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Liverpool-Barcellona, una notte indimenticabile
08 mag 2019
08 mag 2019
Il Barcellona non ha imparato la lezione, e ha fatto il gioco del Liverpool.
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12 min
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I dati di quest'analisi sono stati gentilmente offerti da Opta, che ringraziamo.

Esattamente 33 anni prima della partita di Anfield Road, il 7 maggio 1986, il Barcellona collezionava una delle delusioni più grandi della sua storia. Al Sanchez Pizjuan di Siviglia affrontava da favorito lo Steaua Bucarest, in una finale di Coppa dei Campioni anticipata per consentire alle nazionali di partire per il Messico ed abituarsi all’altura del paese centroamericano in vista della Coppa del mondo. Durante i 90 minuti e nei supplementari i catalani non riuscirono a espugnare il fortino dei rumeni e persero infine ai rigori, sbagliandone 4 su 4, tutti parati dal portiere Helmut Ducadam.

Dopo la clamorosa rimonta subita a Liverpool, il 7 maggio rischia di diventare una data funesta per il Barcellona e, se il precedente di 33 anni prima era davvero troppo lontano nel tempo e collegato alla partita di Anfield Road solo da una coincidenza di date, la rimonta subita lo scorso anno dalla Roma e, più in generale, il rendimento in trasferta nei turni ad eliminazione di Champions League negli ultimi anni, dovevano indurre il tecnico Valverde a preparare con più attenzione e più idee il match contro Jürgen Klopp.

Nelle ultime due edizioni della Champions League in Barcellona ha subito parecchie sconfitte brucianti lontano dal Camp Nou. Tenendo fuori dall’elenco l’eliminazione per mano dell’Atletico Madrid di 3 anni orsono, con una sconfitta per 2-0 al vecchio Vicente Calderon, il Barcellona ha perso malamente in trasferta due anni fa contro il PSG e la Juventus e, la scorsa stagione, contro la Roma. Al di là delle parole della vigilia - dove ricordava di fare esperienza della rimonta contro la Roma - non è riuscito a trovare una soluzione alle difficoltà dei blaugrana.

La partita scelta da Valverde

Nella partita di andatael Txingurri Valverde aveva rinunciato alla controllo dei ritmi garantito dal brasiliano Arthur Melo a vantaggio delle capacità agonistiche di Arturo Vidal e di un 4-4-2 in fase di non possesso utile, per il tecnico spagnolo, a contrastare il ritmo e l’atletismo del Liverpool. In vantaggio di tre reti, Valverde ha deciso di riproporre, in una versione se possibile ancora più conservativa, il 4-4-2 e gli stessi titolari di sei giorni prima, sottovalutando i segnali arrivati dalla buonissima partita del Liverpool al Camp Nou e le passate difficoltà mostrate dalla sua squadra nelle trasferte europee, prevedibilmente esasperate dall’atmosfera di Anfield Road.

Il tecnico spagnolo ha preferito quindi insistere sulla strada del contrasto posizionale dell’intensità del Liverpool, dando priorità al controllo degli spazi in fase di non possesso rispetto alla ricerca del controllo del ritmo della partita con il pallone.

In confronto alla gara di andata, il Barcellona ha fatto alcune piccole modifiche del piano gara in entrambe le fasi di gioco. In fase di possesso Busquets non si abbassava tra i due centrali in impostazione, lasciando ai difensori e a Ter Stegen il compito di iniziare l’azione. Davanti a Piqué e Lenglet, Busquets e Rakitic giocavano da interni, mentre Vidal si alzava alle spalle del tridente offensivo disegnando di fatto una terza linea di passaggio tra quelle degli interni e quelle dei due trequartisti Messi e Coutinho. Uno schieramento stretto, che probabilmente nelle intenzioni di Valverde aveva lo scopo, posizionando i giocatori a diverse altezze, di aumentare le linee di passaggio alle spalle dei giocatori avversari, ma che di fatto ha indirizzato il Barcellona verso un gioco troppo verticale per poter controllare il ritmo della partita.

Le 4 linee disegnate in fase di possesso palla dal Barcellona (Piqué, alla destra di Lenglet, è fuori inquadratura). L’ampiezza è garantita solo dai due terzini e il Barca manovra prevalentemente in verticale.

In fase di non possesso, invece, la scelta di Valverde è stato ancora più prudente che al Camp Nou. Se all’andata il Barcellona aveva provato, specie nel primo tempo, a contrastare l’impostazione del gioco del Liverpool, alzando Rakitic in zona Fabinho anche nella metà campo avversaria, ad Anfield il tecnico blaugrana ha preferito riproporre il 4-4-2 meno aggressivo visto nel secondo tempo di sei giorni fa, mantenendo compatta e bassa la linea di centrocampo e rinunciando di fatto alla pressione di Rakitic sul mediano avversario. L’altezza media del recupero palla del Barcellona è stata ancora più bassa (29.1 m) di quella della gara di andata e sono diminuiti i palloni recuperati nella metà campo avversaria.

Come nelle partite di due anni fa contro la Juventus e quella dell’anno scorso contro la Roma, i blaugrana hanno subito gol nei primi 7 minuti di gara, dopo avere sofferto l’iniziale pressing degli avversari. Un mix di impreparazione tattica e di approccio sbagliato, che in tutti e tre i casi ha indirizzato lo sviluppo delle partite ed è costato caro al Barcellona.

La convinzione del Liverpool

I Reds sono partiti davvero forte. Hanno alzato il pressing anche al di là delle loro consuete abitudini, forzando ogni duello fisico ai limiti dell’intimidazione e recuperando costantemente il pallone nella metà campo avversaria.

Lo schieramento del Liverpool in occasione di un calcio d’angolo a favore un minuto prima del gol del vantaggio. È indicativo della volontà dei Reds di spostare il piano del match verso una contesa prevalentemente fisica.

Le assenze di Firmino e Salah hanno ridotto la qualità dell’attacco del Liverpool e limitato le scelte di Jurgen Klopp. Alla fine il tecnico ha optato per il tridente Shaqiri – Origi – Mané, mentre in mezzo al campo ha preferito la fisicità di Henderson e Milner alla mobilità di Wijnaldum. In difesa Klopp ha inserito nuovamente tra nell’undici Alexander-Arnold al posto di Joe Gomez, preferendo la tecnica e le qualità offensive del primo, alla vocazione difensiva del secondo.

Il piano gara del Liverpool era piuttosto semplice: una circolazione palla sicura in fase di impostazione, avanzamento per il campo per mezzo delle catene laterali o dei lanci lunghi, specie in diagonale, per sfruttare lo spazio lasciato in ampiezza dalle strette linee blaugrana e dagli inserimenti di Jordi Alba. Come costante, attaccare sempre le seconde palle. Senza Firmino, capace di legare il gioco abbassandosi sulla trequarti e di variare e regolare il tempo della fase offensiva della propria squadra, il Liverpool ha rinunciato a un gioco palleggiato interno occupando dinamicamente la trequarti campo con gli inserimenti di un sorprendente Jordan Henderson.

Il gol del vantaggio dei Reds racchiude molti dei temi tattici della partita: i lanci lunghi in diagonale nella zona di Jordi Alba, la posizione avanzata assunta da Jordan Henderson e l’attacco delle seconde palle.

Il Liverpool cerca Mané alle spalle di Jordi Alba, ancora avanzato dalla solita e continua proiezione offensiva, con lungo diagonale di Van Dijk. Il recupero all’indietro del terzino spagnolo è sbagliato e viene intercettato dall’attaccante ivoriano che premia l’inserimento di Henderson.

Dopo il primo quarto d’ora, il pressing del Liverpool è calato leggermente d’intensità e il Barcellona ha potuto organizzare con meno frenesia le sue ripartenze, creando delle ottime occasioni per segnare il gol del pareggio. Il problema è che Coutinho, Jordi Alba nel recupero del primo tempo e Suarez ad inizio ripresa non sono riusciti a realizzare la rete che probabilmente avrebbe cambiato i destini della sfida.

Nei primi 45 minuti, dopo il gol del vantaggio di Origi, il Liverpool crea poche occasioni da gol e il Barcellona è, in realtà, molto più pericoloso.

Scampato il pericolo, il Liverpool ha provato all’inizio del secondo tempo, come in occasione del veemente avvio di partita, ad alzare ancora l’intensità del proprio pressing e della riaggressione. Proprio da un recupero veloce della palla grazie a un’azione di gengenpressing di Alexander-Arnold è nato il gol del 2-0 di Wijnaldum subentrato all’infortunato Robertson e schierato da mezzala sinistra con Milner spostato in posizione di terzino sinistro.

Il doppio vantaggio del Liverpool ha mandato in tilt il Barcellona, che nell’azione successiva ha subito il gol del 3-0 su un cross tutto sommato di facile lettura per i due centrali. Spaventato dall’intensità del Liverpool Valverde ha sostituito un inconsistente Coutinho (12 palloni persi e 2 dribbling sbagliati su 2 tentati in 60 minuti di gioco) con Semedo, passando a un 4-4-2 ancora più ortodosso, con Sergi Roberto a destra e Vidal a sinistra sulla linea di centrocampo.

Purtroppo per il Barcellona, il risultato di parità, maturato sorprendentemente presto nell’arco del match, ha permesso a Jürgen Klopp di modulare altezza e intensità del proprio pressing, abbassando il baricentro e scegliendo con più libertà i tempi e la zona di campo dell’aggressione. È questo che ha permesso ai “Reds”, dopo 150 minuti di confronto, di negare finalmente le ripartenze agli avversari. Senza la loro arma offensiva privilegiata, si sono ritrovati impotenti contro la difesa più posizionale degli inglesi. In modo abbastanza inquietante per la loro fase offensiva, i blaugrana, dopo avere subito il gol del 3-0, sono riusciti a tirare in porta appena per due volte, entrambe con Messi ed entrambe da situazioni statiche - un calcio di punizione e dopo uno schema su calcio d’angolo.

Ancora più sconcertante è il gol del 4-0: il Barcellona ha letteralmente dimenticato di difendere su un calcio d’angolo battuto velocemente da Alexander-Arnold, che ha approfittato dell’imperdonabile distrazione della difesa di Valverde.

La vittoria di Klopp, la sconfitta di Valverde

Privo di Salah e Firmino, oltre che di Nabi Keita e, dopo 45 minuti, anche del terzino Robertson, Jürgen Klopp non ha potuto che affidarsi a un distillato del suo calcio.

L’inizio con il piede pigiato forte sull’acceleratore - quasi intimidatorio per impatto fisico sugli avversari - ha fruttato il gol del vantaggio e ha permesso al Liverpool di modulare l’intensità del proprio pressing. Ancora, ad inizio ripresa, Klopp ha scelto di forzare il pressing e la riaggressione, capitalizzando con due gol l’ottimo gegenpressing della squadra e le indecisioni difensive del Barcellona. Il pareggio ha poi consentito finalmente al tecnico tedesco, maturato tatticamente dai tempi di Dortmund, di regolare altezza del pressing e della linea difensiva, negando le ripartenze al Barcellona e dominando fisicamente e strategicamente l’ultima mezz’ora di partita.

La seconda finale di Champions consecutiva – la terza in carriera –, la peculiarità del gioco proposto, l’evoluzione del pressing delle sue squadre, adesso arma modulabile a diverse altezze e intensità in funzione delle esigenze del match - oltre al formidabile carisma - rendono ormai Jürgen Klopp un allenatore destinato a essere ricordato nella storia del calcio.

La percentuale di possesso palla delle due squadre in funzione della zona di campo e del tempo. Il Barcellona ha tenuto la palla più del Liverpool fino all’ultimo quarto di campo. In zona offensiva invece il Liverpool è stato molto più efficace, tanto da costringere il Barcellona a 74 interventi difensivi in area (36, invece, quelli dei Reds).

La vittoria di Klopp si incastra però con la sconfitta di Valverde, che sembra davvero sancire il fallimento del tentativo del tecnico spagnolo di allontanare il Barcellona da un calcio fondato sul dominio del pallone. Inteso come arma con cui offendere gli avversari, ma anche con cui difendersi dai pericoli gestendo con il possesso le posizioni in campo e i ritmi della partita. Sin dalla gara d’andata Valverde, con una scelta forte e radicale, ha rinunciato al contributo di Arthur, potenzialmente capace di resistere al pressing avversario e ordinare la squadra, per bilanciare l’intensità del Liverpool con l’impiego di Arturo Vidal.

Il cileno, almeno nel primo tempo, è stato il miglior giocatore del Barcellona con 6 contrasti vinti su 7, 2 palloni intercettati e 5 palle recuperate, fornendo anche un ottimo contributo in fase offensiva a supporto del tridente d’attacco. Ma proprio l’aver creato il contesto tattico in cui Vidal può essere il migliore in campo della sua squadra è stato probabilmente l’errore più grande di Valverde che, accettando, specie in trasferta, lo scontro fisico con il Liverpool ha gettato le basi della sua sconfitta. I gol subiti, nati dal pressing avversario e da grossolani errori difensivi, ricordano altri gol subiti in altre trasferte europee recenti dal Barcellona e mostrano che, lontano dal Camp Nou, i catalani non riescono a giocare partite centrate sulla difesa posizionale e su un piatto 4-4-2 privo di iniziativa.

Utilizzare come soluzione prioritaria per prevenire i pericoli il controllo degli spazi non è nelle corde di molti dei giocatori blaugrana che, messi sotto pressione difensiva per troppo tempo, aumentano le probabilità di commettere un errore.

Oltre ai 4 gol subiti, a impressionare negativamente è stata la difficoltà del Barcellona a variare i temi del suo gioco d’attacco. I blaugrana sono stati capaci di rendersi pericolosi solo in ripartenza e appoggiandosi quasi esclusivamente a Messi e Jordi Alba. L’imprevedibilità della manovra è stata appannaggio esclusivo dell’individualità di Messi ed è risultata assente in fase collettiva, se togliamo gli inserimenti profondissimi di Jordi Alba.

Il contributo di Jordi Alba è evidenziato dalla grossa superficie del suo cerchio. Il terzino è stato il calciatore della partita che ha giocato più palloni (101).

Le difficoltà offensive del Barcellona sono emerse con forza dopo il gol del 3-0 di Wijnaldum quando Klopp, raggiunto finalmente il pareggio complessivo, ha potuto gestire in maniera più prudente la sua fase difensiva per negare gli spazi per le transizioni degli avversari, mentre in maniera frenetica e poco coerente Valverde, con le sostituzioni, ha provato a variare il carattere della sua squadra.

L’eliminazione del Barcellona contro un Liverpool privo di Firmino per due partite e di Salah per 90 minuti, al di là del contributo degli episodi nel determinare il risultato finale, pare davvero decretare la sconfitta della gestione Valverde che, cercando di amministrare con prudenza e apparente buon senso la sua squadra, si è garantito il dominio nella Liga, ma è andato incontro a due cocenti eliminazioni in Europa. Il suo tentativo di allontanare il Barça dai principi del gioco di posizione - un processo, va detto, iniziato da Luis Enrique - sembra ormai fallito, seppellito dai gol subiti l’anno scorso all’Olimpico e quest’anno ad Anfield Road.

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