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Gian Marco Porcellini
Cosa aspettarsi dall'Italia ai Mondiali di Volley
06 set 2018
06 set 2018
La presentazione delle prospettive della nostra Nazionale ai Mondiali di Volley.
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Gian Marco Porcellini
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Il percorso di avvicinamento della Nazionale maschile di pallavolo ai mondiali che cominciano domenica si ricollega idealmente a quella medaglia d’argento conquistata alle olimpiadi brasiliane del 2016. Un successo – al netto della bruciante sconfitta in finale contro il Brasile più umano da 12 anni a questa parte - capace di generare un entusiasmo scemato però durante lo scorso anno. Prima le stucchevoli polemiche tra Zaytsev e la federazione (ricordate lo “

”, che è costato all’opposto l’esclusione dalla lista dei convocati?); poi l’estate sabbatica



 

Juantorena per riposare e recuperare dai problemi alla spalla che l’avevano afflitto nell’ultima stagione; infine una formazione rimaneggiata che, priva dei due attaccanti di palla alta più forti, agli Europei non è andata oltre i quarti di finale.

 

L’Italia, che organizza la competizione iridata insieme alla Bulgaria, a soli 8 anni di distanza dall’edizione ospitata integralmente nel 2010, vorrebbe quindi ripartire da quel risultato e da quelle sensazioni puntando su una formazione identica per 5/7 rispetto a quella del 2016. L’obiettivo è tornare sul podio a 20 anni esatti dall’ultima volta, ossia da quel titolo vinto in Giappone dalla generazione dei fenomeni, il terzo e ultimo della propria storia. Ci proverà anche per cancellare l’ultimo deludente mondiale, terminato al secondo turno, forte dei rientri proprio di Zaytsev e Juantorena, nonostante un clima fin troppo tiepido a pochi giorni dall’inizio. «Pensavo si parlasse di più di questo mondiale. C’è ancora un po’ di titubanza, non tutti sanno che ci sarà un mondiale in Italia» il commento del commissario tecnico Gianlorenzo Blengini, che però potrebbe beneficiare di questa situazione per approcciarsi alla competizione con un briciolo di serenità in più.

 


In estate la Nazionale ha preso parte alla neonata Volley Nations League, che ha sostituito la World League dopo 27 anni di onorata carriera. Una competizione, quella partita il 25 maggio, ancora più lunga e logorante, composta da una prima fase di 15 partite, da disputare nell’arco di 5 week end consecutivi. «Nella VNL noi abbiamo “accompagnato” le nostre squadre in campo, non le abbiamo allenate» ha spiegato l’allenatore al mensile Pallavolo Supervolley «un torneo bizzarro che ti costringe a giocare a un ritmo serratissimo in luoghi troppo distanti tra loro. È una complicazione non da poco: alcuni giocatori dovrebbero solo riposare per arrivare al Mondiale in forma. Abbiamo cercato di dare un colpo al cerchio e uno alla botte in una situazione non ideale. In più noi abbiamo tutti giocatori che militano in Italia, il campionato più duro e stressante del mondo, che porta a un consumo di energie fisiche e mentali superiori».

 

Gli azzurri, che hanno così sfruttato la competizione per far ruotare una ventina di giocatori (come del resto quasi tutte le squadre), ha fallito la qualificazione alle Final 6 dopo aver chiuso il girone eliminatorio al 7° posto a pari punti con il Canada. È stata cioè la prima delle escluse dalle fasi finali, un risultato deludente e paradossale, se si considera che ha sconfitto 3 delle 6 formazioni che l’hanno preceduta (nell’ordine Brasile, Serbia e Francia), ma ha perso contro avversari ampiamente alla portata, come Giappone e Australia. Sarebbero bastati 6 punti con queste due selezioni per accedere alle finali vinte dalla Russia.

 

Proprio perché il selezionatore di Torino ha variato abbastanza da un week end all’altro, la VNL non ha fornito inidicazioni lineari. Solo nelle ultime amichevoli con Olanda e Cina il tecnico piemontese ha finalmente schierato quella che con ogni probabilità sarà la formazione titolare: la diagonale palleggiatore-opposto formata da Giannelli e Zaytsev, in banda Juantorena e Lanza, al centro Anzani e Mazzone (quest’ultimo favorito su Cester) e Colaci come libero.

 

Sono i centrali a rappresentare per nomi e caratteristiche il punto di rottura rispetto al sestetto olimpico: se i Buti, i Birarelli e i Piano hanno fatto del muro il proprio punto di forza, i loro sostituti sono più propensi ad attaccare (a parte forse Candellaro, che comunque parte più indietro nelle gerarchie), i quali in linea teorica possono rendere la distribuzione di Giannelli più omogenea. Il denominatore comune di Anzani, Cester e Mazzone è la migliore stagione della propria carriera, l’ultima, in un club di prima fascia (Anzani con la maglia di Perugia, Cester di Civitanova e Mazzone di Modena), dove hanno fatto registrare percentuali superiori al 60% in attacco su oltre 240 palloni attaccati tra regular season e play-off.

 

I palleggiatori Giannelli e Baranowicz dal canto loro hanno cercato di assecondare le inclinazioni di questi giocatori: se nella World League di due anni fa i centrali hanno attaccato appena il 14,47% dei palloni, nell’ultima VNL la percentuale è salita al 17,97. Certo, non parliamo di specialisti del fondamentale in senso assoluto, ma pur sempre di elementi in grado di offrire un’alternativa valida alla palla alta. E per quanto l’intesa tra Giannelli e i centrali possa ancora essere affinata, è incoraggiante vedere come l’alzatore di Trento stia provando a giocare dei primi tempi spostati o delle tese al centro, specie con Anzani, o ancora delle fast dietro con Mazzone.

 



Da notare il coraggio con cui l’alzatore cerca il proprio centrale con una palla, la “7”, difficile da eseguire, a maggior ragione dopo un primo palleggio un po’ basso.


 

A parte Mazzone – che nelle rotazioni dovrebbe giocare vicino a Giannelli, malgrado sia stato invertito di posizione con Anzani e Cester a più riprese – Anzani, Cester e Candellaro non hanno quell’esuberanza atletica o la manualità necessarie per uscire dall’1 vs 1 con il centrale avversario. Per cui occorre che la palla esca rapida dalle mani di Giannelli per far sì che i posti 3 si aprano una direzione da attaccare (Anzani ama girare i primi tempi in posto 5, Mazzone invece in 6). Dei tre Anzani, tra l’altro l’unico dell’intera rosa a essere stato impiegato in tutti e 15 i match di Nations League, è stato il migliore per distacco in questo fondamentale (63,9% su 133 palloni), seguito da Mazzone (56,37% su 55 palloni) e Cester, protagonista di un torneo deludente (43,33% su 62 palloni).

 


Il gioco in 3, come detto, va sfruttato per non sovraccaricare il trio di palla alta in generale e Zaytsev in particolare, il principale punto di forza. Di sicuro Lanza e Juantorena, i due schiacciatori titolari, arriveranno in una condizione migliore di due anni fa, quando scontavano i postumi dei fastidiosi infortuni rispettivamente al ginocchio e alla spalla. Juantorena, uno dei migliori al mondo nel suo ruolo, è reduce da un’annata incredibile, in cui ha rasentato il concetto di onnipotenza, giocando sopra le difficoltà della Lube.

 

Del martello nativo di Santiago di Cuba impressionano i numeri (56,2% in attacco, una media quasi da centrale, addirittura 16 gare sopra il 60% e 1,6 ace a partita a fronte di appena 2,2 errori al servizio), le traiettorie incredibili che è in grado di disegnare grazie a un braccio snodato come quello di Rubber del cartone “One Piece”, ma soprattutto la capacità di essere risolutivo nei momenti caldi. Lo scarto tra un mondiale più o meno positivo passa inevitabilmente dalle sue prestazioni.

 

In Nations League ha giocato solo le prime sei partite, attaccando con il 49,29% di positività, una percentuale buona ma distante dai suoi standard: la mia impressione è che non riesca sempre a trovare la palla ideale con Giannelli in banda (pregevole invece l’intesa sulla pipe), da cui vorrebbe un’alzata appena più lenta e staccata dall’asticella, in modo che possa avere a disposizione quante più direzioni d’attacco possibili ed eventualmente ritardare la schiacciata giocando sul tempo di salto del muro.

 

 



 

 In questa circostanza Osmany ritarda l’attacco, mandando a vuoto il raddoppio di Mauricio in posto 2.


 

A completare la diagonale con l’italo-cubano (che partirà come primo schiacciatore), il neo posto 4 di Perugia Filippo Lanza, l’equilibratore tra fondamentali difensivi offensivi, sebbene nel corso della sua esperienza a Trento

in ricezione siano scese all’aumentare del suo coinvolgimento in attacco. Lanza sopperisce ad un’elevazione ordinaria (138 centimetri), se inserita in un’epoca sempre più dominata dalla potenza e dall’esuberanza fisica, che non gli permette di uscire con continuità dal muro, con una buonissima manualità e un’innata sensibiltà nel leggere i posizionamenti del muro avversario, che può mandare fuori tempo grazie al mani fuori, oppure fintando l’attacco in diagonale per poi andare sulla parallela (“

”), il suo colpo preferito.

 

Il backup di Juantorena è Luigi Randazzo, che nell’ultimo biennio ha trovato una buona continuità di impiego e rendimento, fino battere la concorrenza di Antonov. In seconda linea invece il ricambio designato sarà Maruotti, che ha avuto la meglio su Parodi, tagliato da Blengini dopo la VNL.

 

Opposto a Giannelli troviamo Ivan Zaytsev, l’icona mediatica del movimento pallavolistico italiano. I due anni a Perugia ci hanno restituito un giocatore fortificato dall’esperienza da schiacciatore, passato da un percorso di formazione tortuoso e culminato in un 2018 molto positivo. Alle soglie dei 30 anni lo “Zar”, mai così completo e maturo, ha la possibilità di definire i contorni della sua carriera e del suo reale valore, messo costantemente in discussione

più popolare che bravo. In VNL si è rivelato il più solido tra i laterali, attestandosi su un buonissimo 51,51% in attacco e confermando il feeling con Giannelli, che gli permette di sviluppare tutta la propria altezza e fisicità.  Un esempio viene da 

,
 l'accelerazione di Giannelli, che gioca una sorta di fast dietro con un sontuoso palleggio a una mano, non sorprende Zaytsev, al contrario gli stende il tappeto rosso contro il solo Rossard a muro.

 

Zaytsev si è alternato con Nelli, che dopo la prima annata da titolare della carriera in Superlega, fatta di comprensibili alti e bassi, ha confermato pure in azzurro pregi e difetti: l’opposto di Trento è un profilo altrettanto potente, ma in possesso di meno traiettorie d’attacco dello Zar.

 

A giostrare gli attaccanti Simone Giannelli, il talento più puro prodotto dal volley nostrano negli ultimi 3 anni. Con Angelo Lorenzetti a Trento il palleggiatore del ’96 ha accentuato il suo stile centrato sul gioco spinto, in particolare quando riceve distante da rete, al fine di togliere prevedibilità anche agli attacchi più scontati. Inoltre ama palleggiare nella direzione opposta da cui proviene la palla, a maggior ragione con una ricezione spostata (ad esempio una ricezione da 5 si può trasformare facilmente in un’alzata dietro verso posto 1-2). Gioca al centro principalmente quando gli arriva una palla veloce, diversamente finta il primo tempo per servire una palla bassa e rapida in posto 4.

 

Complessivamente la Nazionale ha attaccato con il 50% di positività, un dato discreto ma migliorabile di almeno un paio di punti, sporcato da una ricezione a tratti deficitaria (appena il 26% di doppio positiva), specie nelle gare con Randazzo in campo (22,7% di rice ++ su 145 palloni). L’Italia schiera Juantorena S1 e Lanza S2 per allontanare nelle rotazioni il primo schiacciatore dall’opposto, e scaglionare quindi in 5 rotazioni su 6 i due migliori attaccanti di palla alta tra prima e seconda linea, in modo da mantenere sul cambio palla una fisionomia omogenea e dare al tempo stesso dare meno riferimenti possibili al muro avversario. Il rovescio della medaglia vede però Juantorena impegnato in ricezione per ben due rotazioni in posto 6, ossia in posizione centrale (la più delicata in quanto bisogna spartirsi anche le due zone di conflitto con gli altri due ricettori), contro le tre di Colaci, il libero, e una sola di Lanza. Il cubano naturalizzato italiano, nonostante una tecnica da manuale, cerca di minimizzare gli sforzi in questo fondamentale a livello di posizionamento dei piedi e nel piegamento delle ginocchia, per non precludersi l’opportunità di schiacciare, anche a costo di qualche imprecisione nell’esecuzione del bagher.

 

Non è propenso a muoversi all’indietro o in orizzontale, al massimo avanza di qualche passo per anticipare la battuta ricevendo in palleggio. Lo stesso Colaci, uno dei punti di riferimento a livello di ricezione, non è andato oltre il 17% su 156 palloni ricevuti. A prescindere dalle rotazioni, l’obiettivo dei posti 1 e 6 è coprire le zone di conflitto alla propria sinistra, per fare in modo che il posto 5, cioè lo schiacciatore di prima linea, abbia meno campo da coprire e venga messo nelle condizioni di attaccare. Inoltre quando Zaytsev si trova in posto 1, all’occorrenza si può aggiungere alla ricezione.

 



Qui ad esempio sulla P4 si forma una linea da 4 uomini per ricevere la battuta di Rossard.

 

Fase break
Altalenante pure il servizio, uno di quei fondamentali da cui l’Italia potrebbe ricavare più degli 1,36 ace/set messi a segno nel torneo di giugno (in Superlega 8 formazioni hanno fatto meglio). Anche perché ha le qualità per colpire con tutti e sei i titolari: in primis dai quattro battitori al salto (da Juantorena a Zaytsev, rispettivamente quarto e quinto per ace/set nell’ultima regular season di SL, passando per Lanza e Giannelli) e in seconda battuta dai centrali, Mazzone e Cester, che a turno cercano la battuta profonda o provano a disturbare la penetrazione del palleggiatore in prima linea con un servizio più corto. In più può contare sul servizio velenoso di Nelli, che spesso è entrato per battere al posto di un centrale, offrendo un contributo sensibile.

 

Servizio che si collega naturalmente alla correlazione tra muro e difesa, specie per una formazione che non possiede un muro incisivo in senso assoluto, ma che si fa particolarmente efficace quando la ricezione avversaria si stacca da rete. Dopo un primo week end incoraggiante, in cui l’Italia è riuscita anche in sfide disordinate, come le prime due con Germania (3-1) e Brasile (3-2), ad allungare gli scambi difendendo varie palle grazie al lavoro della seconda linea, aiutata da un muro capace di chiudere almeno una direzione d’attacco, gli azzurri si sono dimostrati meno continui contro quei sestetti che hanno ricevuto con delle buone percentuali (tra gli altri Argentina, Polonia e Russia).

 

In queste uscite il muro ha faticato a leggere il gioco del palleggiatore, con i giocatori di prima linea che sono rimasti ancorati ai propri uomini di riferimento, al punto che talvolta hanno preferito opzionare preventivamente il salto sull’uomo da marcare piuttosto che rimanere in lettura ed intevenire in un secondo momento. A soffrire è soprattutto il muro di posto 4, con Lanza a cui manca qualche centimetro per invadere a sufficienza e Juantorena che nonostante i 2 metri d’altezza presenta qualche difficoltà nell’orientamento delle mani. Inoltre in alcuni time out Blengini si è lamentato con i muratori in banda per aver tenuto troppo la parallela in quelle rotazioni con Colaci alle loro spalle (vale a dire il difensore più forte della rosa), anziché concentrarsi sulla diagonale e lasciare l’opposto avversario contro il libero in parallela. Il muro di posto 2 invece ha una presenza più importante, grazie a Zaytsev e Giannelli, probabilmente il palleggiatore più prolifico al mondo in questo fondamentale: in VNL è arrivato addirittura a 0,49 muri per set, meglio di un centrale come Anzani (0,48), che, come del resto Mazzone, più che negli 1 vs 1, diventa un fattore quando l’alzatore può giocare solo la palla alta e il centrale riesce quindi a dedicarsi all’assistenza ai laterali.

 



Servizio di Nelli ficcante, ricezione della Bulgaria staccata e l’Italia ha il tempo per organizzare il muro in posto 2, con Cester che fornisce assitenza a Giannelli.


 

La media di 2,39 muri a set, gli stessi della Perugia campione d’Italia, la dice lunga sulle potenzialità degli azzurri in questo fondamentale, dove però hanno offerto prestazioni ondivaghe: sono passati dai 15 block contro la Francia (3-0), i 10 contro Canada (1-3), Iran (3-0) e Bulgaria (3-1), ai 6 con la Polonia (2-3), i 4 con la Russia (0-3) e i 3 con gli Usa (0-3).

 


L’espressione “non si può sbagliare neanche una partita”, per quanto banale, aderisce fedelmente alla formula del mondiale, una maratona da 12 partite in 21 giorni. Perchè le 4 squadre che dal girone iniziale (4 raggruppamenti da 6) si qualificano al secondo gruppo, ripartono con gli stessi punti conquistati nella prima fase. Sarà quindi fondamentale chiudere al primo posto e con quanti più punti possibili, nonostante degli avversari fastidiosi come Slovenia e Belgio, che hanno eliminato l’Italia rispettivamente negli europei 2015 e 2017, o ancora l’Argentina del santone Velasco, che in VNL si è imposta 3-0. Ammesso che gli uomini di Blengini arrivino primi, verosimilmente si ritroverebbero nel secondo girone (sempre 4 gruppi, stavolta da 4 formazioni l’uno) una tra Francia e Brasile: sarà importante costruirsi una dote che permetta di assorbire in maniera indolore un’eventuale sconfitta, considerato che accedono alla terza fase solo le prime 4 più le 2 migliori seconde, inserite tramite sorteggio in due gironi da 3. Successivamente semifinali e finali a Torino tra il 29 e il 30 settembre.

 

Gli uomini di Blengini non partono con l’obbligo di vincere, ma vanno comunque inseriti in un novero di 7 candidate al titolo, tra cui vige un sottile equilibrio. Parte un’incollatura avanti rispetto alla concorrenza la Russia campione d’Europa e vincitrice della VNL, tornata in auge dopo un triennio di transizione grazie all’esplosione di due martelli incredibilemente completi come Volkov e Kliuka e il ritorno in nazionale di Muserskiy, che si affiancano a Mikhaylov, tra i primi 3 opposti al mondo. Alle spalle della formazione più equilibrata e profonda del lotto, un Brasile ormai attempato (in sestetto almeno 5 over 30), che si trascina il dubbio su quale schiacciatore sostituirà Lucarelli, il talento verdeoro più luminoso, fuori condizione dopo l’infortunio al tallone d’Achille dello scorso novembre. Guai comunque a sottovalutare una selezione che dal 2002 tra olimpiadi e mondiali è sempre arrivata almeno in finale. Avrà problemi in banda pure la Francia, che dopo aver perso Clevenot dovrà fare a meno di Ngapeth a causa di un problema addominale per 2-3 settimane e che a questo punto vede le proprie quotazioni in calo.

 



Earvin Ngapeth, uno delle icone più tecniche, influenti e divisive del volley mondiale, a tempo perso porta avanti anche una carriera musicale. Questo il suo ultimo pezzo, una traccia più pop rispetto al suo repertorio hip hop.

 

La più volubile tra le favorite è senz’altro la Serbia, capace nel 2016 di vincere la WL e non qualificarsi per le olimpiadi, o ancora di scialacquare due set di vantaggio nella semifinale poi persa con la Germania negli ultimi europei. Una squadra con attaccanti estrosi, accompagnati però da un palleggiatore dalla distribuzione a tratti scolastica come Jovovic. Per una Polonia che sta progressivamente assimilando il ricambio generazionale successivo al titolo del 2014, troviamo una costante come gli Stati Uniti, una delle selezioni più rodate e tecniche, che però potrebbe pagare la leggerezza dei due schiacciatori Sander e Russell in ricezione.

 

La linea di demarcazione tra un mondiale negativo e uno sufficiente si attesta tra la seconda e la terza fase: arrivare tra le prime 6 equivale ad aver raggiunto l’obiettivo minimo, mentre un podio, a prescindere dal colore della medaglia, costituirebbe un ottimo risultato, che però non può non passare da un incremento di servizio, ricezione e un mondiale da trascinatore da parte di Juantorena. Uscire invece tra il primo e il secondo turno rappresenterebbe il secondo fallimento di fila dopo il mondiale del 2014 e potrebbe persino determinare la fine di un ciclo e della competitività nel breve-medio termine, per una selezione in cui 3 top player su 4 hanno almeno 30 anni (Zaytsev ne compirà 30 in ottobre, Colaci e Juantorena invece ne hanno 33, 11 in più di Giannelli) e non è affatto scontato che la pantera e il libero possano mantenere il loro prime tra 2 anni, quando si svolgeranno le olimpiadi di Tokio. Alle spalle di questo gruppo non sembra esserci in termini quantitativi e qualitativi un ricambio generazionale adeguato, in particolare in posto 4: nell’ultima Superlega solo 6 schiacciatori italiani under 30 hanno attaccato e/o ricevuto almeno 50 palloni.

 

 

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