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Brian Babineau/Getty Images
NBA Nicolò Ciuppani 29 dicembre 2017 6'

L’anno dei 70 punti di Devin Booker

Fra i momenti più memorabili dell’anno, la miglior prestazione in NBA dai tempi di Kobe Bryant fatta da un ragazzo di 20 anni.

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Per salutare al meglio il 2017 abbiamo raccolto le fotografie dei momenti che hanno segnato l’anno, per archiviarle nel nostro album dei ricordi. Qui trovate gli altri momenti già pubblicati.

 

In una notte davvero senza precedenti di fine marzo, Devin Booker si è esibito nella prestazione che ad oggi ha definito la sua carriera. Segnare 70 punti in una sola partita è una cosa rara; farlo a 20 anni di età è di una singolarità irripetibile.

 

La prestazione è stata una sorpresa piacevole in un mare di mediocrità e noia quali erano i Phoenix Suns del post All-Star Game, un periodo nel quale la dirigenza ha costretto i veterani Eric Bledsoe, Jared Dudley e Tyson Chandler a rimanere seduti per perdere il più partite possibili, secondo la ben nota pratica del tanking. La sera del 24 marzo i Suns erano di scena a Boston per affrontare i Celtics in una sfida dal risultato già scritto in partenza; eppure, con un secondo tempo fuori dal normale da 51 punti segnati, anche una partita già decisa è bastata a Devin Armani Booker per scrivere prepotentemente il suo nome nei libri di storia.

 

Per chi volesse un ripasso rapido di cosa è successo.

 

I record infranti sono ovviamente molteplici, a partire dal quello per punti segnati in singola partita da un giocatore dei Suns, precedentemente appartenente a Tom Chambers con 60 punti nel 1990. Con quella prestazione Booker è diventato solo il sesto giocatore della storia a segnare almeno 70 punti in una partita, facendo compagnia a un club ristrettissimo che annovera Wilt Chamberlain, Kobe Bryant, David Thompson, Elgin Baylor e David Robinson, con Booker che ne diventa di gran lunga il membro più giovane ad essersi iscritto dati i soli 20 anni di età (il miglior ventenne fino a quel momento era stato LeBron James, che ne mise 56 nel 2005). L’ultimo giocatore ad averne segnati almeno 50 ai Celtics era invece stato Hakeem Olajuwon nel 1996, quando Booker non era ancora nato.

 

La prestazione storica di Booker tuttavia non è stata esente da critiche: in molti si sono espressi sul fatto che Booker abbia messo numeri vuoti giocando in una squadra senza prospettive; altri ancora che si sono lamentati del fatto che segnare 70 punti non voglia dire nulla se fatti in una sconfitta. Difficile capire quanto fondamento ci sia in frasi del genere, che sembrano avere l’unico scopo di andare semplicemente contro a prescindere. Come se un ventenne che si ritrova con un massimo in carriera più alto di LeBron, Michael Jordan, Kevin Durant, Stephen Curry e tutti i giocatori attualmente attivi in NBA sia una cosa replicabile. Rivedendo a freddo la partita a distanza di 9 mesi, alcune cose saltano subito all’occhio ed è forse più semplice riuscire a contestualizzare meglio la serata.

 

La prima cosa che si nota è che i Suns erano inguardabili. Quei Suns erano cintura nera di tanking per ottimi motivi: nessun giocatore era in grado di spaziare il campo e offrire un minimo di ossigeno all’attacco, e la difesa dei Celtics ne aveva approfittato subito per soffocare Phoenix e costruire un vantaggio in doppia cifra.

 

Il primo canestro che Booker segna dal campo – un floater in corsa con Jaylen Brown incollato al fianco – avviene a 4 minuti e mezzo dalla fine del primo quarto: quello è il primo canestro dal campo dei Suns, e il risultato era già sul 22-3 per Boston. Nel secondo canestro della serata Booker chiama un gioco Horns sulla destra, ma i blocchi che i compagni gli portano arrivano con differente tempismo e a differente profondità, così Booker ignora lo schema e dribbla tanto i bloccanti quanto i marcatori dei bloccanti per andare da solo al canestro. Non scherzo quando dico che quelle sono le migliori azioni in attacco dei Suns fino a quel momento: un po’ come il film del Signor Burns dei Simpson in cui la scena è migliore è quando viene trascinato via dal cavallo.

 

Il confronto tra gli allenatori Earl Watson e Brad Stevens è impietoso, con i Suns che non capiscono chi debba entrare per chi o che non sembrano in grado di effettuare una rotazione difensiva neanche se ne andasse della loro vita, mentre Stevens riesce sempre a nascondere Isaiah Thomas in difesa in qualunque momento della gara. Tuttavia, una cosa che si nota a posteriori è che la grande differenza tra i Celtics di quest’anno e quelli della versione precedente è l’intensità che ora sembra non calare mai per tutta la gara, mentre l’anno scorso i Celtics erano soliti spegnersi per alcuni minuti, con rientri pigri e fragorose dormite a rimbalzo,

 

Tra la fine del secondo quarto e l’inizio della ripresa avviene uno di quei momenti e Booker comincia davvero ad accendersi. Si nota che la sua è una serata in cui tutto gira bene piuttosto che una in cui ha deciso di segnare un certo numero di punti. Nel giro di 2 minuti distribuisce due assist e stoppa Isaiah Thomas al ferro con una chase down, una rarità del suo repertorio. A fine gara gli assist distribuiti sono comunque 6, segno del fatto che la sua non sia stata una gara solo-contro-tutti.

 

Dopo il terzo quarto la gara è definitivamente persa e Earl Watson decide che lo scopo del quarto periodo è far segnare a Booker il maggior numero di canestri possibili. Questa è la parte della gara che più si distanzia da una normale gara sportiva per sfociare in un contest artificiale finalizzato ai soli numeri. Bisogna però dire che in realtà in tutte le prestazioni simili a quella di Booker si trovano delle forzature del genere: David Robinson ne ha segnati 71 nell’ultima partita di regular season perché quello era il totale esatto da realizzare per diventare il miglior marcatore stagionale; numerose partite di Chamberlain trovano dei numeri gonfiati da quarti periodi passati in lunetta per permettergli di segnare più punti possibili; lo stesso Kobe, nella sera dei suoi 81, ha continuato ad andare avanti raccogliendo liberi su liberi.

 

Booker realizza 28 punti nell’ultimo periodo, di cui 16 negli ultimi 140 secondi di partita coadiuvato dal fatto che i compagni mandavano sempre in lunetta i giocatori dei Celtics per dare più secondi sul cronometro a Booker. A fine serata i punti potevano essere ancora di più: quando era fermo a quota 64 una sua tripla viene annullata per un fallo fischiato a Dudley.

 

Inoltre, dopo aver segnato il canestro numero 70, i Suns riescono a regalare a Booker altri 2 tiri aperti: una tripla in punta e un jumper dal tiro libero, che però Devin sbaglia malamente. A fine partita la linea statistica rimane comunque impressionante: con 40 tiri tentati è comunque la partita da 70 punti con meno tentativi di sempre, e i 26 liberi tentati sono stati comunque tutti guadagnati da Booker, che ha preso il tempo a ogni giocatore dei Celtics che puntualmente gli veniva posto davanti. Avendola rivista, credo di poter dire che quella di Booker fosse stata una serata da 60 punti “naturali” gonfiati a 70 per la gloria personale.

 

Ci saranno sempre appigli per sminuire la prestazione in favore di altre, perché ai Celtics mancava Avery Bradley o perché non possedevano una difesa esaltante – anche se in realtà erano comunque l’11^ difesa NBA mentre, ad esempio, i Raptors che Kobe aveva fronteggiato la notte degli 81 erano la 29^.

 

Inside scene of the moment when @DevinBook got the stat sheet and game ball for 70 pts! pic.twitter.com/ObCebZFHwt

— Jared Dudley (@JaredDudley619) 25 marzo 2017

 

Anche nel post partita gli animi non si sono spenti: dopo la consegna del pallone e le foto di rito, Jae Crowder ha commentato su Instagram che non aveva mai visto così tanti giocatori felici per una sconfitta, prontamente rimandato al mittente da Booker che gli ha risposto “tanto non mi puoi marcare”.

 

La partita di Booker non ha quel livello agonistico (o anche semplicemente dello spettacolo) per offrire granché a ulteriori proiezioni future, ma pur con tutte le attenuanti possibili e tutti i tentativi necessari di minare la credibilità resta uno dei momenti storici della NBA e una delle sere da ricordare per chi l’ha vissuta, una di quelle sere in cui un giovane di belle speranze diventa una stella davanti agli occhi di chi guarda. Ognuno di noi conserva prestazioni del genere, e non solo nel basket, dei giocatori cui si sente più legato per qualsivoglia motivo.


La sera in cui Devin Booker si è consacrato nella storia NBA è quella del 24 marzo 2017, con i tifosi del Garden di Boston che prima lo hanno fischiato e poi hanno iniziato a tifare per i suoi canestri, con il risultato che non è mai stato in discussione, con gli avversari che hanno allargato le braccia e scosso la testa per tutto il quarto periodo, con la panchina dei Suns genuinamente entusiasta e con una foto del numero 70 scritto a pennarello su un foglio.

 

History!!!!!!!! pic.twitter.com/NIdFeeLkEF

— Jared Dudley (@JaredDudley619) 25 marzo 2017

 

E questo, al di là di tutto, rimane un highlight del 2017 che sta andando a finire.

 

 

Tags : devin bookeri momenti più importanti del 2017nba

Nicolò Ciuppani: parla di basket su Ball Don't Lie, ne scrive sul Buzzer Beater Blog e programma analytics per Chartside.

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