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Perché Mandzukic
20 gen 2021
Le ragioni dietro l'acquisto del Milan.
(articolo)
9 min
(copertina)
Foto LaPresse - Marco Alpozzi
(copertina) Foto LaPresse - Marco Alpozzi
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Da due stagioni il mercato del Milan segue una linea precisa, e cioè cercare di rinforzare la squadra in estate con un'attenzione particolare all’età media e al monte ingaggi. Se si esclude Tatarusanu, preso come prima riserva di Donnarumma, dei diversi giocatori arrivati nelle ultime due finestre estive, i due più "anziani" sono Rebic e Krunic, acquistati entrambi quando ancora dovevano compiere 26 anni. Nelle finestre invernali, invece, il club rossonero sembra seguire linee guida diverse, puntellando la rosa in base alle esigenze, senza rispettare vincoli di età e inserendo se necessario giocatori esperti.

Un anno fa il Milan ha aggiunto Kjaer e Ibrahimovic, due pedine determinanti per dare una svolta alle prestazioni e ai risultati. L’ultimo arrivato è invece Mandzukic, che con Meité e Tomori, per cui sembra vicino l’accordo con il Chelsea per il prestito, dovrebbe completare il trio di rinforzi pensato dalla dirigenza rossonera per questa finestra invernale di mercato. Parliamo di un difensore, di un centrocampista e di un attaccante: nessuno parte titolare sulla carta, ma tutti e tre aumentano le scelte di Pioli in un momento critico della stagione, in cui è importante più che mai avere una rosa ampia, visti i rischi a livello di assenze, per infortuni o positività ai tamponi.

Perché il Milan ha preso Mandzukic?

La scelta di Mandzukic è simile a quella fatta un anno fa con Ibrahimovic. Entrambi arrivano da svincolati, dopo esperienze in campionati minori, a mesi di distanza dall’ultima partita giocata e con i relativi dubbi sulla loro condizione fisica. Per il resto, comunque, le due situazioni sono piuttosto diverse. La parentesi in Qatar di Mandzukic con l’Al-Duhail è stata un fallimento - solo 7 partite e un gol in due mesi - mentre Ibrahimovic, nei due anni con il Los Angeles Galaxy, aveva segnato 53 gol in 58 partite. Anche a livello fisico, i dubbi su Mandzukic sono più consistenti. Quando è tornato al Milan un anno fa, Ibrahimovic era fermo da un paio di mesi. Il croato invece ha giocato la sua ultima partita oltre dieci mesi fa, il 7 marzo contro l’Al-Sailiya. Sessantotto minuti in cui ha toccato pochi palloni, non ha mai tirato e si è fatto notare solo per un paio di recuperi.

Il lato fisico è quello dominante nel gioco di Mandzukic, e quindi la brillantezza delle sue condizioni, la capacità di ritrovare subito energie e motivazioni per tornare a misurarsi con il campionato italiano, sono aspetti decisivi. Valeva per Ibrahimovic, ma vale ancora di più per il croato, che non ha dalla sua l’immenso talento tecnico del fenomeno svedese. Di Mandzukic ricordiamo la forza fisica, il dominio sui palloni alti, il modo in cui tormentava i terzini avversari quando Allegri lo aveva spostato sulla fascia sinistra, la generosità con cui pressava. Svuotato del suo impatto fisico, il gioco di Mandzukic si riduce in modo notevole e rischia di non incastrarsi con la verticalità e i ritmi veloci del Milan.

Una delle tante dimostrazioni di forza del croato, proprio in una partita contro i rossoneri.

Mandzukic non è un accentratore come Ibrahimovic, non si abbassa per dare ordine sulla trequarti, per rallentare un po’ la manovra e palleggiare con i compagni. Ma come lo svedese è una scorciatoia per uscire dalla metà campo e arrivare subito sulla trequarti alzando la palla. È una soluzione che il Milan non ha avuto nelle partite in cui è mancato Ibrahimovic. Con Rebic e Rafael Leão, che si sono alternati nel ruolo di punta centrale in assenza dello svedese, il Milan è ancora più verticale e non ha un riferimento che può far alzare il baricentro se il pallone non esce pulito da dietro. Rebic si occupa quasi solo di attaccare la porta, allunga la squadra e si muove benissimo in profondità, ma partecipa poco alla manovra e quando lo fa spesso è impreciso. Leão dà qualcosa in più nei duelli fisici con i difensori ed è stato cercato con qualche palla alta in più rispetto a Rebic. Anche lui però dà il meglio quando ha spazio davanti e può portare la palla.

È inevitabile allora pensare che il Milan vede Mandzukic innanzitutto come il sostituto di Ibrahimovic. Come il giocatore cioè che in assenza dello svedese garantisce l'uscita veloce con la palla alta da dietro e tiene alta la pericolosità con la sola presenza in area di rigore. Le qualità del croato tornano utili in diversi contesti, risolvono problemi semplificando il gioco. Contro squadre aggressive, appoggiarsi su di lui con un lancio lungo è una via d’uscita per aggirare il pressing. Contro squadre chiuse, invece, la sua presenza aggiunge soluzioni al fraseggio prolungato per muovere le linee, una situazione in cui il Milan non sembra a suo agio. Alzare la palla, cercare qualche cross in più, può aggirare la creazione paziente di spazi attraverso il palleggio.

Non è però detto che Mandzukic sia solo un’alternativa a Ibrahimovic. Anzi, dopo la vittoria sul Cagliari, Pioli non ha escluso la possibilità di schierarli insieme: «Non mi precludo niente, conta la qualità e i principi di gioco, se tutti sono disponibili a collaborare possiamo giocare anche con tre attaccanti, poi con Mandzukic non ho ancora parlato di posizioni specifiche». Continuando il discorso, Pioli ha aggiunto che già ora il Milan gioca con due attaccanti, uno al centro e uno a sinistra (Rebic, Leão o Hauge), e quindi la soluzione che vede in campo sia Ibrahimovic sia Mandzukic non richiede adattamenti o cambi di sistema.

In effetti il Milan si schiera con il 4-2-3-1 e proprio in questo sistema, quando giocava nella Juventus, Mandzukic è stato utilizzato come esterno sinistro da Allegri. Spostato sulla fascia sinistra, forse Mandzukic potrebbe aiutare ancora di più la risalita del campo, e le sue qualità potrebbero incastrarsi anche meglio con quelle dei compagni. Dei difensori, chi cerca di più il lancio lungo è infatti Kjaer, che gioca sul centro-destra. Con Mandzukic, i suoi cambi di gioco da destra a sinistra sarebbero ancora più importanti per la manovra rossonera.

Inoltre, tenendo impegnati i terzini avversari, il croato aprirebbe spazi invitanti per le sovrapposizioni di Theo Hernández. Certo, il terzino milanista dovrebbe forse portare un po’ meno la palla (cioè la cosa che gli riesce meglio) e muoversi un po’ di più senza, ma è senza dubbio una prospettiva interessante quella in cui può appoggiarsi a Mandzukic e poi inserirsi nello spazio che il croato crea alle sue spalle. Non è solo vincendo i duelli aerei, infatti, che l’ex bianconero può contribuire al possesso. Anche senza avere la qualità di Ibrahimovic, Mandzukic è un appoggio sicuro spalle alla porta, è quasi impossibile da spostare e può difendere la palla dando tempo ai compagni di salire e partecipare l’azione.

Certo, la scelta di schierare sia Ibrahimovic sia Mandzukic ha uno svantaggio ovvio. Il Milan alza in modo incredibile la fisicità e la pericolosità in area - quante squadre riescono a gestire la presenza in contemporanea di Ibrahimovic e di Mandzukic in area di rigore? - ma perde velocità e rinuncia a giocatori fondamentali per accelerare l’azione, come Rebic e Leão. Anche se può sviluppare una grande intesa con Theo Hernández, nel bagaglio di Mandzukic non ci sono tutte quelle iniziative di Rebic e Leão che rendono il Milan così pericoloso: i dribbling in isolamento, le accelerazioni palla al piede, i tagli da sinistra verso il centro. Il rischio, cioè, è che giocando a una velocità ridotta i rossoneri diventino più prevedibili, specie se Mandzukic si mostrerà in declino a livello atletico.

L’arrivo del croato non ha però a che fare solo con questioni tattiche, o con la necessità di aumentare la profondità della rosa, e si spiega anche con altre ragioni. Ad esempio con la sua esperienza, il carattere e la mentalità, aspetti su cui hanno scherzato Pioli («Ci pensa Ibra a tenerlo a bada») e lo stesso Ibrahimovic («Sono contento, adesso siamo in due a mettere paura agli avversari») e che Paolo Maldini ha riassunto in una battuta: «Nel calcio non c’è bisogno solo di bravi ragazzi. Non che Mario non lo sia, ma c’è bisogno di gente determinata in campo».

Il senso degli acquisti di Meité e Tomori

Non vale lo stesso discorso per Meité e Tomori, più in linea con il tipico profilo dei giocatori ingaggiati dal Milan, adatti al suo stile di gioco e con la parte migliore della carriera davanti a loro. Meité aumenta le opzioni tra i centrocampisti centrali, un ruolo in cui Pioli non aveva molte alternative e in cui aveva dovuto adattare prima Krunic e poi Calabria. L’ex Torino è più bravo a portare la palla che a passarla, non migliora il palleggio ma è forte fisicamente e da solo può far avanzare l’azione per molti metri. Magari non crea spazi con passaggi illuminati ma protegge bene la palla e con i suoi dribbling può essere utile a diverse altezze del campo, sia in uscita dalla difesa sia nella metà campo avversaria. Ha insomma caratteristiche adatte al gioco del Milan: copre molto campo, è forte nei duelli e sa far risalire velocemente la palla, anche se riceve pressato. Nelle ultime tre stagioni è stato tra i migliori centrocampisti del campionato per dribbling riusciti e palloni intercettati, insieme a Bennacer e de Paul.

https://twitter.com/OptaPaolo/status/1349740387439697923

Anche Tomori è forte fisicamente, veloce e ha un buon piede per iniziare l’azione, anche se tende a non prendersi troppi rischi, e corrisponde per caratteristiche al profilo tracciato da Maldini in un’intervista a fine novembre, in cui ha svelato le qualità che cerca in un difensore: «Un difensore per me è abbastanza facile da leggere, ma prima veniva richiesto un giocatore che stava bene in un reparto, adesso andrei a prendere un giocatore che è forte nell'uno contro uno, poi gli insegni a stare bene nel reparto. La cosa difficile da insegnare è la forza nell'uno contro uno, la concentrazione, è una cosa che manca. In questo momento, soprattutto per la nostra maniera di giocare ma anche la situazione del calcio in generale, andrei a prendere un difensore forte nell'uno contro uno, al quale poi l'allenatore possa insegnargli di stare all'interno di un reparto».

Non è detto che gli acquisti di questa finestra di mercato avranno lo stesso successo di Kjaer, Ibrahimovic e Saelemaekers, arrivati un anno fa nella sessione invernale di mercato. Anche questa volta, però, il Milan sembra essersi mosso con lucidità, cogliendo le occasioni ma seguendo allo stesso tempo una strategia chiara e avendo bene in mente le necessità della squadra. Tra rinnovi e scadenze dei prestiti ci sono diverse situazioni incerte da risolvere nei prossimi mesi. Finora, però, anche in un momento così delicato, il Milan ha mostrato di essere una delle squadre che gestisce meglio le tensioni, l’irrazionalità e la confusione che spesso caratterizzano il mercato.

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