Con tre punti in meno del Milan, ma anche una partita da recuperare, la Lazio aveva l’opportunità di conquistare virtualmente il quarto posto nello scontro diretto di sabato scorso contro i rossoneri. A 7 giornate dal termine, la partita era diventata una di quelle che secondo la retorica condivisa (forse un po’ esagerata) vengono definite comunemente finali. Nonostante fosse la squadra di Inzaghi a dover fare qualcosa in più per mostrare la propria voglia di giocare la Champions League la prossima stagione, a posteriori possiamo dire che sia stato stato soprattutto il Milan ad aver convinto sul piano della strategia di gara.
Il percorso di crescita intrapreso da Gattuso questa stagione sembra continuare e la partita con la Lazio dà continuità a quanto di buono visto nella partita precedente, quella con la Juventus, dove i rossoneri avevano convinto dal punto di vista della prestazione aggressiva e organizzata. Da parte sua, la Lazio soltanto a sprazzi è sembrata presentare in campo la sua versione dei giorni migliori: l’atteggiamento piuttosto rinunciatario in fase di non possesso, ad esempio, sembra tanto dovuto ai miglioramenti che il Milan ha effettuato in questa stagione, quanto alla mancanza di certezza da parte di Inzaghi.
Va detto comunque che la Lazio ha avuto le occasioni più importanti del primo tempo - con la splendida parata di Reina su Immobile dopo 2 minuti e il palo colpito dallo stesso giocatore della Lazio a due minuti dalla fine della prima frazione - ma il Milan è sembrato controllare il contesto per la maggior parte del tempo e alla fine il rigore realizzato da Kessié (su un fallo non chiarissimo subìto da Musacchio) ha legittimato il predominio territoriale dei rossoneri.
Quanto è migliorata la fase di possesso del Milan
L’atteggiamento passivo e attendista della Lazio in fase di non possesso rifletteva la volontà di non esporre i fianchi all’ormai sempre più solida fase di costruzione bassa del Milan. I rossoneri sono usciti quasi sempre in maniera pulita dalla difesa, e in almeno tre occasioni lo hanno fatto grazie a delle belle giocate di Reina (e forse sono dovuti anche alla sua presenza nello spogliatoio, e nel campo di allenamento del Milan, i miglioramenti di Donnarumma nel gioco con i piedi, al netto del pacchiano errore contro la Sampdoria).
Ma anche al di là della costruzione bassa, il Milan è sembrato progredire nell’utilizzo e nella fluidità delle catene laterali del 4-3-3. L’obiettivo principale di Gattuso, conscio che la Lazio si sarebbe chiusa nel suo 5-3-2 fin da inizio azione, era quello di invogliare l’uscita in pressing di una mezzala biancoceleste (Milinkovic-Savic sul centro-destra, Luis Alberto sul centro-sinistra) per permettere a un uomo rossonero di ricevere tra le linee, negli spazi ai lati di Lucas Leiva.
Per questo il Milan ha provato in più modi a manipolare lo schieramento della Lazio utilizzando le rotazioni naturali delle catene laterali del 4-3-3: in alcuni casi erano le mezzali rossonere (Kessié a destra e Çalhanoglu a sinistra) ad abbassarsi liberando la salita del terzino e provando a forzare l’uscita in pressing della rispettiva mezzala laziale; in altri casi, quando la mezzala biancoceleste usciva su Calabria o Rodriguez, erano l’esterno o la mezzala rossoneri a farsi trovare ai fianchi e alle spalle di Lucas Leiva.
Esempio di una rotazione nella catena sinistra, con Borini che si abbassa a ricevere e Rodriguez che si alza: tra le linee ci sono sia Çalhanoglu (alle spalle di Milinkovic-Savic, attratto da Borini) che Suso (alle spalle di Lucas attratto da Bakayoko).
Per via della strategia messa in atto da Gattuso, Lucas Leiva ha intercettato solo 3 palloni in tutta la partita. Inoltre, l’utilizzo efficace di uno o due giocatori contemporaneamente tra le linee ha permesso a Piatek di evitare quel lavoro da raccordo di cui troppo spesso gli attaccanti milanisti (a cominciare da Higuain a inizio campionato) sono stati sovraccaricati. Il centravanti polacco è potuto rimanere concentrato nella ricerca di palle, anche sporche, su cui buttarsi in area di rigore, grazie al suo eccezionale istinto da prima punta.
A fine partita gli uomini rossoneri con più passaggi chiave messi a segno sono stati Çalhanoglu (4) e sorprendentemente Borini (3), grazie alla sua posizione più accentrata rispetto al solito. La strategia non è cambiata dopo gli infortuni di Calabria e Romagnoli nel secondo tempo, anzi Gattuso ne ha approfittato per ridisegnare un 3-4-2-1 con l’obiettivo ancora più evidente di far ricevere le due mezze punte (Suso e Çalhanoglu) ai fianchi di Lucas Leiva.
I tre giocatori di fascia del Milan (terzino-mezzala-esterno alto) si muovono in maniera meno meccanica di un tempo, con rotazioni costanti e interpretazioni particolari a seconda della singola situazione di gioco, dando quindi meno punti di riferimento alla fase difensiva dell’avversario. Con Paquetà, Gattuso aveva lavorato nel cercare di ricreare le connessioni con l’esterno d’attacco (soprattutto Çalhanoglu) tramite i movimenti esterno-interno combinati, come faceva con Bonaventura; contro la Lazio, senza il brasiliano infortunato, cioè, i continui cambi di posizione tra Suso e Borini hanno garantito fluidità e imprevedibilità alla manovra del Milan.
Quanto è migliorato il pressing del Milan
Uno dei punti deboli della gestione tattica di Gattuso, finora, è stata l’organizzazione delle fasi di non possesso aggressive, solitamente limitate al minimo, con un approccio tendenzialmente attendista. Il derby perso contro l’Inter, recentemente, aveva proprio evidenziato alcune carenze del Milan nel tentativo di recuperare il pallone in zone medio-alte; contro la Juventus (soprattutto nel primo tempo) si erano però visti dei miglioramenti, che tra le varie cose avevano permesso al Milan di recuperare alto il pallone portando al gol del momentaneo vantaggio di Piatek.
La maggiore efficacia del Milan nei tentativi di pressing è per gran parte frutto dell’inserimento di un giocatore sempre più determinante e irrinunciabile come Bakayoko. Con il francese in campo, differentemente da Biglia, il Milan può scalare in pressing in qualsiasi zona, sia in avanti che lateralmente, confidando sulle sue puntuali coperture alle spalle della prima linea di pressione.
I progressi compiuti nelle fasi difensive più aggressive grazie a Bakayoko si vanno ad allineare anche alle maggiori sicurezze che il francese dà nella copertura dello spazio ai suoi fianchi a difesa schierata, a differenza di quanto facesse Biglia. L’argentino era ormai diventato un target per gli avversari per provare a giocare ai suoi lati (come confermato anche da De Zerbi dopo Sassuolo-Milan) ma con Bakayoko in fase difensiva le cose sono decisamente cambiate.
Contro la Lazio, le scalate di Bakayoko in avanti hanno permesso al Milan di attaccare con discreto successo la costruzione bassa dei biancocelesti, coprendo tutto il campo in ampiezza. I 3 attaccanti del Milan prendevano infatti i 3 difensori centrali laziali, mentre le mezzali si accoppiavano naturalmente; a quel punto Bakayoko era chiamato a scalare in avanti per oscurare le linee di passaggio a Lucas Leiva.
Ma anche quando le mezzali del Milan scalavano in pressing lateralmente, il francese era pronto a sua volta a coprire il campo ai suoi fianchi.
Due immagini che testimoniano la grande mobilità e importanza delle scalate di Bakayoko in fase di pressing. Nella prima permette a Piatek di uscire direttamente su Acerbi, scalando alle sue spalle su Lucas Leiva; nella seconda, sul brasiliano era uscito Çalhanoglu e Bakayoko ne copre lo spazio alle spalle scalando esternamente su Milinkovic-Savic.
Al Milan manca ancora un po’ di coordinazione collettiva nei tempi corretti del pressing, soprattutto da parte degli elementi offensivi. La strada intrapresa da Gattuso, tuttavia, si incastra perfettamente con la volontà di recuperare il pallone in zone più avanzate di quanto fatto finora, anche per fare in modo da avere anche fasi di possesso più prolungate: contro la Lazio la percentuale di possesso palla (55%) è stata infatti, seppur non di molto, superiore rispetto alla media stagionale (53.4%).
Gattuso si è presentato al Milan con un baricentro basso e la volontà di impostare un gioco verticale, oggi ha totalmente ribaltato le prospettive della sua squadra con un gioco che ha iniziato a modificare già nel pre-campionato, con un lavoro costante nella costruzione dal basso.
Quanto è mancato alla Lazio il miglior Luis Alberto
La partita della Lazio è stata principalmente reattiva ma, come detto, la squadra di Inzaghi ha avuto nel primo tempo le migliori occasioni da gol, entrambe sui piedi di Immobile. Ha chiuso la sfida con più Expected Goals del Milan (1.5 contro 1.1), ma va sottolineato come entrambe le occasioni della Lazio nascono dalla zona di campo preferita dei biancocelesti da ormai due stagioni: ovvero la fascia sinistra, e il mezzo spazio di centro-sinistra in particolare.
In entrambe, oltretutto, c’è il contributo sia diretto che indiretto di Luis Alberto.
Le interazioni in fase di possesso della Lazio sono state piuttosto scarne. Quelle più produttive arrivano nella zona di Luis Alberto in cui si vanno ad addensare le due punte.
Nella prima occasione la posizione da mezzala dello spagnolo attira Kessié, che lascia aperto uno spazio alle sue spalle sul quale si infila Correa per la conduzione palla al piede che porta poi alla conclusione di Immobile e al miracolo di Reina.
Nella seconda occasione, invece, più semplicemente Luis Alberto realizza un filtrante delizioso sempre per Ciro Immobile, sul quale è ancora una volta bravo il portiere spagnolo del Milan coprendogli chirurgicamente lo specchio della porta (quasi come un portiere di calcio a 5), forzando la conclusione sul palo esterno dell’attaccante campano di scuola Juve.
La scarsa forma di Luis Alberto aveva indotto Simone Inzaghi a lasciarlo in panchina a inizio stagione, ma questo aveva avuto un impatto negativo sul gioco della Lazio. La manovra biancoceleste senza lo spagnolo aveva perso quel fraseggio di qualità sul lato sinistro che aveva costruito le maggiori fortune lo scorso anno, e contemporaneamente aveva indotto a un gioco più verticale dove Immobile veniva anche in qualche modo sovraccaricato di compiti da raccordo.
Per fare un esempio, nella partita di Bergamo a dicembre era stato Correa a dare più profondità e Immobile a venire più spesso incontro per giocare di sponda; mentre nella sfida di sabato le caratteristiche dei giocatori si sono incastrate in modo differente, con Correa chiamato più spesso sia al dialogo che allo scambio di posizioni con Luis Alberto.
A fine partita Luis Alberto è stato il giocatore laziale con il maggior numero di passaggi chiave messi a segno (4), uno dei quali era il sopraffino filtrante citato in precedenza (e, come ha sottolineato Inzaghi, se può giocare mezzala è anche per il grande lavoro difensivo che si sobbarca).
La sua importanza nell’economia della manovra della Lazio è ancora più grande se si considera il persistere dello scarso stato di forma fisica di Milinkovic-Savic. Al di là di un’immutata qualità tecnica soprattutto nei controlli volanti, il serbo ha perso quello strapotere atletico che gli permetteva a volte perfino di creare un contesto di gara a sé stante. Anche per questo la manovra laziale sulla zona destra è più meccanica e prevedibile, troppo legata alle sgroppate solitarie di Romulo.
L’infortunio di Correa a inizio secondo tempo, poi, sostituito da Felipe Caicedo, ha diminuito la qualità e la pericolosità della Lazio, dimostrando ulteriormente come i biancocelesti siano legati al rendimento di alcuni giocatori chiave.
Adesso, nonostante la sconfitta di San Siro, gli uomini di Inzaghi rimangono ancora in corsa per un posto in Champions League, ma al di là del posto in classifica che avranno a fine stagione, e dell’occasione persa, resta la cattiva impressione di una squadra che sembra avere qualcosa in meno rispetto allo scorso anno.
Tutto è possibile da qui a fine stagione, ma se partite del genere non equivalgono davvero a finali rischiano comunque di restare nella memoria delle squadre deluse come dei grossi rimpianti.