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Foto di Francesco Pecoraro / Getty Images
Calcio Dario Pergolizzi 24 aprile 2020 5'

LPDC: Quanto sono importanti i movimenti senza palla?

Jacopo ci ha chiesto di un fondamentale spesso sottovalutato. Risponde Dario Pergolizzi.

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Ciao,

 

In questi giorni mi sono ricordato di due vostri articoli in cui si parlava rispettivamente dell’importanza del dribbling e dell’intelligenza con cui Mertens si muove e mette in crisi le difese avversarie. Quello che mi ha colpito è che spesso gesti che possono decidere una partita passano inosservati.

 

Tutto ciò non ha fatto altro che far riaffiorare un mio vecchio cruccio: i movimenti senza palla. Penso che questa ossessione è nata a causa del mio accanimento su Suso e dall’interesse (e invidia) per squadre che sviluppano il loro gioco con movimenti coordinati e precisi.

 

Ecco alcune domande che mi sorgono spontanee: quanto sono importanti i movimenti senza palla nel calcio?

 

È un fondamentale sottovalutato solo dagli spettatori o a volte anche dai giocatori?

 

Quali sono i movimenti più frequenti e/o efficaci?

 

Ciao,
Jacopo

 

Risponde Dario Pergolizzi

 

Ciao Jacopo,

con questa domanda hai toccato un tema che, a mio parere, è giusto definire sottovalutato. Lo è quanto meno nelle discussioni tra appassionati, ma fino a poco tempo fa anche nelle analisi in televisione o sui giornali era difficile trovare qualcuno che si soffermasse sui movimenti senza palla. Si tratta di un fondamentale che certamente è entrato nel dibattito da poco, e forse non ancora a sufficienza.

 

Perché, è bene ribadirlo, il movimento senza palla è un fondamentale. In fin dei conti durante una partita un giocatore passa più tempo senza che con il pallone. Tutte le idee di gioco, dalle più rivoluzionarie alle più conservative, passano da come i giocatori sanno muoversi in relazione l’uno all’altro. Per questo è determinante che un allenatore sappia spiegare esattamente come, dove e quando un suo giocatore debba muoversi rispetto alla posizione della palla, a quella dei compagni e degli avversari, della propria porta quando difende e di quella avversaria quando attacca. A certi livelli è innanzitutto una capacità cognitiva prima ancora che atletica e nell’allenamento esistono diversi metodi per migliorarla.

 

Da sempre si associa l’idea di movimento a quella di fatica, ritenendo giusto e naturale che i giocatori più decisivi, quelli con più qualità, coprano una porzione di campo ridotto rispetto ad altri, quelli che possiamo definire gregari a cui è richiesto un impegno maggiore nell’occupazione di spazi diversi. Questa distinzione era certamente più nitida fino a qualche decennio fa, oggi invece la mobilità in campo è più trasversale: a tutti i giocatori in campo sono richiesti movimenti continui, sia in fase offensiva che difensiva. Questo non significa che i migliori attaccanti debbano necessariamente percorrere lo stesso numero di chilometri a partita, con la stessa intensità, dei propri centrocampisti e terzini, ma che il loro coinvolgimento – soprattutto nella fase offensiva – passa inevitabilmente da una percezione ottimale degli spazi e dei tempi.

 

 

Questo concetto è estendibile a ogni ruolo, dal difensore alla punta, poiché nel calcio moderno, grazie agli sviluppi nel pressing, è sempre meno facile trovare un uomo libero per avanzare. All’interno del gioco di posizione, ad esempio, la capacità di generare linee di passaggio pulite è imprescindibile. Uno dei concetti a me più cari, da allenatore e analista, è: «I passaggi si fanno in due». Chi si muove, di norma, è addirittura più determinante a livello tattico di chi effettua materialmente il passaggio. È lui a decidere dove e come ricevere. I casi in cui è il passatore a determinare questi elementi sono delle eccezioni.

 

Ci sono diversi esempi di smarcamento, che avevo approfondito in una puntata della nostra rubrica Dizionario Tattico: movimenti diretti verso una direzione, contromovimenti con cambi di direzione per confondere il difendente (corto-lungo, lungo-corto, fuori-dentro, corse a uncino e così via), movimenti combinati tra due o più giocatori. Non c’è, in realtà, una risposta definitiva alla tua domanda “quali sono i movimenti più frequenti/efficaci”, dato che si tratta di una scelta tattica individuale che viene elaborata in risposta alle singole situazioni che si presentano durante la partita. Non esiste lo smarcamento definitivo impossibile da difendere e che risolve ogni situazione, anche se ci sono dei movimenti funzionali e dei pattern ricorrenti specifici in base alla posizione e all’intenzione. Può capitare che un giocatore sbagli il movimento, che non lo faccia, che non si capisca con i compagni, o che sia meno predisposto o meno capace di altri a muoversi negli spazi. Così come ogni gesto tecnico, c’è chi lo fa meglio di altri. Trovo difficile però che un giocatore possa arrivare ad alti livelli senza dare importanza (sottovalutando, come chiedi) al movimento.

 

Voglio infine soffermarmi sul passaggio in cui citi il tuo accanimento per Suso, immagino riferendoti alla sua tendenza a ricevere quasi sempre coi piedi sulla linea, e poche volte tra le linee, essendo un giocatore che predilige accentrarsi con la palla. Suso ha costruito le sue fortune (e sfortune) sulla capacità di puntare l’uomo, creare superiorità numerica, crossare o tirare, è un’ala più incline a ricevere sulla figura per poter decidere con i suoi tempi la giocata da eseguire, esercitando sul diretto marcatore anche una certa influenza psicologica. Pur non essendo particolarmente efficace, Suso rivestiva comunque un ruolo rilevante nelle fasi di possesso del Milan, che si affidavano appunto alle sue doti di gestione e lettura. I suoi allenatori hanno quindi accettato e cercato di sfruttare al meglio il suo modo di smarcarsi e ricevere, ossia con movimenti ad allontanarsi verso l’esterno e andando incontro al portatore.

 

Un tipico assist di Suso, da destra dopo aver ricevuto sui piedi.

 

Un’ala destra dall’approccio radicalmente diverso rispetto a quello di Suso è Callejon, un giocatore esplosivo, resistente, costante e rapido che ha fatto le fortune del Napoli, soprattutto di quello di Sarri, grazie ai suoi movimenti alle spalle della difesa e in profondità. In quel caso, il Napoli sceglieva di sviluppare il possesso prevalentemente sulla catena di sinistra per dare tempo e spazio a Callejon di attaccare il lato debole, per ricevere un traversone o comunque creare problemi alle difese avversarie. È facile pensare che in altri contesti tattici, o con altri compagni di squadra ancora più efficienti con cui contendersi il posto, né Callejon né Suso avrebbero trovato il minutaggio e la rilevanza che hanno avuto per le rispettive squadre.

 

La mitica intesa tra Insigne e Callejon, maestro del movimento senza palla tra centrale e terzino.

 

Ci sono esempi di differenze di smarcamento in qualsiasi ruolo, quelli in cui però emerge maggiormente la natura del giocatore sono sicuramente i ruoli offensivi, che sono lasciati generalmente più liberi di interpretare e improvvisare rispetto a chi costruisce l’azione nei primi 70 metri, anche se ormai ci siamo abituati a vedere terzini che si propongono per la ricezione dal difensore centrale muovendosi verso l’interno, o che si sovrappongono internamente anche fin dentro l’area mentre l’ala rimane larga.

 

È vero che il calcio è cambiato, che sono richieste più mobilità e duttilità in ogni ruolo, ma è altrettanto vero che qualsiasi implicazione tattica, collettiva e individuale, è direttamente influenzata dalle caratteristiche e dal potenziale dei giocatori stessi. Sta all’allenatore comprendere come e dove siano più incisivi i suoi giocatori e integrarli al meglio nel suo modello di gioco. Non è dunque inspiegabile che ci siano giocatori che amano ricevere più larghi o più stretti, spalle alla porta o scattando in profondità, sulla figura o sulla traiettoria di corsa, perché in fin dei conti è tutto parte dell’identità individuale e della capacità di espressione del talento. L’eterno dilemma di ogni allenatore è far coesistere l’efficacia del piano strategico con la maggior qualità possibile di esecuzione tecnica (difensiva e offensiva), cercando di curare lo sviluppo del movimento senza palla al pari degli altri gesti tecnici, più appariscenti ma ugualmente importanti.

 

Tags : josé callejonposta del cuoresuso

Dario Pergolizzi, Allenatore UEFA B e video analista, vive e studia il calcio con un approccio sistemico ed ecologico, attraverso le lenti della complessità.

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