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Flavio Fusi

La capacità di controllo del nuovo Manchester City

Il piano di Guardiola per battere il Chelsea e puntare seriamente alla Premier League.

Affrontare il Manchester City in questo momento sarebbe un’impresa complicata per chiunque, lo è stata ancora di più per il Chelsea che non arrivava alla partita di sabato scorso nelle migliori condizioni, con appena due giorni per recuperare dalla faticosa rimonta in casa dell’Atletico Madrid (un aspetto di cui Conte non ha mancato di lamentarsi). La squadra di Guardiola, oltre ad avere un giorno in più per recuperare rispetto a quella di Conte, stava anche vivendo quello che forse è il suo periodo migliore da quando è arrivato il tecnico catalano, con cinque vittorie e un pareggio in Premier League e l’impressione che sia migliorata nettamente rispetto alla passata stagione, soprattutto per quanto riguarda la capacità di controllo della partita. Un aspetto fondamentale per una squadra che lo scorso anno ha rimesso in bilico partite che sembravano vinte, alternando momenti di dominio ad altri di grande sofferenza.

 

La vittoria contro il Chelsea, sebbene di misura, è stata una nuova dimostrazione, forse la più impressionante, di questo controllo che la squadra di Guardiola esercita nelle gare (intuibile ad esempio dal fatto che alla fine ha chiuso i novanta minuti con il 68% di possesso palla). Guardiola ha preparato un piano gara tremendamente efficace, contro un avversario di alto livello e uno dei migliori tattici al mondo, e ne è uscito vincitore meritatamente. Per chiarezza argomentativa ho distinto 4 aspetti che hanno permesso al Manchester City di prendere il controllo della gara con il Chelsea, che poi sono le 4 parti del piano con cui Guardiola vuole prendersi la Premier League.

 

  1. Disinnescare il pressing avversario

Conte aveva in realtà un piano per sabotare la prima costruzione del Manchester City. Il Chelsea si difendeva con il 5-3-2, indietreggiando Morata e Hazard a cavallo della linea di centrocampo a schermare Fernandinho: l’idea era di ostacolare la trasmissione della palla dai difensori ai centrocampisti del City. Guardiola aveva però pronta la contromisura: normalmente, ad inizio azione, Walker si è mantenuto più basso, quasi da centrale di destra di una difesa a tre, con Stones che è scalato in mezzo al campo e Otamendi sul centro-sinistra. Invece il terzino sinistro Delph, sulla carta un centrocampista, si è posizionato praticamente da mediano di fianco a Fernandinho.

 

In fase di costruzione, il 4-3-3 del City si riorganizzava in un 3-2-4-1. Walker si univa ai centrali, mentre Delph costituiva la coppia di centrocampo insieme a Fernandinho, schermato da Morata e Hazard.

 

  1. Organizzare la superiorità numerica

Questa specie di 3-2-4-1 con cui il City si è organizzato ha permesso di avere un’immediata superiorità numerica con i difensori e di trovare un’alternativa a Fernandinho per far avanzare il gioco. Se poi uno tra Morata e Hazard si alzava ad aggredire il difensore in possesso (raramente), era ancora più facile disinnescare il pressing e costringere il Chelsea a ripiegare, grazie alla superiorità numerica generata di fronte e alle spalle della prima linea di pressione avversaria.A volte anche Walker prendeva una posizione da centrocampista aggiunto, quando questa rimaneva vacante, ma era Delph ad essere determinante a livello strategico.

 

Posizionandosi sul centro-sinistra, permetteva a Silva, che gravitava in quell’area, di svariare a piacimento fino ad arrivare dalla parte opposta del campo, senza che questo compromettesse le connessioni della struttura di squadra. Tra l’altro Guardiola aveva identificato la fascia destra come punto debole del Chelsea, anche perché rispetto ad Azpilicueta (che spesso fa il centrale difensivo) l’esterno da quel lato, Marcos Alonso, è più propositivo in avanti ed era più probabile che lasciasse spazio alle proprie spalle.

 

Gli ospiti avevano identificato la fascia sinistra del Chelsea come un potenziale punto debole e si sono concentrati dunque nel creare superiorità numerica sul lato destro del proprio attacco, con il contributo di Silva, De Bruyne, Sterling e Walker.

 

Per colpire sul lato destro il City ha allargato spesso De Bruyne (con Walker che ne prendeva il posto), così da creare superiorità numerica assieme a Sterling, sempre alto e largo per tenere occupato Alonso (con Sané che faceva lo stesso sulla fascia opposta e che soprattutto nel secondo tempo si è spesso scambiato con l’ex Liverpool), e all’accorrente Silva. Questo ha permesso di mantenere sempre superiorità numerica in quella zona di campo, ma al contempo ha liberato i due principali creativi della squadra, cioè Silva e De Bruyne.

 

  1. Schiacciare l’avversario verso la sua porta

Il Chelsea, seppur ben messo in campo, non è riuscito a contenere il possesso palla del City e in più di un’occasione sono state le letture o i recuperi in extremis dei difensori centrali a salvare il risultato. Fino al momento del gol, la squadra di Conte non ha mai portato una pressione sistematica sull’inizio azione degli ospiti, cosa che in ogni caso non avrebbe potuto fare con buoni risultati se non facendo contribuire gli esterni, che invece Conte ha mantenuto sempre bassi e allineati con i difensori centrali. L’idea era di difendere l’ampiezza, consentendo al contempo ai centrali di concentrarsi sulla profondità e di essere aggressivi in uscita (più che altro nel secondo tempo). Scelta comprensibile, ma che difficilmente avrebbe consentito al Chelsea di strappare più di un punto. La scorsa stagione, ma anche l’inizio del 2017/18 ha dimostrato quanto gli esterni siano determinanti nel gioco di Conte: partendo sistematicamente così bassi, la loro influenza sulla fase offensiva è stata solamente marginale.

 

Con un baricentro così basso il Chelsea ha recuperato palla quasi sempre a ridosso della propria area di rigore – se non della propria porta – e, senza opzioni per far avanzare il gioco, ha perso spesso palla cedendo alla riaggressione del City. Una struttura offensiva efficace come quella della formazione di Guardiola è la premessa per appicare un gegenpressing altrettanto efficace; allo stesso tempo, con una struttura povera di opzioni di passaggio progressive come quella del Chelsea, la probabilità di perdere palla poco dopo averla riconquistata è indiscutibilmente più alta.

 

I movimenti ad allargarsi di Silva e De Bruyne sono stati compensati da quelli dei terzini, così da non lasciare sguarnito il centro, il settore di campo determinante anche in transizione difensiva. Un ulteriore motivo per cui il Chelsea ha faticato a contrattaccare ed ha chiuso la gara con appena 4 tiri totali, di cui solo 2 su azione.

 

  1. Complicare l’inizio dell’azione avversaria

Anche il sistema di pressing del City ha funzionato alla perfezione, migliorando ancora il controllo sulla partita. Come sua abitudine, la squadra di Guardiola ha creato densità in zona palla, costringendo i difensori di Conte a giocare d’azzardo in fase di costruzione. Questi non hanno comunque rinunciato a costruire l’azione palla a terra, ma prendendosi più di un rischio, come al minuto dodici, quando la deviazione di Jesus sul rinvio di Courtois ha quasi sbloccato il risultato.

 

Il pressing del City costringe il Chelsea a ricominciare da Courtois, che essendo a sua volta pressato da Jesus, per poco non subisce un “flash” da calciobalilla. Si nota anche come gli sopiti si stiano spostando da destra a sinistra, di concerto con il movimento della palla.

 

Raccogliere i frutti

Proprio le difficoltà a contenere De Bruyne e la pressione del City hanno costretto Conte a muovere le pedine dopo appena 20 minuti. Fabregas è passato dal ruolo di mezzala sinistra a quello di regista davanti alla difesa, prendendo il posto Bakayoko, che certo non brilla nel primo controllo, ma poteva garantire più interdizione sul lato dove il Chelsea ha comunque sofferto per tutta la partita.

 

Il secondo cambio tattico di Conte, stavolta forzato, è arrivato circa un quarto d’ora dopo, quando Morata, dopo l’infortunio, ha lasciato il posto a Willian, preferito a Batshuayi. Senza più Morata, il Chelsea è rimasto al 3-5-2 ed è parso ancora meno pericoloso, abbassandosi ancora di più negli ultimi 10 minuti del secondo tempo.

 

Alla ripresa del gioco dopo l’intervallo, il 5-3-2 in fase difensiva dei padroni di casa è diventato 5-4-1, con Willian a destra e Kanté a sinistra. Nonostante il nuovo schieramento e il graduale incremento del pressing da parte dei “Blues” – che però, probabilmente a causa delle scorie della trasferta di Madrid, è di nuovo calato attorno all’ora di gioco – il City è rimasto padrone del campo, anche tornando più spesso ad una configurazione più tradizionale, con i terzini larghi e Silva e De Bruyne nei rispettivi spazi di mezzo.

 

L’1-0 è nato proprio da una perfetta occupazione del campo (degna delle migliori interpretazioni di Barça e Bayern) che ha concesso a Otamendi l’opportunità di giocare un passaggio diagonale verso De Bruyne che ha coronato la sua prestazione da migliore in campo segnando il gol partita dopo un uno-due con Gabriel Jesus, che in 16 presenze in Premier League ha messo lo zampino in altrettante realizzazioni (11 reti, 5 assist).

 

La situazione 6 secondi prima del gol. Si nota il 5-4-1 adottato dal Chelsea all’inizio della ripresa, ma anche la più tradizionale interpretazione del 4-3-3 da parte del City, con Walker e Delph terzini e De Bruyne e Silva sugli spazi di mezzo più vicini a Gabriel Jesus.

 

La vittoria ha permesso al City di conservare il primato a pari merito con i rivali cittadini dello United: anche se indebolito da tre infortuni determinanti, la squadra di Guardiola è una corazzata e quella contro il Chelsea è stata una delle prestazioni più impressionanti da quando il tecnico (dettosi “molto felice”) siede sulla panchina del club. Spesso si rimprovera a Guardiola un’intransigenza che lo renderebbe un tecnico idealista e poco pragmatico, ma partite come questa – e in generale l’identità che sta riuscendo a costruire al City – dimostrano quanto ogni scelta sia innanzitutto dettata dalla ricerca di un vantaggio competitivo sull’avversario. In un campionato dove l’intensità e gli alti ritmi rendono il controllo sulle gare quasi impossibile, Guardiola sembra aver trovato il modo di far funzionare le proprie idee anche nel contesto a lui più avverso.

 

 

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Flavio Fusi è nato nel 1993 e vive ad Arezzo. Laureato in Management, lavora per una startup tech e collabora anche con il sito di analytics StatsBomb.