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Napoli in divenire
07 dic 2016
07 dic 2016
La squadra di Sarri si qualifica agli ottavi, ma la notizia migliore sono i piccoli miglioramenti nel gioco.
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Foto di Francisco Leong
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Con la qualificazione agli ottavi di Champions League decisa dalla clamorosa vittoria della Dinamo Kiev sul Besiktas - un sonante 6 a 0 - la partita tra Benfica e Napoli è stata svuotata di significato ed è servita soltanto a stabilire le gerarchie del girone B. A rendere ancora più “tranquilla” la sfida ci hanno poi pensato le particolari combinazioni che hanno livellato il valore tra prime e seconde classificate, rendendo il primo posto un traguardo prestigioso, ma non decisivo per avere un reale vantaggio nel sorteggio. In ogni caso vincere a Lisbona, pur in queste particolari condizioni, non era scontato, specie per una squadra in cerca di conferme, nelle ambizioni e nel gioco, dopo un periodo in cui ha probabilmente raccolto meno di quanto meritato. Il Napoli invece ha dato continuità al netto successo contro l’Inter, dimostrando soprattutto di avere un ampio set di soluzioni offensive, che permette alla squadra di attaccare in diversi modi pur restando fedele ai suoi princìpi di gioco, e di adattarsi agli avversari sfruttando le loro debolezze. La notizia migliore per una squadra che quest’anno aveva vissuto una fase di flessione nella sua produzione offensiva, indipendentemente dall’assenza di Milik. Contro l’Inter erano stati fondamentali soprattutto i movimenti di Hamsík e Zielinski alle spalle del centrocampo nerazzurro, a mettere a nudo le difficoltà della difesa interista ad accorciare in avanti e quelle di Kondogbia e Brozovic di difendere lo spazio alle loro spalle; contro il Benfica è stata determinante la capacità di attaccare in maniera più diretta, cercando velocemente la profondità per sfruttare lo spazio che i portoghesi concedono alle spalle della difesa. Il Benfica è infatti una delle migliori squadre in Europa nel restringere il campo: le distanze tra i reparti sono ridottissime, il che rende praticamente impossibile sviluppare un gioco tra le linee efficace. Oltre a meccanismi consolidati, è necessario disporre di giocatori molto dotati tecnicamente, che sappiano gestire il pallone in spazi stretti: due aspetti riscontrabili in pochissime squadre, nell’eterno compromesso tra organizzazione e talento che pochi allenatori sono in grado di armonizzare. Le “Aquile”, però, pagano la loro compattezza concedendo spazi ai lati, ma soprattutto alle spalle della propria difesa. Il Napoli, studiati questo punti deboli, li ha messi a nudo in 3 mosse. 1. Insigne trequartista Esattamente come all’andata, Rui Vitória ha orientato i due centrocampisti centrali (Fejsa e Pizzi) e la seconda punta (Gonçalo Guedes) sul triangolo di centrocampo del Napoli: Guedes doveva occuparsi di Diawara, Fejsa e Pizzi avevano invece il compito di uscire su Hamsík e Allan. Sul lato sinistro del Napoli, quello più temuto da chiunque affronti gli azzurri, l’allenatore del Benfica aveva previsto un’ulteriore precauzione che sporcava la compattezza del suo 4-4-2: Salvio e Semedo, infatti, seguivano a uomo i rispettivi avversari, Ghoulam e Insigne. Letta la situazione, Ghoulam e Insigne hanno forzato di continuo le scelte dei rispettivi marcatori: seguire il terzino azzurro significava infatti per Salvio abbassarsi fino a schiacciarsi sulla linea dei difensori, seguire i tagli al centro di Insigne significava invece per Semedo lasciare un buco a destra. Giocando su questa debolezza, Insigne ha spesso ristabilito la superiorità numerica in mezzo al campo, sfruttando i movimenti di Hamsík ad attirare Fejsa per smarcarsi alle spalle del centrocampo del Benfica e porsi come punto di riferimento tra le linee per innescare la fase di rifinitura. 2. I lanci per Ghoulam e Callejón L’accentramento di Insigne era strettamente collegato alla posizione ampia e profonda di Ghoulam e Callejón, i giocatori cui solitamente spetta il compito di allargare le difese avversarie. Insigne poteva ristabilire la superiorità numerica in mezzo al campo perché dal suo lato Ghoulam si alzava per fornire l’ampiezza, mentre dall’altra parte Callejón rappresentava la solita minaccia con i suoi tagli sul lato debole. Contro una squadra che puntava a coprire il centro del campo, ma concedendo spazio alle spalle della difesa, Ghoulam e Callejón hanno rappresentato i riferimenti per passare dalle fasce e attaccare da lì la profondità, evitando di sprecare energie alla ricerca di una soluzione per passare dal centro del campo e permettendo al Napoli di giocare in maniera più diretta. 3. L’ingresso di Mertens La partita, comunque, è cambiata quando Dries Mertens ha preso il posto di Manolo Gabbiadini al centro dell’attacco. «Ero sicuro che nell'ultima mezz'ora poteva diventare l'arma in più, quella vincente», ha detto Sarri a fine partita, e le cose sono andate esattamente secondo i suoi piani. In pochi secondi e con una sola giocata, Mertens ha cancellato le difficoltà (tecniche e fisiche) di Gabbiadini nel proporsi come punto di riferimento tra le linee spalle alla porta: movimento incontro sulla verticalizzazione di Albiol e filtrante delicato e preciso sulla corsa di Callejón alle spalle di Lindelöf. In due passaggi e con quattro tocchi complessivi, il Napoli si è così assicurato il primo posto, blindato poi da un’altra grande giocata di Mertens sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Pur in una partita svuotata di significato dalle notizie provenienti da Kiev – sul 4-0 per la Dinamo e con il Besiktas in inferiorità numerica, il Benfica è entrato in campo decisamente più rilassato dopo l’intervallo – il Napoli ha mostrato la maturità utile a ritrovare fiducia nei propri mezzi e nel proprio gioco, dopo un periodo in cui i risultati non hanno spesso coinciso con le buone prestazioni, facendo perdere posizioni in campionato e mettendo a rischio la qualificazione agli ottavi di Champions. La squadra di Sarri avrebbe potuto accontentarsi, ma non l’ha fatto, dimostrando di aver imparato la lezione della partita di ritorno contro la Dinamo, giocata sotto ritmo anche a causa del 3-3 tra Besiktas e Benfica. D’altra parte le partite contro l’Inter e il Benfica, che pure potrebbero rappresentare il punto di svolta della stagione, vanno inserite nella giusta prospettiva. Il Napoli ha giocato sulle debolezze di due squadre che hanno provato ad aggredirlo, concedendo spazi: le conferme della ritrovata pericolosità offensiva andranno cercate in quelle partite in cui gli azzurri dovranno crearsi da soli gli spazi in cui attaccare. Quella di Sarri resta una squadra incompleta: anche a Lisbona Gabbiadini ha mostrato i suoi limiti non solo spalle alla porta, ma anche nel giocare sulla linea difensiva come un vero centravanti, e Mertens, per questioni tecniche e fisiche, non è né un vero né un falso nove, oltre ad aver ribadito ancora una volta la sua efficacia come dodicesimo uomo. In attesa del ritorno di Milik o dell’acquisto di un attaccante nella sessione di mercato invernale, le alternative di gioco andranno trovate nell’ingresso in pianta stabile di Diawara e Zielinski nell’undici titolare e nell’inserimento più graduale di Marko Rog, che a Lisbona ha esordito in Champions League con la maglia del Napoli dopo i minuti concessi da Sarri contro l’Inter. Il Napoli può comunque guardare con fiducia agli ottavi: le possibili avversarie stanno in un range che va dal Porto o dal Copenaghen fino al Bayern Monaco, ma qualunque sia l’esito del sorteggio nessuna squadra sarà contenta di trovarsi di fronte gli azzurri.

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