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Timothy Small

L’MVP della Serie A? È Arturo Vidal

Il panel di esperti—Francesco Costa, Fabio Barcellona, Fabrizio Gabrielli, Oscar Svensson e il nostro Daniele…

Venerdì scorso abbiamo scelto i cinque giocatori più meritevoli del premio di MVP della Serie A 2013/2014, nella prima parte di questo articolo, partendo da una pre-selezione di 17 giocatori scelti (male, ok) da me. I nostri esperti—Fabio Barcellona, Francesco Costa, Fabrizio Gabrielli, il nostro vice-direttore, Daniele Manusia e Oscar Svensson di Blogistuta—hanno scelto Arturo Vidal, Alessio Cerci, Carlos Tévez, Gonzalo Higuaín e Mehdi Benatia.
Il conteggio finale era questo:
5 voti: Arturo Vidal, Alessio Cerci.
4 voti: Carlos Tévez, Gonzalo Higuaín.
3 voti: Mehdi Benatia.
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2 voti: Kevin Strootman.
1 voto: Paul Pogba, Giuseppe Rossi.

 

Ora, non dando alcun peso al fatto che, personalmente, preferirei di gran lunga avere in squadra uno tra Pogba e Strootman piuttosto che Cerci, possiamo riassumere la scelta di questi cinque in questo modo: Pogba ha pagato la poca esperienza e la gioventù—e una volontà, da parte dei nostri esperti, di non attenersi ai metri di giudizio che ho delineato la volta scorsa (anche se obiettivamente potevo delinearli meglio), ma questa è un’altra storia, e ormai è andata così, quindi amen. Rossi ha pagato l’ennesimo infortunio, ma non voglio sentir dire “poverino, non è colpa sua, che c’entra”: la propensione agli infortuni è parte dell’insieme della valutazione di ogni calciatore. Tutti sanno che Rossi è fragile—ragion per cui la viola l’ha comprato per due lire. Strootman, con due voti su cinque, è l’escluso d’eccellenza dalla shortlist. Ha pagato, forse, il fatto che nessuno se l’è sentita di votare due giocatori della Roma a discapito di giocatori tratti da altre squadre. In effetti, chi non ha votato Strootman ha votato Benatia, e lo split dei voti (tre da una parte e due dall’altra), ha fatto in modo che solo uno dei due calciatori giallorossi finisse nella shortlist: il difensore. Non penso che questo vada inteso come una valutazione negativa del roccioso midfielder olandese, quanto come un entusiasmo (eccessivo? ditemi voi) verso il difensore centrale più forte della Serie A: se quest’estate Strootman fosse andato, per dire, al Milan (oltre al fatto che il Milan sarebbe ora quinto o al massimo sesto) sarebbe tre volte più famoso e celebrato di quanto lo sia ora. Purtroppo, nel mezzo delle mille storie della Roma—nuovo allenatore, nuova società, l’incredibile ascesa di Benatia, l’arrivo di Gervinho e Ljajic, l’esplosione di Florenzi, Destro, Castan e Dodò, ecc., ecc., ci siamo un po’ dimenticati di Strootman, che è, nella mia opinione, il secondo/terzo centrocampista più forte della Serie A (dipendentemente da dove si piazzi Pogba). Ma, come si suol dire, il passato è passato, ed è ora di guardare avanti. Abbiamo stabilito i nostri cinque finalisti. Li ripeto: Vidal, Cerci, Tévez, Higuaín e Benatia. Tre attaccanti, un centrocampista e un difensore. Due giocatori della Juventus, uno della Roma, uno del Napoli, uno del Torino, che è anche l’unico italiano. È giunto quindi il momento di selezionare il vincitore, tra questi 5, del totalmente inutile premio di “Più probabile MVP della Serie A 2013-2014 per quanto visto nel girone d’andata”. Fabrizio, te la senti di iniziare tu? Preferirei, se possibile, non concentrarci su quanto è successo nel primo round ma attenerci a questi cinque.

 

Fabrizio Gabrielli (@conversedijulio)
La prima cosa che salta all’occhio, di fronte alla cinquina dei finalisti, è un particolare curioso: la concentrazione di giocatori (quattro su cinque) nati nello stesso anno, il 1987. Un po’ come le apparizioni mariane (Lourdes, Medjugorje, Civitavecchia, Akita) tutte appollaiate attorno il 42° parallelo di latitudine nord. Semplice coincidenza astrale? Mutazione futbolistica dell’enologica Ottima Annata? Forse, più semplicemente, è che d’un ventiseienne si possono fare considerazioni calcisticamente oculate: nella piena maturità di carriera il margine d’errore di previsioni a lunga gittata si riduce drasticamente. Se dovessi (e se volessi) operare una scelta col cuore assegnerei la palma di MVP a Benatia. Perché nella storia della sua stagione finora c’è tutto quel che rende il pallone una passione emozionale. C’è la rivalsa contro i detrattori, la serendipica (fors’anche per lui) disattesa di aspettative malriposte, l’esplosione carismatica in una piazza bollente com’è Roma, che fa sempre lo stesso rumore d’un fiammifero quando sfrigola vicino al benzene. Se invece decidessi di scegliere con l’epidermide, facendo ricorso a un calembour low-cost come un bagnoschiuma del discount, ecco, a pelle (liscia) direi che Vidal vince a man bassa. Per essere oggettivo, di contro, penso che prenderò i cinque criteri indicati da Tim e per ognuno di questi assegnerò una valutazione numerica a ogni singolo candidato, cosicché il vincitore possa sortire automaticamente alla luce del risultato della somma algebrica. Dopotutto è questo che significa, al-jebr: “mettere insieme i pezzi rotti per formare un tutt’uno”.

Mehdi Benatia: l’MVP del cuore di Fabrizio Gabrielli

 

Valore di mercato: la Juventus, quando lo ha rilevato dal Bayer Leverkusen, ha pagato Vidal 10M di euro. Oggi, secondo la stima di Transfermarkt, vale almeno quattro volte tanto (ed è il giocatore più quotato della Serie A).  Higuaín, al Napoli, è costato 30M: oggi ne vale poco meno di 40 (incremento del 25%). Se giocassi al Superenalotto e sbancassi il jackpot potrei investire 18M e portarmi a casa Benatia (e la Roma realizzerebbe un guadagno marginale di 5M); alternativamente mi potrei assicurare le prestazioni, con lo stesso prezzo, di Cerci.  Per Tévez dovrei rinunciare a parcheggiarmi in garage due Lamborghini Aventador, ma non lo so mica se il gioco vale la candela: a volerlo rivendere, quanto potrei ricavarci? La metà?
Voti: Vidal pt 5; Higuaín pt. 4; Benatia e Tévez pt. 3; Cerci pt. 1.

Valore oggettivo in campo: niente da opinare sul fatto che tutti e cinque siano elementi imprescindibili dei rispettivi club, e che in media le loro prestazioni s’aggirano sul sei-e-mezzo-quasi-sette. Benatia e Cerci sono i soli a contare qualche episodio d’appannamento, per cause molto diverse: il primo per certe imbarcate difensive (in cosharing coi compagni di reparto, certo) che macchiano in qualche modo la sua illibatezza; il secondo per il semplice motivo che a volte, per manifesta inferiorità, il Toro non sempre ha messo la sua punta di diamante (pur sempre punta, vieppiù d’un diamante che brilla a tratti) nelle condizioni di mostrare le cose migliori. Inoltre, ci sarebbe da allargare per un attimo lo spettro di parametrizzazione: il valore oggettivo si ripercuote anche sul ruolo che ognuno riveste nella propria Nazionale? Secondo me sì, e sarebbe miope non tenerne conto nell’anno in cui è lecito aspettarsi che  l’MVP della Serie A possa essere un protagonista del Mondiale in appendice di stagione. Escluso Benatia, la cui Nazionale in Brasile neppure ci sarà, c’è da chiedersi se Cerci nella terra do samba sarà altrettanto sugli scudi quanto sotto la Mole. I presupposti sembrano smentire quest’ipotesi. Tévez, di par suo, nove su dieci neppure ci andrà (e bisognerebbe sperticarsi, poi, sull’analisi della sua emvippità nella Selecciòn). Tra Higuaín e Vidal, chi ha l’impressione d’essere imprescindibile—anche e soprattutto per via del suo Valore Oggettivo in Campo—è Vidal: prestazioni maiuscole, cinque reti in CL, dieci in campionato, cinque con La Roja nella Road to Brazil.
Voti: Vidal pt. 5; Higuaín pt. 4; Tévez pt. 3; Cerci e Benatia pt. 2.

Decisività: se per decisività intendiamo la capacità d’essere determinanti, conclusivi, definitivi (diciamo un’appendice rafforzativa della categoria precedente) nessuno come Arturo Vidal—à rebours fino ad agosto e proattivamente, a giudicare dalla prestazione nella prima gara del girone di ritorno—sembra possedere le chiavi dorate di ogni match. Anche Tévez e Higuaín, quando la palla termina tra i loro piedi nelle rispettive aree di competenza, danno l’impressione di poter ogni volta lasciare un segno, scalfire la storia del match, appuntare una tacca al calcio della pistola. Ma al contrario di questi ultimi, più apoteosi di luce d’una supernova già innescata altrove, Vidal ha proprio i piedi pantocratrici. Palingenetici. Una caratteristica che appartiene anche a Cerci, ma in scala molto ridotta, mentre la decisività di Benatia—caso unico tra i cinque, che dipende soprattutto dal diverso ruolo—in seppur sporadici casi ha avuto un segno negativo.
Voti: Vidal pt. 5; Cerci pt. 4; Tévez e Higuaín pt. 3; Benatia pt. 1.

Appetibilità ai grandi club (che ribattezzerò qui “criterio MVPP: Me lo Voglio Proprio Pigliare”): escludendo i (pochi) casi in cui a uno dei candidati sia già capitato di indossare la maglia di uno dei top team europei (e forse se non la indossano più ci sarà anche un motivo)(ragion per la quale, si desume, la Juventus non è da considerare—ancora?—top team europeo), faccio un giochino molto semplice che somiglia a quello che fa Rooney prima di ogni gara: provo ad immaginare tre maglie in successione (quella azulgrana del Barça, quella del Bayern Monaco e quella del Manchester Utd) concretizzarsi addosso a ognuno dei candidati e ne valuto la credibilità. Fatto?
Voti: Vidal pt. 5; Tévez e Higuaín pt. 4; Benatia pt. 2; Cerci pt. 1.

 Valore potenziale futuro:  comincia a farsi largo in maniera prepotente un dubbio: ma perché in questa cinquina di finalisti c’è Cerci? Ci saremmo mica fatti prendere un po’ troppo dall’entusiasmo (e da una risacca di patriottismo)? Me compreso, s’intende. Ciò detto, in maniera ancor più escludente di Tévez (che ha almeno dalla sua un fattore anagrafico) Alessionòstro mi sembra dei cinque quello con minor margine di miglioramento. Può diventare un top player in un top team? Glielo auguro, ma mi sembra più realistica l’opzione top-player-di-medio-team. Higuaín e Benatia, per cause diverse ma simili, possono diventare cardini di macchine ben oliate, attrezzate e competitive: al Pipita è bastato poco per diventare idolo (ed epiteto da bomba di capodanno), Benatia è già leader nello spogliatoio e in campo (nonché terzo capitano della Roma). Eppure, ancora una volta, in testa c’è Vidal. La cui importanza per la Juventus, e in sé e sé soltanto—già abbastanza lievitata, potrebbe farsi dirompente.
Voti: Vidal pt. 5; Benatia e Higuaín pt. 4; Tévez pt. 2; Cerci pt. 1.

In soldoni, quindi:
Vidal, en plein, 25 punti
Higuaín, 19 punti
Tévez, 15 punti
Benatia 12 punti
Cerci, 9 punti.

Non lo dice solo la pelle, ma pure la matematica: per me è Vidal il potenziale MVP della Serie A 2013-2014.

 

Oscar Svensson (@blogistuta)
Ecco, ci siamo, scusate il ritardo. Andiamo dritti al punto, con i meriti ed i demeriti di tutti i finalisti: l’argomento per Tévez come MVP, per me, non è basato sugli 11 gol (alla pari con Berardi, davanti a loro solamente Giuseppe Rossi). Perché quando penso a quegli undici gol è impossibile non pensare al nulla che è stato il suo contribuito in Europa. Magari è ingiusto da parte mia tenere a mente le partite in Champions quando stiamo parlando dell’MVP di Serie A; non ho una buona risposta. Così i 11 / 0 gol per me un po’ si cancellano. Il motivo per votargli l’MVP non sono i gol segnati e mancati: è invece che Tévez è l’avatar di Antonio Conte. Mette la grinta, la copertura, fa il lavoro sporco. Ho accennato la grinta? Basato su tutto questo potrebbe essere giusto votare Tévez, perché quest’anno la Juve è allucinante. Tantissimo credito per questo fatto a Conte, cioè Carlitos Tévez. Ma basta per vincere? No, non scherziamo. Lo ritengo un gran bel giocatore, ma dalla sua storia s’intende anche che è un depreciating asset, un caos (fuori dal campo) che verrà.

Oscar vuole una maglia della Roma con scritto Acquistosson 4

 

Ho votato Benatia al primo turno, e dicono che chi non muore si rivede. Bello così. Se la Roma va bene—eddaje che va alla grande—un gran bel pezzo del merito è suo. Era forte all’Udinese ma col salto in una piazza più grande viene anche un riconoscimento più naturale, come se fosse da sempre stato considerato il centrale più bravo da quando Thiago Silva se n’è andato a Parigi ma ce ne accorgessimo solo ora. Dimentichiamo i dubbi dell’estate su di lui: può giocare in una difesa a quattro? Sopporterà una piazza calorosissima come Roma? E va bene così, anche questo è un motivo per farlo MVP. Non lo sta facendo tutto da solo, ma per me rappresenta il cambio di mentalità più degli altri finalisti. Dai milletrecentoquarantasei gol subiti l’anno scorso a pochissimi questa stagione: è Benatia a rappresentare la svolta della Roma. E poi non è solamente l’uomo giusto al posto giusto e al momento giusto: è un giocatore strepitoso. Sale dalla difesa per intercettare palloni, sale sui calci piazzati e segna tanto, nega spazio a più o meno tutti gli avversari che vede. Magari non è l’MVP, perché ci sono un giocatore o due che sono veri fenomeni, ma scusate il mio conservatorismo banale se da romanista va bene anche così. Lunga vita a Benatia, sia l’MVP o no.
Ecco, Pipita Higuaín. Ho sempre sostenuto che sia uno degli attaccanti più forti in circolazione, un goleador dei vecchi tempi. Un Hugo Sánchez dalla nostra generazione, e faccio fatica a capire perché è stato mandato via da Madrid. Meno male per il Napoli allora, che ha preso uno dei pochi—se non l’unico—in grado di sostituire Cavani. Ci sono altri nel campionato che hanno segnato più di lui, ma se il Napoli è nel mezzo dei posti europei, è grazie a lui. Oltre ai gol spinge il Napoli avanti, e dev’essere sempre trattato con cautela dalla difesa avversaria. Non per 90 minuti—per 100 minuti, perché non si sa mai, è proprio quel tipo di goleador. Il suo rendimento in Europa è stato eccellente, ha segnato quasi un gol a partita in Champions (e se da ora in poi giocheranno in Europa League sicuramente non è colpa sua). Nel 2013 abbiamo visto una rinascita dell’attaccante classico che un anno, due anni prima sembrava quasi estinto, tra i falsi 9 ed il barcellonismo esportato. Lewandovski, Suarez, è in quella classe lì che metto Higuaín. Ma come già detto per altri nominati, se non vince non è per demerito suo ma solamente perché c’è uno più forte e bravo. Succederà, ormai anche Messi conosce il sentimento. Credo che Higuaín possa finire verso i 25 gol quest’anno, e magari a maggio mi pentirò, ma siamo arrivati al capolinea per lui. Sta sul podio, ma non al primo posto.
Visto che abbiamo tutti votato Cerci, rendiamoci conto che siamo più o meno d’accordo su cosa valutare in un MVP. Perché Cerci non è il miglior calciatore in assoluto del campionato, né il quinto migliore. Allora, c’entra anche altro. Per esempio: valore ed importanza alla propria squadra, eccetera. Ed e qui che Cerci brilla, e questa la sua opportunità: perché gioca in una squadra modesta, ha più influenza su ogni singola partita degli altri quattro finalisti. Il suo valore cresce proprio perché i suoi compagni sono relativamente scarsi (in contrasto ai vari Pogba, Callejon, De Rossi, eccetera). Ma poi ci si deve domandare: embè? A cavallo tra l’andata ed il ritorno Cerci ha segnato 9 volte e ha fatto 7 assist. Impressionante! Ma anche se continuasse così, diciamo fino a 20 gol e 15 assist, che cambia? Il Toro non può comunque arrivare molto più lontano di un posto in Europa League. Sprechiamo il premio dell’MVP dandolo ar Sisofo de’ noantri? Come no! No. Forse. Vabbè, sì, ma odio questo modo di pensare. L’acqua va sempre al mare, non è che le grandi squadre e i giocatori più pagati hanno bisogno anche di tutti i premi. A me piacerebbe tanto dargli il mio voto finale, ma alla fine non ci riesco.
E quindi torniamo alla domanda centrale: cos’è un MVP? Per me non è così semplice che l’MVP sia il giocatore più forte nella squadra più forte. Per me è importante pensare a chi aiuta la sua propria squadra di più, chi mette la propria squadra nella posizione migliore per avere successo (e qui successo non deve per forza significare “vincere lo scudetto”). Potrei argomentare per ognuno dei cinque, e credo di averlo fatto, ma alla fine tocca a Arturo Vidal. Lo vedo fondamentale per la Juve, con uno stile rappresentativo per la propria squadra ed un rendimento di altissima qualità sia in fase offensiva sia in quella difensiva. Togli lui dalla Juve e riapri subito il campionato. Da romanista fatico ad ammettere che siano bravi gli juventini, ma la qualità di Vidal è così chiara che c’è poco da fare. È fortissimo, sa fare tutto. Vidal è anche il giocatore più forte nella squadra più forte, ma vorrei credere che questa è una coincidenza.

 

Tim Small (@yestimsmall)
Quindi, alla fine, stiamo parlando solo di questo? Del calciatore più forte della squadra più forte? Fabio, che ne dici?

 

Fabio Barcellona (@fabiobarcellona)
Sì, Tim, alla fine sì, il risultato è quello: il giocatore più forte della squadra più forte. Ma andiamo per gradi. Pensavo di essere stato originale inserendo tra le mie 5 nomination Cerci ed escludendo, chessò, Pogba. Ma vedo che l’unanimismo tra noi 5 giurati del MVP d’inverno di UU c’è stato solo per Vidal (e vorrei pure vedere…) e per Cerci. Tutti pensiamo a Cerci come uno dei migliori cinque giocatori del campionato? La cosa un po’ mi sorprende. Partiamo allora proprio da Alessio Cerci. Cosa è successo a questo giocatore da un anno all’altro? Cosa è che lo ha trasformato ai miei occhi (e penso agli occhi di molti) da giocatore di talento (ma non mi sembrava nemmeno troppo a dir la verità, il talento…), ma sostanzialmente discontinuo e inconsistente, a potenziale MVP della serie A? La domanda si aggira nella mia testa da quando, sorprendendo pure me stesso, l’ho inserito nella top five del campionato. Il calciatore/l’uomo è maturato?. Il livello della serie A si è abbassato? Per formazione personale, mi aiuta pensare che “Se senti rumore di zoccoli pensa al cavallo, non alla zebra”. E allora è successa una cosa ben definita ad Alessio Cerci dalla stagione passata a quella attuale: gioca in un ruolo diverso. Semplicemente. Il nostro presunto “intruso” ha sempre giocato largo su una fascia (preferibilmente la destra, per potere entrare dentro il campo col piede forte) come esterno di un 4-2-4 (o 4-4-2) o di un 4-3-3. Una maniera tutto sommato “semplice” di utilizzare un giocatore veloce e dall’ottimo piede sinistro. Ma che poneva due vincoli ad Alessiuccio nostro: la linea laterale e la fase difensiva. Adesso, nel 3-5-2 di Ventura, gioca di punta assieme a quel formidabile sgobbone di Ciro Immobile che si sbatte pure per lui. E Cerci fa un po’ quello che gli va continuando comunque a preferire la zona di centro destra. E libero da vincoli e rotture tattiche sparse, il suo controllo del pallone in velocità, il suo sinistro mortifero, il suo dribbling secco hanno prodotto i numeri che abbiamo citato e davvero la sensazione che, quando ha la palla lui, nel Torino, possa sempre succedere qualcosa. E OK, il suo peso specifico in una grande squadra sarebbe tutto da verificare, non ce lo vediamo affatto con la maglia del Bayern o del Barca, ma sta facendo una stagione clamorosa. Per me sta al numero 3 della classifica.
Al numero 5 ci sta Benatia. Per me non è nemmeno il difensore col miglior rendimento della serie A (io voto Barzagli, seppure in leggero calo rispetto alle assolutamente perfette due stagioni passate) e quindi non posso che piazzarlo in coda alla top five. E poi a me non piacciono troppo i difensori “fenomeni”, cioè quelli che sfruttano le loro doti fisiche (la velocità ad esempio) per difendere. Penso sempre che se un difensore è costretto a un recupero precipitoso ancorché vincente, a una prodezza atletica per intercettare un pallone, è perché ha fatto un errore prima. Di posizione, di lettura della situazione, di attenzione. E siccome per me la difesa è al 90% posizione, lettura e concentrazione diffido dei difensori alla Benatia, così aggressivi, veloci, “atletici”. Se difendi bene, la palla o l’avversario ti vengono addosso. Ho opinioni eterodosse anche su Thiago Silva se è per questo. Detto ciò, Benatia sta facendo un’ottima stagione, ma il numero di “imprecisioni” commesse sono troppe, per la mia sensibilità, per attribuirgli qualcosa in più del quinto posto.
Rimangono Vidal, Tévez e Higuaín. Visto che Higuaín non lo avevo messo nella mia cinquina è ovvio che vada ad occupare la mia posizione numero 4. Higuaín è un mio pupillo da sempre. Per me, ha il prodotto velocità x peso maggiore tra tutti gli attaccanti in circolazione nel globo. Velocità con la palla al piede. Ha ottima tecnica, senso del gol e capisce tatticamente il gioco. Praticamente perfetto. Cosa gli manca? E cosa gli è mancato, ad esempio, a Madrid? Sono d’accordo con Oscar, semplicemente c’è sempre qualcuno un po’ più bravo di lui e, come in questo caso (perché lo so che Higuaín è più forte di Cerci, lo so…), qualcuno che ha giocato 19 partite meglio di lui.
Adesso Tévez o Vidal? In realtà non ho mai avuto e non ho nessun dubbio. Solo certezze. Inattaccabili. Il numero 1 è Vidal. Che per me potrebbe stare pure al secondo e al terzo posto e si potrebbe fare partire la classifica dal quarto. Tévez mi ha impressionato. Da un paio d’anni non seguivo la Premier League: avevo letto della fuga in Argentina dopo la lite con Mancini, avevo visto il prezzo della cessione del Manchester City; insomma, dalle informazioni che avevo mi pareva un giocatore in assoluta parabola discendente. Ho cambiato idea il 22 settembre, il giorno di Juventus-Verona 2-1. Il Verona posteggia l’autobus nella propria area (e lo fa molto bene…) e la Juve continua a sbattere contro la fiancata del bus. Poi al 36° minuto segna Cacciatore per il Verona. La Juve viene da un pareggio abbastanza squallido in casa dell’Inter e dal deludentissimo 1-1 a Copenaghen in Champions League. E sta perdendo in casa dal Verona. È uno dei pochi momenti di difficoltà in campionato dei bianconeri. Che succede dopo il gol subito? Semplicemente che tutti i compagni, compresi i più carismatici, vedi Pirlo e Vidal, quando hanno la palla nei piedi alzano la testa e cercano con lo sguardo l’Apache e succede che Tévez cerchi continuamente, in ogni zona del campo, di farsi dare il pallone. Insomma dopo 4 giornate di campionato Tévez è “padrone” della Juventus (non del Borgorosso F.C.) e di una pesantissima numero 10. E in 10 minuti Tévez, praticamente da solo, ribalta il risultato. Per cattiveria, applicazione, carisma e impegno l’argentino è, anche se arrivato per ultimo, la perfetta immagine in campo di quello che Conte è in panchina (anche qui sono d’accordo con Oscar e la sua definizione di avatar). L’impatto, in termini di personalità e tecnica, all’interno di un meccanismo quasi perfetto (almeno in campionato) è stato impressionante, considerando anche la difficoltà di andare ad innalzare un livello di calcio già molto elevato. E Tévez c’è riuscito.

Carlos Tévez vince le partite da solo: un impatto impressionante

 

Peccato per lui che c’è Arturo Vidal. Del cileno si è già detto tutto. Che contrasta come il più ruvido dei mediani. Che si inserisce come la più dinamica delle mezzali. Che rifinisce come la più sofisticata delle mezzepunte. Che ha la freddezza sottoporta del più rapace dei bomber. Che se vuoi gioca pure in difesa. Quello che vediamo e le statistiche ci dicono questo. E tutto questo assieme ne fa un giocatore eccezionale. Mai definizione di “tuttocampista” fu più azzeccata per un calciatore. Ma non è solo la somma di tutto questo che rende Vidal eccezionale. C’è un fondamentale in cui Vidal è proprio in un’altra dimensione. Nel portare pressione ai portatori di palla il cileno vive, da solo, in un altro mondo. Detto banalmente è l’unico giocatore nel globo che affrontando faccia a faccia un avversario in possesso di palla si ritrova in una situazione di vantaggio nella riconquista della palla pur facendo la “prima mossa”. Nelle scuole calcio ti insegnano che se un avversario sta portando la palla e tu lo affronti, devi temporeggiare, “accompagnarlo” e aspettare che sia lui a fare la prima mossa. Invece Vidal, in ogni zona del campo, anche partendo da fermo, è capace di cacciare la palla a qualsiasi giocatore e in qualsiasi situazione. E questo, sinceramente, lo vedo fare solo a lui. Ho già scritto che è l’unico giocatore al mondo in grado di fare transitare la propria squadra da un atteggiamento di difesa “passiva” a uno di difesa “aggressiva” semplicemente facendo un paio di passi verso il portatore di palla. E poi sembra vivere felice all’interno di ogni cm2 di un campo di calcio. Ammetto di avere una passione smodata per Vidal. Per me è chiaramente lui il nostro MVP. E tutto sommato penso anche sia il più forte centrocampista puro del mondo.

 

Tim Small
Ringraziando Fabio per l’ottima analisi, mi rivolgo ora a Francesco. Abbiamo intenzione di rendere questo dibattito una votazione unanime a Vidal? Il discorso è così semplice? È il più forte, in ogni senso, fine del discorso? Anche solo per evitare di cadere nell’agiografia, Francesco, conto su di te.

 

Francesco Costa (@francescocosta)
È una scelta complicata che secondo me si riduce davvero soltanto a Vidal e Tévez, quindi parlerò soltanto di loro. Vidal gioca in Italia da tre stagioni. Nel suo primo campionato ha segnato 7 gol, nel suo secondo ne ha segnati 10, nel suo terzo ne ha segnati 10 quando manca ancora quasi tutto il girone di ritorno. Vidal non è un ragazzino, ha 26 anni, è sempre stato forte—segnò 10 gol anche nel suo ultimo anno in Bundesliga—ma è indubbio che quest’anno stiamo assistendo a un’esplosione. La domanda è: quanto dell’esplosione di Vidal è collegato all’esplosione della Juventus, che oggi in campionato ha 10 punti in più di quanti ne aveva a questo punto un anno fa, quando pure vinse lo Scudetto per distacco? Qual è la causa e quale l’effetto? La Juve quest’anno è una macchina da guerra perché è esploso Vidal? Oppure Vidal è esploso perché la Juve quest’anno è una macchina da guerra? Non esiste una risposta univoca a questa domanda, naturalmente, ma secondo me è più la seconda. Mi sembra che la Juventus, squadra organizzatissima e con un progetto tattico preciso fino ai limiti del ripetitivo, quest’anno funzioni così bene da esaltare i suoi giocatori: l’esplosione di Vidal è certamente più visibile, ma quella di Llorente che un anno fa era quasi un ex giocatore? Quella di Pogba, che in mezzo campionato ha già segnato più gol di quanti ne fece l’anno scorso nell’intera stagione coppe comprese?

Su transfermarkt.com Vidal vale €44.000.000. In realtà ne vale almeno 10 in più.

 

 

Vidal è il fenomenale ingranaggio di una macchina perfetta. Quando l’ingranaggio si blocca, Vidal si inceppa con lui. E in quel momento che racconta Fabio, con la Juventus in difficoltà, reduce da un brutto pareggio in Champions League, sotto di un gol contro il Verona, chi si carica sulle spalle la squadra? A chi passa la palla Vidal? A Tévez. Un calciatore meno dotato tecnicamente di Vidal—su questo non ci piove—ma mostruosamente forte dal punto di vista caratteriale: l’uomo che porta la squadra oltre i suoi limiti. Vidal ti fa vincere le partite; Tévez ti fa vincere le partite perse. Mi appoggio ai dati, che so bene possono essere letti in molti modi: ma la Juventus dell’anno scorso era già considerata una squadra imbattibile eppure le capitava di perdere in casa contro l’Inter di Stramaccioni, prendere addirittura zero punti in due partite contro la Sampdoria e pareggiare contro Parma o il Cagliari. In questa stagione cose del genere sono impensabili. Eppure l’allenatore è sempre Conte. Eppure Vidal è sempre al suo posto. Cos’è cambiato? Che c’è Carlos Tévez.
Questo fa di Tévez secondo me il miglior calciatore della Serie A in questo momento. Ma ne fa l’MVP? No. Il valore di mercato attuale e potenziale purtroppo non è un punto eludibile, nella valutazione complessiva. Vidal non può essere acquistato per meno di 50 milioni di euro, abbastanza da prendere due volte Strootman e restare con gli spicci. E con gli spicci ti compri Tévez. Nessun centrocampista puro ha una valutazione simile. Vidal è anche tre anni più giovane. Per me l’MVP è lui, anche se un po’ a malincuore.

 

 

Daniele Manusia (@DManusia)
Quindi, visto che non lo ha fatto Francesco, spetterebbe a me l’onere di eleggere un MVP che non sia Vidal? No mi dispiace, sarebbe un esercizio retorico davvero troppo spinto anche per me che sono pronto a cambiare qualsiasi mia opinione, con un minimo di argomenti. Lo sapevamo tutti che sarebbe finita così, tant’è che non ci siamo fatti scrupoli a tirare in ballo Cerci.
Anche se sulla questione Cerci, forse per compensazione con la generosità precedente, siamo diventati troppo severi. I numeri di quest’anno sono importanti e che li abbia fatti con tre anni al massimo ancora da giocare (come ha notato Fabrizio) in un momento di libertà e centralità tattica (come ha notato Fabio) a me fa pensare che in futuro potrebbe crescere ancora, e sarebbe bello magari vederlo sotto pressione. Non so a che squadra potrebbe sobbarcarsi i suoi limiti difensivi a parte questo Torino, ma a Roma ai tempi della Primavera era considerato l’erede di Totti, più di Aquilani, per dire, se maturasse davvero anche dal punto di vista mentale potrebbe davvero consolidarsi in cima alle classifiche MVP anche per i prossimi anni.
Higuaín poi ha numeri migliori (10+7) di Cerci, e a me impressionano gli assist più che i gol. Diciamo che ha quasi altrettante presenze (17) dello scorso anno al Madrid (19), ha già superato i 5 assist del 2012/2013. Oltre alla competizione con Benzema, Higuaín forse pagava i movimenti di Cristiano Ronaldo a cui va fatto spazio al centro. Nel Napoli invece sembra in perfetta sintonia con i tagli degli esterni e da qui alla fine della stagione non solo avrà sostituito alla grande Cavani anche senza segnare 29 gol (chi lo avrebbe detto), ma potrebbe garantire da solo al Napoli la possibilità di sopravvivere ad alti livelli anche per i prossimi anni. Se Benítez risolve il problema del trequartista (Hamšík sotto i suoi standard per vari motivi, Pandev non all’altezza, chissà Insigne o Jorginho) con cui Higuaín dovrebbe dividersi le attenzioni delle difese, potrebbe anche guadagnarne dal punto di vista realizzativo.
Per quanto riguarda Benatia condivido in parte lo scetticismo di Fabio, ma credo che l’aggressività sia dovuta più a una straripante sicurezza dei propri mezzi fisici (a volte sposta il suo avversario dalla palla prendendone in controllo con una naturalezza che ho visto a pochissimi) che ai limiti di posizione. Anche se forse questo tipo di caratteristiche sono più adatte a una difesa a 3 Benatia è parte della ragione per cui la Roma soffoca molti avversari nella loro metà campo (magari gli andrebbe messo a fianco un giocatore capace di chiudere eventuali buchi). Il problema secondo me è a livello psicologico, si è ambientato così bene a Roma che ha un modo molto romano di passare da una totale sicurezza a momenti di smarrimento incomprensibili. Secondo me potrebbe giocare in qualsiasi squadra al mondo, ma se tutto si tiene sulla sua voglia di dimostrare che i critici avevano torto il rischio è che all’ennesima sbavatura crolli come un castello di carte.
Questo per dire che a parte Tévez che tutti conoscevamo già e Vidal che abbiamo visto diventare un mostro, mi rendo conto di aver scelto sopratutto in prospettiva futura, quindi il valore di queste scelte è tutto da vedere. Al tempo stesso quali giocatori avremmo votato alla fine dello scorso anno che voteremmo ancora oggi?
Per Vidal però posso mettere le cose in una prospettiva opposta, sempre molto soggettiva. Fino a poco tempo fa non apprezzavo particolarmente il gioco della Juve, lo trovavo ripetitivo e privo di fantasia, se non addirittura “reattivo”, votato a reagire all’iniziativa della squadra avversaria, cioè, piuttosto che a creare di suo. Poi ovviamente mi sono arreso di fronte a una superiorità così manifesta e devo ammettere che ho notato (e per me è stato come se succedesse in diretta, ma magari era così anche due anni fa) una crescita dal punto di vista creativo, una capacità di sfruttare le debolezze strutturali di ogni avversaria, senza che necessariamente sia l’avversaria a commettere qualche errore.

Io vedo segni di quest’evoluzione, ma magari è una forzatura da parte mia, in cose tipo la rinuncia a Marchisio per Pogba che significa meno corse dietro le linee ma più qualità tra le linee, o davanti, per dettare l’ultimo passaggio e offrire un’opzione in più rispetto a Pirlo; ma questa evoluzione potrebbe spiegare anche l’esplosione, come giustamente la chiama Oscar, di Vidal, da cui adesso dipende buona parte degli inserimenti alle spalle delle difese schierate.
Mi spiego in questo senso anche la valorizzazione di Tévez (non è vero secondo me che è meno valido tecnicamente di Vidal, anzi) con la sua capacità di prendere palla tra le linee e girarsi sul posto come un serpente a sonagli, o come un giocatore di basket, spostando gli avversari col bacino. E non escludo che Conte possa andare in direzione proprio di un ulteriore aumento dell’importanza di Tevez e del suo compagno d’attacco (non sono convintissimo di Llorente per il definitivo salto di qualità a livello europeo, comunque fa impressione pensare che lo scorso anno giocavano Vucinic e Giovinco), trasformando la Juventus in una squadra a trazione anteriore.


Per ora però il cuore e l’anima della Juve di Conte è Vidal. Più che il giocatore più forte della squadra più forte, Vidal rappresenta l’eccellenza del calcio italiano in questo momento. Con dei significati che non mi dispiacciono: la superiorità del gruppo sul singolo e il trionfo dell’intelligenza tattica, intesa non solo come una serie di mosse e contromosse nell’arco di novanta minuti ma come progettazione di lungo periodo, costruzione di un gioco. Stiamo premiando un numero 8, non un 10, non un centravanti da 25 gol. Il nostro MVP è un giocatore la cui qualità principale sta nell’avere tutte e 3 le fasi di gioco ed essere capace di passare dall’una all’altra in un battito di ciglia. Magari privo di fantasia e individualmente non ai livelli dei vari Messi, Ronaldo, Hazard (nel senso che se lo calassimo in un deserto con la palla tra i piedi contro 11 avversari, e se perde palla muore, forse avrebbe meno possibilità di sopravvivenza) ma che trova nell’organizzazione di squadra la propria esaltazione fino a diventare, paradossalmente, insostituibile. Un tipo diverso di supereroe, cioè.

 

 

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Timothy Small vive a Milano. Head of Content di Alkemy digital enabler, ha diretto VICE Italia fino al 2012. Giornalista e film-maker, ha co-fondato l'Ultimo Uomo nel 2013 con Daniele Manusia e nell'aprile del 2015 ha fondato Prismo, rivista online di cultura contemporanea. Scrive regolarmente per GQ, L'Uomo Vogue, Linus, e ogni tanto anche per IL, Undici, The Paris Review e Studio.