
Il 2018 è stato mediaticamente un anno fantastico per l’UFC (la più importante promotion al mondo) e per le MMA in generale, soprattutto grazie al tanto atteso ritorno in gabbia di Conor McGregor contro Khabib Nurmagomedov. Un incontro che ha generato - complice lo storytelling e l’inimicizia naturale fra i due - curiosità anche in appassionati dell’ultima ora e il record assoluto per quanto riguarda le “pay per view” vendute (2.4 milioni). Alla fine, però, il momento più importante dell’anno per le MMA si è concluso con una rissa finale, che è forse la peggior pubblicità possibile per uno sport ancora in cerca di rispettabilità mainstream.
La storia dell’inimicizia tra McGregor e Nurmagomedov comincia molto prima dell’incontro. Già due anni fa Nurmagomedov chiedeva di combattere contro McGregor dandogli del “pollo”. Ma la scintilla degli avvenimenti recenti sta forse da qualche parte nelle dichiarazioni di Artem Lobov, russo come Khabib ma compagno d’allenamento dell’irlandese (secondo alcuni “raccomandato” UFC proprio per il suo rapporto privilegiato con il fighter più famoso al mondo), quando in un diretta social ha detto: «Khabib ha già abbandonato sei combattimenti. Si chiama sempre fuori. Se qualcosa non è perfetta, ha un dolorino, o qualsiasi cosa succeda, si chiama fuori. Non riesce nemmeno a rientrare nel peso. Non gli interessa dei suoi fan, di quelli che volano dalla Russia per vederlo. Il visto, le spese, e poi non si presenta. E non è nemmeno l’unica volta. Chi sarebbe quindi il pollo?».

Foto di Harry How / Getty Images
Lobov e Nurmagomedov si sono incontrati lo scorso aprile nella hall di un hotel prima di un evento in cui entrambi avrebbero dovuto combattere (UFC 223) e Khabib non ha perso l’occasione per minacciare Lobov e prenderlo per il collo. McGregor allora ha preso il proprio aereo personale e si è precipitato a Brooklyn, facendo irruzione con alcuni suoi amici e lanciando un carrello contro l’autobus dove si trovava Khabib, rompendo un vetro e ferendo altri fighter in attesa di essere trasportati in albergo (con Michael Chiesa sono ancora in causa).
McGregor ne ha risposto davanti alla giustizia americana e l’UFC ha cavalcato la cosa per preparare l’incontro (con tanto di video del carrello contro l’autobus infilato nel trailer). Da quel momento il trash talking di McGregor non ha fatto che aumentare fino ad arrivare al match che, come ben noto, è stato dominato da Khabib. Se per McGregor era tutto parte dello spettacolo, per Khabib la giustizia del combattimento non è stata abbastanza e appena finito l’incontro ha scavalcato la gabbia per andare a regolare i propri conti con il resto del team dell’irlandese, così come parte del team del daghestano è entrato in gabbia per vedersela con McGregor in persona.
Un mese dopo però Khabib ha addirittura dichiarato che potrebbe fare pace con McGregor («Tutto è possibile. Come abbiamo litigato, possiamo fare pace. Chi siamo noi per non concedere il perdono al prossimo quando l’Onnipotente lo concede a noi?») e alla fine a rimetterci è stato soprattutto il mondo delle MMA.

Foto di Sam Wasson / Stringer
Ma se McGregor-Nurmagomedov è stato il momento mediatico dell’anno per le MMA, quello sportivo appartiene a Daniel Cormier, già campione dei Light Heavyweight, che lo scorso 7 luglio ha strappato la cintura degli Heavyweight a Stipe Miocic, centrandolo a ventisette secondi dal termine del primo round con un gancio al mento in uscita dal clinch, mandandolo a dormire senza possibilità di replica. Miocic aveva stabilito da poco il record di difese titolate nel regno dei massimi UFC (3) e la prospettiva di combattere con lui rappresentava per Cormier non solo la possibilità di diventare il secondo campione in UFC a detenere contemporaneamente due cinture (l’unico oltre a Conor McGregor), ma anche quella di essere considerato come uno dei più grandi nel mondo delle MMA.
Daniel Cormier nei confronti di Miocic aveva un netto svantaggio fisico e un osservatore neutrale alle prime armi non gli avrebbe dato alcuna possibilità. Ma ha compensato con la strategia e l’intelligenza: ha cercato subito di accorciare le distanze, entrando in clinch e colpendolo con montanti e ganci corti. A meno di trenta secondi dalla fine del primo round e col vantaggio sul timing in clinch sempre più evidente, Cormier evita due allunghi di Miocic, sporca la fase di stand-up entrando in clinch, nota l’apertura sul lato sinistro del volto di Miocic ed esce con un poderoso gancio destro che lo addormenta, per poi finirlo con due colpi in ground and pound.
Ma il 2018 di Cormier entra di diritto nella storia dello sport quando, a novembre, difende proprio la cintura degli Heavyweight contro Derrick Lewis (a UFC 230). Non solo è la sua 15esima vittoria nella categoria, in cui è ancora imbattuto pur avendo fatto una carriera parallela nella categoria sottostante, ma in questo modo Cormier è diventato anche l’unico fighter in attività ad aver difeso due cinture contemporaneamente.
L’unico rammarico per una carriera splendida potrebbe essere quello di non aver battuto Jon Jones in carriera, ma Cormier non ha ancora finito e dopo UFC 232, evento nel quale Jones e Gustafsson si sono contesi la cintura dei Light-Heavyweight, non è detto che non possa regalare il gran finale ai suoi fan chiudendo la trilogia (che è in favore di Jones, il quale ha vinto due volte, ma dopo la seconda è stato testato positivo all’antidoping). Il 2018 è stato un grande anno per le MMA, ma lo è stato soprattutto per Daniel Cormier.