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Federico Principi
Cosa è lecito aspettarsi dal primo anno di Leclerc in Ferrari
25 feb 2019
25 feb 2019
Il pilota monegasco ha avuto un inizio di carriera da predestinato ma secondo alcuni è arrivato in Ferrari troppo presto.
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Federico Principi
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Per quanto a volte risultino retoriche, le narrazioni sulla successione sportiva conservano ancora una legittima dose di fascino. E in questo senso non si può che guardare con più di una curiosità la traiettoria di

che, arrivato a un posto da titolare alla Ferrari in quello che da diversi anni ormai sembrava il suo destino, per alcuni può rappresentare il completamento di quel percorso intrapreso prima di lui dal suo grande amico Jules Bianchi, morto nell’estate del 2015 dopo un grave incidente nel Gran Premio del Giappone dell’anno precedente.

 

Nel momento in cui Bianchi venne a mancare, Leclerc era impegnato nel campionato europeo di Formula 3 che concluse al quarto posto, senza ancora aver consacrato a pieno le potenzialità del suo talento. Il pilota monegasco riuscì a vincere il campionato di GP3 l’anno successivo, il primo per lui in monoposto. Ma anche la successiva vittoria del campionato di Formula 2 nel 2017 è in qualche modo legata a un’assenza dolorosa. La svolta di quel campionato, infatti, arrivò al Gran Premio di Azerbaijan, pochi giorni dopo la perdita di suo padre. Ma al di là delle sovrastrutture che possiamo applicare alla storia di Leclerc, sportivamente è forse più interessare analizzare la precocità (inusuale soprattutto negli ultimi 30 anni) con la quale ha ottenuto un posto da titolare in Ferrari, nel sedile più prestigioso del mondo.

 

Come tutti i giovani piloti che si affacciano al motorsport, Leclerc ha avuto anche bisogno di importanti sodalizi contrattuali e di sponsor per poter emergere: ha stretto un legame nel 2011 con Nicolas Todt - forse il manager più influente al mondo - che gli ha fornito il suo sponsor collegato Richard Mille, portandolo nel team da lui co-gestito (ART) in GP3 e lasciandolo invece con intelligenza al team Prema in Formula 2, in quel momento il migliore, anziché confermarlo in ART anche nella serie cadetta.

 

L'impressione di dominio lasciata da Leclerc, però, è andata oltre la superiorità dei suoi mezzi meccanici avuta nelle ultime due categorie sottostanti alla Formula 1. In questa totale supremazia sulla sua generazione è sbocciata l'impressione di trovarsi di fronte a un predestinato, una sensazione che era stata avvertita anche da Sergio Marchionne. Il passaggio in Ferrari sarà però un altro step delicato nella sua carriera, forse perfino superiore rispetto alla transizione dalle vecchie Formula 2 - prima del rinnovamento della vettura Dallara nel 2018 - alle nuove Formula 1. Leclerc però ha dato prova di resistere mentalmente agli urti delle pressioni di una nuova categoria, quella più importante, e ora dovrà farlo nuovamente con la tuta rossa addosso.

 



Nei primi tre Gran Premi dello scorso anno Leclerc ha forse affrontato il momento più difficile della sua carriera. I nuovi problemi della Formula 1 non si limitavano alla conoscenza dei circuiti: il monegasco ha avuto difficoltà anche in Bahrain - pista nella quale aveva registrato pole position e vittoria in gara-2 in Formula 2 - chiudendo lontano dal compagno Marcus Ericsson. Leclerc ha compiuto una serie di errori di guida e ha avuto forse un solo guizzo di talento, il sorpasso a Lance Stroll alla ripartenza dalla Safety Car in Australia.

 

«La svolta è stata la gara di Baku»,

Leclerc in un'intervista a

. «Arrivando su un circuito cittadino e non sentendomi molto sicuro, ho chiesto una macchina molto stabile ma mi sono ritrovato con una monoposto molto sottosterzante. Lì ho capito che una Formula 1, pur non guidandosi con un assetto così estremo, andava assettata seguendo quella direzione. Nelle prime tre gare avevo richiesto un assetto molto sovrasterzante: di solito preferisco il sovrasterzo, però a inizio anno era troppo esagerato. Quando ho capito che in precedenza avevo richiesto un settaggio sbagliato ho fatto un grande step avanti, perché ho cominciato a sentirmi molto più a mio agio con la macchina».

 

È proprio nella gestione del sovrasterzo che le cose sono cambiate profondamente per Leclerc dalla Formula 2 alla Formula 1. La Dallara del 2017 non montava ancora i motori turbo Mecachrome del 2018, e la differenza di coppia tra il vecchio motore aspirato della Formula 2 e il turbo-ibrido della Formula 1 ha reso molto più difficile per lui gestire le violente accelerazioni in trazione. Lo stile di guida pulito ma estremamente aggressivo di Leclerc in Formula 2, con la controindicazione di molte gare - soprattutto in Bahrain e a Jerez - in cui

di degrado alle gomme posteriori, ha dovuto fare i conti con la dura realtà della Formula 1.

 

https://www.youtube.com/watch?v=fHXKDXn6y10

Il degrado gomme invoglia Leclerc a un insolito pit stop in Bahrain in gara-2. Il modo in cui rimonta e vince è da fuoriclasse assoluto.


 

Nelle prime gare nella massima serie Leclerc ha iniziato a gestire il sovrasterzo abbassando i regimi delle cambiate, per limitare la coppia trasmessa dalla power unit alle ruote posteriori. Il maggiore sottosterzo da Baku in poi, invece, ha permesso a Leclerc una guida più pulita soprattutto in uscita di curva, mentre in ingresso il monegasco ha iniziato a compensare la minore precisione dell'avantreno - avendo spostato di più il baricentro verso il posteriore - con un sapiente dosaggio della frenata.

 

Leclerc è uno dei pochi o forse l'unico pilota in Formula 1 a "tratteggiare" con costanza la frenata, premendo il pedale in due o più segmenti differenti (lo faceva

prima di esordire da titolare in Formula 1, in ingresso di curva 1 e 4 nelle prove libere 1 ad Austin 2017, sul bagnato). Nonostante in questo modo la frenata risulti "spezzettata", Leclerc è comunque estremamente efficace nelle staccate, anche quando esegue i sorpassi.

 

https://giphy.com/gifs/39rIj30Moi7wxObIm3

Sul circuito di Baku, nelle prove libere 2, ecco il frazionamento evidente della frenata da parte di Leclerc (luce rossa intermittente nel grafico) per curare la traiettoria e la velocità di ingresso in curva. In uscita, però, soffre ancora di sovrasterzo.


 

Leclerc con il tempo è sembrato sempre più a suo agio con la Formula 1 e, grazie al suo talento cristallino nel giro secco (testimoniato dalle 8 pole position consecutive conquistate sul campo in Formula 2), è riuscito a mettere a segno i risultati più roboanti della sua prima stagione soprattutto in qualifica. Grazie anche alla forza dell'extra-boost nel giro secco della power unit Ferrari, superiore a Renault e Honda - e quindi rispetto a team come Renault, McLaren e Toro Rosso - Leclerc ha ottenuto ben 8 volte su 21 la qualificazione in Q3, nei primi 10, contro le sole 3 volte del suo compagno di squadra Marcus Ericsson. Dopo aver perso i primi 2 confronti diretti in Australia e Bahrain, Leclerc nei successivi 19 Gran Premi ha battuto Ericsson in qualifica ben 17 volte.

 

Non bastano però i numeri a testimoniare la sua incredibile stagione. Sono al contrario alcuni momenti ad aver fotografato in modo chiaro il talento di Leclerc, lasciando una sensazione diffusa di predestinazione, e giustificando così la coraggiosa scelta da parte della Ferrari. Gli episodi dal valore simbolico più alto sono addirittura arrivati dopo l'annuncio della sua promozione alla “Rossa”: dai

sul suo amico Gasly a Singapore

in Russia alla delicata situazione in Q2 in Brasile, nella quale era chiamato a un ultimo tentativo per raggiungere il compagno in Q3, reso ancora più difficile da qualche goccia di pioggia. In quell’occasione, Leclerc ha eseguito

, senza più alcun sovrasterzo, e forse è in quel momento che ha dimostrato più di ogni altra occasione le sue grandi capacità di resistere alla pressione.

 



Forse un solo anno di esperienza, nella Formula 1 contemporanea, non è più sufficiente a un giovane pilota per poter ambire al titolo mondiale. Leclerc non è il primo giovane ad aver commesso qualche errore nei primi Gran Premi in carriera in Formula 1 e ad averne subìto l'impatto: negli ultimi anni, ad esempio, è accaduto anche a Giovinazzi, Ocon, Vandoorne e allo stesso Verstappen. È probabilmente per questo motivo che la Ferrari sta provando a rendere morbido e progressivo l'inserimento di Leclerc, centellinandogli le pressioni. Il nuovo team principal Mattia Binotto ha subito precisato, forse per la prima volta esplicitamente nella storia recente della Ferrari, quali saranno le gerarchie: «Vettel non ha nulla da dimostrare e rimane la nostra guida. Leclerc ha ancora da imparare, lo dice lui stesso. In situazioni ambigue le preferenze andranno su Sebastian».

 

L'obiettivo di preservare l'armonia interna nel box -

delle numerose riconferme di Kimi Raikkonen, con il beneplacito di Vettel - è da sempre uno degli obiettivi principali della Ferrari, con una stabilità nelle gerarchie che per certi versi assomiglia a quella tra portieri in una squadra di calcio. E forse, in questo senso, la scelta di portare subito Leclerc in Ferrari non è basata solo sulla volontà di blindarlo per il futuro e contrapporlo ai giovani degli altri top team (come Verstappen e Gasly nella Red Bull, oppure Ocon e Russell nella Mercedes) ma anche sul tentativo, apparentemente paradossale, di togliergli pressione.

 

FCA, infatti,

da una parte liberare un posto ad Antonio Giovinazzi nel team Sauber per rafforzare il marchio Alfa Romeo, e metterlo in competizione con Leclerc avrebbe potuto creare situazioni imbarazzanti tra due piloti entrambi sotto l'egida Ferrari. Dall'altra, portare il monegasco nell'altro team satellite della “Rossa” - la Haas - avrebbe significato creare una pericolosa lotta interna contro piloti molto ruvidi come Grosjean o Magnussen.

 

https://giphy.com/gifs/TJaFBnh4LT9AjNvj1G

Meglio evitare circostanze simili, dentro casa, fronteggiando in quel caso un pilota che sa essere anche decisamente scorretto.


 

Paradossalmente, per quanto la tuta rossa sia una delle più "pesanti" nel giro della Formula 1, promuovere Leclerc in Ferrari ma sotto l’ala protettiva di un pilota di punta più esperto potrebbe essere la scelta migliore per esaltarne a pieno il talento in una prospettiva a lungo termine. Forse un tentativo di deresponsabilizzare il pilota monegasco, cercando di farlo maturare in attesa del momento in cui sarà invece lui ad avere sulle spalle l'incombenza di portare il Mondiale a Maranello.

 

La pubblica presa di posizione forte del team principal, fatta per la prima volta a mezzo stampa, forse serve anche a pungolare Sebastian Vettel, reduce da un anno molto duro dal punto di vista professionale (con molte sconfitte e molti testacoda) e forse, da come ha lasciato intendere tra le righe dopo il Gran Premio degli Stati Uniti, anche personale. Non va poi dimenticato che la Ferrari nel 2017 ha rinnovato il contratto al tedesco fino al 2020 con uno stipendio superiore ai 40 milioni di dollari annui. E in questo senso la presa di posizione così netta da parte della Ferrari sembra ancora più comprensibile da un punto di vista aziendale, perché mettere in competizione il pilota tedesco con l’esuberanza di Leclerc potrebbe risultare nocivo nei confronti del grosso investimento fatto.

 

La Ferrari, in sostanza, vuole sfruttare al massimo gli equilibri tecnici che si potrebbero creare nell'alchimia della nuova coppia. Vuole limitarne il potenziale esplosivo, che molti hanno accostato a quello della coppia Vettel-Ricciardo in Red Bull nel 2014; e allo stesso tempo approfittare delle possibili similitudini di guida tra Vettel e Leclerc, provando a ottimizzare la vettura grazie a due piloti che verosimilmente non daranno feedback non troppo discordanti agli ingegneri.

 

A differenza di Raikkonen, infatti, Leclerc lo scorso anno ha iniziato a intraprendere la strada dell'assetto sottosterzante, quindi bilanciato più sul posteriore, che si sposa da sempre con le caratteristiche di guida più naturali di Vettel. Le Ferrari progettate dopo la rivoluzione aerodinamica dei regolamenti - quindi nel 2017 e nel 2018 - hanno avuto entrambe un'eccezionale stabilità al posteriore, che aiuterà Leclerc a combattere i sovrasterzi patiti soprattutto a inizio 2018 in Sauber. Allo stesso tempo il pilota monegasco si è abituato a non sentire più l'anteriore preciso come nelle categorie propedeutiche, ma in suo soccorso vanno sia le sue qualità di guida che alcune soluzioni tecniche della nuova SF90.

 

In

Franco Nugnes e Giorgio Piola spiegano in maniera accurata come la Ferrari, nonostante i nuovi regolamenti per gli alettoni anteriori (che costringeranno le vetture ad una perdita di carico dovuta al fatto che non ci saranno più di 5 slot sul mainplane e non più appendici vicino alla paratia laterale) sia riuscita, a differenza di Mercedes e Red Bull, a convogliare lo stesso i flussi d'aria all'esterno delle ruote anteriori per via di un ambizioso "buco" sugli ultimi slot dell'ala anteriore. In questo modo, nonostante l'evidente semplificazione delle ali anteriori 2019 rispetto agli ultimi anni - voluta dalla Federazione per aumentare l'effetto scia e quindi i sorpassi - la Ferrari potrà comunque bilanciare la monoposto più verso il posteriore pur senza perdere precisione con l'anteriore.

 

Entrambi i piloti, oltretutto, sono molto bravi a dosare la frenata in ingresso curva per gestire il trasferimento del giusto peso verso l'anteriore. Come visto in precedenza, Leclerc lo fa "tratteggiando" (o "spezzettando") la frenata. Vettel, invece, utilizza un metodo quasi opposto: preme il pedale del freno in un unico "segmento" ma contemporaneamente parzializza leggermente l'acceleratore per evitare un beccheggio eccessivo verso l'anteriore, raddrizzando leggermente la vettura: per evitare, cioè, che la frenata risulti troppo forte e che l'avantreno diventi troppo "pesante". In questo modo entrambi gestiscono bene l'ingresso curva e conseguentemente anche il sottosterzo.

 


Lo stile di guida di Vettel: si vede bene come in staccata (a La Source, in curva 1 a Spa) pizzica l'acceleratore, che poi rilascia completamente appena mollato il freno, per non andare in sovrasterzo. In quel modo si assicura di non appesantire troppo l'anteriore, evitando anche bloccaggi.




«Mi sento abbastanza a mio agio sulla SF90, anche se ci sono alcune cose a cui devo abituarmi», ha detto Leclerc dopo la prima settimana di test, che lo ha visto coinvolto 2 giorni su 4 come da tradizione. «Posso però dire che questa è una monoposto abbastanza facile da guidare. Come ha detto Seb, non sembra nemmeno una vettura nuova, ma un'auto il cui sviluppo è già avanzato. È molto guidabile ed è la dimostrazione di come il team abbia svolto un lavoro straordinario durante l'inverno».

 

Non sembra quindi essersi arrestata l'onda lunga della rinascita con la nuova gestione Marchionne, nonostante le atroci delusioni delle ultime due stagioni. Forse ora più che mai, con la promozione di Binotto a team principal al posto di Maurizio Arrivabene, l'esaltazione dell'efficacia della struttura orizzontale di ingegneri sembra aver raggiunto il suo picco massimo, grazie al nuovo ruolo assunto da Binotto che fino a poco tempo fa si limitava a dirigere lo sviluppo tecnico.

 

Il cambio di filosofia si è reso necessario per arginare lo strapotere Mercedes nell'era ibrida, ma non ha ancora pagato in termini di titoli visto il lungo periodo di astinenza (nel 2008 l'ultimo Mondiale costruttori, nel 2007 l'ultimo per i piloti con Raikkonen). Ma anche il modo in cui la Ferrari ha mancato almeno quattro possibili successi nelle fasi finali di campionato -

e due con Vettel - ha creato un pregiudizio sulle modalità di lavoro a Maranello, che però non sembrano del tutto aderenti alla realtà.

 

Forse la scelta di puntare su Leclerc ora mette il management della “Rossa” nell'inedita e paradossale situazione di dover tornare a vincere un titolo gestendo contemporaneamente la possibile esplosione di un pilota talentuoso, sperando quindi che non sia immediata. A livello puramente aziendale, infatti, la Ferrari deve sperare che non vinca il pilota "sbagliato", cioè Leclerc, che al momento sembra avere futuro più luminoso persino dello stesso Vettel. Un futuro che, però, è ancora tutto da scrivere.

 

 

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