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Voglio mettere i puntini sulle 'i', intervista a Marvin Vettori
18 lug 2025
Quello di sabato con Brendan Allen sarà un incontro speciale per molte ragioni.
(articolo)
7 min
(copertina)
IMAGO / PxImages
(copertina) IMAGO / PxImages
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Si potrebbe dire che ogni incontro è un crocevia per un fighter di MMA. Ci sono incontri, però, che hanno più significato di altri, che sembrano segnare il passaggio da una fase all’altra della carriera, se non addirittura della vita. Quello di sabato con Brendan Allen - nell’evento UFC 318 che verrà trasmesso a partire dalle due di notte da Eurosport, e sarà visibile su Discovery+, Dazn, Tim Vision e Prime Video - è un incontro più importante degli altri per Marvin Vettori.

Lo si capisce da come ne parla, con la solita sicurezza ma anche con un pizzico di rabbia in più del solito; ma lo si sarebbe potuto capire anche solo tenendo presente il momento che sta vivendo Marvin. Anzitutto per la notizia terribile dello scorso aprile, riguardante la scomparsa prematura del fratello Patrick in un incidente domestico - troppo terribile per non tenerne conto, anche se in silenzio - ma anche per il momento delicato della carriera di Vettori.

Dopo aver combattuto per il titolo con Adesanya, ormai quattro anni fa, Vettori ha vinto appena due volte: con Paulo Costa e nel primo incontro con Roman Dolidze; e perso tre volte (sempre ai punti): contro Robert Whittaker, nel match durissimo con Jared Cannonier e nel re-match dello scorso febbraio con Dolidze. L’UFC lo ha portato dalla posizione numero 2, nel ranking dei pesi medi, alla decima, e per la prima volta da molti anni non combatterà nel main-event ma negli incontri “preliminari”.

Nel frattempo ci sono stati l’infortunio alla spalla sinistra - che ha fatto saltare il match già organizzato con Allen lo scorso aprile - e il cambio di team, con il passaggio all’American Top Team dove ha ritrovato un altro italiano, il pioniere e veterano Alessio Sakara.

Inoltre, con Brendan Allen (che viene da due sconfitte consecutive ma in UFC ha un record 12-4 che lo ha portato al numero 8 dei ranking dei pesi medi) c’è tutta una storia di mancanze di rispetto e reciproca antipatia sfociata poi nella celebre rissa all’interno del casinò di Las Vegas (quando Vettori si era da poco operato alla spalla).

Insomma, se avete seguito Vettori fin dal principio, quando si diceva fosse solo un bullo arrogante, e invece poi alle parole ha fatto seguire i fatti fino a combattere per il titolo, non potrete restare indifferenti di fronte a un incontro con così tanto in gioco.

Quanto è cambiato rispetto a poco più di un anno fa, quando avresti dovuto combattere la prima volta con Brendan Allen?

È cambiato tanto, è cambiato tutto. È cambiato il periodo “storico”, tra virgolette, sono cambiato io, le cose che sono successe…

Quello alla spalla sinistra è stato il tuo primo infortunio grave, ha modificato il tuo approccio a questo sport?

Parliamo di un infortunio che poteva anche finire una carriera. La spalla non c’era più. Per assurdo è stata la mia voglia di tornare in fretta a farmi un po’ cambiare, inizialmente. Ho provato a fare quello che facevo prima, pur non essendo al 100%. E piano piano, nel tempo, nei mesi, ho cambiato un po’ il mio stile. Nell’ultimo match non ero proprio me stesso, secondo me. Non essendo al 100% non avevo le capacità fisiche che ho quando sto bene, quindi ho dovuto compensare con altre cose. E dopo, quando sono stato di nuovo bene, ho pensato: cavolo, ma le cose che facevo bene prima non le faccio più. E ho dovuto rivedere un po’ tutto. Adesso mi sento finalmente me stesso, fisicamente e non solo.

Che intendi con le cose che facevi prima, cosa non sei riuscito a fare contro Dolidze? [Vettori indossa un berretto alla Peaky Blinders su delle tempie rasate di fresco. Sembra più nervoso del solito, nel suo tono c’è una rabbia sottile che lo fa parlare veloce, gli fa mangiare le parole come fossero pugni da tirare con combinazioni veloci]

Usare la mia boxe, la mia pressione, il volume, andare sempre avanti, lavorare sulla potenza. Il mio grappling, anche. La base del mio stile, quello che mi ha portato fino al combattimento per il titolo, fino ad arrivare ai vertici. Il fatto che vado sempre avanti, il fatto che appunto non sto lì… non punto per forza a un match pulito ma so che se c’è da spingere vado più forte degli altri. L’essere più aggressivo. Bring the fight, come dicono qua. Non essere esitante come un po’ sono stato nell’ultimo match.

Tu sei un destro naturale - il tuo colpo migliore nello striking è il gancio destro - ma combatti in guardia mancina. Come mai?

Eh, sono quelle cose che succedono. Sono da sempre mancino [inteso come: in guardia mancina, ndr]. Sono stato impostato da mancino e resto mancino. Tutta la mia carriera l’ho fatta da mancino, poi tiro con tutte e due le guardie, vabbè, ma il mancino è il mio.

Cosa è cambiato nella preparazione con la tua nuova palestra, l’American Top Team?

Tutto. l’ATT è un gradino sopra a tutte le altre realtà, non ha niente a che vedere. Né a livello di professionalità, di coach, di sparring, di struttura, non solo la palestra ma anche come sono strutturati gli allenamenti, eccetera.

Ti alleni sempre con grandi volumi?

Certo, sempre. Ma più intelligentemente.

Si sente la competizione tra ATT e Kill Cliff [che ha recuperato l’eredità della Blackzilians e con essa anche la rivalità con l’ATT, ed incidentalmente è anche la palestra in cui si allena Brendan Allen, ndr] a livello di staff?

Non è che ce la spingono… però non si stanno troppo simpatici, ti dico la verità. Non c’è competizione, comunque, come palestra non c’è niente a che vedere. Cose come quella del video uscito qualche mese fa [quando Kevin Lee è stato messo knockdown durante uno sparring, ndr], all’American Top Team non succederebbero mai.

Il punto forte di Allen è la lotta, temi il suo grappling o proverai a portarlo a terra?

Se succede… non è che lo porto a terra, magari in maniera difensiva. Non ho problemi a mischiare con la lotta, con lui. Secondo me attaccherà lui alle gambe, perché prenderà un sacco di botte in piedi, ma non è che lo temo particolarmente nella lotta.

Te lo chiedo perché, almeno a giudicare dai video che posta dei suoi allenamenti, sembra che Allen si stia allenando solo di kickboxing, e la Kill Cliff è una palestra prevalentemente di striking…

Sì, ma lui ha quel jiu-jitsu alla vecchia, molto old-school, molto statico, dove cerca le sottomissioni a tutti i costi, perde posizioni… ha fatto quel match di grappling nel Karate Combat, con Caio Borralho, dove ha fatto veramente schifo [un incontro extra-UFC, solo di lotta, appunto, che Allen ha perso lo scorso febbraio, ndr].

Nella tua voce si sente qualcosa di diverso, una tensione maggiore rispetto al solito, quanto è personale la questione con Allen?

Non è un personaggio che mi va tanto a genio. Non è una persona di cui ho stima, anzi zero. Da uomo a uomo, secondo me non condivide i miei stessi valori. O magari lo dice, a parole, ma non è così. Non è uno con il quale ci uscirebbe una birra, diciamo.

Alessio Sakara, in un’intervista con Tommaso Clerici che abbiamo pubblicato pochi giorni fa, ha detto che adesso hai anche la mano pesante. Che intende?

Prima di tutto ringrazio Alessio, che mi è sempre stato vicino da quando sto all’ATT, e soprattutto in questo camp. Si è creato un bel rapporto ed è una cosa bella, perché noi siamo i due italiani che hanno dedicato interamente la loro vita a questo sport. Poi, per caso, è successo che abbiamo condiviso il coach di striking, allora ha guardato un po’ i miei allenamenti, e un po’ ci siamo allenati insieme. Ma io ci ho lavorato tanto Il destro ce l’ho sempre avuto, bene o male, ma il sinistro… per recuperare tutte le funzioni della spalla ci ho lavorato molto, ho lavorato molto sulla potenza, sul colpo singolo e finalmente fa più male, cazzarola [quella di non avere il colpo da KO è una delle cose che più gli sono state criticate in passato, ndr]. Il mio lavoro adesso è concentrato sul perfezionare quello che già c’è, e uno dei miei focus è stato questo: il far male. Mi sono stufato di fare sempre tutti i round, fino alla fine.

Quindi questo match vuoi farlo finire prima del limite.

Deve finire prima del limite. Se non lo finisco prima del limite non sono contento.

Ma ne fai anche un discorso legato al momento della tua carriera…

Non me ne frega più un cazzo sinceramente, carriera, non carriera. Dico proprio per un discorso personale. Perché devo mettere i punti sulle “i”.

Anche se UFC 318 è un incontro particolarmente prestigioso [nel main event si sfideranno per la terza volta Max Holloway e Dustin Poirier, con quest’ultimo che entrerà per l’ultima volta nell’ottagono, ndr] è la ⁠prima volta da anni che non sei in main card. Cambia qualcosa per te?

Potrei stare qui a dire tante cose… ma non me ne frega niente. Non esistono amici qui, ognuno per sé, ognuno prende le sue decisioni. Va bene così.

Ma tu pensi sempre di poter tornare a lottare per il titolo?

Certo, il motivo per cui lo faccio ancora è questo. Per il resto, cazzi loro.

Tutti i tuoi tifosi sanno che stai attraversando un periodo particolarmente difficile, quanto ti è d’aiuto lo sport?

Per me lo sport non è solo sport. Lo sport è quello che faccio nella vita. Continuare a fare quello che hai sempre fatto, fare qualcosa che ti faccia star bene e ti faccia andare avanti, che ti dia un motivo per alzarti la mattina ed essere produttivo, questo è importante.

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