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Le polemiche più assurde del 2017
30 dic 2017
30 dic 2017
È stato un altro anno di grandi discussioni.
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Nonostante sia stato monopolizzato dall’introduzione del VAR e dall’esclusione dell’Italia dai prossimi Mondiali, il 2017 è stato comunque un anno ricco di discussioni assurde, portate avanti oltre ogni limite razionale, non solo in Italia. Ho cercato di selezionare le migliori dieci, classificandole partendo da quelle che ci hanno toccato di meno, ma che non avreste dovuto perdervi, a quelle che hanno egemonizzato la nostra discussione pubblica.

 



Se avesse avuto risonanza anche al di fuori del Portogallo, quella tra Porto e Benfica sarebbe stata di sicuro la più grande polemica di quest’anno, e forse anche degli ultimi cinque o dieci. Tutto è iniziato quando Francisco Marques, direttore della comunicazione del Porto, è entrato in possesso di diverse email private di dirigenti del Benfica, con modalità e metodi ancora

. Marques, che evidentemente voleva fare le cose in grande, ha deciso di pubblicarne il contenuto ogni settimana sulla TV ufficiale del Porto in un programma dedicato,

, con leggera enfasi, di trovarsi di fronte al «più grande scandalo della storia del calcio portoghese».

 

Solo negli ultimi sei mesi, Marques ha accusato il Benfica, tra le tante cose, di:





 

Il Benfica ha cercato invano di fermare la pubblicazione di queste email,

provando a portare Marques in tribunale,

direttamente in carcere. Alla fine, di fronte all’ostinazione di Marques, il club di Lisbona si è dovuto accontentare di

 il Porto nella lista, pubblicata sul proprio canale tv, dei club più corrotti del mondo, ma comunque non prima di Marsiglia e Juventus.

 


La maglia è uno dei simboli identitari principali di una squadra e il 2017, in accordo con il ritorno al tribalismo che sta caratterizzando la nostra epoca, ha visto un ritorno delle polemiche tra tifosi e società, o tra diverse società, su come le maglie erano fatte. La polemica seguita all’utilizzo della dicitura “SPQR” sulle maglie celebrative della Roma, in occasione del derby di ritorno in campionato, sembrava un episodio isolato. In quel caso la Lazio si era risentita dell’idea che quella maglia voleva far passare, e cioè che l’unica squadra ad identificarsi con la Città Eterna fosse quella giallorossa. «Così tutto il mondo può pensare che la Roma sia l'unica squadra della capitale e il brand avere maggiori ricavi. Se si può fare tutto così, la prossima volta metterò anch'io il marchio dietro»,

Lotito «Quando misi il Colosseo sulle casacche [

], chiesi l'autorizzazione e pagai».

 

Si arrivò addirittura all’interrogazione in consiglio comunale, a cui tra l’altro il sindaco Raggi, che nell’articolo del Tempo citato viene definita “di fede non praticante biancoceleste”, non seppe nemmeno rispondere.

 

Ma quella polemica in realtà non fu l’unica. Seguirono

quella dei tifosi del Venezia sulla nuova maglia della propria squadra, che riportava appena sopra al cuore “110” in onore dei 110 dalla fondazione nel 1907, data che però gli ultras ripudiavano in favore del 1987, quando la società si fuse col Mestre.

quella dei tifosi del Bologna, per il logo minimalista bicolore presente sulla nuova maglia, bianco e blu scuro, che però assomigliava pericolosamente a bianco e nero.

 



 

Non poteva passare inosservata, però, nemmeno la mossa della Fiorentina, che quest’anno ha scelto di avere ben quattro divise da trasferta, ognuna del colore delle squadre del calcio storico fiorentino. La società viola ha versato al Comune di Firenze 45mila euro per utilizzare questi simboli per tre anni, una cifra che

non è stata ritenuta all’altezza da Francesco Torselli, consigliere comunale di Fratelli d’Italia, che ha parlato di svendita della storia della città. Anche i tifosi non l’hanno presa bene, appendendo fuori dall’Artemio Franchi uno striscione contro il presidente operativo Mario Cognigni, ma tanto erano già in aperta contestazione con la dirigenza.

 


La storia sportiva di Neymar sembra essere indissolubilmente legata alle dietrologie e alle polemiche sulle somme di denaro pagate dalle squadre per comprarlo. E così, dopo l’annosa questione del prezzo pagato dal Barcellona al Santos (che

del club brasiliano avrebbe incluso anche un’orgia per il padre agente), la storia non poteva non ripetersi dopo i 222 milioni di euro versati dal PSG sul conto del club blaugrana, distruggendo qualsiasi record di spesa precedente.

 

Le discussioni sono andate molto oltre all’invidia travestita da indignazione per la presunta violazione delle norme del Fair Play Finanziario,

, e ha contagiato anche quelli che di solito vengono chiamati “addetti ai lavori”. Arsene Wenger, ad esempio,

che il trasferimento è “oltre la razionalità”: «Non siamo più in un periodo in cui si pensa: “Se investo questo, avrò quest’altro indietro”. Siamo andati oltre. Le cifre ormai includono passione, orgoglio, pubblico interesse e questo non si può razionalizzare».

 



 

Karl-Heinz Rummenigge ha parlato invece da CEO del Bayern Monaco, e forte della razionalità tedesca in tema di risparmi, ha dichiarato che avrebbe preferito spendere quei soldi in uno stadio, se fosse stato un dirigente del PSG. «Durante il trasferimento di Neymar mi sono chiesto cosa fosse più importante, se Neymar o l’Allianza Arena»,

Rumenigge, «Devo dire che preferisco avere l’Allianz Arena, che è anche più importante. Noi dobbiamo avere una filosofia diversa, al Bayern Monaco». Anche Rummenigge ha parlato di razionalità e si è augurato che il calcio possa trovare il modo di regolamentare questi trasferimenti, “o i tifosi perderanno il loro contatto con il gioco”.

 

Coerente con la sua filosofia, quindi, il Bayern Monaco

alla fine dell’estate un accordo che rafforza la sua partnership con l’aeroporto di Doha, Qatar, che già dall’anno scorso arricchisce i cartelloni pubblicitari dell’Allianz Arena.

 


«Per una questione di educazione abbiamo incontrato e ascoltato ieri sera Matteo Salvini che soggiornava nel nostro albergo. Salvini voleva porgere le sue scuse per le dichiarazioni contro i napoletani fatte in passato. Non le abbiamo accettate ma lo abbiamo ascoltato volentieri»,

l’account Twitter del Napoli dopo che il leader della Lega Nord si è incontrato in maniera fortuita con la squadra partenopea in un albergo di Castel Volturno.

 



 

Il selfie scattato alla fine con Insigne e Callejon deve aver rappresentato il momento di riconciliazione dopo una lunga discussione, quindi, che ha visto il capitano difendere strenuamente l’onore del popolo napoletano, al punto da rifiutare qualunque tipo di giustificazione proposta da Salvini, comunque ascoltata volentieri. Alla fine, un selfie non si nega a nessuno.

 


Dopo la clamorosa esclusione dell’Italia dal Mondiale, a seguito della sconfitta nel doppio confronto ai playoff, era lecito aspettarsi l’esecuzione pubblica dei suoi principali responsabili da parte degli organi di stampa, a partire da Gian Piero Ventura.

 

E infatti, pochi giorni dopo l’eliminazione, “Il Messaggero” non si è fatto scappare l’occasione, pubblicando una foto surreale dell’ex CT della Nazionale, in vacanza a Zanzibar, mentre immerso nel mare sembra parlare con due uomini in maglietta, di cui una incredibilmente della Roma. «In un villaggio turistico tra bagni e sole evita di incontrare altri italiani e di parlare del flop, aspettando una chiamata»,

.

 



 

Quella dell’aizzamento del pubblico nei confronti di calciatori e allenatori nei momenti di difficoltà è una pratica comune per i quotidiani italiani, tanto che già nella

una delle polemiche era legata a un selfie di Pellé e Parolo, sorridenti dopo l’eliminazione dell’Italia dall’Europeo.

 

Non erano mancate le discussioni anche prima dell’eliminazione, comunque, perché non bisogna mai farsi mancare niente. A fine marzo, per quanto possa sembrare incredibile, uno degli argomenti di discussione era stato l’orario di ritorno a casa di Barzagli, che era rientrato in anticipo dal ritiro della Nazionale per motivi personali, dopo che DJ Gippo aveva un pubblicato un selfie con lui a tarda notte. «Andrea era a cena con la famiglia. La foto è stata scattata verso le 22 circa ma l'ho postata solo dopo essere tornato a casa al termine della serata, quando Andrea e la sua famiglia erano andati via già da un pezzo ed erano a casa a dormire»,

DJ Gippo per spegnere la polemica.

 


Come abbiamo già visto con Neymar, la combinazione di soldi e calciomercato estivo è la ricetta più efficace per produrre una grossa polemica. Se ne volete tra le mani una unica, però, dovrete aggiungere anche Mino Raiola, un giovane ragazzo e le speranze di grandezza della Nazionale e del Milan. Il rinnovo di Donnarumma è stato il principale argomento di discussione di questa estate calcistica, almeno in Italia, e sembra non voler spegnersi mai, rendendo giustizia al termine “telenovela” quando si parla di questo tipo di questioni.

 



 

Ogni capitolo di questa storia sembra migliore del precedente: il tira e molla estivo, la surreale

di Raiola («Lo hanno trattato come un asset non come una bandiera»), poi il rinnovo in pompa magna, i dollari finti tirati dai tifosi con l’Under-21, e infine l’indiscrezione dell’annullamento del contratto per “violenza psicologica”, la misteriosa assenza nel derby di Coppa Italia, vinto anche grazie alla prestazione del fratello Antonio.

 

La season finale è ancora tutta da scrivere, e chissà che non basti nemmeno tutto il 2018 per portarla a compimento.

 



Anche quest’anno, come ogni anno, una delle principali polemiche ha riguardato una decisione arbitrale riguardante in qualche modo la Juventus. La novità, la carica di originalità della stagione 2016-17, viene dal fatto che non riguarda un rigore o un fuorigioco, mandato avanti e indietro fino allo sfinimento dalle televisioni, ma un frammento di partita che, per quanto può sembrare incredibile nel 2017, non è stato ripreso dalle telecamere.

 

Si parla del retropassaggio di Chiellini a Buffon durante Juventus-Inter della scorsa stagione, incredibilmente mancato da tutte le televisioni presenti allo stadio, ma non dagli smartphone, ovviamente, che ci hanno permesso di analizzarlo. Il retropassaggio era stato intercettato da Icardi, che si era lanciato da solo in porta prima di essere interrotto dal fischio di Rizzoli. Grazie al video di quell’episodio, pubblicato da Inter Channel due giorni dopo la fine del match, la polemica si è mantenuta viva ben oltre il fischio finale.

 



 

Se si riescono a mettere da parte tutti gli insulti vomitati nei social network, l’episodio ha portato però anche a conseguenze positive, consegnandoci uno dei rarissimi casi in cui un arbitro ha valutato pubblicamente il suo operato dopo una partita, seppur sottoponendosi ai modi inquisitori e demagogici de “Le Iene”.

 

«Da moviolista, condanna Rizzoli o lo assolve?»,

l’intervistatore all’arbitro.

«Devo essere proprio cattivo?»

«Deve essere stronzo».

«Io lo assolverei anche da stronzo».

 



Quella sull’eccessivo numero di giocatori non italiani nelle primavere delle squadre di Serie A è una polemica ciclica come le stagioni, che risorge ogni volta che il calcio italiano dà segni di difficoltà e che sembra poter esaurirsi solamente con l’implosione dell’universo. Nonostante sia stata smentita con ogni tipo di dato o statistica, la convinzione secondo cui gli stranieri stiano rubando il lavoro ai

giovani è più che mai radicata, figuriamoci nell’anno in cui l’Italia non si qualifica ai Mondiali per la prima volta dopo 60 anni.

 




 

Da Vittorio Feltri a Matteo Salvini, fino ad arrivare a Giorgia Meloni: il #TroppiStranieri è stato cavalcato da una fetta del mondo della politica e del giornalismo talmente ampia da risultare inquietante, come

Emanuele Atturo in questo pezzo all’indomani della sciagura di Italia-Svezia. Mi sa che questa polemica ce la portiamo così com'è anche nel 2018...

 

 


Se esattamente un anno fa un uomo ci avesse fermato per strada per dirci che il principale argomento di discussione del nuovo anno calcistico italiano sarebbe stato Anna Frank sicuramente l’avremmo preso per quello che è, e cioè un pazzo. E invece eccoci qui, alla testa di questa classifica, a discutere di uno dei momenti più imbarazzanti in Serie A negli ultimi anni.

 

Imbarazzante per le tifoserie organizzate delle nostre squadre, che quanto meno non riescono a trovare modi per attirare l'attenzione che non siano discutibili, ma soprattutto per le nostre istituzioni sportive, che hanno reagito con un arrivismo talmente impacciato e rozzo che l’intento di ripulire l’immagine del nostro calcio nel minor tempo possibile è risultato fin da subito posticcio, per non dire volgare. I viaggi per le scuole ad Auschwitz, le maglie commemorative per il riscaldamento, le visite alle sinagoghe hanno fatto sembrare Lotito e Tavecchio dei Frank Underwood catapultati in una commedia all’italiana. Poi arriva Mihajlovic che chiede candidamente: "Cosa c'è di male a non sapere chi è Anna Frank?".

 



 

Imbarazzante, infine, per la nostra stampa, che ha ignorato un fenomeno per anni, scoprendolo giusto in tempo per cavalcare l’ennesima ondata di indignazione sui social network, senza chiedersi cosa fare per combattere quotidianamente la diffusione di razzismo e antisemitismo.

 

Il “caso Anna Frank”, che già solo dal nome sembra un thriller mal riuscito venduto in autogrill, ci ha insegnato che col calcio italiano è inutile stupirsi. Se domani un uomo vi ferma per strada per dirvi quale altra assurda polemica attraverserà il nostro calcio nel 2018 non prendetelo per pazzo, fermatevi a parlare con lui, prendeteci un tè, e magari poi fatemi uno squillo.

 



Forse era prevedibile, ma l’introduzione del VAR non ci ha liberato delle polemiche arbitrali, e anzi le ha moltiplicate, portandole su

che ancora non conoscevamo. In tutti i campionati in cui è stata introdotta (cioè Serie A, Bundesliga e Primeira Liga), la moviola in campo ha monopolizzato il mercato delle polemiche, producendo una nuova discussione praticamente ogni settimana.

 

Lo si poteva capire anche prima che iniziassero questi campionati, con le discussioni arbitrali che hanno sommerso tutti gli esperimenti precedenti. Dal Mondiale per club del 2016

, in cui proprio l’Italia era stato oggetto dell’episodio più assurdo (quello in cui l’arbitro Zambrano, durante Italia-Zambia, ha trasformato un rigore molto dubbio in una punizione dal limite dell’area inesistente, con annessa espulsione), fino ad arrivare alla Supercoppa d’Olanda. In quell’occasione la decisione del VAR sul rigore del pareggio del Vitesse era arrivata circa due minuti dopo, durante i quali il Feyenoord aveva segnato il raddoppio.

 



 

In Serie A le discussioni si sono tenute, come da tradizione, sui semplici errori arbitrali, questa volta commessi dietro un monitor: dal rigore in fuorigioco assegnato al Genoa nella sfida contro la Juventus, a quello non fischiato a Perotti sull’intervento di Skriniar in Roma-Inter, fino al rigore non concesso al Crotone per un fallo di mano di Mertens in area.

 

In Germania, invece, hanno preso le cose

, come al solito, e oltre alle semplici polemiche arbitrali c’è stato anche un più grande scandalo federale, dato che il responsabile VAR ha cambiato le regole di applicazione della moviola in campo senza avvertire i club. La polemica che ne è seguita ha portato al suo licenziamento ma le discussioni, ovviamente, non sono finite.

 

 

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