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Il ritorno di Max Holloway
13 dic 2018
13 dic 2018
Dopo un anno di assenza, sabato notte il campione hawaiano ha dato una dimostrazione indiscutibile del suo talento battendo Brian Ortega.
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Max Holloway veniva da un record di 19 vittorie e 3 sconfitte, l’ultima delle quali risalente al lontano 2013, quando a batterlo (per decisione unanime) fu Conor McGregor. Negli ultimi anni l’atleta hawaiano, anzi “l’orgoglio hawaiano”, come viene presentato da Bruce Buffer prima di ogni incontro, non solo è migliorato sotto tutti i punti di vista ma è diventato anche il fighter UFC con la striscia di vittorie consecutive (13) più lunga, al pari di Demetrious Johnson, che però non è più un fighter UFC; Jon Jones, che tornerà a combattere tra poche settimane dopo l’ennesima lunga sosta; e George St-Pierre, che però non è detto che torni ancora nell’ottagono. Meglio, nella storia della promotion, ha fatto solo Anderson Silva (16) e tra i fighter attivi che lo inseguono Nurmagomedov e Tony Ferguson, con 11 vittorie. Insomma, non è un’esagerazione dire che Holloway è già tra le leggende UFC.

Sabato notte ha difeso la cintura dei pesi Piuma contro l’imbattuto, fino a quel momento, Brian Ortega: un incontro che ha affrontato da sfavorito nei pronostici alla vigilia. Un po’ per l’entusiasmo che aveva generato l’ascesa del fenomeno del brazilian ju-jitsu, Ortega, grazie al suo record (14-0, 1 NC) e alle ultime vittorie eclatanti su Moicano, Cub Swanson e Frankie Edgar (le prime due per sottomissione, l’ultima addirittura per KO, ed Edgar KO non c’era mai andato); un po’ perché Holloway non combatteva dal dicembre 2017 e dopo la famosa intervista in cui aveva mostrato sintomi da concussione cerebrale, con evidenti difficoltà ad articolare le parole, e l’annullamento dello stesso match contro Ortega previsto inizialmente cinque mesi fa, nessuno poteva sapere come stesse veramente.

Dana White aveva confermato che il campione era stato visitato ed aveva superato il brutto momento, ma ai dubbi sulla sua salute andava comunque aggiunta la solita difficoltà di Holloway a rientrare nel peso dei piuma. Brian Ortega alla vigilia aveva detto che neanche lui era sicuro che Holloway sarebbe stato pronto per l’incontro. Ogni dubbio, però, è stato sciolto nella gabbia (a questo serve) e Max Holloway è tornato più forte che mai, fugando ogni incertezza con una prestazione che gli ha fatto guadagnare due bonus: Fight of the Night e Performance of the Night. Che tradotto in soldi significa 100mila dollari in più rispetto alla borsa concordata.

Ma è forse ancora più importante ricordare che nell’incontro di sabato, Holloway ha battuto il record UFC dei colpi significativi andati a segno in un incontro (290) e per quelli andati a segno in un solo round (134): praticamente una mitragliatrice che va sempre a bersaglio.

L’incontro della vita

In un crescendo di violenta bellezza e dramma, Holloway ha costruito round dopo round quella che è sembrata la miglior prestazione della sua carriera. In passato era sembrato un “diesel”, uno di quei fighter, cioè, soliti a partenze a rilento, che però regalano il massimo nei cosiddetti championship rounds (il quarto e il quinto), ma contro Ortega ha cambiato il trend, partendo subito a pieno regime e non abbassando mai i giri.

Nel primo round il campione ha surclassato lo sfidante, mettendo a segno 40 colpi significativi contro 19. La precisione, il ritmo, la frequenza di colpi di Holloway sono state le chiavi della vittoria: al termine dell’incontro ha messo a segno 307 colpi totali (di cui, come detto, 290 significativi): adesso, con 8 vittorie per TKO o KO, è anche il peso piuma col maggior numero di KO nella storia UFC. Brian Ortega è stato coriaceo, resiliente, combattivo, non ha mai davvero ceduto il passo, ha incassato tutto ciò che Holloway gli ha riservato, fino allo stop medico arrivato al termine del quarto round.

«Il medico ha interrotto l’incontro e sono d’accordo con lui. Con il naso rotto, e il pollice rotto, sarei stato disposto a morire in quella gabbia», ha scritto poi su Instagram.

Holloway ha dominato grazie al suo ottimo footwork e all’eccelso controllo delle distanze, fintando l’entrata nella guardia di Ortega, per invitare il californiano a prendere l’iniziativa.

Ortega ha abboccato più volte e, dopo le sequenze di colpi di Holloway, è spesso andato a vuoto con ganci di rientro. Holloway ha preso il tempo sin dall’inizio, lanciando l’esca e facendo incespicare Ortega, trasformando uno degli atleti più in forma della promotion in un ballerino goffo.

Non che Ortega non abbia avuto i suoi momenti: una buona gomitata dal clinch, un headkick pericoloso (letteralmente mangiato da Holloway), un paio di chiamate di guardia da qualsiasi posizione. Holloway ha neutralizzato quasi tutti i suoi tentativi di takedown (degli 11 tentati, ad Ortega ne sono andati in porto appena due), ma anche a terra il californiano non è riuscito ad avere il controllo: Max è stato rapido e si è rimesso in piedi in brevissimo tempo.

Nel corso dei primi due round, sembrava che Ortega stesse incassando per preparare un furioso contrattacco, ma la sua furia si è dissolta come una bolla di sapone: era sempre Holloway, nei primi due round, a dettare ritmo, a raddoppiare i colpi del suo avversario, a centrarlo chirurgicamente al volto. Va detto che Ortega lasciava spesso la testa come bersaglio e per uno striker chirurgico come Holloway (al quale probabilmente manca solo il colpo secco da KO) è un invito a nozze. Nel corso delle prime due riprese la sua opera di demolizione è stata precisa ed efficace. «Cucinalo», gli hanno detto all’angolo tra una ripresa e l’altra, «Quando è pronto, è pronto, ma non andare di fretta».

Nella terza ripresa Ortega ha preso maggiore iniziativa, raggiungendo Holloway con più di un colpo, ma la sensazione era sempre che non potesse impensierire il campione: anche in quel paio d’occasioni in cui i suoi colpi lo hanno colpito al volto, Holloway non ha letteralmente battuto ciglio, mostrando un grande talento da incassatore. Poi, quando le energie hanno iniziato a venirgli meno, Ortega ha finito per muoversi così in ritardo che rispetto ad Holloway sembrava muoversi al rallentatore.

Il continuo raddoppiare dei jab, seguiti dal solito diretto al volto, sono tornati prepotenti nel quarto round, la ripresa in cui Holloway è apparso semplicemente perfetto, privo di difetti, una vera e propria macchina demolitrice. Avanza a piccoli passi con ottimi in and out dalla guardia dell’avversario, raddoppia il jab, affonda col diretto mandando a vuoto il tentativo di chiusura del suo avversario, avanza e ricomincia. Una plateale manifestazione di superiorità, che segna anche la chiusura del match.

Holloway è già una leggenda

L’idea che un campione come Holloway abbia compiuto da poco 27 anni (Ortega è suo coetaneo, ma è nato a febbraio) ed abbia già raggiunto dei record assoluti in UFC fa pensare a quanto stia alle nuove leve continuare l’evoluzione di uno sport che è già cambiato moltissimo negli ultimi dieci anni. Holloway è un fighter del tutto nuovo, veloce e leggero, duro come la pietra, creativo e precisissimo, un mix di qualità inedite prima.

In certi frangenti del match, specie quando sfodera le sue doti pugilistiche, i cambi di livello ed il volume dei colpi in particolare, Holloway riporta alla mente un Nick Diaz d’annata, sebbene la sua boxe sia molto più pulita. Il lavoro di demolizione che attua fiaccando corpo e volto, quando costringe i suoi avversari a parete, la precisione con cui affonda, ricorda i tanti highlight del fighter statunitense, che della sua dirty boxe fece un marchio di fabbrica, riuscendo nell’impresa di annichilire avversari molto più quotati.

I parallelismi fra i due però si fermano qui: Diaz non ha mai vantato un footwork così adatto alle proprie qualità pugilistiche, abilità invece che Holloway ha saputo migliorare di incontro in incontro.

Nessuno tra i pesi Piuma UFC ha vinto tanti incontri quanto Holloway (15), che adesso sembra al suo picco. Adesso non c’è nessuno che può impensierirlo nella sua divisione, per questo a fine match ha ribadito l’interesse a salire di categoria, magari per vendicare le sconfitte subite in passato: quella con Conor McGregor; oppure, magari prima, quella con Dustin Poirier (contro cui ha perso ormai più di 6 anni fa).

È impossibile però non pensare anche ad un altro superfight, quello con il campione dei pesi Leggeri, Khabib Nurmagomedov, match già sfiorato in occasione di UFC 223 (quando stava subentrando all’infortunato Tony Ferguson, ma la commissione medica non ha dato il permesso all’hawaiano per via di come appariva durante il taglio del peso). Dana White, però, ha già detto che la prossima chance a 155 libbre toccherà senza ombra di dubbio a Tony Ferguson.

Qualsiasi opzione verrà scelta, il prossimo match di Holloway sarà comunque uno tra i più interessanti del 2019. Vedere combattere Max Holloway è una gioia per gli appassionati dello sport, la carica adrenalinica che riesce a trasmettere è impareggiabile, con il suo stile è impetuoso e una presenza in gabbia ormai monumentale.

In un periodo in cui nelle fasi in piedi sembrano esserci o counterstriker che sfruttano il proprio allungo o aggressori feroci che avanzano colpendo, Max Holloway (alto 180 cm e con un allungo di 175 cm) sta a proprio agio negli scambi dalla corta distanza, grazie alla propria qualità nel cercare con successo delle aperture e grazie anche a quel footwork perpetuo ma brevilineo. Holloway ottimizza le proprie caratteristiche fisiche, e le fonde con una mentalità indistruttibile che lo ha aiutato anche a superare un periodo di depressione.

Brian Ortega è un ottimo opportunista, abituato a sfruttare il momento anche quando le cose non si mettono bene: ha vinto molti incontri finalizzando un avversario che probabilmente, in quel momento, era davanti a lui nei cartellini dei giudici. Se nella lotta a terra è già al massimo livello (è cresciuto nella scuola della famiglia Gracie ed è cintura nera sotto Rener), gli resta ancora da fare un pezzo di strada per diventare uno striker di grande livello, cosa che, però, ha dimostrato di poter fare con la vittoria schiacciante su Frankie Edgar.

Holloway, oggi, è lo striker migliore della categoria. Ed è anche quello con il maggior numero di colpi significativi in carriera della storia UFC (1.627).

Non ha bisogno di altre skill. Non ha bisogno di trash talking, non ha bisogno di una promozione teatrale, né di apparizioni televisive. Basta la sua presenza in gabbia. Dopo la vittoria di sabato Max Holloway è già tra i fenomeni più impressionanti della storia UFC, adesso gli manca giusto qualche vittoria contro uno o magari più di uno dei migliori fighter di questi anni per entrare definitivamente nell’Olimpo delle MMA.

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