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Le migliori maglie del Mondiale
28 nov 2022
28 nov 2022
Le nostre dieci preferite.
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VCG/VCG via Getty Images
(foto) VCG/VCG via Getty Images
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Qatar 2022 si porta dietro questioni problematiche, in questo articolo abbiamo raccolto inchieste e report che riguardano le morti e le sofferenze ad esso connesse.Francia

Foto di Zabulon Laurent/ABACA

Qualche tempo fa si parlò molto della scelta della FIFA di spingere le nazionali verso la monocromia, con una concordanza maglia-pantaloncini-calzettoni che per alcuni era un insulto alla tradizione e che ha portato, nel caso della Francia, ad alcuni dei loro peggiori kit (tipo quello tutto blu del 2012 ma anche quello con maglia e pantaloncini blu + calzettoni rossi del 2014). La Francia, diciamolo chiaramente, deve giocare nei colori della sua bandiera, blu-bianca-rossa, solo così quell’aspirazione all’eleganza non sembra esagerata o, peggio, funerea. È un gioco rischioso in ogni caso se si guarda solo alla maglia perché il confine tra una maglia bella ed elegante e una “semplice t-shirt blu scuro di Uniqlo” è comunque sottile. Possiamo dire con una certa oggettività che quest’anno ci sono riusciti: la prima maglia non è solo elegante, grazie anche a un colletto leggermente a V tenuto chiuso da un singolo bottone, ma il blu è semplicemente perfetto.Certo, non sarebbe così eccezionale se non ci fossero i dettagli dorati. Ovviamente è da megalomani, ma se c’è una squadra che può indossare dei numeri dorati è quella campione del mondo in carica - e che per giunta ambisce a vincerlo di nuovo. Al tempo stesso qualcosa nel taglio aggressivo (aiuta non aver aggiunto un colletto che ne avrebbe fatto una camicia da agente immobiliare) la fa diventare una maglia moderna e anche un po’ coatta. È una maglia che sembra uscita da una scena della Marie Antoinette di Sofia Coppola, quelle scene in cui la regina indossava le Converse, e al tempo stesso perfetta per il protagonista del prossimo film di Romain Gravas. Una maglia che potete indossare sia nel 6° arrondissement che nel 93esimo mentre fate le pinne con le moto da cross, che sta bene a Benzema come a Griezmann, che Mbappé potrà mettere sotto una giacca per andare nell’ufficio di Macron per dargli ordini. Se non ci vincessero il secondo Mondiale consecutivo sarebbe quasi un peccato.Giappone

Foto ANP / IPA

Come per l’Italia e la Germania, anche il Giappone è tra le Nazionali la cui maglia non si ispira alla bandiera. A differenza di Italia e Germania, però, il colore scelto non ha però a che fare con l'ex casata reale (il colore imperiale è il viola), ma, si dice, per omaggiare l’oceano che circonda e allo stesso tempo unisce l’arcipelago giapponese. Da quando ha esordito ai Mondiali nel 1998 il Giappone ha sempre avuto delle belle maglie, anche perché la ricetta è semplice ed è quasi impossibile sbagliare: blu come base, dettagli in bianco o rosso che magari richiamano qualcosa dalla cultura giapponese, una piccola bandiera del Giappone da qualche parte e sul cuore lo stemma col corvo a tre gambe Yatagarasu. Per questo Mondiale la scelta è ricaduta sugli origami e in particolare la forma orizuru, la più classica e che rappresenta una gru della manciuria, animale simbolo di eleganza nella cultura giapponese. Gli origami non sono del tutto riconoscibili a prima vista, ma nascono dall’unione dalla trama delle righe bianche in diagonale come una sorta di glitch dei videogiochi, un modo per mostrare quel mix tra l'anima tradizionale e quella tecnologica in cui il Giappone si riconosce. La trama rigata in diagonale richiama anche quella della maglia del 1994 con cui il Giappone mancò la qualificazione a quel Mondiale non riuscendo a vincere proprio a Doha la sfida decisiva contro l’Iraq. Ancora oggi in Giappone si fa riferimento a quella partita come l’agonia di Doha e forse non c'era modo migliore di esorcizzarne il ricordo oggi, che il Mondiale si gioca tutto nella capitale del Qatar.Tunisia

Le maglie della Tunisia sembrano elementari, ma in realtà nascondono un segreto magniloquente. Anche se non è facile vederlo a occhio nudo, cioè per noi dalla televisione, in filigrana fanno intravedere infatti una trama antica, con quella che apparentemente sembra una maschera proprio all’altezza dell’addome. In realtà, guardando meglio e approfondendo, si tratta più precisamente di un’armatura, per la precisione di un’armatura di bronzo dorato ritrovata nel villaggio di Ksour Essef agli inizi del ‘900. C’è una pagina Wikipedia (in inglese) estremamente approfondita se volete sviscerare il dibattito intorno alla sua precisa datazione: inizialmente si pensava appartenesse a un qualche importante soldato dell’esercito di Annibale durante la Seconda Guerra Punica, e credo sia questo il motivo che abbia spinto la Kappa e la federazione tunisina ad utilizzarla. Non so se è possibile definire i cartaginesi i primi underdog della storia dato com’è andata a finire, ma insomma a qualcuno deve essere apparso cool ricollegare questa Nazionale a un esercito che ha inflitto pesanti sconfitte all’Impero Romano con l’aiuto degli elefanti (occasione sprecata a livello estetico, a proposito). In ogni caso, il riferimento è talmente aulico che è difficile capire se esalti o mortifichi la maglia. Dopo aver visto l’incredibile armatura originale, secondo gli ultimi studi probabilmente comprata da un qualche mercenario cartaginese nel Sud Italia ben prima della Seconda Guerra Punica, è infatti difficile tornare a vedere questa maglia con gli stessi occhi. A questo punto la Tunisia poteva direttamente vestirsi con delle riproduzioni in plastica dell’armatura e tagliare la testa al toro.Corea del Sud

Foto ANP / IPA

Innanzitutto va ringraziata la Nike per aver scelto di non fare riferimento alla maglia rosa con le righine bianche del Mondiale 2002, che per noi è una ferita ancora non rimarginata nonostante siano passati più di 20 anni. Per questo Mondiale, invece, ha optato per eliminare il bianco e spingere tutto su di un rosso particolarmente brillante e su dettagli scuri: nero è il colletto appena accennato, due particolari sui lati alla base, il simbolo della Nike e lo stemma della Corea del Sud con la faccia della tigre. La tigre viene richiamata poi dalla trama tono su tono sulle maniche. Ad eccezione della Corea del Nord, ogni squadra dell'estremo oriente ha un animale come stemma, nel caso della Corea del Sud era facile scegliere la tigre visto che storicamente la Corea era conosciuta anche come “terra delle tigri”. La tigre è anche un simbolo nazionale, associata ai tratti distintivi che si riconoscono ai coreani: umorismo, coraggio e nobiltà. C'è da dire che riconoscere questi dettagli non è semplice: a prima vista la tonalità di rosso mi era sembrata troppo accesa e la maglia troppo semplice, il richiamo alla tigre tono su tono ci vuole qualche secondo prima di notarlo. Vista in campo a contrasto con il manto erboso invece la luminosità esce fuori in tutto il suo splendore e sembra dare ancora più vigore al pressing coreano: più che delle tigri i giocatori all’esordio sono sembrati una squadra di diavoli usciti dalla fantasia dei quadri di Bosch che circondano l’avversario in possesso del pallone.Senegal

Foto di Jean Catuffe/DPPI

Partiamo da una regola semplice: maglie con stella>maglie senza stella. Le nazionali africane, per qualche ragione, portano quasi tutte una stella sopra la maglia. La stella migliore, chiaramente, è quella del Marocco. La stella verde a cinque punte rappresenta infatti, i cinque pilastri dell’Islam. La stella del Senegal non arriva a quel livello di bellezza, ma è meglio se non altro della stella nera del Ghana. I tre colori del Senegal sono puri e semplici: verde è il colore del profeta Maometto, giallo è il colore dell’arte, rosso è il colore del sangue versato per costruire la patria. Metti questi tre colori insieme e avrai una bella maglia. Nella prima divisa questi colori si stagliano sul petto, col bianco tutto attorno. Numeri e font delle giuste dimensioni; stemma con raffigurato un leone ruggente. Sin dal 2002, quando dietro tenevamo scritto Diouf, la maglia del Senegal è un must dell’estate in Salento.Messico

Foto PressFocus/Sipa USA / IPA

Col Messico torniamo sempre allo stesso nocciolo del discorso, ovvero a un’estetica complessiva nettamente superiore a praticamente tutte le nazionali. I rilievi mesoamericani che si intuiscono sempre, in controluce, sul verde, lo stemma con l’aquila, che è la migliore versione possibile di un’aquila applicata all’araldica nazionale. Forse questa storia vi sfugge. L’aquila non si limita a stare, come nelle altre bandiere, ma è seduta su un cactus mentre mangia un serpente. È l’immagine che segnalava all’antica civiltà azteca dove trovare la loro leggendaria città, Tenochtitlan. Su questa maglia del Messico vediamo solo una vaga evocazione di quell’aquila, ma è sufficiente a restituire una chiara idea di potenza. La maglia del Messico è sempre bella grazie alla brillantezza del suo verde, e al modo in cui riesce a splendere ancor di più in contrasto col rosso. Adidas trova un buon compromesso con le tre strisce iconiche che si fermano sulle spalle prima di scendere sulle braccia, e spersonalizzare quindi la maglia. Menzione d’onore per la seconda divisa, persino più bella della prima: elegantissima ma comunque creativa e stilosa, che spinge con più coraggio sull’estetica pre-colombiana.Argentina

Foto di Richard Sellers/Getty Images

La bellezza della tradizione. La maglia dell’Argentina non si scosta quasi mai dalla sua essenza, ovvero delle strisce azzurre alternate a delle strisce bianche, eppure riesce sempre a rubare l’occhio. Questa versione non arriva ai fasti iconici di quella Le Coq Sportif, ma è la migliore degli ultimi anni, essenziale senza essere sciatta. Anche la scelta del font fatta da Adidas, un po' da radiosveglia fine anni '80, non stona su questa maglia. I numeri in nero sul petto sono una bella idea, soprattutto se puoi mettere in campo la 10 di Messi, che uno deve ricordarselo anche se lo guarda da davanti (con tutti i pro e i contro del caso, per lui). In generale tutti quei dettagli neri - le strisce sulle spalle, i bordi della manica, la lunga linea che disegna una maglia nella maglia, il logo Adidas - gli danno più eleganza. Anche quel tono di nero, non so se i neri sono tutti uguali, ma questo nero sembra più nero, una punta di colore che, dovessero andare bene le cose per loro, finirà per chiamarsi Nero argentino o Nero Messi. L'unico appunto è per quelle due strisce più strette dietro la schiena, al centro. Che senso hanno? Servono solo a rompere l'armonia della maglia, ricordarci che le maglie moderne spesso presentano queste piccole storture, per non regalarci maglie perfette o, comunque, tradizionalmente inappuntabili. Il destino di questa maglia, comunque, è legato al destino di chi la indossa. Se le cose andranno male, la vedremo bruciare all’inferno, se, invece, dovessero andare bene, state pronti a vederla nella maggior parte delle foto sportive più importanti di questo secolo. Germania

Foto Times Newspapers Ltd / IPA

È obiettivamente difficile fare una brutta maglietta della Germania, ma mi sembra che questa volta l’Adidas si sia superata. La scelta della larga banda nera centrale è vincente, rendendola una specie di versione in bianco e nero dell’iconica maglia dell’Ajax, e anche i dettagli sono notevoli: i numeri bronzei sul davanti, lo stemma della federazione vagamente dorato, il colletto molto stretto che richiama i colori della bandiera tedesca. Certo, ci sono dei peli in questo uovo: la banda nera sui fianchi è superflua e sporca un po’ il minimalismo generale della maglia, e il lettering dei nomi non è proprio originalissimo. L’effetto generale - anche da lontano, anche dalla TV - però è di eleganza da serata di gala e insomma per una maglia da calcio non è poco. Quella tedesca è forse la migliore tra le maglie austere, di sicuro la migliore divisa possibile per un Paese famoso per i suoi ingegneri. (Se invece siete del partito delle maglie pazze, consiglio la seconda, rosso scura e nera, dal gusto futurista). Arabia Saudita

Per quanto per adesso abbia giocato sempre in total green - con una divisa a sua volta interessante ma forse troppo simile alle maglie pazze della Nigeria - la prima maglia dell’Arabia Saudita è in realtà completamente bianca. E c’è da dire che è una signora maglia: minimale ma realizzata con grande gusto. Il bianco è infatti brillante senza essere freddo, e fa risaltare in controluce le piume grigiastre della trama sottostante, probabilmente un riferimento allo splendido simbolo della federazione, il falco. Anche gli stessi giocatori della Nazionale d’altra parte vengono chiamati i “falchi verdi”, per via della bandiera nazionale, e questo rende ancora più incomprensibile perché la prima maglia dell’Arabia Saudita sia bianca. Proprio il fatto che non venga esibita di frequente, e che in pochi sappiano che in realtà è la prima, questa maglia bianca ricorda i segreti esoterici alla base di tutte le religioni delle origini. Forse è per questo che questa maglia ricorda anche il thawb, il vestito tradizionale saudita, e andando ancora più in là con l’immaginazione le tuniche bianche che si usano durante le celebrazioni alla Mecca, pensate per restituire l’immagine dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani di fronte a dio. Alla luce della carica mistica della Nazionale di Hervé Renard, forse non sarebbe un’idea così peregrina passare alla maglia bianca per l’ultima, decisiva, gara del girone. Portogallo

Foto di Tom Weller / IPA

Quante maglie avete visto fatte così, divise cioè per diagonale, ma non con una striscia, tipo River Plate, ma proprio con una parte di un colore e una di un’altra? Sembra quell’idea di design che potevamo avere noi a PES, quando ci disegnavamo le maglie da soli e ci sembrava una buona idea fare una cosa così, eccentrica per il gusto di essere eccentrici. E, invece, il Portogallo ci dimostra che questo tipo di maglia è una bella maglia. Non c’è niente di particolare nella divisa del Portogallo, richiami al mare dell’Algarve, ai caffè di Lisbona o a qualcosa di sofisticato o curioso. C’è una parte superiore rossa e una parte inferiore verde, in continuità con i pantaloncini, i numeri sono gialli, così da includere tutti i colori della loro bandiera. L’unico vezzo è un tocco di verde sulla manica sinistra che riprende la diagonalità del taglio sulla maglia nella sua versione a maniche corte. Esisteva anche una versione a maniche lunghe con una manica verde e una rossa, ma la FIFA l’ha vietata, perché l’essenza stessa della FIFA sembra proprio per vietare queste piccole minuzie, e quindi ora nella versione a maniche lunghe le maniche sono tutte rosse e il risultato è ancora più equilibrato. Messa così non sembra avere nulla che la rende davvero bella, invece nel complesso funziona. Credo sia anche merito dei colori scelti: il verde è il gorge green (fonte Nike) che credo possa essere tradotto con qualcosa come “verde scuro”, mentre il rosso è il rosso pepper, che tradurrò come rosso peperone tanto per dare un po’ di umanità a una Nazionale che sta tentando di far vincere la Coppa del Mondo a Cristiano Ronaldo (che, comunque, alzando la coppa con questa maglia farebbe la sua “porca figura”) (esteticamente parlando).

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