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Marco D'Ottavi
Il Maradona delle Malvinas
09 feb 2022
09 feb 2022
La storia di Martyn Clarke il primo calciatore delle Falkland a giocare in Argentina.
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Marco D'Ottavi
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Alle isole Falkland il vento sferza ogni cosa. È un angolo di terra remoto e spietato; uno di quei posti in cui tutto è rocce o prato, le case hanno tetti spioventi di legno, le pecore sono più degli uomini. Si trovano nell’Atlantico Meridionale, circa 480 chilometri a est della costa meridionale della Patagonia e per secoli sono state poco più di un approdo per le baleniere. Passate di mano in mano tra francesi, inglesi e spagnoli, nel 1833 un comando al seguito del capitano Onslow spazza via i pochi militari argentini presenti e installa una base navale, dichiarando le Falkland territorio d’oltremare britannico. Da quel momento questa manciata di isole diventa oggetto di contesa tra i due paesi, ma per più di 100 anni non succede quasi nulla, dopotutto a malapena ci vivono delle persone. Gli argentini protestano in maniera formale, le chiamano Las Malvinas e ne rivendicano la proprietà; gli inglesi le usano come base militare, punto d’appoggio per le rotte navali e per le spedizioni in Antartide. A largo di queste isole, nel 1914, riportano una schiacciante vittoria sulla marina militare tedesca durante la Prima Guerra Mondiale. E negli anni ‘50 che la questione delle Falkland diventa un tema. Nello spirito della dottrina di Monroe e de “l’America agli americani” Peron riafferma la sovranità argentina sull'arcipelago. Gli argentini scoprono questo piccolo arcipelago e il motto Las Malvinas son argentinas diventa una rivendicazione nazionalista, di quelle più simboliche che pratiche. Il punto di rottura arriva però 30 anni dopo e all’improvviso. Il 2 aprile 1982 alle ore 00:30 la radio argentina annuncia dalla terra ferma che “Le Malvine saranno nostre all’alba”. Alle 5:50 la portaerei argentina Veinticinco de Mayo e sei unità di scorta gettano le ancore difronte all’isola; alle 6:08 ha inizio lo sbarco, alle ore 9:25 i pochi marines inglesi presenti depongono le armi. L’Operazione Rosario per occupare le Falkland viene pensata e realizzata dalla dittatura militare del paese guidata dal generale Leopoldo Galtieri. In un momento di grandi difficoltà economica e di proteste di piazza, la giunta vede nell’occupazione delle Malvinas un modo per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica e ravvivare il fuoco nazionalista della dittatura. Secondo le previsioni, la Gran Bretagna non si sarebbe mai scomodata per rivendicare quelle isole fredde e lontane migliaia di chilometri da casa. Non hanno però fatto i conti con Margaret Thatcher. Il 25 aprile elicotteri Sea King armati di siluri e bombe di profondità attaccano il sommergibile argentino Santa Fe all’interno del porto di Grytviken, nell’isola di San Pedro: è la prima mossa di artiglieria dell’Operazione Corporate che prevede la riconquista delle Falkland da parte dell’esercito britannico. La Guerra delle Falkland dura in totale 74 giorni e conta 907 vittime, lasciando grandi strascichi nelle relazioni tra Argentina e Inghilterra. https://youtu.be/PRJia6v6mf4 Due anni prima, il 27 aprile 1980, a Plymouth nasce Martyn Clarke. Figlio di un militare inglese che poi sarà impegnato nella guerra delle Falkland e della proprietaria di uno dei pochi pub di Port Stanley, il Globe Tavern, la sua nascita in Inghilterra è dovuta a motivi puramente pratici, dato che le infrastrutture mediche presenti sull’isola non erano considerate adatte ad assistere un parto. Subito dopo la guerra, a due anni, Clarke arriva alle isole Falkland e qui cresce come un falklanders. Com’è crescere in un posto dove non c’è niente, un posto dimenticato da Dio e odiato dagli argentini? Non deve essere tanto diverso che crescere in una qualunque provincia inglese: Martyn lavora come tuttofare per il comune, suona la chitarra nell’unico gruppo dell’isola, i The Sutters, che fa musica grunge, e gioca a pallone nella squadra del pub della madre, i Globe, facente parte della Falkland Islands Football League. Giocare a pallone alle Falkland deve essere un'impresa: il campo affacciato sul mare è esposto al furore del vento che soffia, il freddo è spesso così intenso che la gente guarda le partite da dentro la macchina e dopo un gol festeggia suonando il clacson. Se tiri troppo forte il pallone finisce in acqua o nel patio della casa del governatore. All’epoca le squadre del campionato sono 5 e le condizioni meteorologiche non permettono di giocare per più di cinque mesi l’anno. I partecipanti, ovviamente, non sono professionisti. https://youtu.be/QntpwNxibVM In questo calcio, fisico e primitivo ispirato a quello inglese degli anni ‘80, Martyn Clarke emerge come attaccante forte di testa. In una di queste partite disperate viene notato da Esteban Cichello Hubner. Cichello era arrivato alle Falkland sull’ultimo volo commerciale partito da Punta Arenas prima che i cileni abolissero la tratta per protestare contro l’arresto di Augusto Pinochet a Londra, chiudendo quindi i collegamenti di linea tra il Sudamerica e le Falkland (tra l’isola e l’Argentina ripartiranno solo più avanti). Alla dogana deve mostrare il passaporto israeliano (in alcune ricostruzioni il passaporto è italiano), visto che dalla fine della guerra gli argentini sono banditi. Perché è sull’isola? In seguito racconterà di soffrire di "malvinite", ovvero di essere ossessionato da tutto ciò che riguardava le isole Falkland e che quell’ultimo volo sarebbe stata la sua unica occasione di raggiungere un posto relativamente vicino eppure così lontano. Un pomeriggio, cercando qualcosa da fare, si imbatte in una partita allo Stanley Stadium e qui rimane impressionato dal talento di Martyn Clarke. Cichello ha studiato relazioni internazionali a Oxford e ha dei contatti con il calcio argentino dal 1995, quando era riuscito a portare Diego Armando Maradona nella prestigiosa università inglese per tenere una lezione (e palleggiare con una pallina da golf). Tornato a Buenos Aires (passando dall’Inghilterra, un viaggio lungo 32 ore), tramite la famiglia di Maradona si mette in contatto con Mauricio Macrì, all’epoca presidente del Boca Juniors e che poi sarà presidente dell’Argentina tra il 2015 e il 2019. Siamo alla fine degli anni ‘90 e per la squadra argentina è un momento d’oro: in panchina siede Carlos Bianchi, in attacco Martin Palermo segna gol a grappoli e in mezzo al campo sta sbocciando il talento di Juan Román Riquelme. Macrì vuole dare un rilancio anche a livello internazionale alla squadra, nell’agosto del ‘99 batte il Barcellona in amichevole, qualche anno dopo metterà sotto contratto un calciatore giapponese, Naohiro Takahara. Quando Cichello gli propone di mettere in prova questo giovane attaccante delle Isole Falkland, non ci pensa due volte. https://youtu.be/dBLho51qct4

In quegli anni il Boca vincerà tre campionati argentini consecutivi, tre Libertadores e due Coppe Intercontinentali.

La storia di un giovane che da un posto remoto arriva nella grande città per provare a sfondare con il calcio non è particolarmente nuova, ma l’arrivo di Clarke in Argentina è un grande evento. Quando sbarca a Buenos Aires, l’8 agosto 1999, non è solo il primo abitante delle Falkland a indossare la maglia di un club argentino, ma è addirittura il primo a vivere e lavorare in Argentina dal 1982, da quando cioè è finita la guerra. All’arrivo viene prelevato da Cichello che lo porta direttamente al box VIP di Diego Armando Maradona alla Bombonera per assistere alla sfida tra Boca e Independiente. Lo stadio quel giorno contiene 50 mila persone, 22 volte il numero di abitanti delle Falkland. Dopo la partita va a mangiare una pizza con il Pibe de Oro, usa il suo telefono per chiamare la madre a casa, «Mamma, non indovinerai mai dove sono» le dice. Non è un caso l’incontro tra Maradona e Clarke, un abitante delle Falkland. Maradona è l’uomo che in 90 minuti aveva vendicato gli argentini, segnando due gol storici per sconfiggere gli inglesi nel Mondiale del 1986. Quella sera - avrebbe poi raccontato Clarke al Guardian - Maradona gli aveva descritto per filo e per segno come aveva fatto a segnare quei due gol. Lui era dovuto rimanere lì ad ascoltarlo sorridendo, «Non potevo dire quello che stavo davvero pensando». Clarke aveva solo 6 anni quel giorno, eppure ricordava bene la partita, o almeno così ha raccontato al giornale argentino Olé: «Il gol di Maradona con la mano mi ha lasciato caldo (dejó caliente in spagnolo, nda). Ma la verità è che se qualcuno segna un gol del genere nella mia squadra e poi vinciamo, va tutto bene. Il secondo gol è stato fantastico», parole che stonano col sentimento generale degli inglesi verso quella partita, una ferita mai veramente chiusa. Clarke però aveva abbracciato quella mitologia, pur essendo teoricamente schierato dall'altra parte: sono il «Maradona delle Malvinas» avrebbe detto durante quei giorni pieni di interviste a Buenos Aires e chissà se l'ha detto "delle Falkland" o davvero "delle Malvine".Per gli argentini non è importante. La sola presenza di Clarke è un riconoscimento dei loro diritti sulle isole. Lo trattano come un argentino, perché per loro lo è: non riconoscendo la potestà inglese sull’isola gli abitanti delle Falkland sono considerati infatti degli argentini. Per entrare nel paese a Clarke non serve il passaporto e anche per accedere alla Casa Amarilla, il centro di formazione del Boca, non ha bisogno di un permesso di lavoro. Se dovesse farcela ad entrare nel club, lo farebbe come argentino e non come straniero. Pur essendo appena in prova nella squadra riserve, Clarke viene trattato alla stregua di un eroe. Berlitz gli offre lezioni di spagnolo gratuite (Clarke parla solo inglese); gli intestano un'assicurazione medica gratuita a vita. I giornalisti lo riempiono di attenzioni, gli chiedono cosa farebbe se gli chiedessero di giocare per l’Argentina, Clarke sorride imbarazzato «Cosa farei? No, non giocherei per l’Argentina». Pochi giorni dopo il suo arrivo viene invitato in un programma televisivo alla presenza di alcuni veterani della guerra. Quando gli chiedono cosa pensa di tutta quella storiaccia delle Falkland, lui glissa: «Sono qui perché lo ritengo un buon investimento. Non ho mai pensato alla guerra delle Falkland, quello è il passato». In patria, però, c’è chi considera Clarke un traditore. Nel 1999 i rapporti tra gli abitanti delle Falkland e l’Argentina stanno migliorando, ma sono ancora tesi. Quando il primo aereo partito da Río Gallegos atterra a Port Stanley con 53 giornalisti argentini, questi vengono bloccati da 200 manifestanti. Prima della partenza Clarke aveva provato a tenere nascosta la sua destinazione: su consiglio della madre aveva raccontato a tutti che stava partendo per andare a lavorare su una piattaforma petrolifera in Cile, ma il clamore mediatico scatenato in Argentina dal suo arrivo era arrivato anche alle Falkland. Sull’isola i più intransigenti pensavano che Martyn Clarke non avrebbe dovuto accettare la proposta del Boca, addirittura il fratello viene coinvolto in una rissa nel pub di famiglia, scatenata proprio da alcune frasi su Martyn.

La parte sportiva però è meno semplice. Clarke si trova a competere con altri 94 ragazzi in delle selezioni che solitamente ne portano non più di 2-3 a finire davvero nelle giovanili del Boca. I suoi nuovi compagni giocano a calcio dalla nascita, in luoghi più accoglienti e in strutture e società che li preparano a quel momento. Clarke non parla neanche la lingua degli allenatori, dice che gli altri ragazzi non lo rispettano: «Sono sempre l'ultimo ad essere scelto in un gruppo perché nessuno vuole stare con me», non si capisce se è bullismo da adolescenti o odio geopolitico. Nei corridoi del centro c’è una mappa del paese, in basso a destra la casa di Clarke è indicata come Las Malvinas Argentinas, Clarke racconta che quando ci passa davanti le indica e fa “no” con il dito, i suoi compagni però ridono. In un'intervista al Guardian in quei primi giorni, racconta che il problema è l’aspetto atletico, che non è abituato a giocare a quei ritmi. Clarke è alto 187 centimetri e pesa 82 chili, il suo colpo forte è il colpo di testa. In questo articolo dicono che «ha il passo lento» e il fisico «da uomo d’area di rigore», eppure può giocare da 9 o da 10, calcia con destro e sinistro, «corre con il corpo eretto, nello stile degli inglesi». Fisicamente è descritto come molto indietro rispetto agli altri; i motivi dipendono anche dallo stile di vita che teneva sull’isola: «Alle Falkland tutti i giovani bevono. Per tre o quattro volte a settimana lo facevo in maniera pesante. Dalle 16:30 fino all'orario di chiusura potevo bere 15 bottiglie di Heineken e dopo qualche shot».Tuttavia Clarke rimane aggrappato al suo sogno. Dopo tre settimane gli allenatori ammettono che dei miglioramenti ci sono, allungano di un mese il suo periodo di prova, gli promettono tre partite con la squadra riserve. «La sua capacità sportiva è inferiore a quella che abbiamo al Boca, ma dobbiamo vedere se questa è una questione di talento o una questione di forma fisica» dice Lucio Bernasconi, coordinatore delle giovanili. Per Clarke sono i giorni della sua vita: i tifosi del Boca Juniors lo riconoscono per strada e gli chiedono l’autografo, un'accoglienza che non si sarebbe aspettato. Racconta che prima di partire aveva avuto molta paura delle conseguenze della sua scelta: «Sull'aereo mi stavo chiedendo “è la cosa giusta da fare?” Ho immaginato che mi avrebbero picchiato all’arrivo». Ora invece si trova a vivere nel quartiere di Boca, in una delle città più sofisticate e stimolanti del Sudamerica. Gli piace andare al cinema, scopre il Tango, conosce nuovi amici: «Mi sento un po' fuori posto» dice sottolineando l’improvviso cambio di vita «ma è molto meglio. Nuove persone. Nuove donne. Questo lo rende molto più interessante. Amo le Falkland, ma tendono a diventare un po' noiose». Se non fossero anche queste parole rilasciate da Clarke al Guardian, giornale inglese, potrebbe sembrare propaganda argentina scritta a tavolino: l'inglese dalla pelle diafana cresciuto a Fish and Chips e rock depresso che scopre che a pochi chilometri da quella mini-Inghilterra c’è un paese meraviglioso e vivo fatto di tango e asado e dove le donne sono bellissime.Una lesione muscolare però frena le possibilità già scarse di Clarke, che viene rilasciato dal Boca senza neanche giocare una partita con la squadra riserve in quarta divisione. Torna alle Falkland, ma pochi mesi dopo, senza lo stesso clamore, tenta la sorte con altre due squadre argentine, il Defensores de Belgrano e il El Porvenir, senza però riuscire a strappare un contratto. Ci prova anche con i Connecticut Wolves nella USL First Division, la seconda serie negli Stati Uniti, ma un altro infortunio lo costringe a rinunciare. Alle Falkland, racconta, in molti lo guardano strano, ma nessuno ha il coraggio di dirgli qualcosa in faccia. Tra il 2002 e il 2004 si trasferisce con la madre nell’Essex e gioca per due stagioni al Brentwood Town F.C., impegnato nella Isthmian League. Qui la famiglia viene avvicinata da due sceneggiatori, che vogliono fare un film sulla storia di Clarke. Si dovrebbe chiamare Playing with the enemy e viene presentato dalla stampa inglese come “La storia del calciatore traditore delle Falkland”. Maradona dovrebbe partecipare nella parte di sé stesso, il punto culmine sarebbe stata una partita di calcio giocata a Port Stanley durante la quale Martyn avrebbe tentato di ricreare con precisione il gol del secolo di Maradona contro gli inglesi. Il progetto però è stato accantonato. Clarke torna sull’isola nel 2005, giusto in tempo per essere convocato dalla neonata Nazionale per i Giochi delle isole. Dopo una prima sconfitta per 4-0 contro le Isole Shetland, le Falkland vincono 2-1 contro Saaremaa, un'isola di circa 40000 abitanti in Estonia che in campo poteva schierare qualche professionista e un calciatore con oltre 70 presenze con la Nazionale estone. È ancora oggi considerata la vittoria più prestigiosa per le Falkland e Clarke è l’autore del primo gol, realizzando dal dischetto un rigore che si era guadagnato. Eppure per Patrick Watts, il General Manager della squadra, Clarke non avrebbe dovuto giocare titolare vista la mancanza di ritmo e forma fisica. «Ma suo zio è l’allenatore» è stata la giustificazione. Watts, che è una figura centrale del calcio alle isole Falkland, è stato sempre molto critico verso Clarke. Secondo il suo racconto, Cichello avrebbe chiesto ad altri 4 o 5 giocatori delle Falkland se erano interessati a fare un provino con il Boca Juniors, ma solo lui ci era cascato. Il suo viaggio in Argentina sarebbe stata tutta «un’operazione di propaganda orchestrata da Cichello», che cercava pubblicità per sé stesso, e dalla madre di Clarke, da sempre pro-Argentina. Per Watts Clarke non è mai stato neanche il miglior giocatore dell’isola. In gioventù aveva mostrato un po’ di talento ma «è sempre stato troppo pigro, e questo si rifletteva non solo in campo, ma anche nella vita di tutti giorni».Una versione implicitamente confermata anche da Cichello, secondo cui ha fatto più Clarke per le relazioni tra argentini e abitanti delle Falkland che vent’anni di relazioni diplomatiche: «È un pioniere. È arrivato in un paese nemico, un paese che è cresciuto odiando per via della guerra. Non si può sottovalutare questa scelta». Nel mese passato a Buenos Aires, Clarke ha dimostrato che ci può essere integrazione: «È stato ricevuto da Maradona, il Re d’Argentina, Ha detto che abbiamo belle ragazze. Ha bevuto il nostro mate. Lui è come noi. All’improvviso i Falklanders sono diventate brave persone».Anche Clarke ammetterà di essere stato forse usato dal Boca, ma anche di aver vissuto una bella esperienza, di essere migliorato molto in quelle sette settimane. «Sapevo di non essere abbastanza bravo da giocare per il Boca, ma allenarmi con quel caldo intenso e con allenatori qualificati mi ha davvero aiutato a crescere».Dopo il gol segnato contro Saarema, è difficile seguire la sua carriera. Ha partecipato ai Giochi delle isole nel 2009, quando le Falkland hanno perso tutte e tre le partite disputate e anche nel 2013, quando invece sono riusciti a strappare una medaglia di bronzo in un edizione disputata alle Bermuda. In un torneo a quattro partecipanti, hanno vinto per 6-0 la finale per il 3° posto contro le isole Froya. Martyn Clarke ha segnato il primo gol anche quella volta, andando a segno di testa da calcio d’angolo. Secondo le cronache nel frattempo è diventato un difensore, in un cambio di posizione radicale forse dovuto alla tenuta atletica. Al ritorno sull’isola è stato premiato dal Governatore delle Falkland Nigel Haywood.

La squadra delle Falkland ai Giochi delle isole del 2013. Clarke dovrebbe essere in ultima fila, quasi completamente coperto da una ragazza davanti a lui.

Le ultime notizie su di lui che si trovano risalgono a un paio di anni fa. Martyn è sposato, vive alle Falkland e lavora in una ditta edile. Non gioca più a calcio ma a golf. A quanto pare sull’isola esiste un campo, uno dei più a sud del mondo, chissà cosa vorrà dire giocarci con quel vento. Sicuramente sarà meno complicato per lui che provare a giocare a pallone in un posto conteso da quasi 200 anni.

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