
La scena è stata persino dura da guardare. Lorenzo Musetti sbraccia un rovescio su una rete, con l’aria di chi vuole solo andare sotto la doccia e fare un trattamento medico.
Lascia andare il braccio, la partita, la frustrazione e va ad abbracciare Learner Tien a rete. Nel frattempo viene sommerso di “buu” e fischi. Una frustrazione nella quale si è mescolato il fastidio per il ritiro ma soprattutto un fatto successo pochi giorni prima.
Contro Tien, Musetti stava giocando così bene che nel secondo set si era concesso pure il lusso di guardarsi un po’ allo specchio e di perderlo pur giocando bene. Aveva vinto il primo set brillantemente e tutto sembrava semplice, Il tennis fioccava dal braccio di Musetti con varietà e facilità. Palle alte e basse, corte e lunghe si alternavano, esaltate dal cemento lento che offre a Lorenzo l’essenziale tempo sulla palla. Poi, nel terzo, si è tirato un muscolo tra la parte alta della coscia e il gluteo. Il quarto infortunio muscolare della sua stagione bella e sfortunata.
Musetti ha giocato un paio di game di palle corte e colpi da fermo, e poi si è ritirato in un bagno di fischi. Strano in un mondo del tennis sempre rispettoso e colmo di compassione verso gli infortunati. Come si è arrivati a questo?
Qualche giorno prima il peccato originale. Contro Mpetshi Perricard, in un tiebreak teso del secondo set, arriva un delirio “fogniniano”: «Tossiscono sempre sti ca*** di cinesi. Continuano a tossire, ca***. Tossiscono ogni tre minuti».
Poi mima un colpo di tosse. Il pubblico lì per lì ride, perché forse non capisce.
Ricorda il momento in cui Fabio Fognini si augurava, pacatamente, una bomba sull’All England Club. Quando la scena di Musetti viene tradotta e i cinesi si rendono conto di quello che il tennista ha detto, diventa un piccolo caso mediatico.
Ne scrivono sui giornali, anche sul cinese The Paper, che lo accusa di aver detto “maledetti cinesi” e riporta che Musetti ha ferito i sentimenti di molti tifosi del Paese. Non è l’unico media ad aver definito l’episodio “offensivo” e “inappropriato” e molti tifosi cinesi si sono riversati nei commenti di Musetti per criticarlo, insultarlo, chiedere le sue scuse per l’insulto razziale.
Le scuse sono arrivate il giorno dopo con un post su Instagram. Scrive: “Le mie parole erano dirette solo a pochi singoli nel pubblico che tossivano ripetutamente. Non era riferito, in nessun modo, al popolo cinese”. Difficile non credere alla buona fede di un cuore puro come Musetti, ma è più difficile credere che la frase “sti ca*** di cinesi tossiscono sempre” non abbia connotazioni razziste. Come sempre in questi casi, giova ricordare che il giusto peso all’insulto lo dà chi lo riceve, non chi lo pronuncia. E i cinesi si sono sentiti offesi.
Musetti aggiunge nel suo post che lui ammira il popolo cinese, gli piace giocare lì. Ci gioca dal 2018! Si è sempre sentito ben accolto e persino amato. Sembrano frasi di circostanza, ma sono vere.
Musetti è particolarmente legato al torneo di Chengdu, a cui partecipa dal 2018 e che è sempre stata una strana isola felice di punti sul cemento - una superficie particolarmente ostica per lui. A Chengdu, Musetti va a trovare i panda insieme a Tartarini; ha raggiunto due volte la finale e una volta la semifinale: numeri inusuali per un giocatore sempre in difficoltà sul cemento. È una parte di stagione in cui accumula punti prima delle disgrazie in arrivo con i primi freddi e i campi indoor, inclementi col suo tennis classico. Anche quest’anno Musetti è andato in Cina ad accumulare punti utili a qualificarsi alle ATP Finals di Torino. Un obiettivo al momento alla portata, anche grazie alla progressiva disgregazione dei suoi avversari.

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Vi ho fatto questo quadretto per dire che effettivamente Musetti in Cina sta sempre molto bene. Quell’uscita, e tutto il caos che ne è seguito, fa parte dei suoi problemi nella gestione della rabbia, uniti al razzismo sottile e approssimativo di cui è imbevuta una parte della società italiana. A vedere la scena, a dire il vero, fa anche ridere. Soprattutto per un motivo: Musetti è evidentemente vittima di se stesso.
Questo episodio è solo l’ultimo che lo ha accomunato, nella narrazione comune, a Fabio Fognini. Due giocatori talentuosi, con risultati di carriera reali e potenziali simili e fiaccati da problemi caratteriali. Geni irregolari, per semplificare fino al luogo comune. La somiglianza è stata certificata dallo stesso Fognini in varie interviste. Quando ci abbiamo parlato, ci ha detto che si rivede in lui con tenerezza. «Ha tante soluzioni ma si ingarbuglia come me», ha detto Fognini con una bella empatia.
C’è però una differenza sostanziale, almeno mi pare, tra i due. C’è sempre stato un certo compiacimento nell’irregolarità di Fognini. Anche con ragione, ci ha sempre tenuto a sottolineare che “la testa” non c’entra niente con i risultati della sua carriera. Dice cose come «sono sempre stato me stesso» come se non avesse voglia di scendere a compromessi con lo standard caratteriale richiesto dal tennis.
In Musetti invece non c’è alcun compiacimento, piuttosto sofferenza. Da anni dice che sta lavorando su se stesso e sui suoi limiti, su quei momenti in cui scivola verso l’autosabotaggio. Si lamenta con la racchetta, l’arbitro, se stesso, Gesù Cristo nostro signore, divinità cattoliche e pure pagane. Agli US Open se l’è presa con Fratello Sole.
Musetti non si piace in questi momenti e ci sta lavorando. È seguito da un mental coach, nelle interviste racconta spesso questo percorso. In passato aveva parlato apertamente delle sue difficoltà mentali e ha dichiarato anche di stare lavorando per limitare le bestemmie in campo. Lo ha detto durante il torneo di Roma, lanciando il proposito apparentemente ironico di voler incontrare il Papa. Musetti, infatti, è credente. In passato ha giocato con un vistoso crocifisso al collo. Come per alcuni credenti non del tutto risolti, le bestemmie e la fede non sembrano in contraddizione.
Musetti, insomma, è vittima di se stesso; di una parte di sé furente, volgare, auto-distruttiva. Una parte difficile da conciliare non solo col suo tennis elegante, ma anche con un carattere dolce, buono e sempre rispettoso. Musetti che mantiene l’allenatore di quando era ragazzo, ha già due figli da molto giovane. Sembra un padre e un marito attento. È amato dai suoi colleghi e dal pubblico. Come fa questo Musetti a essere anche quello a cui scappa un insulto razziale così teatrale, così stupido, durante una partita? Possibile non si stesse rendendo conto delle gravi conseguenze che avrebbero avuto parole simili?
Nella partita successiva, quella precedente all’infortunio, Musetti ha battuto Adrian Mannarino e dopo ha chiesto scusa a mani giunte a tutto il pubblico. Sembrava davvero mortificato. Il pubblico cinese ha continuato a insultarlo sui social e nella partita dopo lo ha ricoperto di fischi mentre usciva dal campo infortunato. Un epilogo davvero crudele. All’interno di una stagione di crescita e consacrazione, nella quale ha centrato una semifinale al Roland Garros e un quarto agli US Open, Musetti ha avuto quattro infortuni muscolari. E ora questo momento di infamia pubblica.
Musetti ha un po’ l’aria da Paperino: un personaggio buono, puro, ma vittima dei propri eccessi. Uno con poco controllo, e che si ficca in situazioni sfortunate. Le circostanze sembrano sempre congiurare contro di lui, punzecchiato da un Dio capriccioso che ci prova gusto, a vederlo in collera.
Al di là del brutto scivolone di questa settimana, Musetti è sempre giudicato con un certo moralismo. Sui social viene spesso definito un immaturo, un narcisista, uno che sta sprecando il suo talento. Mi sembra una visione severa, oltre che lontana dalla realtà. Si riconosce poco l’umanità con cui Musetti lotta contro i propri difetti, e in cui è facile rivedersi. I progressi che ha fatto, e che dimostrano che non c'è compiacimento in questi momenti un po' sgradevoli.
D’altro canto fa anche sorridere, che capitino veramente tutte a lui.