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Le sostituzioni più decisive del 2016
29 dic 2016
29 dic 2016
Alcune davvero storiche.
(articolo)
9 min
(copertina)
Foto di Giuseppe Cacace/Getty
(copertina) Foto di Giuseppe Cacace/Getty
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Per ridimensionare il lavoro di un allenatore si dice spesso che «in campo ci vanno i calciatori», come se una rosa fosse composta da undici pezzi di pietra e non da una ventina di ragazzi malleabili come la creta. La realtà è che in campo ci va anche l’allenatore e il suo peso specifico sulle partite è innegabile. Tra i mille modi in cui può incidere, uno dei più importanti è sicuramente la possibilità di effettuare tre sostituzioni durante lo svolgimento di una partita. Quella dei cambi non è una scienza esatta come può essere la tattica, perché spesso va ad inserirsi in un contesto di necessità, ma d’altro canto è il modo più diretto che ha un allenatore per rafforzare le proprie idee iniziali o rimediare agli errori. Un giusto cambio può svoltare radicalmente un match e non è raro che, se ben usato, può avere lo stesso effetto di una pozione magica. Di seguito trovate le cinque sostituzioni che, per motivi tattici, fisici o metafisici, sono risultate le più decisive nel 2016.

Morata per Cristiano Ronaldo al 112° di Real Madrid – Kashima Antlers (sostituzione standing-ovation)

La sostituzione tra Cristiano Ronaldo e Alvaro Morata non è tra le più decisive del 2016 nel senso letterale del termine. Non cambia il corso di una partita, ma diventa decisiva perché crea un cortocircuito nel modo in cui abbiamo sempre concepito il calcio, ovvero con i tre cambi. È infatti il primo caso di quarta sostituzione nella storia del calcio maschile, grazie ad una regola sperimentale che aggiunge un cambio in caso di supplementari.

Ma ciò che rende davvero interessante questo cambio è l’uso che Zidane ne ha fatto. La prima storica applicazione di una regola che nasce per incontrare una necessità di spettacolo (se aggiungo un cambio nei 30 minuti extra, avrò più freschezza e squadre meno propense ad aspettare i rigori) viene fatta solo per accarezzare l’ego di Cristiano Ronaldo. Non c’è niente di necessario in una sostituzione al centododicesimo minuto di una partita già chiusa. Morata entra solo per concedere l’ennesima standing ovation a Cristiano Ronaldo, l’uomo copertina del 2016, all’interno della partita che forse ne ha più definito questa stagione (più risultati che meriti) e probabilmente le prossime. In un prossimo futuro è possibile che il Real Madrid chieda una sostituzione aggiuntiva speciale per poter dedicare una standing ovation in ogni singola partita giocata dal portoghese.

Francesco Totti per Seidou Keita al 86° minuto di Roma – Torino (sostituzione mistica)

C’è stato un periodo del 2016 in cui l’entrata in campo di Francesco Totti sembrava emanare direttamente una luce mistica più che modificare l’assetto tattico delle partite. Il pubblico prendeva ad incitare la squadra più rumorosamente, i suoi compagni venivano rinvigoriti dalla sua semplice presenza, il gioco sembrava migliorare per motivi più trascendenti che immanenti.

Può sembrare una sviolinata per un campione a fine carriera, ma ci sono diversi indizi – che si susseguono come in un film - a fornire le prove dell’impatto avuto da Totti da subentrante nel 2016: c’è l’assist per Salah contro il Bologna o il gol contro l’Atalanta che riprende una partita che aveva preso una bruttissima piega. Ci sono anche i pochi minuti contro il Napoli, se vi capita di rivederli, che spiegano bene di cosa sto parlando; la prestazione a Genova e l’assist per Pjanic contro il Chievo, la partita con la Sampdoria se vogliamo andare più avanti nel tempo, ma soprattutto ci sono i quattro minuti contro il Torino.

Quella di Spalletti è una sostituzione che ha il paradosso di essere decisiva anche arrivando troppo tardi per essere decisiva, così tardi da sembrare più una sottile punizione che un tentativo reale di cambiare lo stato delle cose. Non è facile spiegare altrimenti il motivo per il quale Spalletti ha aspettato un momento così tragico per inserire un giocatore che si stava dimostrando decisivo a partita in corsa, con la squadra sotto di un gol e bisognosa dei tre punti per continuare ad inseguire il secondo posto.

L’incredibile uno-due che ribalta la partita messo su da Totti in solo quattro minuti entra di diritto nelle prestazioni più memorabili del 2016 e per questo anche il suo ingresso al posto di Keita, il punto di partenza di una sera che non scorderanno né i tifosi romanisti né quelli che credono che i cambi negli ultimi minuti non servono a nulla.

Zaza per Morata al 58° di Juventus – Napoli (sostituzione classicista)

Se le sostituzioni fossero un’arte, il cambio della punta per un’altra intorno al sessantesimo sarebbe di stile classicista. La prima cosa da fare quando in fondo vuoi mantenere lo status quo di una partita, cercando semplicemente di guadagnare forza fresca in zona gol, la prima cosa che criticherebbero gli avanguardisti. In quello Juventus - Napoli lo status quo era molto importante: con una sconfitta la Juventus avrebbe perso grande parte del momentum che l’aveva portata a ridosso del Napoli, mentre i partenopei con una sconfitta avrebbero subito il contraccolpo psicologico del sorpasso. Il pareggio sembrava un buon compromesso, ma come sempre anche uno stato precario fino all’ultimo secondo.

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A spezzare i solidi legami di quella partita ci ha pensato proprio Zaza, con un gol al minuto 88 quando ormai l’esisto della partita sembrava scontato. Era obbligatorio inserire questa sostituzione perché nell’immaginario collettivo quel gol è diventato il gol scudetto, il simbolo tangibile di un sorpasso arrivato dopo una serie di vittorie lunghissima, mentre Zaza è diventato il simbolo di una profondità che nessuna squadra poteva permettersi e che ha permesso alla Juventus di vincere ancora. Eppure la realtà è che quella di Zaza per Morata è una sostituzione quasi meccanica tra due giocatori che offrono pacchetti simili, per cui non possiamo attribuire eccessivi meriti ad Allegri. Se non fosse che l’allenatore della Juventus l’avesse preparato prima quel gol, in un certo senso.

Al minuto 86, infatti, Allegri ha sostituito Dybala con Alex Sandro. Se ad una prima lettura può sembrare anche questo un cambio classico, diciamo di matrice conservativa, è probabile che Allegri lo abbia effettuato per cambiare l’andamento della partita. Vedendo che le squadre iniziavano ad allungarsi, ha usato la reale profondità della rosa a suo vantaggio inserendo un giocatore in grado di attaccare lo spazio alle spalle del centrocampo del Napoli con una fisicità fuori dal comune.

Il gol della Juventus arriva proprio da qui: su un pallone recuperato dalla Juventus al limite della propria area, Alex Sandro attacca lo spazio tra Callejon e Hysaj, e anche se il passaggio di Khedira non è perfetto, con la sua fisicità riesce a vincere il duello aereo in mezzo ai due giocatori del Napoli e a mantenere viva l’azione. Subito dopo va ad occupare il centro dell’attacco costringendo Albiol a seguirlo lasciando a Zaza lo spazio sufficiente per trovare il gol che ha definito la stagione 2015/16. Forse, se nel calcio non fosse necessario dare tanta attenzione a chi fa gol perché fa gol, in questa classifica troveremo il cambio tra Dybala e Alex Sandro.

P.S.: Zaza entrerebbe facilmente anche in una classifica delle peggiori sostituzioni del 2016 e tutti sappiamo perché.

Ferreira Carrasco per Augusto Fernandez al 46° di Atletico Madrid - Real Madrid (sostituzione elettrica)

Quando dopo quindici minuti di gioco Sergio Ramos ha trovato la deviazione decisiva per battere Oblak, Simeone deve aver pensato che erano cazzi. Nei piani dell’Atletico Madrid non è mai contemplata una situazione di svantaggio, dopotutto ha il miglior sistema difensivo del mondo (o tra i migliori, insomma), soprattutto contro una squadra chiusa quanto la sua.

Il Real Madrid di Zidane, che aveva scelto fin dall’inizio di non affondare per far uscire l’Atletico dal suo bunker, dopo il gol del vantaggio ha accentuato ancora di più questa scelta andando a creare una situazione paradossale, soprattutto perché stiamo pur sempre parlando di una finale di Champions League, in cui il pallone stava lì e le squadre non sapevano che farsene. Se andate a rivedere la mezz’ora che passa tra il gol di Ramos e la fine del primo tempo potrete notare l’imbarazzo evidente dell’Atletico Madrid nel costruire gioco offensivo con un attacco posizionale.

Questa situazione ha costretto Diego Simeone ha rompere una delle regole auree dei cambi, ovvero mai farli – se non per motivi di estrema necessità – prima del minuto 55. Tra il primo e il secondo tempo l’allenatore argentino ha inserito l’ala Ferreira Carrasco al posto del centrocampista centrale Augusto Fernandez, spostando Koke al centro. Come in tutte le situazioni della vita in cui non sai che pesci prendere, far entrare un esterno dribblomane e intraprendente è sempre una risposta. In questo caso anche una risposta giusta: la scossa elettrica portata dal belga al gioco dell’Atletico è stata così intensa da cambiare totalmente la squadra e il gol che ha riequilibrato la sfida al minuto 79 è solo la ciliegina sulla torta di una prestazione notevole.

A posteriori, il cambio deciso da Simeone è il classico bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: da una parte è evidente l’influenza positiva sull’andamento della partita dell’Atletico, dall’altra è ragionevole chiedersi se un utilizzo di Ferreira Carrasco dal primo minuto avrebbe in qualche modo cambiato l’atteggiamento della squadra ed evitato di buttare un tempo così. In mancanza di risposte è giusto che ogni allenatore vada avanti con le proprie idee, dopotutto le tre sostituzioni esistono proprio per abiurarle quando non stanno funzionando.

Éder per Renato Sanches al 79° di Francia – Portogallo (sostituzione storica)

Ci sono sostituzioni che scaturiscono da un effetto domino più grande di chi le effettua. Sono cambi scritti nelle stelle o forse solo nell’intelligenza superiore di chi li effettua. A qualunque categoria appartenga l’ingresso di Éder nel corso della finale dei campionati Europei tra Francia e Portogallo è certamente la miglior sostituzione del 2016. Se da una parte esiste solo in relazione all’infortunio occorso a Cristiano Ronaldo nei primi minuti di quella partita, dall’altra è estremamente logica perché va a risolvere un problema che si stava palesando all’interno della tattica di gioco del Portogallo. Togliere un centrocampista così dinamico per un centravanti a dieci minuti dalla fine, quando non sei la squadra più forte o che deve necessariamente segnare è senza dubbio una mossa azzardata. Eppure è un azzardo che ha pagato un milione di volte la scommessa di Fernando Santos, per il quale questo cambio diventa una consacrazione quasi più della vittoria stessa. La fisicità di Éder ha concesso un punto di riferimento offensivo a cui affidarsi nel momento in cui la pressione francese a metà campo stava diventando un problema insormontabile.

Éder diventa l’eroe inaspettato giocando quaranta minuti di puro furore agonistico, trasformandosi nel centravanti di mestiere che la storia ha sempre negato al Portogallo, fino all’apoteosi del gol che regala il primo storico Europeo alla sua Nazionale. La sostituzione che ha mandato in campo Éder contiene in sé tutti i caratteri dell’epica delle sostituzioni, se ne esistesse una: sembra insensata a prima vista, coinvolge un calciatore fortemente inadatto al contesto, col passare dei minuti diventa sempre più utile certificandone la validità, esplode nell’essere decisiva grazie a un’azione tangibile come il gol, porta a casa un trofeo. Quella di Fernando Santos non è quindi solo la sostituzione più decisiva del 2016, ma anche una di quelle da tenere in considerazione per il primo posto tra le sostituzioni più decisive della storia del calcio.

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