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Foto di Dan Istitene / Getty Images
Sport Federico Principi 23 ottobre 2018 8'

Il gran finale di Kimi Raikkonen

Uno dei piloti più amati degli ultimi anni ha vinto il Gran Premio degli Stati Uniti in maniera straordinaria.

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Kimi Raikkonen non vinceva un Gran Premio dal 2013, quando si aggiudicò il primo di quella stagione, a Melbourne. Nemmeno il suo ritorno alla Ferrari all’alba del 2014 e la ritrovata competitività della Rossa, soprattutto a partire dal 2017, avevano permesso al finlandese di aggiornare la tabella delle sue vittorie in Ferrari, ferma al 30 agosto 2009 sul circuito di Spa. Raikkonen è riuscito ad Austin a mettere a segno un sigillo – forse l’ultimo – a distanza di ben 15 anni e 6 mesi dal primo, al Gran Premio della Malesia 2003, stabilendo un nuovo incredibile record di longevità.

 

La vittoria in Texas ha forse chiuso il cerchio della sua carriera di vertice in Formula 1, visto l’accordo con Sauber dal prossimo anno: Austin, in un certo senso, ha completato il percorso di una storia che poteva riservargli qualche soddisfazione in più sotto il profilo personale, al netto del titolo mondiale conquistato nel 2007, ma che ha comunque avuto il merito di un lascito fortissimo sotto l’aspetto mediatico, sotto forma principalmente di empatia con il pubblico.

 

Ma per regalare l’ultima soddisfazione a se stesso e ai suoi tifosi, Raikkonen è dovuto scendere a patti con il suo carattere riflessivo e apparentemente svogliato. Ad Austin, fin dai primi giri, mentre parlava con il suo ingegnere di pista il suo tono di voce lasciava trasparire una sorta di pacata ferocia, un sentimento ambivalente che potremmo associare solo a lui. Ma quello che più conta è che è stata forse la più bella gara della sua carriera, in cui ha alternato momenti dove ha avuto bisogno delle sue migliori qualità, utilizzandole perfettamente, ad altri in cui ha dovuto snaturare le sue peculiarità e trasformarsi in un pilota decisamente aggressivo, al limite del regolamento.

 

Raikkonen si è regalato un successo in questa sua difficile ultima parte di carriera, riuscendo ogni volta a trovare una perfetta interpretazione del momento, e realizzando un vero e proprio capolavoro, forse nella consapevolezza che avrebbe potuto essere l’ultimo.

 

La gestione nel primo stint

Dei cinque piloti di testa Raikkonen era l’unico a partire – in seconda posizione – con la gomma più morbida del weekend, la viola ultrasoft, mentre Hamilton, Bottas, Vettel e Ricciardo si presentavano allo start con la gomma “media”, la rossa supersoft, con l’obiettivo di montare successivamente la più dura delle gomme del weekend – la gialla soft – per andare fino in fondo con una sola sosta (Verstappen partiva invece diciottesimo per un problema causato da un suo errore in Q1).

 

La gomma ultrasoft, nonostante partisse dal lato “sporco” (quello delle posizioni 2, 4, 6, eccetera), ha garantito a Raikkonen di riuscire finalmente a guadagnare una posizione in partenza come non gli capitava da ben 33 Gran Premi. Dalle immagini sotto è evidente come il primissimo scatto sia in linea con quello di Hamilton, bilanciando il minore grip del lato sporco con quello maggiore dato dalle gomme più morbide rispetto all’inglese. Ma è anche chiaro che successivamente, quando va a scaricare la coppia ingranando seconda, terza e quarta marcia, Raikkonen riesca a guadagnare progressivamente terreno sul campione della Mercedes fino a conquistare l’interno in staccata, prendendosi la leadership al via.

 

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In quel momento è iniziata una gara di difficile lettura tattica, e di conseguenza estremamente affascinante. Data la pioggia che ha caratterizzato tutta la giornata del venerdì, le uniche informazioni sul passo gara di ultrasoft e supersoft risalivano alle FP3 del sabato ed erano molto parziali. Essendo un circuito piuttosto severo per le gomme, la supersoft sembrava una gomma migliore dell’ultrasoft per la gara: Hamilton e Bottas nelle FP3 avevano infatti provato contemporaneamente supersoft e ultrasoft rispettivamente, e il tempo medio della simulazione gara di Hamilton (1:40.361) era 3 decimi più rapido di quello di Bottas (1:40.672), e con soli 8 giri percorsi, per cui in condizioni ancora ottimali per la ultrasoft per esprimersi. L’aumento di 1.5 psi sulle pressioni delle gomme, deciso in modo discutibile poche ore prima della gara, avrebbe poi provocato maggiore calore sulle gomme, svantaggiando ulteriormente le più morbide ultrasoft.

 

Per questo motivo Raikkonen, nella prima parte di gara, ha dato sfoggio delle sue grandi abilità nel gestire il degrado delle gomme più morbide con una guida pulita. Il finlandese ha dovuto forzare un po’ per tenere Hamilton – che aveva più ritmo con le supersoft – a oltre un secondo e mezzo, impedendogli l’uso del DRS. Ma quando al giro 11 è stata installata la Virtual Safety Car per rimuovere la vettura di Ricciardo, chi è andato ai box è stato Hamilton a cui è stato dato l’ordine di «prendere la scelta opposta di Raikkonen» davanti a sé.

 

Nonostante le scarse informazioni sulla tenuta delle gomme, la Ferrari questa volta è stata lucidissima nelle strategie e ha capito immediatamente che, fermandosi al giro 11 sui 56 previsti, Hamilton avrebbe sicuramente dovuto compiere due soste, pur risparmiando tempo con il pit stop con la Virtual Safety Car. Per vincere la gara, a quel punto, Raikkonen era costretto ad effettuare una sola sosta e avrebbe dovuto gestire le già degradate ultrasoft ancora per parecchi giri, mentre alle sue spalle stavano tornando Bottas e Vettel su supersoft e Verstappen con le soft di inizio gara. Soprattutto, Raikkonen avrebbe dovuto gestire il feroce ritorno di Hamilton con le soft nuove e la strategia estremamente aggressiva del campione inglese, che voleva chiudere subito il discorso del titolo mondiale.

 

Il corpo a corpo

La sosta anticipata in regime di Virtual Safety Car sembrava la mossa vincente della Mercedes. Al giro 13 Hamilton aveva solo 7.4 secondi di ritardo da Raikkonen e ne ha recuperati più di 6 in appena 5 giri, portandosi a 1.3 secondi di ritardo al giro 18. In quel momento in Ferrari hanno deciso di lasciare fuori Raikkonen il più possibile, in modo da ostacolare Hamilton e non permettergli una fuga prima che anche il finlandese montasse le soft nuove. Qui si è compiuto il capolavoro di Raikkonen: con una serie di manovre difensive, traiettorie di protezione modificate all’ultimo momento e staccate molto impegnative e per lui inusuali, ha infatti impedito all’inglese di trovare il varco giusto per il sorpasso per ben 3 giri, nonostante fosse più rapido di oltre 1 secondo al giro.

 

Con una lucidità, una perfezione tecnica e una determinazione forse mai viste in carriera, Raikkonen è riuscito a non farsi sorpassare da un mago del corpo a corpo come Hamilton e forse in quel momento si è aggiudicato la vittoria.

 

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Uno dei tanti impercettibili ma decisivi cambi di traiettoria difensivi di Raikkonen, al limite del regolamento.

 

Il finlandese, oltretutto, stava già perdendo molto tempo con le vetture alle spalle. Soprattutto Bottas era passato da 8.7 secondi di ritardo dal ferrarista al giro 14 a solamente 2 secondi al giro 21, sia per effetto delle gomme supersoft in stato migliore che per il tempo perso da Raikkonen con le traiettorie difensive su Hamilton. Al giro 21, quindi, la Ferrari ha capito che fosse ora di richiamare Raikkonen sia perché ormai il sorpasso di Hamilton era maturo, sia per difendersi da un eventuale undercut di Bottas che avrebbe potuto scavalcare il ferrarista anticipando la sosta.

 

Hamilton, che andava al ritmo di Raikkonen, in questo modo ha perso da Vettel in ogni giro prima della sosta del finlandese.

Nell'ultimo settore del giro 21 Hamilton si è liberato di Raikkonen solo prima dell'ultima curva, e, nonostante tutto, era già 2 decimi più veloce di Vettel.

 

La gestione nel secondo stint

L’impostazione tattica di Raikkonen con le soft nuove è stata diametralmente opposta a quella di Hamilton. L’inglese aveva subito martellato con parziali record anche se in realtà non era sicuro di effettuare la seconda sosta, forse sopravvalutando la tenuta delle gomme gialle. Raikkonen, invece, nonostante il pesante ritardo da recuperare ha avuto l’intelligenza e la freddezza di non spingere subito e di conservare la soft in ottimo stato fino a fine gara.

 

Dopo la sua sosta, il finlandese al giro 22 ha registrato 17.8 secondi di ritardo e per 8 passaggi il suo distacco da Hamilton è rimasto costante, assestandosi a 17.1 secondi al giro 30. Dai video onboard, tuttavia, si notava una guida molto diversa tra i due soprattutto in trazione in uscita dalle lentissime curve 11 e 12: mentre Raikkonen non spingeva e con una guida pulita andava molto dolce sullo sterzo, da quelle due curve Hamilton usciva sempre in sovrasterzo. Il motivo si è scoperto quasi subito: soprattutto il corpo a corpo perso contro Raikkonen ha esasperato il consumo delle gomme posteriori di Hamilton, vittima di blistering – cioè bolle interne date dal surriscaldamento – che gli ha causato il distacco di pezzi dal battistrada.

 

Dal giro 30 al giro 36, prima di tornare nuovamente ai box, Hamilton ha infatti visto il suo vantaggio su Raikkonen crollare da 17.173 a 8.955 secondi, con un guadagno del finlandese di 1.370 secondi al giro di media. Di questo tempo circa la metà – 5 o 6 decimi al giro – veniva recuperata nel secondo settore, proprio quello delle curve 11 e 12. La pista estremamente favorevole ai sorpassi ha costretto Hamilton a una seconda sosta per non venire risucchiato da tutti gli avversari alle spalle, condannandosi a una parte finale di gara in terza posizione all’inseguimento di Raikkonen e dell’incredibile Verstappen, che ha sfruttato nuovamente le grandi prestazioni della Red Bull quando le gomme in gara vengono messe a dura prova.

 

Sembra, inoltre, che la FIA abbia costretto la Mercedes a chiudere i forellini sui mozzi delle ruote, una soluzione che dà piccolissimi vantaggi aerodinamici ma che consentiva alle “Frecce d’argento” di evitare il surriscaldamento delle gomme posteriori, vero tallone d’Achille ormai da molte stagioni. Una difficoltà testimoniata anche dalla parte finale di gara di Bottas, con il sorpasso subito da Vettel.

 

Gli ultimi giri di gara – con il trenino Raikkonen-Verstappen-Hamilton nel quale ogni pilota era più veloce di quello che lo precedeva – hanno raggiunto picchi elevatissimi di pathos. A favorire ulteriormente la vittoria di Raikkonen ci ha pensato anche la solita debolezza in potenza della power unit Renault, che ha impedito a Verstappen anche solo di abbozzare un attacco sulla Ferrari che è sempre molto più veloce in rettilineo, sia per i cavalli che per la maggiore efficienza aerodinamica della vettura. Il feroce duello tra Verstappen e Hamilton è stato l’ultimo tassello che li ha allontanati entrambi da Raikkonen. La difesa dell’olandese ha così ostacolato la rincorsa al ferrarista di Hamilton, che in quel momento rappresentava il pericolo maggiore, visto anche il surplus di potenza utilizzabile dalla power unit Mercedes. Con l’aiuto anche di un pizzico di fortuna, Kimi Raikkonen si è così aggiudicato il Gran Premio degli Stati Uniti.

 

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La legacy di Kimi Raikkonen

Forse il caso ha semplicemente deciso di restituire qualcosa a Kimi Raikkonen, che in passato è stato piuttosto sfortunato. Con quest’ultimo successo, il finlandese ha dimostrato come l’influenza del fattore umano sia ancora, nonostante tutto, anteposta alle fredde gerarchie tra le rispettive potenzialità delle vetture.

 

Raikkonen è l’ultimo esponente della vecchia generazione di piloti di Formula 1 non solo da un punto di vista più semplicemente anagrafico, ma anche perché ha in sé una spontaneità vecchio stile sempre più rara da vedere in Formula 1 dove i piloti moderni sono sempre più attenti a studiare il proprio stile comunicativo con interi team di addetti stampa.

 

Forse non è un caso che nelle classifiche di gradimento dei piloti più amati Raikkonen abbia sempre occupato i primi posti, nonostante un temperamento a volte ruvido, difficile da conciliare con gli ambienti ipermediatizzati dello sport contemporaneo. Sotto questa luce, il pubblico ne ha rivalutato perfino i suoi episodi di lassismo, forse vedendoci un’umanità spontanea sempre più rara.

 

Kimi Raikkonen ha alleviato l’ansia del pubblico verso la sempre più esasperata freddezza nel rapporto uomo-macchina, che in Formula 1, più che in altri settori della vita comune, sta vedendo sempre di più la progressiva automazione della componente umana – come profetizzata da Günther Anders nella sua opera L’uomo è antiquato. Il pilota finlandese ha ricordato alla Formula 1 di quanto questo sport, come tutti gli sport, non abbia bisogno solo di record e numeri, ma anche di personalità diverse che accendano la fantasia dei tifosi.

 

Su un altro piano, avevamo anche bisogno di ricordarci, dopo anni grigi, di quanto Kimi Raikkonen fosse un campione. La vittoria ad Austin riesce quanto meno a ridare più lustro all’ultima fase della sua carriera, che meritava di concludere in modo così prestigioso la sua esperienza ad alti livelli in Formula 1. Senza lasciare un ricordo sbiadito.

 

 

Tags : ferrariformula 1kimi raikkonen

Federico Principi nasce nel 1992 e si ammala di sport. Ne scrive su Fuori dagli Schemi. Ha scritto "Formula 1 2016: The review", un libro completo sulla stagione 2016 di Formula 1.

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