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Fabio Barcellona
Il Napoli è stato travolto
12 dic 2018
12 dic 2018
Ancelotti ha cercato di sfidare sul piano dell'intensità il Liverpool, che ha ottenuto meritatamente la qualificazione agli ottavi.
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Fabio Barcellona
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Poteva essere una serata trionfale per il calcio italiano: Inter e Napoli avrebbero potuto raggiungere agli ottavi Roma e Juventus, centrando uno storico en plein nella fase a gironi della Champions League (cosa che non succede addirittura dalla stagione 2002/2003, quando però c'era una seconda fase a gironi al posto degli ottavi). Ma se quello tra Inter e Tottenham era uno scontro a distanza, giocato contemporaneamente a Milano e a Barcellona, la sfida ad Anfield tra Napoli e Liverpool è stato un vero e proprio spareggio diretto, con i risultati provenienti da Belgrado che potevano solo rendere il quadro dei risultati più favorevole a una o all’altra squadra.

 



In questo contesto, il recente cammino trionfale in Premier poteva suggerire che Jurgen Klopp avrebbe potuto scegliere anche in Europa lo schieramento vincente adottato nelle ultime 5 giornate di campionato, rinunciando al 4-3-3 in favore del

. La lettura dell’undici iniziale ha subito chiarito, però, che il tecnico tedesco nella serata decisiva si sarebbe affidato al modulo di gioco che tanto successo aveva avuto nella scorsa edizione di Champions League e, soprattutto, ai più tipici principi di gioco del suo calcio. I "Reds" si sono quindi schierati con il 4-3-3 e con gli uomini visti la passata stagione, con Henderson, Wijnaldum e Milner a centrocampo e il tridente Salah-Firmino-Mané in attacco.

 

Dall'altra parte, anche Carlo Ancelotti ha confermato il suo 4-4-2 europeo, con Maksimovic e Mario Rui in posizione di terzini, Fabian Ruiz come quarto di sinistra di centrocampo, e Insigne e Mertens come coppia d’attacco.

 

Al di là dei moduli e degli uomini, comunque, già dalle prime fasi della partita è stato chiaro il piano gara di Klopp, che puntava, come previsto dalla filosofia dell'allenatore tedesco, a pressing,

e gioco verticale per vincere la resistenza del Napoli. La squadra di Ancelotti ha accettato la sfida sul terreno del Liverpool provando a rispondere colpo su colpo agli attacchi avversari, e in questo modo i primi dieci minuti di partita hanno visto le due squadre pressare alto, provare a recuperare presto il pallone appena perso, e lanciarsi velocemente in attacco ad ogni occasione, con un'intensità feroce che è raro vedere persino in partite di Champions League.

 


Dopo soli 7 minuti il Napoli viene sorpreso scoperto dalla transizione offensiva del Liverpool che riparte in superiorità numerica e mette due uomini completamente smarcati in area sul cross di Robertson. Solo lo stop errato di Salah salverà il Napoli. Nell’azione successiva sarà il Napoli a giungere pericolosamente al tiro con Hamsik.


 

Sul piano della fisicità, però, la gara è stata quasi subito vinta dal Liverpool, il cui pressing ha messo in difficoltà la costruzione bassa del Napoli e ha permesso alla squadra di Klopp di vincere la sfida dei duelli sulle seconde palle. La squadra di Ancelotti, come all’andata, ha provato a bypassare il problema costruendo con una linea di 3 difensori, lasciando Maksimovic al fianco destro di Albiol e alzando Mario Rui sulla fascia sinistra. L’efficienza del pressing del Liverpool è stata però ben diversa rispetto alla sfida del San Paolo e, puntando soprattutto a proteggere il centro, i "Reds" sono riusciti a limitare i passaggi verso gli esterni del Napoli, lasciati strategicamente più liberi dallo schieramento adottato dalla squadra di Klopp.

 


Contro la linea arretrata di costruzione a 3 del Napoli, il pressing dei 3 giocatori offensivi del Liverpool è praticamente uomo contro uomo. Alle spalle, le due mezzali Milner e Wijnaldum possono sporcare tutte le ricezioni di Allan e Hamsik. Il pressing dei "Reds" lascia spazi sugli esterni, ma il Napoli non riesce a raggiungerli con continuità.




Ma il Napoli non è riuscito a far circolare il pallone in maniera pulita anche perché la volontà degli azzurri era quella di raggiungere velocemente le punte per approfittare di eventuali sbilanciamenti posizionali degli avversari dovuti al pressing e al loro atteggiamento molto spregiudicato. Tra il decimo e il trentaquattresimo minuto, in cui Salah ha realizzato il gol del vantaggio, il Liverpool ha avuto il 66% del possesso palla, derivante quasi esclusivamente dalla rapidità con cui i "Reds" riuscivano a riconquistare il pallone in ogni fase del gioco più che della capacità di mantenerlo tramite il palleggio. La fase offensiva della squadra di Klopp era poco fluida da dietro e voleva arrivare presto e in verticale al tridente offensivo. Firmino si staccava dalla marcatura dei centrali del Napoli per ricevere tra le linee, e Mané e Salah che occupavano gli spazi di mezzo, lasciando l'ampiezza ai terzini.

 


La pass map del Liverpool. Si noti lo spessore (proporzionale al numero di passaggi) delle linee verticali in particolare dal terzino all’esterno dello stesso lato e quella dal centrale Matip (ottima la sua prova in costruzione: 51 passaggi e 6 lanci positivi, record della squadra), verso Firmino.




In particolare ha sofferto molto Mario Rui, destinato a controllare un giocatore esplosivo e fisicamente dominante come Salah. Il terzino portoghese ha faticato per tutta la partita a leggere la posizione dell’egiziano, sempre alla ricerca della zona interna tra il terzino e il centrale. La sua débacle è stata evidente in occasione del gol, dove ha tentato un imprudente anticipo dal lato esterno, lasciando così il corridoio centrale al diretto avversario.

 


Il tentativo di anticipo dal lato esterno di Mario Rui in occasione del gol di Salah è, ancor prima di diventare un errore tecnico, un errore concettuale.






Soffocato dal pressing del Liverpool, Ancelotti ha provato ad aggiustare  la fase di impostazione bassa della sua squadra cambiando lo schieramento in fase di inizio azione. Dall'inizio del secondo tempo Maksimovic è rimasto più largo e Mario Rui più basso, ripristinando di fatto una linea a 4 anche in fase di costruzione, per garantirsi superiorità numerica contro la pressione dei tre giocatori offensivi del Liverpool.

 


Maksimovic e Mario Rui giocano sulla stessa linea di Albiol e Koulibaly. Ancelotti prova così a ripulire la sua costruzione bassa, sfuggendo al pressing utilizzando la superiorità numerica.




Nonostante la mossa di Ancelotti, però, il Napoli ha continuato a soffrire il ritmo del Liverpool e ad avere enormi difficoltà a creare pericoli alla porta di Alisson. Più efficaci sono stati i cambi di uomini, che hanno portato energie fresche, con Milik e Zielinski che si sono dimostrati più incisivi di Mertens e Fabian Ruiz.

 

Il Napoli ha sfiorato il gol che avrebbe significato la qualificazione con Callejon prima, al minuto 78, dopo il solito cross nello spazio alle spalle del terzino sinistro avversario ben aggredito dallo spagnolo, e con Milik poi, in pieno recupero, nel confuso assalto finale fatto di palle lunghe con Koulibaly al centro dell’attacco.

 

C'è da dire, però, che in realtà è stato il Liverpool ad avere molte più occasioni per segnare e solo gli errori di Mané e qualche scelta sbagliata dei giocatori di Klopp hanno lasciato il risultato sull’1-0 che, sommato alla vittoria del PSG a Belgrado contro la Stella Rossa, hanno condannato il Napoli all’Europa League.

 


Dal minuto 75 in poi gli xG si impennano. Le migliori occasioni sono tutte per Mané (0.69, 0.50 e 0.49 gli xG dei tre tiri del senegalese, i tre gradini più alti del grafico del Liverpool). 0.46 il valore di xG per il tiro di Milik in pieno recupero, neutralizzato dall’ottima parata di Alisson.


 



Jurgen Klopp ha puntato tutte le sue fiches sull'identità tipica del Liverpool, scelta che d'altra parte l’anno passato aveva pagato portando i "Reds" alla finale di Champions League. Ha così confermato in Europa il 4-3-3, rinunciando al più prudente 4-2-3-1 visto nelle ultime partite di Premier League e ha giocato una partita di grossa intensità, dai ritmi sempre elevati, forzando il pressing, il gegenpressing e attaccando con continuità gli avversari con palle verticali, anche a scapito della precisione, e cercando velocemente di raggiungere il tridente offensivo.

 

Il piano di Klopp ha funzionato: i "Reds" hanno recuperato mediamente il pallone molto in alto (43.1 metri) e circa un terzo degli 81 palloni recuperati sono stati riconquistati nella metà campo avversaria. La circolazione palla del Napoli è stata per lunghi tratti di gare soffocata dal pressing avversario e il possesso della squadra di Ancelotti è stato molto meno fluido del solito per via del gengepressing degli uomini di Klopp.

 

Specie nella parte finale della partita la transizione offensiva del Liverpool è stata devastante per il Napoli e, in generale, gli uomini di Ancelotti non sono riusciti a pareggiare l’intensità messa in campo dagli avversari. Pagando una minore brillantezza dei sui uomini migliori (Firmino, Mané, lo stesso Salah) rispetto alla scorsa edizione della Champions, la squadra di Klopp è riuscita comunque a raggiungere gli ottavi con quello che in fondo rimane il suo calcio migliore, basato sul pressing, sull’aggressività e su una verticalità esasperata senza troppo badare alla precisione delle trame o al controllo ragionato del possesso.

 

Il Napoli, invece, non è riuscito a fare lo stesso. La precisione dei passaggi dei partenopei, che nelle precedenti partita in Champions League era superiore in media all’87%, è scesa al 76.7%, con un minimo del 61% raggiunto al gol di Salah, nel tratto di partita più difficile per gli uomini di Ancelotti. Per avere un’idea delle difficoltà del Napoli basti pensare che al San Paolo la precisione dei passaggi era stata pari all’86%. Il Napoli ha effettuato, costretto spesso dal pressing del Liverpool, 86 lanci, ben 26 in più degli avversari, che pure non disdegnano questa soluzione nel loro piano gara. In assenza di palleggio, il Napoli non è riuscito a utilizzare lo spazio in ampiezza e i cambi di gioco, che la compattezza centrale del Liverpool teoricamente concedevano e che erano statti mirabilmente sfruttati nella

.

 

Ma le difficoltà del Napoli non sono state causate solo dalla brillantezza del Liverpool, ma anche dai limiti individuali dei suoi giocatori e da un piano gara non perfettamente tarato sulle difficoltà del match. Detto delle enormi difficoltà di Mario Rui nel controllo di Salah, Allan e, soprattutto Hamsik, hanno mostrato limiti nel fare circolare fluidamente il pallone sotto pressione. Il brasiliano ha perso 15 palloni, lo slovacco addirittura 19 e, in entrambi i casi, ben 10 palloni sono stati persi nella propria metà campo. Il capitano del Napoli è stato il giocatore della squadra a sbagliare più passaggi (16).

 

Più in generale, i centrocampisti del Napoli non sono stati capaci di rallentare con il possesso i ritmi elevati della partita, complice probabilmente una strategia di gioco che prevedeva di rispondere colpo su colpo agli attacchi del Liverpool alla ricerca del gol che avrebbe aumentato a dismisura le possibilità di qualificazione del Napoli. I primi dieci minuti di gioco, con gli azzurri pronti a pressare alto i Reds e a sferrare attacchi veloci e verticali, hanno messo in luce la volontà di Ancelotti di accettare una partita aperta, prima che la pressione del Liverpool soffocasse definitivamente il gioco degli azzurri. Una maniera più paziente di raggiungere Insigne e Mertens, avrebbe forse potuto raffreddare l’ottimo pressing del Liverpool e consentito alla squadra di Ancelotti di sfruttare a proprio vantaggio gli spazi liberati dall’elevata aggressività centrale e in zona palla dei "Reds". In particolar modo non sono stati sfruttati pienamente gli spazi in ampiezza e alle spalle dei terzini, lasciati spesso sguarniti dal pressing del Liverpool e dalla posizione sempre avanzata assunta in fase di possesso palla da Alexander-Arnold e Robertson.

 


Il terzino destro Alexander-Arnold segue aggressivamente Fabian Ruiz in posizione centrale e ben oltre la linea di centrocampo, liberando spazio che Mario Rui può attaccare. In genere però la manovra del Napoli è stata troppo frettolosa o, inibita dal pressing del Liverpool, per poter consolidare il possesso, posizionarsi e sfruttare i varchi concessi dagli avversari.




I dati della partita di Mertens, solo 8 passaggi fatti e 13 ricevuti, sono indicativi di come il Napoli abbia fatto molta fatica a risalire il campo e, soprattutto, fatta eccezione per l’ultima fase della partita, a farlo in maniera compatta, accompagnando e sostenendo i propri attaccanti.

 

Nonostante i 6 contrasti e le 11 palle recuperate da Allan, i due centrocampisti della squadra di Ancelotti sono stati in difficoltà per tutta la partita anche in fase di non possesso, messi in mezzo tra gli inserimenti e il dinamismo delle mezzali Milner e Wijnaldum, e le ricezioni tra le linee di Firmino, Mané e Salah. Costantemente sollecitati dai continui attacchi del Liverpool che provava a giocare il pallone alle loro spalle, Allan e Hamsik hanno progressivamente ceduto il campo agli avversari allungando sempre di più la distanza tra loro e schermando sempre meno le linee di passaggio verso gli attaccanti avversari.

 

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Un esempio: la prima opzione di passaggio per il terzino Robertson è quella verso Mané nello mezzo spazio di sinistra: Allan e Hamsik sono troppo distanti per schermare il passaggio. Maksimovic è attirato fuori dalla ricezione di Mané e lo spazio lasciato libero dal terzino è attaccato dall’inserimento di Milner che, ricevuto il pallone dal compagno, va al tiro da posizione pericolosa.




Inserito in un girone complicatissimo, il Napoli è giunto a un passo dalla qualificazione, ma ha finito per fallire la partita decisiva, con le forti attenuanti di giocare contro una delle squadre più in forma del momento e in uno degli stadi più caldi del pianeta. Tutti sanno che ad Anfield è quasi impossibile fronteggiare l’aggressività e i ritmi che la squadra di Klopp riesce a mettere al suo pressing e ai suoi attacchi verticali (Pep Guardiola ne sa qualcosa) e forse sarebbe stato quindi più saggio provare a smorzare l'intensità degli avversari, più che provare a pareggiarla.

 

Ancelotti ha perso sul campo di battaglia scelto da Klopp, che ha ottenuto una qualificazione agli ottavi che è rimasta in bilico fino all'ultimo minuto. Il Napoli dovrà invece ripartire dall'Europa League, che Ancelotti ha subito dichiarato di non voler sottovalutare. Come spesso accaduto

, il Napoli ha giocato bene in un girone complicato, che però non è riuscito a superare. A posteriori il pareggio alla prima giornata contro la Stella Rossa ha assunto un'aria sanguinosa, ma in quel momento in pochi lo pensavano. Un altro segno della grande competitività del Napoli, e di una crescita europea che questa eliminazione può ridimensionare solo in parte.

 

 

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