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Il più grande psicodramma d'Europa
19 mag 2025
L'Ajax aveva nove punti di vantaggio sulla seconda a cinque giornate dalla fine e non è riuscita a vincere l'Eredivisie.
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Il 12 maggio del 2024 l’Ajax vince contro l’Almere e può finalmente tirare un sospiro di sollievo. La squadra di Amsterdam, con quei tre punti, ottiene la certezza matematica del quinto posto, e quindi della qualificazione ai playoff della prossima Europa League: un risultato che in condizioni normali sarebbe una catastrofe ma che, alla fine della stagione apocalittica che si è appena lasciata alle spalle, può essere considerato un piccolo miracolo.

La tragedia era cominciata ancora prima che la stagione iniziasse, con il licenziamento del direttore sportivo Marc Overmars, accusato di molestie sessuali da alcune dipendenti del club. Overmars era stato uno dei principali artefici dell’ultimo periodo d’oro dell’Ajax, e il suo addio innesca un vortice dirigenziale che produce una delle peggiori stagioni della storia del club olandese, se non la peggiore in assoluto.

Alec Cordolcini, qui su Ultimo Uomo, l’ha definita “materia per una delle migliori serie TV sul calcio”. Nell’arco di un anno cambiano quattro amministratori delegati, due direttori sportivi, un direttore tecnico e quattro allenatori, e nel frattempo la squadra va a picco. Mai l’Ajax aveva avuto una striscia di dieci partite consecutive senza vittorie; mai aveva perso cinque partite consecutive in campionato; mai aveva subito 83 gol in una singola stagione; mai era stato eliminato dalla coppa nazionale da una squadra dilettante (l’USV Hercules); mai aveva perso una partita di Eredivisie per 6-0, e mai lo aveva fatto contro gli acerrimi rivali del Feyenoord, il club che rappresenta l’omega del calcio olandese, se siete tra quelli che considerano l’Ajax l’alfa. «Chiunque ami l'Ajax e giochi qui non ne può più di questa stagione», aveva dichiarato il capitano Steven Bergwijn, dopo che la vittoria con l’Almere aveva salvato il salvabile.

A riportare la malandata nave in porto, alla fine, ci è rimasto John van 't Schip, ex giocatore dell’Ajax degli anni ’80 (e del Genoa negli anni ’90), la cui ultima esperienza in panchina risaliva al 2021, quando si era dimesso da CT della Grecia. Van 't Schip ha regalato anche lui momenti di grottesco assoluto: all’inizio di dicembre, dopo un’insperata striscia di tre vittorie consecutive che aveva riportato l’Ajax in zone di classifica più tranquille, aveva lasciato per una partita la guida al suo secondo, Michael Valkanis, per presenziare al matrimonio del figlio, in Australia. Alla fine, comunque, i suoi risultati riescono a ottenere una qualificazione europea che è quasi sorprendente per quanto è andata male la stagione. «Questa settimana mi è capitato di vedere una tabella che mostrava quanti punti abbiamo fatto da quando sono arrivato», dice Van 't Schip dopo la partita con l’Almere: «Sono più di quanti ne hanno fatti Twente e AZ. Non me l’aspettavo».

Van 't Schip, oltre alla qualificazione europea, lascia in eredità qualche insegnamento, almeno dal suo punto di vista. La squadra è troppo giovane, dice, non è pronta per il doppio impegno settimanale. «A gennaio ho insistito per avere dei rinforzi di esperienza. Non solo Jordan Henderson, ma anche altri due. Purtroppo non ci siamo riusciti e questo alla fine ci ha penalizzato».

Alla fine dell’intervista un giornalista gli chiede se invece lui qualcosa ha imparato, da tutto questo macello. «Sì», risponde Van ’t Schip, «che la prossima volta che mi chiamano è meglio che non rispondo».

***

L’Ajax deve ricostruire tutto per la seconda volta in un anno, e la trappola della nostalgia è troppo invitante per non cascarci. All’inizio pensa a Louis van Gaal, che però a 72 anni non vuole più fare l’allenatore, e d’altra parte è già consigliere del club. Poi ci prova con Erik ten Hag, ma quello pensa ancora di poter ribaltare la situazione a Manchester. L’Ajax, alla ricerca di un nome che abbia una sua riconoscibilità, è costretto allora ad andare su un profilo straniero. Riesce a stringere un accordo di principio con Francesco Farioli, ma fa un ultimo tentativo con Graham Potter, che è più esperto e sembra piacere di più al nuovo direttore tecnico, Alex Kroes. Con l’allenatore inglese, però, non si riesce a trovare una quadra contrattuale. Sulla margherita, quindi, rimane solo un petalo.

Francesco Farioli viene da una grande stagione a Nizza, che però è iniziata meglio di quanto sia finita. Nella prima parte la squadra si è addirittura avvicinata al vertice della classifica, dando l’impressione di poter mettere in discussione il sistema castale del campionato francese, ma nella seconda ha avuto un brusco calo di risultati. La sua grande solidità difensiva è diventata sterilità, mancanza di idee, e ad Amsterdam sono in molti a essere poco convinti. Qualcuno, dentro alla stessa società, pensa che Farioli sia davvero troppo giovane. Lo stesso Alex Kroes lo definisce un «rischio calcolato» e per presentarlo ne elogia più che altro il lato umano, come se di calcio non volesse parlare. «È un uomo intelligente e che può gestire bene il gruppo, che è anche una parte molto importante della professione».

Farioli, d’altra parte, è italiano e non è un caso che un italiano non abbia mai allenato l’Ajax prima. Non esiste squadra che rappresenta la scuola tattica olandese più dell’Ajax - e la scuola tattica olandese, con la sua fiducia euclidea nella funzionalità dello spazio e la convinzione illuministica che la tattica possa risolvere ogni problema di campo, è agli antipodi rispetto a quella italiana. Una delle sconfitte più dolorose della storia del calcio olandese è contemporaneamente uno dei più incredibili miracoli della storia del calcio italiano. È Italia-Olanda degli Europei del 2000: una partita che, come ha scritto Matteo Gatto, “arriva dritta a colpire una delle loro particolari convinzioni calcistiche: l’idea che i rigori non siano davvero parte del gioco, e che non si possano allenare”. Sulla panchina dell’Italia, quel giorno, Dino Zoff, ex portiere. Sulla panchina dell’Ajax, adesso, Francesco Farioli, ex portiere.

Ancora prima del suo annuncio ufficiale, l’emittente nazionale NOS chiede un parere all’allenatore giovanile olandese Fouad El Fdil, che ha collaborato con Farioli per due anni all’Aspire Academy, in Qatar. «Voleva giocare bene già allora, non vedevi le sue squadre fare spesso lanci lunghi», risponde El Fdil. «In Olanda pensiamo spesso che gli allenatori italiani non siano così preparati tatticamente, che facciano solo il catenaccio. Ma dalla mia esperienza non credo che sia più così vero».

El Fdil ricorda ancora una delle prime cose che gli chiese Farioli quando si conobbero: «Com’è possibile che un Paese che gioca così bene a calcio abbia vinto così poco?».

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I playoff delle coppe europee per le grandi squadre sono una palude. Il livello degli avversari non concede alibi, ma il momento in cui si è costretti ad affrontarli non concede risorse, figuriamoci per una squadra che ha appena cominciato un nuovo corso. Il rischio di impiccare una stagione ancora prima che cominci è alto.

Dopo aver superato agilmente il Vojvodina, l’Ajax capisce di aver messo i piedi nella melma nella gara di ritorno contro il Panathinaikos. All’andata, ad Atene, un gol di Steven Berghuis sembrava aver messo le cose in discesa, ma al ritorno, ad Amsterdam, Tete fa capire che non è così. L’Ajax non riesce a convertire le sue occasioni nel primo tempo e nel secondo rientra in campo con l’impressione che fare e non fare sia pericoloso allo stesso modo. All’89’ l’attaccante brasiliano del Panathinaikos sfrutta questa paura e trova uno di quei gol che sembrano confermare la teoria per cui l’intero universo sarebbe una simulazione virtuale: un tiro nato da un doppio rimpallo in area che passa tra le gambe di Jordan Henderson prima di accasarsi lento lento in rete. Circa trenta secondi prima Mika Godts, dall’altra parte, aveva preso un clamoroso palo interno da questa posizione.

I supplementari portano al grande rimosso dell’inconscio calcistico olandese: i rigori. Per il Panathinaikos in porta c’è Bartlomiej Dragowski; per l’Ajax un uomo che ha sei anni più di Farioli: Remko Pasveer. Remko Pasveer con i capelli bianchi raccolti dietro la testa, a cipolla; che sembra aver ripreso il calcio come un hobby a quarant’anni, dopo aver fatto i figli troppo presto. Remko Pasveer che si butta floscio, a terra, con le gambe rigide verso il centro della porta a parare il primo rigore. Un tiro centrale e basso di Daniel Mancini, che forse non si aspettava che un portiere potesse buttarsi così. È l’inizio di un puro e semplice delirio: una serie di 34 rigori che durerà quasi mezz’ora, la più lunga nella storia delle competizioni UEFA.

Dopo il primo errore non sbaglia più nessuno e l’Ajax ha subito l’occasione di vincere. Sul dischetto si presenta Brian Brobbey, uno dei prodotti delle leggendarie giovanili dell’Ajax, che non ha nulla del giocatore delle giovanili dell’Ajax. Brobbey è grosso, impacciato e con la palla non ha grande confidenza, ma quando viene lanciato in velocità diventa difficile da controllare. Nella stagione 2021/22 ha tentato il salto al Red Bull Lipsia, che sembrava perfetto per le sue caratteristiche, ma dopo una sola stagione è tornato alla base, e adesso è qui, a rinnovare l’incomprensione tutta olandese verso questa forma quasi esoterica di decidere partite rimaste in equilibrio troppo a lungo. Brobbey tira potente sulla destra, ma il tiro esce a mezza altezza e Dragowski, intuendo, lo respinge.

A quel punto, come si dice, si va a oltranza. E i rigori prendono una strana simmetria. Segnano Vilhena e Jordan Henderson; sbagliano Maksimovic e Traoré, Ingason e Baas. E ancora: segnano Vagiannidis e Gaaei, Zeca e Sutalo, Dragowski e Pasveer, uno all’altro. A quel punto i giocatori sono finiti e bisogna ricominciare. Segnano Mancini, Bergwijn, Jeremejeff, van den Boomen, Tete, Godts, Jedvaj e Taylor, tutti al loro secondo rigore. In totale sono 14 rigori segnati di fila: un’assurdità nell’assurdità. “Un meccanismo ordito per decidere facilmente e velocemente un vincitore, smette di funzionare e i giocatori si ritrovano imprigionati al suo interno, costretti a calciare e a parare un rigore dopo l’altro, in una sequenza che perdeva via via di senso”, come ha scritto Emanuele Atturo dopo quella partita.

Torna a sbagliare Mladenovic e sul dischetto la possibilità per rompere questa maledizione ce l’ha ancora Brian Brobbey, che però questa volta non prende nemmeno la porta. Brobbey si stende a terra, batte i pugni, dopo che per quattro volte aveva baciato il pallone, e adesso per l’Ajax sembra davvero non esserci più scampo. Si sanno come vanno a finire queste cose anche se cose come queste non le abbiamo mai viste. E infatti c’è un’ultima svolta del caso: Tony Vilhena, centrocampista olandese cresciuto nel Feyenoord, che aveva zittito qualcuno nel pubblico dopo il primo tentativo segnato, si fa parare un altro rigore da Pasveer - il quinto! - e dà un’altra (ultima?) chance all’Ajax, mentre Brobbey, in lacrime, sta ringraziando la vita. Gaaei, alla fine, riesce a segnare quello giusto.

«Pasveer mi ha chiesto perché dentro alla Johan Cruijff Arena non c’è nemmeno una foto di un portiere che fa una parata», dichiara Farioli dopo la partita, «gli ho risposto che adesso dovrebbero appendere in fretta una delle sue». È la prima volta nella storia che l’Ajax riesce a passare un turno di una coppa europea vincendo ai rigori.

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Non solo i rigori, i segni che qualcosa stia cambiando sono diversi. L’Ajax vince gli scontri diretti con il Feyenoord, al De Kuip, e con il PSV, alla Johan Cruijff Arena, in una partita che fino alla metà del secondo tempo stava perdendo per 1-2. Anche in Europa League la squadra di Farioli mostra questa sua faccia nuova, inusuale per il club olandese - una squadra che fa quello che deve fare, al di là di come lo faccia - e nelle prime quattro partite della fase campionato raccoglie dieci punti, segnando 13 gol e subendone solo uno.

La sera di domenica primo dicembre l’Ajax torna a sentire l’aria di una stagione che prende il verso giusto. Il PSV capolista ha vinto un’altra volta, è vero, ma lo ha fatto contro l’Utrecht che a sorpresa è secondo in classifica, due punti sopra la squadra di Amsterdam; mentre il Feyenoord, che gli sta un punto sotto, al De Kuip si è fatto scippare due punti dallo Sparta Rotterdam terzultimo. La squadra di Farioli quindi ha la possibilità di uscire dal gruppo e mettersi in scia del PSV, al secondo posto, e per farlo deve superare un avversario che una volta sarebbe sembrata una passeggiata. È il NEC, squadra di Nijmegen, nemmeno 200mila abitanti a pochi chilometri dal confine tedesco, che fino a pochi anni fa faceva a fatica a finire una stagione sopra lo Jong Ajax - cioè l’Ajax B - nella seconda serie olandese.

La partita però racconta una realtà ormai molto diversa. La squadra che domina il possesso, che manipola gli avversari con il pallone è il NEC, mentre l’Ajax spesso siede sorniona nella propria metà campo, consapevole della propria superiorità tecnica. La quantità e la qualità delle occasioni che ha il NEC, soprattutto nel primo tempo, ha dell’incredibile. Al 25’, con il risultato già sull’1-1, l’ala del NEC, Hansen, riesce a colpire Pasveer steso a terra oltre la linea di porta da dentro l’area piccola.

Se non ci credete che questo tiro non sia entrato in porta potete vedervi tutti gli highlights e farvi quattro risate.

Il NEC chiude la partita con 21 tiri, di cui otto in porta, una traversa colpita, 3.1 xG prodotti (dati Fbref) e zero punti. L’Ajax, invece, se ne torna ad Amsterdam dopo aver segnato 2 gol con 0.9 xG prodotti, con una vittoria che è frutto soprattutto dello squilibrio di talento tra il giovane portiere del NEC, Robin Roefs, e Wout Weghorst.

L’attaccante olandese non tornava in patria da sei anni e chissà che faccia avrebbe fatto nel 2018, quando ancora era in rampa di lancio all’AZ, se gli avessero detto che sarebbe diventato uno dei leader tecnici dell’Ajax alle soglie dei 33 anni. Weghorst, con il fisico da corazziere e il talento per trasformare i rimbalzi in gol, ha passato in esilio gran parte della fase matura della sua carriera ed è stato riabilitato dall’ultima, luciferina evoluzione di Louis van Gaal, che ai Mondiali del 2022 gli ha regalato un gol inutile ma leggendario contro l’Argentina, nato al 101’ su uno schema da calcio piazzato. Un’eresia contro gli eretici che, legittimata dalla Nazionale, è diventata norma.

Weghorst è la punta di diamante di una campagna acquisti che sembra aver sentito i consigli di John van 't Schip. Oltre a lui, arrivano Daniele Rugani (anni 30), Davy Klaassen (31), il portiere Matheus (32), l’ala destra Bertrand Traoré (28), tra gli altri. Quelli di Weghorst contro il NEC sono il suo quarto e quinto gol in campionato, arrivati giocando appena quattro partite da titolare. La punta olandese viene utilizzata come supersub, quando la partita perde la sua normale leggibilità ed entra nel campo dell’entropia, della fatica, della tensione. Nuove variabili che l’Ajax sta imparando a maneggiare con scandalosa familiarità.

Al fischio finale comunque l’obiettivo è raggiunto: l’Ajax si è messo in scia, alla rincorsa del PSV. Non tutti, però, sono contenti. Nella conferenza stampa post-partita un giornalista chiede a Farioli se è d’accordo che quella contro il NEC sia una «vittoria rubata». Il giornalista parla in inglese per farsi capire da Farioli, che però inizialmente fraintende il termine «stolen victory». Chiede aiuto al suo traduttore, lì a fianco a lui, e poi si corregge. «Scusami non ti avevo capito perché questa espressione non è nel mio vocabolario», risponde Farioli con una prontezza mourinhesca.

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È il momento della stagione in cui viene rispolverato lo storico soprannome Lucky Ajax, un espressione che i detrattori utilizzano per sminuire le sue vittorie, riducendole a un gol fortunato o a una decisione arbitrale, e che il club di Amsterdam, come per neutralizzare la sua forza, ha adottato nella sua nomenclatura ufficiale. Lucky Ajax è infatti il nome ufficiale della “squadra leggende” dell’Ajax, a cui sono ammessi solo gli ex giocatori con almeno 100 presenze in maglia biancorossa e che gioca una volta l’anno per beneficienza.

È una scelta intelligente e curiosa, questo nome: secondo molti, infatti, il soprannome nacque dopo la partita che secondo lo stesso Rinus Michels pose le basi della squadra immortale che tra gli anni ’60 e ’70 rese Crujiff la leggenda che è oggi, e che secondo David Winner, nel suo celebre libro sul calcio olandese, Brilliant Orange, “spianò la strada per la creazione del Calcio Totale”. È quella che poi venne chiamata De Mistwedstrijd, cioè la partita della nebbia.

Era il 7 dicembre del 1966. L’Inghilterra aveva vinto il Mondiale da pochi mesi, il Liverpool di Bill Shankly era la squadra più forte del mondo. L’Ajax, di fatto, non era ancora sulle mappe del calcio europeo e il loro confronto, nel secondo turno della Coppa dei Campioni, era considerata una formalità. 24 ore prima della partita d’andata, però, su Amsterdam scende una nebbia fittissima, che fa sollevare per qualche ora la possibilità che la partita venga posticipata. Alla fine, però, l’arbitro Antonio Sbardella, nonostante la visibilità sia quasi inesistente, dà l’ok per il suo svolgimento. Ne viene fuori uno dei più grandi upset del calcio europeo fino a quel momento. «Tutti nutrivano un profondo rispetto per il Liverpool e quello che accadde in quei primi quarantacinque minuti ci lasciò sbalorditi», ha ricordato l’ex giocatore dell’Ajax, Karel Gabler. «I primi quattro gol non li vedemmo. Era una specie di mistero. Dovemmo urlare al tizio che stava dietro al tabellone segnapunti: “Signore! Hanno segnato di nuovo!” Lui disse: “Avanti ragazzi, non inventate storie!” Quel tizio non riusciva a credere che l’Ajax avesse fatto tre gol in quindici minuti».

Finì 5-1 per l’Ajax. Al ritorno Bill Shankly si disse sicuro che il Liverpool avrebbe passato il turno, ma l’Ajax riuscì a controllare la partita fermando i padroni di casa sul 2-2 e il resto è storia. «Giocare contro il Liverpool fu la mia occasione per essere riconosciuto e apprezzato a livello internazionale», disse successivamente Rinus Michels. «Non parlo solo della prima partita, perché quella poteva essere stata un caso – tenendo conto delle condizioni meteorologiche eccetera. No, intendo il risultato che ottenemmo a Liverpool in circostanze tanto avverse... non ho mai visto nulla di così frenetico. Pareggiammo per 2 a 2 senza mai veramente incontrare problemi. Per me, quella fu la prova che avevamo raggiunto un livello internazionale».

La nascita del mito dell’Ajax ha quindi due facce. E sarebbe esistita la seconda se non fosse stata preceduta dalla prima?

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In Italia lo sappiamo bene: quando si parla troppo di fortuna bisogna iniziare a preoccuparsi. E la vittoria “rubata” col NEC, infatti, fa da prologo al primo, vero momento difficile della stagione. Il 4 dicembre l’Ajax si fa raggiungere dall’Utrecht incredibilmente in corsa per una qualificazione europea, dopo essere riuscita a ribaltare il gol iniziale di David Min, e Farioli inizia a vedere i primi nuvoloni: «Credo che la batteria si stia esaurendo», dice dopo la partita, «abbiamo giocato già 25 partite, 10 in più rispetto a quelle dell’Utrecht».

Quattro giorni dopo l’Ajax va ad Alkmaar per affrontare l’AZ, la squadra che in questi ultimi anni più sembra averne incarnato lo spirito. Un piccolo club nato a metà degli anni ’60 che negli ultimi anni si sta affermando ai massimi livelli con una fiducia di titanio nel proprio settore giovanile, e un gioco spesso proattivo e spensierato. L’Ajax non ci vince contro dal 25 aprile del 2021 e per aggiornare il record, anche quest’anno, bisognerà aspettare la prossima stagione. La partita d’andata finisce 2-1 per i padroni di casa, che dopo il fischio finale dicono di essere stati galvanizzati dalle parole di Farioli sulla «batteria scarica».

Peer Koopmeiners, fratello di Teun che nella partita confeziona i due assist che regalano all’AZ la vittoria per 2-1, lo dice esplicitamente: «abbiamo visto dalle interviste che il loro serbatoio era vuoto. Anche noi abbiamo la doppia competizione e abbiamo dimostrato quanto siamo in forma».

È la prima volta in stagione che l’Ajax non riesce a vincere in due partite di fila. In realtà sarebbe un gran risultato se non fosse che il PSV viaggia semplicemente a un’altra velocità. Dopo lo scontro diretto perso all’inizio di novembre, la squadra di Peter Bosz ha battuto 0-3 il NAC, 5-0 il Groningen, 2-5 l’Utrecht e 6-1 il Twente, e adesso, arrivati alla metà di dicembre, ha 9 punti di vantaggio sull’Ajax, che è stato addirittura scavalcato al secondo posto dall’Utrecht.

La conferma che la squadra di Farioli non sia pronta per questo livello sembra arrivare dal turno infrasettimanale successivo, in cui affronta la Lazio in Europa League. Alla Johan Cruijff Arena, l’Ajax perde 1-3 facendo la figura della squadra giovanile che per la prima volta affronta dei professionisti.

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Questa storia va avanti così, forse come tutte le storie: quando le cose sembrano aver preso una piega, proprio in quel momento ne prendono tutt’altra. Dopo la sconfitta con l’AZ, l’Ajax vince cinque partite di fila subendo solo un gol, mentre il PSV fatica, forse anch’esso drenato di energie dall’impegno europeo. La squadra di Bosz perde a sorpresa con l’Heerenveen e il PEC Zwolle, e si arriva alla 21esima giornata con una distanza di quattro punti, con l’Ajax che però ha una partita in più da giocare.

Arrivati all’incirca a metà stagione la differenza stilistica tra le due squadre non potrebbe essere più profonda, ed è piuttosto straniante per chi ne conosce la storia. La squadra emanazione di una fabbrica della grigia città industriale ha un gioco creativo e entusiasmante, di gran lunga il miglior attacco del campionato (il PSV ha già segnato 24 gol più dell’Ajax), e sta incredibilmente riuscendo a farsi strada anche in Champions League. Quella che ha rivoluzionato il calcio moderno a seguito dei movimenti studenteschi degli anni ’60 è invece solida e cinica, ha la migliore difesa del campionato e in Europa League non ha mai avuto picchi.

Lo scambio di ruoli tra le due squadre è ben personificato da Peter Bosz, che con l’Ajax nel 2017 arrivò fino in finale di Europa League con una squadra giovane e leggera, embrione di quella leggendaria di Erik ten Hag, prima di farsi dare una lezione di cinismo da José Mourinho, allora sulla panchina del Manchester United. Quando l’allenatore portoghese disse la celebre frase per cui «ci sono tanti poeti nel calcio ma i poeti non vincono titoli» pensava proprio a lui, Peter Bosz, che adesso al PSV sembra voler confermare tutti questi pregiudizi.

Il confronto a distanza della 21esima giornata, in realtà, sembra sorridere al PSV. La squadra di Farioli deve infatti affrontare il Klassieker di ritorno, anche se in casa, mentre quella di Bosz è ospite del NEC che, galleggiando a metà classifica, è la vera mano invisibile di questa storia. Le due squadre giocano a un giorno di distanza ma la loro simmetria riesce a bucare la distanza di 18 ore che divide le loro partite. Il PSV, contro il NEC, riesce a farsi riprendere sul 3-3, in una partita che fino al novantesimo stava vincendo per 1-3. L’Ajax, invece, riesce a strappare i tre punti al Feyenoord con un gol di Taylor al 94', dopo aver sbagliato il rigore decisivo con Weghorst a metà del secondo tempo.

A fine partita Farioli viene ripreso con le lacrime agli occhi mentre guarda i tifosi, emotivamente sembra già aver superato il limite. I giornalisti olandesi sono confusi: cos’è successo? «Tutti quanti volevano davvero tirare fuori il meglio da questa partita», risponde Farioli, «è un periodo molto difficile, si è parlato di trasferimenti, rumor, giocatori che se ne vanno. Forse non siamo perfetti, ma di certo stiamo dando tutto ciò che abbiamo».

Dopo l’incredibile pareggio con il NEC, per il PSV arriverà anche l’incredibile pareggio con il Willem II (gol preso all’83’) e l’incredibile pareggio contro l’Utrecht (in una partita che la squadra di Bosz perdeva fino al 92’). Domenica 16 febbraio l’Ajax, dopo aver vinto 4-0 con l’Heracles Almelo, è prima in classifica, a due punti di distanza dalla squadra di Eindhoven. Peter Bosz torna a vedere il fantasma di Mourinho: come si fa a sprecare così velocemente un vantaggio di nove punti?

L'allenatore olandese era già tornato su quella finale contro il Manchester United, circa tre anni fa, quando era stato interpellato prima di un Roma-Feyenoord di Europa League. Mancavano ancora due anni al suo primo trofeo di rilievo, il campionato olandese vinto con il PSV la scorsa stagione. «Mourinho prende ogni cosa a proprio vantaggio, non importa quanto piccola, patetica o spudorata», aveva detto in quella occasione, «se la Roma batterà il Feyenoord, Mourinho dirà che Slot è il tipico allenatore olandese».

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Al 93’, rincorrendo un pallone dentro l’area di rigore, Fritz-Jim non si accorge che un avversario gli ha appena tagliato la strada. Le gambe si incrociano, i tifosi gridano e per un attimo si apre la porta per un’ultima possibilità.

È il 13 aprile, mancano cinque giornate alla fine del campionato e sono passate poche ore da quando il PSV ha raso al suolo l’Almere battendolo per 5-0. L’Ajax è riuscita a ribaltare una partita inaspettatamente difficile contro il Willem II, che era passata in vantaggio alla fine del primo tempo e aveva messo in crisi la squadra di Farioli abbassando il baricentro e difendendosi in area. È un pattern che va avanti per tutta la stagione, e che l’Ajax è riuscita spesso a risolvere raccogliendo ciò che le partite lasciano per terra nei minuti finali. Un rimpallo in area, un cross difeso male, un intervento non perfetto del portiere avversario. È successo anche in questo caso, quando un tiro ciancicato da Weghorst al 78’ è rimbalzato non si sa bene come in fondo alla rete avversaria, ribaltando la partita. È il suo ottavo gol in campionato, il quinto subentrando dalla panchina. In totale, di gol dei subentrati, l’Ajax ne ha segnati 21, il dato più alto in questa statistica mai registrato nel campionato olandese. Dopo il gol, Weghorst aveva esultato insieme a Berghuis incrociando istintivamente gli avambracci, a mimare la croce di Sant’Andrea che compare sullo stemma di Amsterdam. È questa la nuova identità dell’Ajax?

Al 93’, dopo quell’intervento maldestro di Fritz-Jim, l’arbitro viene però richiamato dal VAR, che vuole prendersi qualche secondo per rivederlo. L’arbitro si porta l’indice all’orecchio e sembra poter sentire le preghiere dei tifosi del PSV, che con questo rigore potrebbe andare a -7. È un’illusione che dura poco: l’arbitro fischia facendo segno di riprendere il gioco e la distanza tra Ajax e PSV rimane di nove punti. A quel punto di tutte le diecimila proiezioni fatte dal modello matematico elaborato da Opta, il 99.3% danno come esito la vittoria del campionato della squadra di Farioli. Se si prendono in considerazione anche i cinque principali campionati europei, nessuna squadra ha mai sprecato un vantaggio così ampio a sole cinque giornate dal termine.

Settimane dopo Peter Bosz ammetterà di averci smesso di credere ancora prima, quando il PSV aveva perso lo scontro diretto in casa alla fine di marzo.

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Farioli non ha un vero passato da calciatore, se non a livello dilettantistico, e già nel 2008 aveva abbandonato la sua carriera per laurearsi in filosofia. Questo suo background, quasi ignorato in Italia, in Olanda produce un certo fascino, molto più delle sue idee di campo.

L’emittente nazionale NOS, per un servizio televisivo sul suo passato, va ad intervistare uno dei suoi professori universitari, che definisce la sua tesi «scandalosa», per come aveva provato a unire il sacro della filosofia e con il profano del calcio. Si intitola: Filosofia del gioco: l'estetica del calcio e il ruolo del portiere.

Il 25 aprile Farioli viene invitato alla notte della filosofia, un festival che si tiene ad Amsterdam, dove parla con un pallone in mano. «Il mio lavoro consiste nel limitare il caos. Alla fine il calcio è ancora un gioco in cui palla magica rotola per il campo. Io cerco semplicemente di portare controllo in un gioco incontrollato».

***

Quello che succede tra il 20 aprile e il 14 maggio, semplicemente, non è spiegabile. Metto qui sotto una lista non esaustiva di dettagli che sarebbe strano capitassero un paio di volte in una stagione. Quelli che troverete di seguito sono capitati in quattro partite consecutive.

Al 23’ di Utrecht-Ajax, con il risultato già sull’1-0, Miguel Rodriguez si invola verso la porta difesa da Matheus, dopo aver superato un Hato forse troppo avventato nel suo intervento. Il difensore dell'Ajax non molla, lo recupera alle spalle, e mette il piede in scivolata per parare il tiro. Il suo intervento, però, produce un piccolo pallonetto che supera Matheus, uscito dalla propria porta, e va a sbattere sul palo. Il pallone sta per entrare ma Kaplan mette la coscia. L’orologio dell’arbitro non vibra. Ci sono alcuni momenti di confusione, l’Ajax riparte pensando di averla scampata. Dopo qualche secondo, però, l’arbitro interrompe il gioco. Dal VAR hanno comunicato che la Goal Line Technology non sta funzionando e che secondo loro il pallone è entrato. L’Utrecht finirà la partita con quattro gol da 0.9 xG (dati Fbref). L’Ajax zero da 0.8.

Al 92’ di Ajax-Sparta Rotterdam, pochi giorni dopo, Youri Regeer prende una traversa da questa posizione. Il risultato è ancora sullo 0-0 e l'Ajax ha bisogno di una vittoria. È il quinto legno delle ultime due partite per la squadra di Farioli.

Un minuto dopo Weghorst, girando di testa verso la porta avversaria un calcio d’angolo, prende la parte bassa della traversa. Due minuti dopo Matheus, che sostituisce dalla fine di febbraio l’infortunato Remko Pasveer, per qualche ragione raccoglie un retropassaggio con le mani. Cosa gli è passato per la testa? Sulla punizione a due in area che viene fischiata, lo Sparta Rotterdam segna il gol del momentaneo 0-1. Ancora impreciso Matheus che non riesce a trattenere un tiro sul proprio palo né particolarmente forte né particolarmente preciso. L’Ajax riesce nel miracolo di pareggiare al 97’, ma il PSV ha già battuto il Twente e adesso è a sette punti di distanza e ha una partita in più da giocare.

32esima giornata: l’Ajax torna ad affrontare il NEC, il PSV deve andare nell’inferno del De Kuip ad affrontare il Feyenoord. Gioca prima la squadra di Bosz, che ha un primo tempo da incubo. Il Feyenoord passa velocemente sul 2-0, ha l’occasione per chiuderla, e nel secondo tempo forse pensa che sia già finita. Il PSV, invece, inizia a crederci. Accorcia le distanze con Perisic, e poi pareggia con Noa Lang, che mostra il nome sulla sua maglia ai suoi ex tifosi. La partita si trascina nervosamente fino ai nove minuti di recupero, dove succede il pandemonio. Al 92’ un rimpallo sulla traversa di un colpo di testa di de Jong finisce su Tilman che mette in rete il 2-3. Si alza però la bandierina e a quel punto l’Ajax vede il traguardo: tra qualche ora gli basterebbe vincere in casa con la squadra tredicesima in classifica. L’arbitro, però, proprio per quel gol annullato, ha allungato il recupero di un minuto e allora c’è ancora tempo, al 99’, per il 2-3 di Noa Lang.

La piccola palla di neve che era scivolata dalla cima della montagna si sta trasformando in valanga. Alla Johann Cruijff Arena il NEC passa in vantaggio nel secondo tempo con un tiro dai 25 metri di Hansen - quell'Hansen che qualche mese fa non era riuscito a mettere la palla in rete con il portiere steso a terra da circa cinque metri. Dopo pochi minuti Taylor ha l’occasione di rimettere subito le cose a posto, ma a porta vuota, da dentro l’area, manda il pallone alto.

La partita finirà 0-3, risultato surreale alla luce delle statistiche e perfetta copia al contrario della partita d’andata. Il NEC segna infatti tre gol da 0.8 xG, l’Ajax zero da 2.5. Le cose sarebbero andate così, senza l’incredibile rimonta del PSV? La squadra di Farioli ha ancora due partite da giocare e un solo punto di vantaggio rimasto da quella di Bosz.

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Groningen-Ajax si gioca di mercoledì e mercoledì, come si dice da quelle parti, è il giorno del macinato. Woensdag, gehaktdag: si dice in olandese, un modo di dire che pare sia nato nella prima metà del Novecento, quando i macellai avevano la tradizione di preparare il macinato di martedì, e il mercoledì quindi era fresco. Inizialmente pare che questo detto venisse utilizzato per descrivere la monotonia della vita familiare - un equivalente del nostro: giovedì gnocchi - ma nel tempo chissà perché ha preso una sfumatura violenta, per dire che il mercoledì è il giorno in cui si fanno i conti. Nella politica olandese, per esempio, si utilizza per parlare del giorno in cui si mette un ministro sotto accusa - in cui si va in Parlamento per farlo a pezzi. Woensdag, gehaktdag è anche il titolo di un libro in cui l’olandese Richard Klinkhamer descrive sette modi in cui avrebbe potuto uccidere sua moglie (cosa che in seguito si scoprì era successa veramente).

«Woensdag, gehaktdag: è così che diciamo qui al nord», conferma il portiere del Groningen, Etienne Vaessen, che, dice, venendo dalla regione del Brabante Settentrionale, dove c’è Eindhoven, sarebbe ben felice di consegnare il titolo al PSV. Woensdag, gehaktdag cantano i tifosi del Groningen nei giorni prima della partita; Woensdag, gehaktdag si sente intorno al suo stadio nelle ore precedenti alla sfida con l’Ajax.

La squadra di Farioli è costretta a navigare in questo oceano di violenza. Passa in vantaggio alla metà del primo tempo con un tiro di Gaaei che passa tra le gambe del portiere, ma quando al 52’ pareggia van Bergen l’esultanza dello stadio è più sguaiata di quanto dovrebbe. La notizia viaggia da Groningen al resto dell’Olanda, e molti stadi si uniscono alla festa del macinato. Esulta Eindhoven, com’è normale che sia, ma esulta anche Rotterdam, Utrecht, Enschede, Deventer. Tutti hanno una buona ragione per voler vedere l’Ajax soffrire.

La squadra di Farioli, però, non vuole farsi sfuggire il campionato dalle mani e quattro minuti dopo il pareggio mette dentro gli uomini che gli hanno salvato la pelle per tutta la stagione: Klaassen, Berghuis, Wijndal, soprattutto Weghorst. Una decina di minuti dopo l’attaccante olandese segna l’1-2 e, di fronte allo stadio ammutolito, incrocia gli avambracci come uno scudo magico. Il Groningen prova a tirare da lontano ma la partita sembra ormai avviata dalle parti di Amsterdam. Come riattivare quell’energia che faceva tremare i muri e sembrava venire da un’epoca preistorica? Al 92’ il numero 10 del Groningen fa una follia: con la palla a centrocampo, senza che ci sia stata alcuna provocazione, entra a forbice sulle gambe di Jordan Henderson. Il numero 10 del Groningen è olandese ma si chiama Luciano Valente: suo padre è italiano. Scoppia una rissa, l’arbitro aspetta che i giocatori se la risolvano tra di loro, e poi tira fuori il rosso. Razionalmente la partita dovrebbe essere finita e invece quell’estremo atto di violenza risveglia i padroni di casa, gli fa capire che c'è ancora una possibilità.

Il Groningen ci prova alla rinfusa senza combinare granché, poi al 98’ Sutalo prova ad anticipare un avversario al limite dell'area alzandogli il piede all’altezza della faccia, e l’arbitro fischia il calcio di punizione che ci ha portato fin qui. L'inimmaginabile avviene. A Eindhoven, i tifosi rimasti nello stadio ormai inerte in un estremo atto di fede impazziscono di gioia.

Prima della gara nella pancia dello stadio era stato portato il piatto d’argento che viene consegnato ai vincitori dell’Eredivisie. Visto che l’Ajax ha sprecato anche questa occasione, però, i dirigenti del campionato olandese sono costretti a farne un altro, perché adesso sono due le squadre che possono vincere lo scudetto all’ultima giornata. Ma chi si prende l’originale e chi la copia, visto che le due partite si giocheranno in contemporanea? «L’originale andrà all’attuale capolista, in questo caso il PSV, mentre la copia andrà alla squadra seconda in classifica, cioè l’Ajax».

Dopo la partita Francesco Farioli riesce a mantenere la calma. Per mesi aveva evitato categoricamente di parlare della vittoria del titolo, tra lo sbigottimento dei giornalisti olandesi, che non riuscivano a capire. «Mi dispiace dire che avevo ragione. Preferivo sbagliarmi».

Per l'Ajax, Groningen non era una città come le altre, già prima di questa partita. Il 15 novembre 1964, proprio qui, Johann Cruijff fece infatti il suo esordio tra i professionisti. Aveva 17 anni. L’Ajax perse 3 a 1.

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Domenica l’Ajax vince la prima partita che poteva permettersi di perdere. Il PSV, in casa dello Sparta Rotterdam, fa il suo dovere, permettendo a Peter Bosz di alzare il secondo scudetto di fila. Il piatto d’argento originale che rappresenta il campionato olandese. A volte anche i poeti vincono i titoli.

Dopo la partita con il Twente, Farioli piange di nuovo. Questa volta è accasciato a terra, le ginocchia piegate, inconsolabili, non riescono più a reggere il peso dell’insensatezza. Nella conferenza stampa post-partita ha ancora le lacrime agli occhi, come chi deve andare avanti a forza con una pratica burocratica subito dopo essere stato investito da un grave lutto. Qualche ora dopo annuncerà il suo addio alla panchina dell’Ajax, nemmeno un anno dopo essercisi seduto.

Tra una risposta e l'altra, un giornalista prende la parola, ma non è per fargli una domanda: «Non sempre il calcio è come vorremmo e io volevo semplicemente ringraziarti per come sei fatto. Solo questo».

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