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Federico Principi
La storia non si scrive con i "se"
23 feb 2018
23 feb 2018
All'Atalanta non bastano due grandi partite, fra andata e ritorno, per avere la meglio su un Borussia Dortmund esperto.
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Federico Principi
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Con l’amaro in bocca l’Atalanta lascia l’Europa League, dopo aver concesso un gol negli ultimi minuti in entrambe le partite dei sedicesimi e aver giocato alla pari di un avversario come il Borussia Dortmund, che appena un anno fa giocava i quarti di finale di Champions League. La squadra allenata da Peter Stöger - sempre al coperto della panchina con una giacca leggera, in contrasto con l’immagine di Gasperini sotto la pioggia nel piumone: per quanto piccolo, anche questi dettagli hanno un significato - non ha pienamente convinto, ma l’Atalanta ha imparato a suo spese che in certe partite europee da dentro o fuori bisogna fare i conti con una specie di aura mistica.

 

L’Atalanta aveva pagato dazio all’emozione n

, concedendo troppe occasioni da gol per via di banali disimpegni sbagliati, e anche se in quella di ritorno l’approccio psicologico dei nerazzurri alla partita è stato decisamente migliore, l’errore nel finale di Berisha testimonia come per vincere un confronto diretto contro squadre così esperte sia richiesto uno sforzo diverso dal solito, una concentrazione e una determinazione paragonabile a quella di un tennista che deve vincere l’ultimo turno di servizio per battere un avversario con una posizione migliore nel ranking ATP.

 

Il buon avvio dell’Atalanta è dovuto anche alla conferma della formazione d’andata (con Cristante dietro Ilicic e Gomez). Il Borussia ha dovuto sostituire lo squalificato Weigl con Şahin, ma hanno effettuato altre due modifiche nel loro 4-2-3-1: Dahoud ha giocato al posto di Gonzalo Castro sulla linea mediana, mentre sulla trequarti Götze ha dato il cambio a Reus, dopo che nell’ultima mezz’ora dell’andata la sostituzione di quest’ultimo a vantaggio proprio di Götze aveva cambiato in positivo la prestazione del Borussia.

 

Anche se alla fine il Borussia è riuscito ad acciuffare la qualificazione, Stöger non ha dimostrato di aver letto la partita di andata di Reggio Emilia, il Dortmund ha prevalso più per la sua superiorità tecnica individuale e per la capacità (mista a fortuna) di sfruttare gli episodi determinanti, che non per una migliore organizzazione tattica.

 



Pur essendosi presentata con gli stessi undici giocatori di sette giorni fa, l’Atalanta di Gasperini ha leggermente modificato sul atteggiamento, con una verticalità più spiccata che è stata senz’altro aiutata dal vantaggio trovato dopo appena 11 minuti (bravo Toloi da approfittare dell’errore del portiere Bürki in uscita su un calcio d’angolo, anticipando il proprio marcatore). Più in generale, però, sembrava che Gasperini avesse deciso di sfruttare alcune situazioni specifiche con un calcio più diretto rispetto all’andata.

 

Non senza ragione. Anzitutto cercare di costruire sulla catena laterale coinvolgendo tanti uomini, palleggiando, avrebbe significato correre il rischio di esporsi alle transizioni: l’unica arma a disposizione del Borussia nella prima ora di gioco della partita di andata. Sfruttando, invece, le capacità di attaccare la profondità del vero centravanti della squadra - e cioè ancora una volta, come all’andata, Bryan Cristante, preferito alle due punte più statiche, Cornelius e Petagna, entrate solo dopo l’1-1 del BVB - le catene laterali hanno potuto muoversi in maniera meno complicata e rischiosa.

 

In particolare a sinistra, con Gomez e Spinazzola, più raramente a destra con Ilicic e Hateboer, si sono visti rapidi movimenti incontro a ricevere dell’attaccante. I sincronismi della catena sinistra sono stati perfetti: Gomez, approfittando anche di una condizione fisica migliorata rispetto all’andata, si è defilato molto di più rispetto a sette giorni fa e questo gli ha permesso di ricevere più facilmente, creando i presupposti per l’attacco alla profondità sia di Spinazzola lateralmente che di Cristante nel cuore dell’area.

 


Gomez nominalmente era una delle due punte del 3-4-1-2 atalantino, ma si è mosso spesso da esterno alto. Venendo incontro, ricevendo e dando possibilità di attacco alla profondità sia all’esterno di centrocampo (Spinazzola) sia al centravanti “ombra) (Cristante, nominalmente il trequartista della squadra).


 

L’Atalanta ha sviluppato più azioni a sinistra (il 45%, contro il 39% di azioni create a destra), mentre all’andata aveva giocato di più dal lato opposto (il 43% di azioni a destra, contro il 39% a sinistra). A questa asimettria ha contribuito anche il fatto che Cristante non si associasse frequentemente come all’andata alla catena di destra, preferendo attaccare più costantemente l’area, come nell’occasione avuta al 27’ del primo tempo, con cui avrebbe portato i nerazzurri sul 2-0. Un colpo di testa difficile perché la palla arrivava da dietro, costringendo Cristante a perdere di vista la porta e ad eseguire una torsione complicata; ma resta un grande rimpianto perché in fondo gli sarebbe bastato deviare la palla nello specchio per superare il portiere in uscita.

Il 4-4-2 difensivo del Dortmund ha faticato molto a coprire le combinazioni sulle fasce, come era successo all’andata. Non è bastato comunque all’Atalanta, anche per via di alcune contromosse di Stöger.

 


Nelle migliori situazioni, l’abbassamento di Gomez era effettuato con tale rapidità che veniva istintivamente seguito dal terzino, nonostante il Borussia marcasse a zona. In quei casi l’esterno di centrocampo dell’Atalanta (Spinazzola) veniva seguito da quello del Dortmund (Pulisic) e controllato anche dal difensore centrale di parte, creando i presupposti per l’uno contro uno di Cristante al centro.


 


Il fatto che il Borussia abbia passato il turno nonostante due partite rocambolesche, non significa che la sua qualificazione sia del tutto immeritata, dal punto di vista tattico, né tantomeno da quello tecnico e psicologico. Il gol di Schmelzer che ha deciso la partita nel finale, in mischia, in seguito a un errore di Berisha, non deve far passare in secondo piano una prestazione comunque di livello.

 

Già nel primo tempo il Dortmund ha costruito dal basso più spesso rispetto alla prima ora di gioco della partita di andata. Paradossalmente l’assenza di Weigl ha favorito questa situazione, non certo per problemi di qualità tecnica individuale, ma perché con la sua staticità all’andata Weigl aveva finito col favorire l’aggressione di Cristante, costringendo la difesa a lanciare lungo per gran parte dell’incontro.

 

Come all’andata, Gomez e Ilicic uscivano direttamente sui due difensori centrali (inq uesto senso comportandosi come due vere punte) mentre Cristante andava a prendere il mediano che veniva incontro a ricevere dalla difesa (era stato Weigl all’andata, appunto, è stato Şahin al ritorno) e Freuler marcava a uomo l’altro mediano (Dahoud). Stavolta però, i movimenti incontro dei mediani e spesso anche del trequartista (Götze), o di un esterno di attacco (quasi sempre Schürrle), hanno permesso ai giocatori del Borussia di trovare spesso un uomo libero da raggiungere e con cui provare a disordinare il sistema di marcature a uomo dell’Atalanta. Un effetto - che è anche una causa - di questa maggiore disponibilità oltre la prima linea di pressione è stata la posizione più alta dei terzini, con gli esterni alti stretti nei mezzi spazi e una maggiore facilità di fare possesso perimetrale.

 


Schürrle si abbassa e Freuler è costretto ad abbandonare Dahoud, sul quale De Roon è chiamato a stringere, mentre Şahin (seguito da Cristante) si alza per fare spazio alla ricezione di Schürrle. Situazioni di questo tipo, anche non perfettamente organizzate, hanno comunque contribuito a rendere molto meno sicuro il pressing dell’Atalanta.


 

Pur avendo potuto costruire dal basso più spesso rispetto alla partita di andata, il Borussia non è riuscito comunque a sfruttare due situazione che si erano rivelate decisive all’andata. Nelle fasi finali della partita del Westfalenstadion, Batshuayi si era abbassato spesso tra le linee, costringendo Caldara a uscire dalla propria posizione e a scoprire la profondità per gli inserimenti di altri giocatori. Al ritorno il belga è stato il giocatore che ha toccato meno palloni (35) tra i giocatori di campo gialloneri, escluso Toljan che però è uscito all’intervallo. La sua posizione statica ha favorito Caldara, tanto nei duelli aerei quanto nel difendersi dai dribbling, rendendo tutto sommato sterile il possesso del Borussia.

 

Anche la posizione di Götze non si è rivelata vantaggiosa per il Borussia, che avrebbe potuto sfruttare la naturale asimettria dell’Atalanta attaccandola sul centro-destra, dove Freuler era impegnato dalla marcatura dei mediani tedeschi insieme a Caldara. Al contrario, Götze si è orientato nel mezzo spazio di sinistra, dove De Roon era libero di seguirlo. Considerando che nel resto del campo i giocatori dell’Atalanta formavano coppie naturali con quelli tedeschi (Caldara seguiva a uomo Batshuayi, mentre gli esterni alti del Dortmund venivano presi da Toloi e Masiello e i terzini dagli esterni bergamaschi) la posizione di Götze nella zona di De Roon ha dato una mano al piano difensivo di Gasperini.

 

Stöger ha tenuto fede alla sua idea, forse troppo rigida, di alzare in verticale uno dei due mediani, per farli inserire o ricevere tra le linee: all’andata è stato Castro, al ritorno Dahoud, ma entrambi si sono orientati nella zona di destra, con Götze che restando a sinistra in teoria apriva lo spazio ai loro inserimenti. Ma Dahoud, in ogni caso, veniva seguito a uomo da Freuler e forse invertirlo con Şahin, o spostare Götze sul centro-destra anche solo per qualche azione, avrebbe potuto creare problema all’Atalanta, costringendola ad adattarsi.

 


Le marcature a sinistra dell’Atalanta erano come sempre piuttosto rigide.


 


Pur avendo mostrato evidenti problemi a livello tattico in entrambe le partite, il Borussia Dortmund è riuscito a passare il turno, segnando nuovamente a pochi minuti dalla fine. Stavolta non hanno pesato le maggiori abilità tecniche, emerse all’andata nel terzo gol - tra l’assist straordinario di prima di Götze e la battuta a rete in un lampo di Batshuayi - ma è stato soprattutto dal punto di vista psicologico il Dortmund ha dato l’impressione di avere sempre in mente la qualificazione.

 

Il calcio di Gasperini richiede una costanza nell’aggressività che molto spesso costringe a sacrificare alcuni giocatori importanti per fare spazio a giovani con più energia, ma il prezzo da pagare è alto in partite di questo tipo, in cui l’intensità e la consistenza passano in secondo piano di fronte a una migliore gestione psicologica delle situazioni determinanti. Per questo motivo, nonostante una sconfitta decisamente onorevole nel doppio confronto, l’Atalanta esce dall’Europa League con una grandissima lezione: la sua identità di gioco è estremamente forte, e competitiva anche a livello europeo, ma gli errori elementari individuali commessi denotano una fragilità che non può passare inosservata.

 

Gasperini diceva di attendere la sfida contro il Borussia Dortmund per «testare il nostro valore attuale» e ha avuto risposte, purtroppo, negative sul piano della gestione mentale e della soggezione nei confronti di un avversario più esperto. L’Atalanta non ha saputo approfittare di occasioni clamorose per raddoppiare - quella capitata a Cristante al 27’ del primo tempo, o quella ancora più evidente di Gomez a tu per tu con Bürki a dieci minuti dalla fine - e in questo modo i nerazzurri sono sembrati vittima quasi di un disegno soprannaturale. Più realisticamente, è mancata la totale convinzione nelle proprie possibilità.

 

Anche all’andata la squadra di Gasperini avrebbe potuto allungare sull’1-3 e ai nerazzurri vanno senza dubbio riconosciuti i giusti meriti per aver tenuto testa a questo Borussia Dortmund, ma evitare di fare una profonda autocritica dal punto di vista psicologico nuocerebbe alla crescita di questa squadra entusiasmante che invece ha ancora margini. La storia, è risaputo, non si scrive con i se…

 

 

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