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Tommaso Clerici
Sono disposto a tutto, intervista a Marvin Vettori
30 giu 2023
30 giu 2023
Errori e ambizioni del miglior fighter italiano.
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Tommaso Clerici
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A sette giorni dalla durissima sfida contro Jared Cannonier, in cui ha incassato 241 colpi significativi stabilendo un record nella divisione dei pesi medi firmata UFC, Marvin Vettori sembra già ristabilito. Ci sono i punti sul volto, sotto l’occhio sinistro e a suturare una ferita sul naso, ma per il resto si presenta bene e soprattutto quando parla del match si capisce che la disfatta non lo ha scalfito dal punto di vista mentale - la ripercussione che si temeva di più, perché le ferite psicologiche non si rimarginano con ago e filo. Ci incontriamo a Firenze nel giorno della finale del calcio storico, Vettori è testimonial della squadra dei Rossi di Santa Maria Novella, che nel pomeriggio trionferà contro gli Azzurri di Santa Croce per 9 a 2. Marvin è vestito all’ultima moda, indossa un paio di occhiali da sole e ha un accenno di barba incolta. Non è un tipo espansivo, a primo impatto mi sembra schivo e riservato, quasi distante; ma alla fine di quelle ore trascorse insieme mi resterà l’impressione di un ragazzo spontaneo, sincero, disponibile, che si accende davanti alla telecamera – siamo insieme per girare un breve documentario -, con cui ha imparato a familiarizzare già da anni; in quel momento la parlantina si fa fluida, i tempi sono perfetti, le risposte articolate. Gli ricordo la definizione che Daniele Manusia ha dato di lui in una vecchia intervista per questo sito, quando lo aveva descritto come “un ragazzo autentico, trasparente nei suoi estremi e nelle sue contraddizioni, che non fa nulla per controllare l’immagine che abbiamo di lui”. Vettori sorride e mi dice: «Sì, è abbastanza azzeccata. Sono un po’ ingenuo da quel punto di vista: non programmo mai niente né forzo una parte che potrebbe piacere, né ne limito un’altra che ho l’impressione possa piacere di meno» aggiunge. Sotto il sole di mezzogiorno, guardando Firenze dall’altro, dalla strepitosa Basilica di San Miniato al Monte, chiedo a Vettori cosa pensa del match contro Cannonier a una settimana di distanza. «Il recupero sta andando molto bene, la gente non ha ancora ben presente di che pasta sono fatto» mi risponde orgoglioso. «Quando sono arrivato in ospedale dopo l’incontro sapevo di non avere fratture né danni cerebrali, me lo sentivo. Infatti non mi hanno neanche tenuto sotto osservazione quella notte».

«È stato un match per i fan: ho fatto vedere cuore e carattere, è stata una guerra» continua. «Ho dimostrato quello che già sapevo, cioè che sono disposto a dare tutto me stesso nella gabbia. Dal punto di vista tecnico non sono contento, avrei dovuto fare di più, combattere in modo più completo mischiando le capacità che ho a disposizione nel mio bagaglio di fighter. Soprattutto avrei dovuto includere la lotta nella strategia, mi sarei semplificato parecchio la vita. Ho sbagliato a combattere solo in piedi, su certi aspetti sono più forte di Cannonier, ma non li ho sfruttati. Quando uso solo lo striking faccio dei match troppo equilibrati, devo aggiungere il grappling, campo in cui ho un grande vantaggio, così posso fare la differenza. Mi dispiace di aver buttato via un'altra opportunità per far vedere quanto io sia forte. Imparerò tanto da quest'esperienza, dovevo essere più intelligente a livello strategico. Era un incontro che dovevo vincere, brucia che sia andata così. Avrei potuto fare molto di più. Sono successe tante cose durante il camp, ma non cerco scuse. Ho dimostrato che non riescono a buttarmi giù neanche se mi sparano», conclude. Gli chiedo che cosa aggiusterà adesso, risponde: «Cambierò parecchio, è la storia della mia carriera: quando commetto errori poi cerco di correggerli e questa volta non farà eccezione. Adesso devo riposarmi, tornerò spesso in Italia. Dopo mi impegnerò a evolvermi come fighter. L'obiettivo resta la cintura, se no non avrebbe senso continuare». Vettori ha già dimostrato di sapersi rialzare dopo battute d’arresto impreviste. L’emblema è il periodo successivo alla squalifica per l’assunzione involontaria di ostarina: nonostante lo sconforto, in quei sei mesi di stop non si è perso d’animo, si è allenato duramente e al suo ritorno ha inanellato cinque vittorie consecutive, culminate con la title shot. «La sconfitta è tale se non ti insegna nulla» mi spiega. «A me sprona a migliorare, se ci fai caso quando perdo poi torno sempre più forte di prima, lavorando sulle mie lacune. Anche perché se vinci c'è più caos intorno a te, tutti ti festeggiano e ti cercano, invece nella sconfitta sei da solo, senza distrazioni né rumore di fondo: capisci meglio quali sono i punti su cui lavorare. Metterò le fondamenta per costruire qualcosa di importante e per arrivare di nuovo al titolo. D'altronde se vuoi fare grandi cose non puoi né piangerti addosso né dare la colpa agli altri, devi reagire e trovare una soluzione, ho sempre fatto così. Combattere è una scuola di vita, tutto quello che so l'ho imparato combattendo. Nessuno ti regala mai niente, se vuoi qualcosa devi andare a prenderlo. È una metafora dell’esistenza. È una cosa che mi viene naturale. Per come la vedo io, qualsiasi cosa una persona voglia fare deve aspirare al massimo, bisogna volere il massimo da sé stessi», ripete.

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A questo punto siamo in chiusura, è ora di pranzo. Gli chiedo del futuro, lui replica: «Non penso a quello che UFC potrebbe propormi come prossimo avversario, ho un manager che si occupa di queste dinamiche, io devo vincere e basta. A me basta essere sulla strada giusta per migliorare, il resto verrà da sé: di avversari ce ne saranno sempre. Spero di tornare verso fine anno, ma vediamo. Non voglio affrettare i tempi». Per il momento ci salutiamo; lo riconterò nel pomeriggio, quando Firenze lo abbraccerà celebrandolo durante il corteo dei calcianti nel centro città. Mentre sfila in testa al corteo lo guardo e penso che quel ragazzo di 29 anni, nato in un comune di 5 mila abitanti, ci sta rappresentando da tempo ai vertici delle MMA mondiali. Lui si fa chiamare “The Italian Dream”, ha incassato 241 colpi in un match ma dopo sette giorni si concede un bagno di folla che dura un giorno intero. Perché non c’è nulla di più forte di chi crede in un sogno.

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