Questo articolo racconta il mese di Marko Arnautovic, vincitore del premio di Calciatore del mese AIC per settembre. Il suo premio segue quello di Kvicha Kvaratskhelia.
C’è stato un momento di questa estate in cui era tutto incerto nel Bologna. La società aveva venduto Svanberg e Theate, e in più non riusciva a trovare un centravanti di prospettiva da inserire nelle rotazioni. In questa situazione, Marko Arnautovic era l’unica certezza. Il pensiero di lui, davanti, in attacco, col numero 9, era la rassicurazione che anche nei momenti più tempestosi della nuova stagione, anche nella rosa più sfaldata e nei giocatori più demotivati, ci sarà sempre Arnautovic a fare gol.
Fino a che qualcuno non ha provato a comprare anche lui. La Juventus ha chiesto informazioni su di lui, e così ha fatto il Manchester United. Due squadre che non sembravano più appartenere al suo livello. Arnautovic in fondo fino a un anno e mezzo fa si godeva la sua pensione dorata in Cina. Due squadre però piene di problemi, e che hanno visto in Arnautovic la soluzione. Prima della partita di Coppa Italia tra Bologna e Cosenza, ad agosto, Il Resto del Carlino scrive che il giocatore avrebbe chiesto la cessione. Per una volta, però, il Bologna si oppone. Cedere Arnautovic vorrebbe dire non solo abbandonare la nave, ma anche le scialuppe di salvataggio. Lui quella partita gioca nell’unico modo che conosce: reclamando tutti i palloni, cucendo il gioco sulla trequarti, funzionare da regista offensivo, ma soprattutto da centro di gravità emotivo della squadra. Il giorno dopo il discorso sulla sua cessione è chiuso.
Magari per un giocatore diverso sarebbe stato naturale aspettarsi un impatto della mancata partenza sulle sue prestazioni in campo. Com’è immaginarsi a Old Trafford, a 33 anni, in quella che somiglia all’ultima occasione della carriera, e ritrovarsi ancora a Bologna, in una squadra che deve evitare la retrocessione? Non sarebbe stato da Arnautovic, però, incupirsi e fare i capricci. Quando è arrivato all’aeroporto di Bologna i tifosi lo hanno ricoperto di cori e gli hanno avvolto la sciarpa al collo. Lo hanno investito del ruolo di leader carismatico, e lui se lo è preso con una forza imprevedibile, forse, per un calciatore che qualcuno pensava a fine carriera. Imprevedibile anche per la fama di Arnautovic a inizio carriera: un attaccante talentuoso ma pazzo. Era considerato l’erede di Zlatan Ibrahimovic ma arrivava in ritardo agli allenamenti, faceva riunioni indossando le ciabatte sottili degli alberghi.
A Bologna Arnautovic non ha mostrato niente di tutto questo. È sceso in campo e ha iniziato a fare ciò che non era riuscito agli attaccanti del Bologna fino a quel momento: segnare, dare un altro spessore all’attacco della squadra. Ha ricominciato a farlo anche quest’anno, senza battere ciglio, e a un mese dall’inizio del campionato è in cima alla classifica marcatori, sempre più decisivo, e ora vince il premio di Calciatore del mese AIC di settembre. Nel mezzo è stato esonerato Sinisa Mihajilovic, con cui Arnautovic pareva avere un rapporto speciale, ed è rimasto la certezza del Bologna, da cui ripartire anche nel nuovo ciclo con Thiago Motta. Per molti Marko Arnautovic è ciò che tiene lontano il club da un campionato burrascoso a ridosso della zona retrocessione. Dopo il suo primo gol stagionale, contro l’Hellas Verona, si è battuto il dito su petto e poi ha indicato terra, a dire che lui rimane lì - in una citazione buffa di Cristiano Ronaldo. Marco Di Vaio, ds del Bologna, ha detto che Arnautovic ha capito cosa rappresenta per il Bologna: «Un punto di riferimento in campo e fuori». Per come gioca, ma anche per come aiuta i giovani.
Ha già segnato 6 gol, quasi la metà di quelli segnati la scorsa stagione. Secondo Di Vaio ha cambiato atteggiamento nei confronti del gol, diventando più egoista: «È sempre stato un leader, ma mentre prima pensava soprattutto agli altri e gli dava più godimento fare un assist che un gol, ora pensa sia all'assist che a fare gol».
C’è un dato semplice e inquietante che dice molto: Arnautovic ha segnato 6 dei 7 gol fatti dal Bologna finora in Serie A. L’unica rete non segnata dall’austriaco finora l’ha fatta il solitamente evanescente Barrow, nella vittoria sulla Fiorentina alla prima senza Mihajilovic. Il gol vittoria, anche in quel caso, è di Arnautovic, che completa la rimonta. Kasius vince un duello sull’esterno e quando alza la testa vede il centravanti scattare, lontano da tutti i giocatori della Fiorentina; la palla gli arriva precisa sulla corsa e lui sceglie una finalizzazione atipica. Invece di chiudere con un piatto semplice nella parte vuota della porta tocca con l’esterno rasoterra sotto il corpo di Gollini. Una piccola firma elegante in un gol in fondo semplice. Arnautovic è questo tipo di centravanti: capace di segnare, ma anche di riempire la sua partita di piccoli ricami che nobilitano la praticità del suo gioco.
Contro lo Spezia riceve un lancio lungo dalla difesa, e ha la freddezza di saltare Dragowski in uscita, in un’epoca in cui gli attaccanti sembrano aver disimparato a saltare i portieri, o i portieri sembrano essere diventati troppo bravi per farsi saltare. Nella stessa partita riesce a trascinare anche il Bologna al pareggio, ma non evita l’esonero di Mihajilovic. Rilascia in un’intervista in cui è arrabbiato. Dice che non gli interessa segnare se la squadra non vince; che farebbe tutto per il Bologna. Arnautovic ha sempre l’aria arrabbiata di chi vive il calcio sostanzialmente come uno sfogo personale. Giocare a calcio per non diventare pazzi. Pochi calciatori si arrabbiano così tanto con i compagni, lamentandosi di passaggi mancati e di altri sbagliati, o di movimenti fatti non proprio nel modo in cui vorrebbe lui. Quando i compagni sono in possesso della palla Arnautovic gli grida, o gli indica con le mani, dove dovrebbero passare la palla. Potesse fare tutto lui: clonarsi ed essere ogni singolo calciatore del Bologna, oppure se potesse usare un joystick per manovrare i compagni, accetterebbe senza problemi. A volte sembra in delirio d’onnipotenza, e forse ci accorgeremmo meno della differenza tra lui e i suoi compagni se lui non si sforzasse di renderla tanto evidente. Eppure Arnautovic fa veramente molte cose nel Bologna, che prescindono le reti, che pure sono tante. È fondamentale nella progressione del gioco con le sue ricezioni spalle alla porta, ma anche per nobilitare quelle ricezioni con giocate di cucitura sempre precise. Arnautovic con i pantaloncini alzati e incastrati sotto i boxer, il crocifisso tatuato sulla coscia, la faccia scontenta e il collo taurino. Ha un suo magnetismo in campo. Se si mette a proteggere palla è difficile da spostare o da ostacolare, e riesce a trovare scarichi e associazioni anche negli spazi più stretti. Per questo Juventus e Manchester United hanno provato a prenderlo, perché pochi centravanti oggi hanno la sua capacità di finalizzare e al contempo cucire il gioco sulla trequarti palla a terra. Pochi tanto bravi a manipolare difese schierate, con movimenti intelligenti lungo tutto il fronte d’attacco, a portare fuori i difensori e ad aprire spazi per i compagni. È un piccolo dramma che i suoi compagni non riescano a sfruttare il suo sofisticato gioco di sponde.
La solitudine di Arnautovic è raccontata da un dato: finora in stagione è il secondo attaccante della Serie A per passaggi chiave, cioè quelli che portano al tiro un compagno, ma non ha ancora confezionato un assist. Magari quelli inizieranno ad aumentare e i gol a diminuire, e se la percentuale dei gol di Arnautovic su quelli del Bologna (oggi 86%) dovesse diminuire sarebbe una buona notizia per la squadra. Thiago Motta deve riuscire a dare alla squadra un’identità abbastanza solida da prescindere dalle prestazioni individuali, e da eventuali cali di forma. Dovranno tornare a segnare altri giocatori, dimostrare che c’è vita oltre Arnautovic.
Nel frattempo il suo rendimento abbiamo imparato a darlo per scontato, e non c’è forse cosa migliore che si può dire su un calciatore nel generalmente volubile calcio italiano.