniste era quelli di impedire che la superiorità numerica degli avversari in quella zona – Skriniar/Barella contro Tonali, e Bastoni/Mkhitaryan contro Messias – si tramutasse in un vantaggio posizionale. Per fare ciò hanno provato a uscire sulle conduzioni di Skriniar e Bastoni, abbandonando la marcatura sui loro diretti avversari ma al tempo stesso coprendo la linea di passaggio verso gli uomini alle proprie spalle (Barella e Mkhitaryan per l'appunto). Se l'Inter fosse riuscita a bucare questo primo schermo, sulle mezzali interista sarebbero dovuti uscire Gabbia e Kalulu.

Specie nella prima parte dei primi quarantacinque minuti, però, questa fondamentale battaglia tattica è stata vinta dall’Inter che è riuscita a sfruttare la libertà iniziale concessa a Skriniar e Bastoni manipolando con intelligenza la difesa milanista. Uno dei pattern più utilizzati è stato l’inserimento di una punta - più spesso Lautaro Martinez - nello spazio alle spalle di Gabbia, quando quest'ultimo si alzava in pressione su Barella.

Tonali abbandona la marcatura di Barella per contrastare la conduzione di Skrinar, avendo cura di schermare il passaggio verso Barella, su cui si orienta Gabbia. Sullo sviluppo dell’azione l’Inter attacca con Lautaro Martinez proprio lo spazio alle spalle di Gabbia.

Anche semplici movimenti verso l’esterno della mezzala interista, che si sottraeva in questo modo alla marcatura dei difensori milanisti, hanno creato superiorità posizionale ai nerazzurri generando squilibri nella struttura difensiva rossonera.

Çalhanoğlu, che per l’occasione si è scambiato la posizione con Mkhitaryan, si allarga per sottrarsi alla schermatura di Messias. Il 3 contro 2 a favore dell’Inter si tramuta con estrema facilità in superiorità posizionale. Basta il semplice passaggio verso l’esterno di Bastoni per Çalhanoğlu per far fuori Messias. Nel frattempo Mkhitaryan taglia alle spalle di Origi e riceve davanti alla linea difensiva nerazzurra. L’azione termina con l’assist dell’armeno per Lautaro che conclude pericolosamente dal cuore dell’area milanista.

I primi minuti di partita sono stati molto complicati per il Milan, palesemente a disagio a difendere con una struttura e con principi diversi da quelli a cui era abituato. Nei primi 10 minuti di match l’Inter è riuscita a tirare ben 5 volte in porta, collezionando l’89% di possesso palla. In pratica la squadra di Inzaghi è riuscita a concludere con un tiro ogni singola azione giocata, riconquistando palla immediatamente sulle rimesse giocate esclusivamente sul lungo da Tatarusanu.

Superati indenne i primi minuti di gioco il Milan è riuscito ad arginare meglio gli attacchi nerazzurri senza però riuscire a cambiare l’andamento del match che nel primo tempo ha visto l’Inter costantemente in possesso del pallone nella metà campo rossonera (74% di possesso palla nei primi 45 minuti) ed il Milan preoccupato quasi esclusivamente di fare densità e di occupare lo spazio davanti a Tatarusanu. In fase offensiva il Milan è stato di fatto nullo. Quando non era la riaggressione dell’Inter, erano i continui lanci lunghi improduttivi contro gli isolati Giroud ed Origi, sovrastati dai difensori nerazzurri, a fiaccare sul nascere ogni velleità di ripartenza per il Milan. Per avere un’idea chiara della partita offensiva del Milan basti pensare che nel primo tempo i rossoneri sono riusciti ad accedere negli ultimi 30 metri di campo solamente due volte, generando un cross direttamente fuori di Calabria e un altro cross di Messias, per un totale di 5 palloni toccati.

Di fronte a un Milan spaesato tatticamente e attanagliato dalla paura, l’Inter non è riuscita però a creare molte occasioni pulite, nonostante sul campo riuscisse a manipolare le prime linee di difesa avversarie e ad approfittare sulla trequarti della passività e dell’imprecisione nelle uscite in pressione dei centrali milanisti attraverso il grande lavoro di Dzeko e Lautaro. Le migliori sono giunte entrambe nei primi 10 minuti di gioco ed entrambe sulla testa del numero 10 nerazzurro. Il vantaggio, però, è arrivato sfruttando una cronica debolezza della squadra di Pioli, ancora una volta punita su una situazione di calcio piazzato.

I cambiamenti nel secondo tempo

Sebbene la densità nella propria metà campo avesse aiutato Pioli a tenere inevitabilmente più compatta la squadra non si può certo dire che la fase difensiva avesse funzionato alla perfezione, insomma. Il controllo di Çalhanoğlu da parte di Origi, grazie alla solita partita di grande dinamismo da parte del turco, che si scambiava spesso posizione con Mkhitaryanm non ha funzionato. Così come la libertà concessa a Skriniar e Bastoni, non sufficientemente controllata dai movimenti coordinati delle mezzali e dei difensori laterali della difesa a tre, consentiva all’Inter di portare con facilità il pallone nell’ultimo terzo di campo.

Anche la fase offensiva comunque ha sofferto moltissimo, con Origi e Giroud che non solo hanno perso quasi tutti i duelli individuali coi propri marcatori ma che erano anche mal supportati dai compagni nell’attacco delle seconde palle. I centrocampisti e gli esterni rossoneri non riuscivano ad alzarsi e ad accompagnare le punte dopo averle cercate con un lancio lungo e anche le palle che Giroud e Origi riuscivano a sporcare o, addirittura, a conquistare, diventavano facile preda dell’Inter a causa dell’eccessiva distanza dei due attaccanti dal resto della squadra.

Nell’intervallo, per ovviare ai problemi della propria squadra, Stefano Pioli ha modificato in maniera significativa l’assetto in campo passando al 3-4-1-2 con Diaz, entrato al posto di Messias, schierato alle spalle delle due punte. In fase di non possesso Diaz è stato impegnato in marcatura di Çalhanoğlu, con Krunic e Tonali ad occuparsi delle mezzali avversarie. L’idea di Pioli era probabilmente quella di difendere in maniera più aggressiva, contrastando più precocemente Skriniar e Bastoni, sacrificando lo schermo davanti alla difesa di Krunic, sostituito da un atteggiamento più aggressivo dei centrali sui palloni giocati verso Dzeko e Lautaro. In fase offensiva, invece, l’ingresso di Diaz sarebbe dovuto servire a colmare il gap presente nel primo tempo tra i due attaccanti e il resto della squadra.

Il 3-4-1-2 del Milan nel secondo tempo.

In effetti il Milan ha provato a difendere più avanti e in maniera più aggressiva, e c'è da dire anche che il lavoro di raccordo di Brahim Diaz ha reso possibile, anche se in maniera timida, un calcio più palleggiato. Nonostante ciò, il Milan, con il suo nuovo 3-4-1-2, è sembrato comunque spaesato senza riferimenti conosciuti su come sviluppare una fase d’attacco organizzato. La presenza di due punte centrali e la timidezza in fase offensiva di Kalulu e Gabbia hanno ridotto la presenza sulle fasce del Milan a quella dei soli due esterni, disinnescando la possibilità di sviluppo del gioco con le catene laterali, uno dei punti forti della fase offensiva dei rossoneri contro le difese schierate. Non a caso le rare azioni manovrate dei rossoneri che si sono sviluppate con un minimo di efficacia sono giunte dopo l’ingresso in campo, al minuto 54, di Leão al posto di Origi.

La naturale tendenza del portoghese ad aprirsi a sinistra ha generato, in un paio di occasioni, le premesse per le tipiche combinazioni esterne con Theo Hernandez, concluse con dei cross da posizione pericolosa. Tuttavia il Milan non è riuscito a trovare la maniera di attaccare in maniera continua e pericolosa con il suo nuovo abito tattico, anche dopo l’ingresso in campo di Leão e del più offensivo Saelemaekers per Calabria. Solo a cinque minuti dalla fine Pioli è tornato al 4-2-3-1 con l’ingresso di Rebic al posto di Kjaer.

L’Inter ha controllato con estrema semplicità gli attacchi del Milan, ma pur mantenendo, anche nel secondo tempo, il dominio del pallone, non è riuscita a rendersi particolarmente pericolosa, fatta eccezione per le due occasioni di Lautaro e Lukaku fermate dall’arbitro rispettivamente per fuorigioco e per un fallo del belga su Gabbia. In definitiva non è servita nemmeno la migliore Inter, se si esclude un Lautaro Martinez in stato di grazia, per battere questo Milan e per portare a casa un derby di notevole importanza nella corsa alla qualificazione per la prossima Champions League.

Nonostante questo, Pioli a fine partita si è detto sufficientemente soddisfatto del nuovo assetto e del nuovo atteggiamento della squadra, almeno da un punto di vista difensivo. L’allenatore ha spiegato che il motivo del nuovo assetto era quello di ritrovare l’efficacia difensiva perduta attraverso una maggiore solidità, compattezza e densità nella propria metà campo. Ciò di cui si è lamentato Pioli è stata invece la fase offensiva, eccessivamente frettolosa e diretta, rinunciando nei fatti al palleggio che avrebbe permesso alla squadra salire sul campo in maniera più compatta.

Pioli ha persino difeso la scelta di rinunciare a Leão dal primo minuto, giustificando l’esclusione con la scelta di giocare con due punte vicine e in verticale. Sul campo però il Milan non è riuscito in questo modo a mettere in difficoltà la difesa dell’Inter, e forse, con un baricentro così basso, l’abilità del portoghese in spazi ampi sarebbe potuta tornare utile. Pioli, però, ha fatto intendere di volere proseguire sulla strada iniziata nella partita contro l’Inter, considerando la squadra non in grado al momento di giocare il calcio che aveva portato ai successi della scorsa stagione. Allora cosa aspettarsi dal Milan per il resto della stagione?

C'è da dire che il calcio aggressivo, ad alta intensità e ricco di transizioni del Milan richiede una condizione atletica e mentale ottimale per essere efficace. I rischi insiti nel coraggioso gioco rossonero possono essere coperti da una condizione fisica che permetta di giocare in un campo grande meglio degli avversari e da un elevato livello di attenzione e concentrazione nelle coperture e nella gestione dei duelli individuali, giocati anche sull’ultima linea difensiva. Probabilmente in questo momento la condizione atletica di alcuni uomini chiave – su tutti Theo Hernandez e il trentaseienne Giroud - non è delle migliori e la tensione necessaria per mantenere elevata l’intensità mentale richiesta si è, forse naturalmente, abbassata. Cercare la soluzione ai problemi contingenti della squadra stravolgendone la natura è però davvero la soluzione migliore?

Il Milan, per caratteristiche individuali dei calciatori, non sembra in grado di potere pareggiare l’efficacia mostrata la passata stagione giocando un calcio più statico, su porzioni di campo più ridotte e riducendo il ritmo e il numero delle transizioni. Oltretutto la partita con l’Inter, al di là di una generica compattezza difensiva ottenuta ammassando gli uomini nella propria metà campo, non ha dato in realtà segnali troppo positivi anche sulla reale solidità difensiva della squadra. Il Milan, insomma, esce da questa partita con un orizzonte sul suo futuro ancora più incerto e questa è forse l'unica notizia peggiore di una sconfitta nel derby.

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