
Dopo aver travolto il Napoli in casa, il PSV è andato al De Kuip per prendersi la testa della classifica dell’Eredivisie. Di fronte aveva un Feyenoord che idealmente in Olanda ha preso il ruolo dell’Ajax in questi anni di decadenza. Una squadra giovane con un gioco brillante e un suo ex giocatore in panchina, in questo caso Robin van Persie. Un club vincente, nonostante o grazie a questo.
È stato il primo scontro diretto tra le due squadre che si contenderanno il campionato, e come tale non ha deluso. Il PSV è passato in vantaggio alla fine del primo tempo, il Feyenoord ha pareggiato all’inizio del secondo, e poi la partita è stata travolta da un crescendo di occasioni e tensione che ha portato la squadra di van Persie ad avere la palla del 3-3 a pochi minuti dalla fine, a pochi passi dal dischetto del rigore. Al 76’ Sliti è stato lanciato in area direttamente da rimessa laterale. Il numero 32 ha alzato un campanile in area e, dopo un duello aereo andato a vuoto, la palla è finita sul destro di Luciano Valente, che a botta sicura, di prima, ha messo di poco al lato del palo.
Poche ore dopo il fischio finale, il Telegraaf ha commentato con un titolo che in Italia ci avrebbe fatto sorridere: Deluso dall’errore ma Luciano Valente rimane il miglior giocatore del Feyenoord nella sconfitta contro il PSV. Dentro, il noto quotidiano generalista olandese la metteva così: “Con le sue azioni e il suo atteggiamento maturo, Valente per l’ennesima volta ha mandato un segnale verso Zeist [città che ospita la federazione olandese di calcio, nda], dove il CT Ronald Koeman dovrà decidere nelle prossime settimane se convocare il giovane centrocampista per le prossime due partite di qualificazione ai Mondiali del 2026”. La questione è sembrata crescere di importanza di settimana in settimana in Olanda, dove si avverte una certa urgenza riguardo a Luciano Valente. Nonostante il nome possa dire il contrario infatti, Valente è olandese a tutti gli effetti, ma può essere convocato anche dall’Italia per via della nazionalità del padre.
Valente, contro una squadra che solo tre giorni prima aveva messo in ginocchio i campioni d’Italia, ha giocato con i calzettoni abbassati e la responsabilità di gestire il pallone sotto pressione davanti alla propria area, quando gli avversari provano ad assalirti alle spalle. La mezzala che scende per dare una mano al regista, ma che deve anche dare l’ultimo passaggio nell’ultimo quarto di campo. Al 50’, soprattutto, Valente aveva riportato in parità la partita. Si era fatto dare palla vicino al cerchio di centrocampo, aveva superato Perisic spostandosela sul sinistro, e poi, arrivato al limite dell’area, aveva incrociato il tiro facendo passare la palla tra le gambe del difensore avversario, come un giocatore di minigolf che mira al portone del piccolo castello che lo separa dalla buca. È stato forse il gol più bello della sua carriera, a coronamento di un inizio di stagione in cui è stato titolare quasi sempre nel centrocampo di una delle due squadre che si giocheranno il campionato.
Valente è arrivato a Rotterdam quest’estate, come uno dei giovani acquisti con cui il Feyenoord vuole provare a scalfire il dominio tecnico ed economico del PSV sul campionato olandese. Il 21 luglio è sceso sul prato del De Kuip da un elicottero insieme al grosso della campagna acquisti: Gaoussou Diarra, Gonçalo Borges e Sem Steijn. E questo nonostante l’allerta gialla emessa dalle autorità cittadine per via delle condizioni meteo. Rimesso i piedi a terra, Valente si è presentato ai suoi nuovi tifosi bianco come un cencio. «L’altezza mi mette un po’ di paura, mi ha dato veramente fastidio. Quando siamo decollati ho pensato: esattamente cosa stiamo facendo?».
Per Valente il salto è stato anche più grande di così. Quest’estate il Feyenoord l’aveva prelevato dal Groningen, dov’è nato, cresciuto e in una ventina d’anni è riuscito a costruirsi un piccolo culto. Quando il trasferimento è stato ufficializzato, tra le strade della città, tra i suoi canali e le sue guglie medievali, sono iniziati a comparire dei manifesti che lo ritraevano di spalle, diviso a metà. Da una parte le gradinate dell’Euroborg, dall’altra quelle del De Kuip. Da una parte la maglietta del Groningen, dall’altra quella del Feyenoord. Al centro, a tenere tutto insieme, il suo nome e il suo numero. Van noord naar zuid si leggeva sotto: dal nord al sud.
Valente era entrato nel Groningen nel 2014, quando aveva 11 anni. Giocava in una squadra della città (il GVAV-Rapiditas) però già da sette anni, vittima dell’ossessione per il pallone che geneticamente gli ha passato il padre - Roberto Valente, romano, ex calciatore con un passato al Siena e alla Maceratese, rimasto in Olanda dopo aver conosciuto la moglie in vacanza. «Da piccolo portavo sempre un pallone con me ovunque. Anche quando andavamo a mangiare fuori con i miei. Dicevo solo: “Non finisco la pizza, vado a giocare”».
Nell’estate del 2022 fa il suo esordio tra i professionisti e poche settimane dopo per le strade di Groningen viene già fermato per un selfie. In un servizio dell’emittente locale RTV Noord, l’intervistatore gli chiede se gli capita spesso: «Ultimamente un po’ più spesso di quanto fossi abituato, diciamo». Valente era stato appena convocato dall’Italia Under 20 per delle partite contro Portogallo e Svizzera, e pochi mesi prima aveva giocato con l’Italia Under 19, contro Ungheria e Turchia. In entrambi i casi a chiamarlo era stato Carmine Nunziata, che ci aveva visto un trequartista perfetto per il suo rombo, dove lo aveva provato come sostituto di Baldanzi alle spalle delle punte. L’apprezzamento di Nunziata diventa chiaro quando si vede giocare Valente, un centrocampista offensivo non particolarmente veloce ma che ha grande controllo tecnico sul pallone e che nell’ultimo quarto di campo ha spesso le idee chiare. «Ti stava bene, quell’azzurro, eh? Ti dona più dell’arancione?», gli chiede malizioso l’intervistatore di RTV Noord. «Sì, credo proprio di sì», risponde sibillino Valente, che poi è costretto a preparargli un buon caffè italiano. Nunziata in quei giorni però invitava al realismo: «Nel calcio di oggi queste dinamiche esistono. Quando hai più di un passaporto, le cose possono cambiare fino al momento in cui rappresenti una Nazionale a livello senior».
Le fugaci apparizioni di Valente con le Nazionali giovanili italiane si dissipano come nebbia ai primi passi della sua carriera tra i professionisti. Nella stagione del suo esordio il Groningen retrocede dopo 23 anni nella massima serie e l’anno successivo parte male anche in Serie B. A novembre l’Euroborg si è svuotato, il Groningen è a metà classifica e l’allenatore Dick Lukkien cerca la salvezza dove sono abituati a trovarla in Olanda: nel vivaio. I senatori dello spogliatoio vengono fatti da parte e al loro posto entrano tra i titolari Luciano Valente, Romano Postema, Thijmen Blokzijl, Jorg Schreuders, Thom van Bergen: un gruppo di giovani giocatori di Groningen, cresciuti nel Groningen, e che si conosce fin da bambini. Lukkien cerca di rinfrescare la rosa ma anche di riaccendere quell’”orgoglio del nord” che è talmente importante nelle regioni settentrionali dell’Olanda da essere diventato addirittura il soprannome del club. Lo stesso Lukkien, d’altra parte, è nato a pochi chilometri da Groninga.
Il 10 maggio del 2024, dopo una vittoria all’ultima giornata contro il Roda, il Groningen torna così in Eredivisie dopo solo un anno di limbo. «Vivo in centro e vengo sempre in bici, ma non ho mai visto nulla di simile», dice Valente dopo la partita. «Ho visto così tante magliette del Groningen in città, c’era un’energia incredibile». «È davvero semplice sul campo», aggiunge Jorg Schreuders, che ha segnato il gol del definitivo 2-0 «Ci conosciamo da così tanto tempo che sappiamo esattamente cosa aspettarci l’uno dall’altro». Insieme a lui sono in campo Luciano Valente, Romano Postema, Thijmen Blokzijl e Thom van Bergen, tutti da titolari, dopo essere cresciuti insieme sugli spalti che li circondano. «A volte quando andavamo a vedere il Groningen da piccoli», dice van Bergen, «ci guardavamo e io pensavo: “Non sarebbe incredibile se ci giocassimo insieme un giorno?”».
Il sogno si avvera e il Groningen, con i ragazzi di Groningen, gioca in Eredivisie una stagione più che dignitosa. Valente agisce da ala sinistra che viene a giocare dentro al campo nel 4-4-2, poi la sua centralità nel gioco offensivo della squadra viene istituzionalizzata con la maglia numero 10 e la posizione da trequartista puro in un 4-2-3-1. A impressionare è il suo equilibrio in corsa, la capacità di trattare il pallone con tutta la superficie del piede, una lucidità rara nel saper piazzare il pallone da fuori area e una grande visione di gioco nella metà campo avversaria. Tutte qualità che vanno testate anche fuori dall’Olanda, ovviamente, ma comunque affatto scontate per un ragazzo di poco più di vent’anni. In tutto, nella stagione 2024/25, realizza 7 assist e 40 passaggi chiave in campionato, in una delle squadre che tira di meno di tutto il campionato olandese.
A fine stagione i punti del Groningen sono 39, ben 13 sopra la zona retrocessione, ma l’apice arriva alla penultima giornata, quando all’Euroborg arriva l’Ajax a cui basterebbe una vittoria per vincere il campionato. È uno dei momenti più spettacolari dello psicodramma della squadra allenata allora da Francesco Farioli, che è ospitata da uno stadio caldo e ostile nonostante la salvezza già ottenuta. I tifosi del Groningen cantano in maniera macabra Woensdag, gehaktdag - cioè: mercoledì giorno del macinato, e avete già capito chi vogliono fare a pezzi - e al 93’ Valente, in connessione con le pulsioni più profonde del suo stadio, entra a forbice su un avversario con un intervento apparentemente immotivato e autolesionista, e che invece fa deragliare definitivamente gli avversari dai propri binari emotivi. Sei minuti dopo il rosso che lo toglie dal campo, il Groningen pareggia la partita e l’Ajax di fatto perde il campionato. Per Valente è la perfetta chiusura circolare della sua esperienza al Groningen: in quell’agosto del 2022, infatti, aveva esordito proprio contro l’Ajax.
Valente non ha nemmeno 22 anni, ha fatto appena un paio di stagioni con la maglia biancoverde, ma con quell’intervento diventa una specie di piccola leggenda contemporanea del club, che mostra la sua gratitudine contestando la squalifica per tre giornate dovuta al rosso con l’Ajax. «È davvero speciale fare parte della squadra per cui tifi», dice poche settimane dopo quando inizia ad essere chiaro che sarà destinato a una grande del campionato, «non voglio pensarci ancora, ma andarsene sarà triste». All’Euroborg ci tornerà per la prima volta da avversario alla fine di settembre e il pubblico gli concederà un’ovazione. Valente, quindi, rappresentazione esemplare dei ragazzi di Groningen ma allo stesso tempo diverso, speciale.
Il club dedica un video intero alle sue origini italiane già nel settembre del 2022. Il padre Roberto adesso lavora part-time in una pizzeria, come per aderire perfettamente allo stereotipo. Prepara gli impasti, e quando gli chiedono chi tiferebbe di più il figlio, a un Europeo o a un Mondiale, tra l’Olanda e l’Italia, risponde con una specie di ruggito: «Sempre l’Italia, siamo olandesi, ma non se giochiamo contro l’Italia». Luciano, appoggiato allo stipite, se la ride. Cosa pensa?
A marzo Valente ha accettato la chiamata dell’Olanda Under 21, debuttando proprio contro l’Italia. Sembrava fatta per la Nazionale che poco tempo fa ha già perso Huijsen, ma poi qualcosa è andato storto. Valente non è stato convocato per l’Europeo Under 19, è stato chiamato solo all’ultimo per quello Under 21, e per le ultime partite il suo nome tra le convocazioni non è più comparso. Forse in quest’ottica si possono leggere le sue dichiarazioni di qualche giorno fa, quando ha detto al Telegraaf che «la Nazionale olandese è il mio più grande sogno ma se l’Italia arrivasse prima la prenderei assolutamente in considerazione».
I discorsi sulla reale nazionalità di un atleta sono sempre pericolosi - lo sappiamo bene, in questi anni di dibattiti infiniti sulla reale italianità di Sinner - e nel calcio si mischiano con il piano per cui accettare questa o quell’altra Nazionale significa in sostanza fare una scelta di carriera. Se proprio dobbiamo parlare di opportunismo bisognerebbe dire innanzitutto che all’Italia servirebbe convocare Valente molto più di quanto serva all’Olanda. La Nazionale di Koeman ha infatti tre scelte forti sull’esterno sinistro (Gakpo, Xavi Simons e Justin Kluivert) e anche a centrocampo, con Gravenberch, Reijnders e de Jong, è messa piuttosto bene. L’Italia invece di fatto non ha esterni sinistri di alto livello, se si esclude Cambiaghi, e a centrocampo manca di un giocatore con le caratteristiche di Valente, sia se lo consideriamo una mezzala di possesso che se lo consideriamo un trequartista vero e proprio. Da un certo punto di vista, c’è dell’ironia nel fatto che un numero 10 di quelli che in Italia continuiamo a rimpiangere sia nato in Olanda, dove la razionalità del gioco tende ad escludere i demiurghi solitari.
Valente nel frattempo continua a muoversi tra questi due mondi, con un’ambiguità che forse è inevitabile. A marzo aveva detto che «l’inno italiano è bello, ma cantare quello olandese mi dà davvero la pelle d’oca», e appena arrivato al Feyenoord, in uno di quei video promozionali in cui sei costretto a una scelta binaria, tra «temperamento italiano o sobrietà di Groningen» lui ha scelto la seconda. In questi giorni, dopo la sua intervista al Telegraaf, i media italiani hanno riportato una sua frase che però io non ho ritrovato: «L’Olanda è casa mia, ma sento di avere anche qualcosa dell’Italia dentro di me». Non so se mi sono perso qualcosa io o se è stata inventata di sana pianta, in ogni caso penso che sia il modo migliore per risolvere la questione.