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Daniele Manusia
Lois Openda va veloce
25 apr 2023
25 apr 2023
Già 17 gol stagionali e una storia personale atipica.
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Daniele Manusia
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IMAGO / PanoramiC
(foto) IMAGO / PanoramiC
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Dopo otto minuti il Lens prova una giocata veloce e verticale per mandare Lois Openda - il loro miglior marcatore stagionale, una delle sorprese della squadra più sorprendente di questa Ligue 1 - alle spalle della difesa del Monaco. Lo fa direttamente da fallo laterale, con una spizzata di testa. Maripan, centrale monegasco, è però in anticipo e ripiega verso il portiere. Da lì la palla scivola verso il terzino destro, e allora il Lens attiva il pressing, con l’esterno sinistro Machado che contrasta il tentativo del terzino avversario di rinviare la palla. Il rimpallo arriva al centro dell’area, dove c’era proprio Openda. La sua posizione è comunque molto laterale e Nübel, il portiere, gli va incontro chiudendo lo specchio. Openda sceglie per una soluzione difficile ma immediata, calcia di esterno destro, cercando di scavalcare il portiere o comunque bucarlo sul secondo palo. Il portiere devia ma la palla sembra sul punto di entrare, Openda si gira verso la curva e sta per esultare quando si accorge che Maripan in scivolata l'ha tolta dalla riga di porta. Ma Openda sembra avere qualche favore da chiedere indietro al destino, perché la palla gli torna sui piedi davanti alla porta vuota e metterla dentro è un piccolo fastidio burocratico.Nemmeno dieci minuti dopo Openda sprinta di nuovo nel cuore della difesa del Monaco e di piatto al volo mette in rete da pochi passi il cross teso di Machado. Così lo straordinario Lens di Frank Haise, dopo un quarto d’ora, si ritrova sul 2-0 in una delle partite più importanti di questo finale di Ligue 1, utile a consolidare il proprio terzo posto in classifica, lasciando il Monaco a 5 punti di distanza e restando a un solo punto dall’Olympique di Marsiglia, secondo, con lo scontro diretto da giocare a Lens tra due settimane.

Openda è l’uomo del destino, il miglior rappresentante di questa stagione da sogno del Lens e non è un caso che qualche settimana fa, intervistato da Thierry Henry, abbia detto che prima di un grande club gli piacerebbe giocare una competizione europea con la squadra che lo ha acquistato per appena dieci milioni dal Bruges, la scorsa estate (dopo la sua prima bella stagione da professionista, in prestito al Vitesse). Per ora si trova nella squadra giusta, cioè, il livello lo saliranno insieme.Openda sembra un predestinato a cui viene tutto facile. Nella maggior parte dei suoi gol e assist stagionali (17 e 3) non c’è bisogno di tutto il lavoro fatto in occasione del gol del vantaggio contro il Monaco. Gli basta correre più veloce dei difensori che lo inseguono, frenare più velocemente di loro, “sulla monetina” come si dice per evidenziare la capacità che hanno alcuni di arrestare la propria corsa praticamente sul posto - di solito Openda lo fa usando l’interno del piede destro per farsi passare la palla dietro la gamba sinistra: è la sua signature move - per arrivare al tiro o crearsi lo spazio per il passaggio. I suoi tiri sono anti-spettacolari, secchi e forti quanto basta per entrare in porta, niente di troppo artistico o ricercato. D’altra parte quando di gol in vita tua ne hai segnati centinaia a un certo punto diventa una questione banale.Come sempre in questi casi, però, quando le cose sembrano troppo facili, troppo naturali, la verità è un’altra. La storia di Openda dice tutt’altro. Immaginate una storia che metta insieme tutte le difficoltà e i segni di predestinazione di tutte le storie di calciatori che avete sentito e vi potete fare un’idea della storia di Lois Openda.

Tre gol in quattro minuti? Troppo facile!

La malattia respiratoria da piccolo che spinge i medici a dire alla madre che non potrà neanche correre, la guarigione miracolosa, la velocità e il senso del gol come doni divini. Partite con i pari età in cui segna fino a 15 gol, quelle con la squadra del fratello più grande di quattro anni, in cui comunque gli viene così facile segnare che prima di giocare chiede ai genitori a bordo campo quanti gol deve fare per avere due pacchetti di patatine e una Fanta. Così forte che in una partita in cui non aveva mangiato prima di giocare la sua squadra (RFC Liege) perdeva 2-0 a fine primo tempo, l’allenatore gli ha dato i soldi per mangiare un hamburger al volo e lui dopo ha segnato una tripletta. Il padre originario del Congo che ha abbandonato la famiglia (lo ha incontrato per la prima volta dopo i vent’anni) la madre marocchina che, con quattro figli a carico, da sola, di giorno lavoro nell’azienda ferroviaria belga e di notte fa la caposala in un ristorante calabrese. Un giorno lo porta in ritardo a un provino con lo Standard Liegi e lui ci resta male, forse per questo non lo prendono ma la madre gli dice che il suo lavoro è più importante del calcio. Lui che le chiede di andare a vedere le sue partite, lei che non ci va e, quando capita, lui non gioca bene come al solito. «Se fossi stata più presente magari non sarebbe arrivato dov’è oggi», ha detto la madre a So Foot. «Gli ha dato forza mentale. Voleva attirare la mia attenzione».A quindici anni, poi, il passaggio al Bruges. Ma la lontananza dalla madre, la lingua nuova (dal francese al fiammingo), lo fanno stare male. Nei fine settimana torna a casa con i vestiti nei sacchi della spazzatura, la madre è preoccupata. Decide di trasferirsi anche lei a Bruges e da lì le cose migliorano. Non abbastanza, però. È ancora immaturo, per quanto precoce - eh sì, si possono essere entrambe le cose insieme - soprattutto nel suo gioco, pensa solo a segnare, non si impegna abbastanza negli allenamenti e dalla squadra under 21 viene retrocesso in quella under 18. Vorrebbe smettere, mollare tutto, non si diverte più. Ma invece si impegna di più, inizia ad allenarsi seriamente, a misurare i propri miglioramenti. E lì cambia tutto. Diventa un giocatore vero.

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