Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Emanuele Atturo
Martinez Quarta, attaccante ombra
10 ott 2023
10 ott 2023
Italiano fa un uso spregiudicato del suo difensore.
(di)
Emanuele Atturo
(foto)
Dark mode
(ON)

In inglese esiste un’espressione evocativa per descrivere la sua funzione: shadow striker, “attaccante ombra”. L’ombra indica un’oscurità, una zona meno illuminata, e quindi ambigua, alla periferia dell’attenzione. È bello immaginare quest’attaccante che agisce “col favore delle tenebre”, una specie di rapinatore, di animale notturno, di essere lunare.

Con “attaccante ombra”, chiariamo, non si indica davvero un attaccante, perché come ormai sappiamo non esistono i ruoli ma le funzioni. Un attaccante ombra è spesso invece un centrocampista che parte da lontano, e attacca l’area di rigore avversaria passando sotto traccia.

Il ruolo di “attaccante ombra” è stato spesso svolto da centrocampisti con grandi tempi d’inserimento. Giocatori con la capacità misteriosa di sapersi muovere con tempismo in area di rigore. Non si sa come definirla questa capacità: tempismo? Letture offensive? Preveggenza?

Shadow striker celebri degli ultimi anni: Simone Perrotta, braccio armato dei lanci di Totti nella prima Roma di Spalletti; Dele Alli, fenomenale sfruttatore dello spazio liberato da Kane e dei filtranti di Eriksen. Antonio Nocerino, in doppia cifra in un’annata di grazia di Zlatan Ibrahimovic. Marouane Fellaini con la sua dittatura aerea sui difensori avversari. Matias Vecino negli ultimi minuti delle partite. Sto dimenticando qualcuno?

Cosa succede, però, quando lo shadow striker è un difensore centrale? Del resto nel calcio contemporaneo la fluidità posizionale ha raggiunto un radicalismo tale che non sarebbe assurdo. Così nella Fiorentina stiamo vedendo Lucas Martinez Quarta partire dalla propria difesa e, come un ussaro a cavallo, caricare l’area di rigore avversaria, portando il terrore di un giocatore totalmente inatteso, il sovraccarico numerico, la variabile impazzita.

Nel primo gol della Fiorentina contro il Napoli, quello di Brekalo, la sua corsa centrale è stata decisiva. L’azione nasce da lui che riceve oltre il centrocampo, dribbla ed entra dentro al campo. Dopo aver scaricato a destra prosegue la corsa centrale verso l’area. Anguissa lo sta seguendo, ma poi lo lascia andare, pensando che il suo inserimento venga assorbito da uno dei due difensori. Martinez Quarta però si infila proprio fra Ostigaard e Natan ed è difficile da controllare - come tutte le corse che partono da lontano. In area di rigore poi dimostra sempre di essere pronto, e di controbalzo colpisce il palo. Sulla ribattuta poi Brekalo segna un gol non banale, tenendo la palla forte e bassa con l’interno sinistro.

La Fiorentina di Italiano è quella squadra assurda che per sopperire l’assenza di gol delle punte si inventa i difensori che attaccano l’area, i numeri 10 fenomenali di testa, la terza giovinezza di “Jack” Bonaventura. È una battuta, ma contro l’Udinese, due settimane fa, l’inserimento in area di Martinez Quarta era stato ancora più efficace. L’azione è partita dalla costruzione di Terracciano.

Ci stiamo abituando ai difensori centrali che avanzano per creare spazi. Acerbi nell’Inter di Simone Inzaghi è un esempio particolarmente evidente - soprattutto quando si gioca il derby (e prima a fare più o meno la stessa cosa sempre nell'Inter era de Vrij); spesso però anche Pioli fa un uso molto spregiudicato delle posizioni dei suoi due centrali difensivi. Nella Fiorentina di Italiano ad alzarsi sono spesso contemporaneamente entrambi i centrali.

Nell'azione che porta al gol contro l'Udinese, per esempio, i due terzini sono larghi ai lati mentre il portiere ha la palla (come fossero, appunto, due centrali difensivi). I due mediani sono su altezze completamente differenti: Maxime Lopez viene in basso per la costruzione, mentre Mandragora resta riferimento alto. Ranieri, l’altro centrale difensivo, occupa una posizione da “vertice basso”. Questi scambi di posizione mandano in tilt le marcature a uomo dell’Udinese. Kristensen esce e lascia un buco alle sue spalle, mentre Mandragora appoggia su Bonaventura. Martinez Quarta si butta nello spazio, aprendo il dilemma: chi deve prenderlo? A seguirlo è Walace, ma in grande ritardo. Bonaventura fa un lancio eccezionale, e Martinez Quarta uno stop altrettanto eccezionale, se consideriamo che è un difensore. Uno stop senza perdere nemmeno un minimo di inerzia sulla corsa, per poi incrociare il tiro sul secondo palo. Un gol - verrebbe da dire - da attaccante vero.

Insomma, l’uso offensivo dei centrali difensivi è una tendenza conclamata nel calcio contemporaneo, che ovviamente era già in nuce nell’Olanda del calcio totale, dove le avanzate di Haan provocavano una serie di scalate e scambi di posizione che diventavano difficili da leggere per gli avversari. Nel Barcellona di Guardiola, Piqué saliva punta con la squadra in svantaggio. Nella difesa a tre di Gasperini i due difensori laterali salgono sempre moltissimo, e oggi Scalvini è spesso un attaccante aggiunto in area di rigore. Con la difesa a 4, però, e in modo così sistematico, è sicuramente inusuale. Contro il Napoli, a inizio secondo tempo, sull’1-1, Martinez Quarta allarga a sinistra e si butta nello spazio con un inserimento profondissimo che finisce in area di rigore.

Non sono situazioni contingenti, create da un risultato sfavorevole. Contro il Cagliari, qui per esempio, si propone come fosse una mezzala, per poi diventare il primo giocatore ad attaccare la linea difensiva avversaria. In due occasioni differenti.

[gallery columns="4" ids="95747,95746,95745,95744"]

Martinez Quarta non scala dalla difesa al centrocampo per impostare il gioco, ma risale tutte le posizioni per arrivare a concludere in area di rigore. Non si vede spesso in giro. Contro l’Atalanta ha segnato un gol poderoso di testa, più tradizionale per i difensori. Il gol, però, non è arrivato da calcio d’angolo ma da un attacco posizionale prolungato. Pochi secondi prima del colpo di testa, Martinez Quarta aveva già preso posizione da punta centrale.

Quando Martinez Quarta si muove in avanti spesso un mediano resta bloccato a tenere la posizione, certo, ma si tratta comunque di un movimento che comporta un rischio non banale in un campionato spesso avverso al rischio come la Serie A. Non c’è però squadra più controculturale della Fiorentina, almeno in questo senso, e non c’è forse giocatore che incarna questa attitudine al rischio, questo abbracciare il rischio ai limiti del masochismo, come Martinez Quarta. Queste zingarate in area di rigore sono niente rispetto a certe uscite in scivolata con cui piomba sui piedi degli avversari - con tempistiche spesso scombinate. Ecco per esempio un’uscita folle verso Zielinski che ha spalancato una voragine centrale per il Napoli.

Nel primo tempo una sua uscita in pressing fuori tempo su Anguissa ha portato, a cascata, Kvaratskhelia in area di rigore. Vincenzo Italiano da tre anni sta lavorando per inculcare ai suoi giocatori una mentalità offensiva. È celebre una sua battuta durante un allenamento: «Il prossimo centrocampista che si abbassa e non pressa lo volo in tribuna con i giornalisti». Dopo la partita col Napoli ha sottolineato ancora il proprio coraggio dicendo che non voleva che la squadra andasse in inferiorità numerica: «Se vai in inferiorità numerica loro sono troppo forti e non te la fanno mai prendere. Allora siamo andati a prendere Quarta sul loro trequartista».

Martinez Quarta ha introiettato totalmente questa idea di gioco Mad Max, totalmente proiettata in avanti, incurante dei rischi, e di un’ideologia italiana che insegna ai difensori innanzitutto il pessimismo. Martinez Quarta si butta sul mediano avversario come lanciato da una mega-fionda immaginaria, gli leva il pallone dai piedi e quasi salta in aria lui stesso per le violenza del suo contrasto; poi, ancora barcollante, si butta in area di rigore per provare a segnare. Un calcio dall’intensità disperata, fino all’ultimo respiro, che porta spesso la Fiorentina a prendere dei gol incredibili. È a questa idea di gioco oltranzista a cui si riferisce Vincenzo Italiano quando dice che Martinez Quarta «sta cominciando a leggere bene certe dinamiche»? O si riferisce a quello che nella sua recente intervista a Il nuovo calcio ha definito "un calcio di letture"? Dove non c'è niente di fisso e i giocatori devono essere bravi di volta in volta a interpretare la situazione senza rigidità.

[@portabletext/react] Unknown block type "imageExternal", specify a component for it in the `components.types` prop

Contro l’Inter, l’abilità dei nerazzurri di costruire dei due contro due fra i propri attaccanti e i difensori viola, ha fatto crollare il castello. Se non si ha il gioco camaleontico e la fluidità col pallone dell’Inter, però, il gioco della Fiorentina non è semplice da contrastare. È difficile venire fuori da quel pressing, specie se non si è poi così abituati ad affrontarlo, e ad approfittare di quei rischi. Le statistiche della Fiorentina, secondo Statsbomb, non sono eccezionali in diverse metriche del pressing, ma la squadra è comunque terza in campionato per PPDA (cioè concede pochi passaggi all’avversario prima della riconquista).

In questo inizio di campionato la Fiorentina ha mostrato dei passi in avanti nella gestione del rischio, e in questo bisogna pesare anche l’impatto di due terzini come Parisi e Kayode, che stanno giocando sempre più spesso e garantiscono grandi recuperi col loro atletismo. Pochi giorni fa Martinez Quarta, detto “El Chino”, è stato convocato di nuovo nella Nazionale argentina. Il suo gioco, la sua evoluzione, la sua anomalia, spiegano bene le idee di Vincenzo Italiano, un allenatore amatissimo dall’allenatore più eretico della nostra tradizione, Arrigo Sacchi.

In un’intervista Martinez Quarta ha sottolineato la difficoltà, ma anche i benefici, di un’identità di gioco che può sembrare estrema: «[Italiano, nda] ci dà un’identità di gioco che non è facile ma con questa possiamo giocare tranquilli e alla pari con tutti. La cosa più importante è avere un’idea di gioco e noi ce l’abbiamo».

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura